FESTE PAGANE

riti e leggende

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    SOLSTIZIO D'ESTATE



    FESTE PAGANE ESTIVE DEL NORD RUSSO
    Kupala o la Festa di San Giovanni e i suoi riti


    di Aldo Marturano






    "Il contadino russo è molto sensibile alle vicissitudini del sole nel firmamento. Ogni strana variazione come un’eclissi o la vista di macchie o una cometa etc. è vista come una minaccia per la propria esistenza e questi fenomeni eccezionali, talvolta unici, sono guardati come una punizione a lui inflitta per aver forse sbagliato o peccato e quindi questa è la punizione meritata.



    Al contrario il Solstizio d’Estate, che oggigiorno cade fra nella notte fra il 24 e il 25 giugno, rappresenta un fenomeno astronomico abbastanza caratteristico, periodico e molto favorevole alle attività umane perché il sole ha rallentato la sua corsa attraverso il firmamento e proprio in questo periodo addirittura “si ferma”. E’ vero, anche la notte si accorcia e, come a Novgorod o a Pskov, il sole rimane quasi senza interruzione nel cielo lasciando che le messi imbiondiscano e la natura goda della luce vivificatrice. Dunque il Solstizio è un miracolo che si ripete. Potrebbe però mai accadere che una cosa talmente straordinaria non si ripeta più?




    La spiegazione contemporanea che conosciamo perché l’abbiamo imparato a scuola, ci assicura di no. Il Solstizio si ripete. Tale sicurezza scientifica tuttavia non corrisponde assolutamente a quella che circolava nel Medioevo e qui nei villaggi russi. Se ci sono gli dèi del sole e del cielo, ecco che questa è una loro decisione di concedere più luce e più a lungo all’umanità oppure di non concederla affatto. E’ un segno e una conferma in più della loro potenza sugli uomini…



    Anche nello Stoglav per il Solstizio d’Estate abbiamo una menzione speciale, come Festa di Kupala. Qui si dice che essa è in onore del fuoco che purifica e che libera dai mali del corpo oltre a portare la fecondità alle donne.



    Con questa impostazione malgrado tutto la Festa del Solstizio è comunissima in tutta l’Europa e i suoi riti dall’Atlantico agli Urali hanno un fondo mitologico comune forse risalente ai primi popoli che invasero l’Europa o che nacquero proprio qui e che oggi parlano ancora, fra le altre, una lingua indoeuropea. Non è dunque una peculiarità esclusiva dei riti pagani “russi”. Tuttavia non esiste folclore conservatosi più ricco di quello delle genti “russe” dove il sole domina qualsiasi espressione artistica, dalla pittura all’intaglio, dal ricamo alle forme dei cibi solidi. E questo dobbiamo ammetterlo, come storici e testimoni di una cultura unica…







    Fra tutte le leggende e le spiegazioni religioso-magiche che circolano sul Solstizio, ne abbiamo preferita una di provenienza bielorussa che narra come Dazhbog, il dio dominante queste celebrazioni, avendo visto la figlia del Re del Mare, una bellissima ragazza a nome Lada, se ne fosse innamorato. Costei però aveva rifiutato tutte le sue profferte per cui Dazhbog pensò bene di ricorrere all’inganno.



    Per riuscire a tenerla lontana dall’acqua del mare dove suo padre l’avrebbe sempre potuto difendere, ricorse ai metodi in voga nel Mar Baltico, il commercio muto. Si procurò così delle scarpe dal tacco altissimo e le pose ad una certa distanza dalla riva e si ritirò nel cielo. Lada, attirata dalle lucenti calzature, venne a riva per provarle e, mentre era impacciata a causa dei tacchi, Dazhbog rapidamente scese dal suo carro di fuoco, la ghermì e la portò via con sé nel suo palazzo. Il carro del sole lasciato a sé, si fermò in attesa che i due amanti consumassero i loro amplessi. Ecco perché c’è il Solstizio ed ecco perché ogni anno Dazhbog, a ricordo di questo suo grande amore, rinnova il fenomeno. Ammettiamo che questa leggenda in realtà non ha grande attinenza con la nostra ricerca, ma l’abbiamo riportata qui affinché il nostro lettore capisca come nascono i miti e i personaggi che diventano a volte degli dèi.



    L’analisi etimologica della parola Kupala ci riporta ad una radice indoeuropea *kup- che originariamente significa ardo, bollo dal desiderio ed è quindi collegata con il verbo latino cupio di uguale significato (da cui l’italiano, concupiscenza o il russo antico kipiti, bollire) e col nome del dio Cupido. Dunque il collegamento è chiarissimo col il sole che arde per un’intera notte fino al mattino seguente e con il desiderio “ardente” di celebrare il rito dell’amore evitando il buio negativo della notte.



    Per Kupala c’era tutta una serie di riti speciali e periodici che andavano eseguiti con attenzione e con devozione. Il più importante, in un mondo dove accendere il fuoco era sempre un’operazione faticosa e lunga, era quello di spegnere la pec’ka, di svuotarla dalle ceneri raccoltesi per tutto l’anno e di riaccenderla. Il fuoco come in qualsiasi altra cultura pagana del passato rappresentava non solo la distruzione degli oggetti, ma anche la loro purificazione e quindi la loro rinascita. Gli Slavi conoscevano certamente il rito di passaggio fra le fiamme come metodo di purificazione corporale sebbene poi quando Michele, principe di Cernìgov, fu costretto a compierlo presso i Tatari di Sarai il 20 settembre 1246 costui lo sentì come un atto di ritorno al paganesimo e per essersi rifiutato di compierlo fu ucciso dai Tatari. Per questo suo stoico sacrificio fu fatto santo martire della fede dalla Chiesa Ortodossa.



    Il fuoco era caduto una prima volta dal cielo in tempi remotissimi per azione del fulmine che si era abbattuto su qualche albero della foresta e lo aveva dato alle fiamme. Come fare allora a riprodurlo? Sfregando fra loro due oggetti magici, sempre donati agli uomini dagli dèi (rammentate il mito di Prometeo?), lo si poteva riottenere come fiamma viva.

    Evidentemente il fuoco causato dal fulmine era considerato però più sacro di qualsiasi altro e se una casa andava in fiamme per questo, nessuno avrebbe mai osato spegnerlo, perché era contrario al volere del padrone del fulmine: il dio Perun.



    Accendere con acciarino e pietra focaia (due oggetti di natura magica) era il più complicato dei metodi per ottenere la fiamma perché non tutti possedevano questi oggetti costosissimi nei tempi ai quali ci riferiamo e poi un fuoco così generato non era accettato in una celebrazione divina come Kupala e l’unico modo “canonico” era invece lo strofinamento fra legni secchi “benedetti”.



    Nella Russia Occidentale si sceglieva dunque uno spiazzo lungo il fiume e qui si innalzava una specie di palo della cuccagna intorno al quale si raccoglievano tutti quegli oggetti di legno ormai inservibili per farne legna per il falò che sarebbe poi stato accesso dal fuoco “sacro”. Più in là si montava invece l’armamentario per la sacra accensione. Questo consisteva in un grosso tronco ben secco, tagliato e appuntito sui due estremi opposti. Una punta doveva poggiare su un altro tronco posto adagiato sul suolo. Questo tronco orizzontale aveva una buca scavata apposta per accogliere il tronco verticale che vi avrebbe dovuto ruotare ed in essa si era avuta la cura di mettere paglia ben macinata e un fungo particolare il Fomes fomentarius che seccato aveva una particolare “infiammabilità”.





    Il tronco a terra era fissato fra quattro pali che sostenevano, a loro volta, degli altri pali trasversi dove si imperniava il tronco rotante, una volta posto in posizione verticale. A questo punto il tronco in piedi era ravvolto con un paio di giri di fune di canapa. Si erano poi scelti dei baldi giovani in piena forza i quali con in mano un capo della fune, in egual numero dall’uno e dall’altro lato, tiravano alternativamente facendo ruotare il tronco che un arbitro raddrizzava appena era necessario, incitati dagli astanti e dalle ragazze che facevano il tifo per i loro idoli maschili. Finalmente un filo di fumo si levava e subito si accorreva con un tubo fatto da un osso cavo di uccello a soffiare per far la fiamma viva…



    La fiamma una volta ottenuta (e non era una cosa facile e rapida, lo ripetiamo) si portava al palo e si dava fuoco al mucchio di legno. Ognuno poi aveva diritto di prendere un po’ di questo fuoco dal falò per riaccendere la propria pec’ka.

    Kupala era però sicuramente la festa dell’amore. Sono registrati moltissimi riti indirizzati a far incontrare ragazzi e ragazze e persino a permettere incontri omosessuali. Noi ne segnaleremo solo qualcuno più caratteristico o curioso che sembra essere più vicino a quelli dell’epoca che stiamo studiando (secc. X-XIII d.C.).



    Dalla Synopsis di Innocenzo Ghizel’, archimandrita del Monastero delle Grotte di Kiev, ca. 1870, tradotto da ACM.

    “Alla vigilia della festa per la nascita di San Giovanni Battista si raccolgono i giovani, maschi e femmine, e si intrecciano ghirlande di rami e di fiori e se le pongono sulla testa e intorno alla vita. Ed ancora in questo rito demoniaco mettono su un falò e attraverso il fuoco tenendosi per mano disonoratamente saltano e cantano canzoni oscene su questo Kupala e ripetono spesso questi salti.”



    Si diceva ad esempio che la felce (in russo paparotnik) fa il fiore proprio in questa Notte di Mezza-estate e chi trovasse questo fiore e riuscisse a portarselo a casa, avrebbe avuto la fortuna assicurata per il resto della vita. Addirittura si diceva che mentre la felce fiorisce spande una luce accecante intorno per cui bisognerebbe cogliere il fiore senza esserne abbagliati e, una volta strappatolo, correre via immediatamente senza mai voltarsi anche se si udisse una voce che chiama. In realtà tutti sappiamo che la felce non fiorisce, ma sappiamo anche che c’è un fungo (Mycena sp.) il cui micelio è fosforescente (fenomeno della bioluminescenza) che si usava addirittura per segnare i sentieri nella foresta di notte e forse la leggenda è nata di qui.



    Probabilmente (secondo un’interpretazione di I. Pankeev che non ci soddisfa) Kupala è da far risalire ad una festa analoga bulgara in cui la coppia divina, chiamata Kupalo e Kupalniza, sono personificazioni di Perun e della dea dell’Alba, Zarjà. In questa mitologia si racconta come Perun col suo carro del Sole si fermi e perciò gli venga in aiuto la Dea Alba affinché il ciclo della natura non si sconvolga.



    Con l’introduzione del Cristianesimo, come già era avvenuto in altre parti d’Europa, Kupala fu assimilata alla festa della nascita di san Giovanni Battista e il nome cambiò in quello di Festa di Jan (Giovanni.) Kupala. Le ninfe silvicole, le Rusalke, probabilmente erano legate a questa festa poiché la mitologia popolare racconta che quando arrivava Jan Kupala, dopo il Solstizio, non trovando più spazio sulla terra questo dio era costretto a ritornare nel suo regno sotterraneo accompagnato proprio dalle Rusalke. Qui è evidente il parallelismo col mito di Proserpina-Persefone e con quello di Adone.

    E non solo. La Mezza-Estate era la stagione e il momento giusto per raccogliere tantissimi doni “commestibili” della foresta (compreso il pesce.) che variavano e abbellivano la tavola degli smjerdy.



    Ad ogni buon conto nella notte di Kupala si vanno a cercare soprattutto erbe speciali ed efficacissime come medicamenti proprio come il Verbasco (Verbascum sp. o Tasso Barabasso e in russo Orecchio d’orso) ottimo per curare l’ulcera dello stomaco e del duodeno (secondo la ricercatrice bulgara, prof. V. Petkova) o l’Erba di Kupala (Kupalenka o Trollius europaeus).



    Addirittura nella regione di Novgorod la Grande si coglievano tante piante di Erigeron acer, una pianta magica, e le si appendevano sulla porta di ogni famiglia e si diceva che il primo fiore che fosse appassito anzitempo indicava che ci sarebbe stata una morte in quella famiglia. Tutte queste credenze in verità a volta curiose racchiudono il modo di vedere della gente della campagna che nelle piante vedeva un’espressione degli esseri divini che vi abitavano da sempre. E’ logico anche che possiamo tranquillamente immaginare che le vecchie, le znaharke, non più interessate alle celebrazioni orgiastiche, vagassero per la foresta alla raccolta di queste erbe che gli esseri divini mettevano a disposizione soltanto ora e che solo una znaharka sapeva utilizzare nel modo corretto. Naturalmente queste znaharke, mezzo donne e mezzo streghe malvagie, non avrebbero mai svelato a chicchessia dove e come queste piante si trovavano né alcuno dei loro segreti poteri, se non a chi avrebbe poi preso il loro posto. Di qui nacque forse la leggenda di un’erba misteriosa che soltanto le streghe sapevano trovare e che si faceva toccare soltanto da loro nel fitto della foresta: la pianta della fortuna: l’arhilin.



    Insomma questa festività potrebbe benissimo essere chiamata la Festa degli Erboristi e i vari Erbari russi editi intorno al XVI sec. (travniki) raccomandavano ai raccoglitori di fare la raccolta nella foresta proprio per Kupala poiché è in questa magica notte-giorno che le parti utili delle piante sono pronte per essere colte dalla mano dell’uomo. E poi la foresta è anche più illuminata e chi si accinge a questo lavoro notturno trova un ambiente più favorevole ai propri vecchi occhi attenti…"


     
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    18 giugno - Bouphonia




    Facente parte delle Dipolieia, questa festa era dedicata a Zeus Polieus, cioè Zeus come Protettore della Città.
    Secondo la leggenda, durante l'offerta di alcune focacce d'orzo a Zeus, un bue si fece strada verso l'altare e cominciò placidamente a mangiare le offerte. Un cittadino, scandalizzato da quella che riteneva una blasfemia, uccise il bue, ma poi si rese conto di ciò che aveva fatto e scappò via.
    Zeus, indignato per l'accaduto, fece scoppiare un'epidemia ad Atene; mandato un messo all'oracolo di Delfi per scoprire come far cessare la piaga, gli ateniesi si videro rispondere che bisognava assicurare l'assassino alla giustizia e "resuscitare" il toro.
    L'unico modo per realizzare le condizioni imposte dall'oracolo fu processare l'ascia con cui il delitto era stato compiuto (e fu condannata a morte e gettata in mare), e imbalsamare le spoglie del bue in modo da "resuscitarlo" e portarlo di nuovo, anche se apparentemente, in vita.

    Il rituale riproduceva il mito. Alcune focacce d'orso venivano lasciate sull'altare ed alcuni buoi liberati accanto ad esso. Il primo bue a mangiare le focacce veniva ucciso, e la persona incaricata doveva correre via subito dopo aver compiuto il sacrificio. La carne del bue veniva cotta e condivisa tra i partecipanti, offrendo il grasso e le ossa al fuoco dell'altare come da tradizione, e l'ascia veniva processata, giudicata colpevole e gettata in mare; la pelle del bue veniva poi imbalsamata.


    Fonte Devarakadus
     
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    24 giugno - Fors Fortuna





    Oggi era giorno di grande festa per tutta la gente e in particolare i più poveri, che si recavano a invocare la Dea e festeggiavano fino a notte fonda, bevendo e divertendosi su barche inghirlandate di fiori.
    Secondo Lanternari questi festeggiamenti sarebbero poi passati alla festa cristiana di S.Giovanni, per il patrocinio che la Dea poteva avere sui culti agrari e sul clima. [1]

    La dea Fortuna è una delle divinità più antiche di Roma, il cui culto fu particolarmente favorito da Servio Tullio che dedicò alla Dea ben 26 templi nella capitale, ciasuno dedicato ad una sua sfaccettatura.
    Non va confusa con Sors, la Sorte, in quanto Fortuna ha sempre un carattere positivo (anche se a volte doppio).

    Nonostante come tutte le divinità pagane ne sia stato bandito il culto con l'editto di Teodosio, la sua figura rimane come simbolo della sorte, buona o cattiva, e come essa compare spesso nell'iconografia medievale; in questo caso spesso è in bilico su una palla o sulla sua ruota, a significare la fugacità del suo favore, oppure con un lungo ciuffo di capelli sulla fronte e la nuca rasata: perchè, una volta lasciata andare, è difficile prenderla...
    Altri suoi attributi la cornucopia dell'abbondanza e il timone con cui guida la vita dell'uomo.
     
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    16 giugno - Skirophoria


    Questa festa ateniese celebra assieme il primo raccolto dell'umanità e l'armonia tra città e campagna. Una processione, capeggiata dalla sacerdotessa di Atena, dal sacerdote di Poseidone e da quello di Helios, arrivava fino allo Skiron (santuario di Atena Skira), a metà strada tra Atene ed Eleusi vicino al fiume Cefiso, dove si riteneva fosse state effettuate la prima semina e il primo raccolto. Atena e Poseidone, come divinità patrone di Atene, simboleggiavano la città; Demetra e Kore la campagna. Helios era testimone del patto, com'era stato testimone del rapimento di Kore.
    I sacerdoti erano coperti da un parasole bianco, chiamato anch'esso skiron.
    Secondo alcune versioni in questa occasione si buttavano dei maialini vivi in un pozzo come rito preliminare delle Tesmoforie, ma non ci sono fonti attendibili al riguardo.
    Gran parte dei partecipanti erano donne, e per "trasferire" l'apporto di fertilità alla terra era previsto il divieto di rapporti sessuali per quella giornata.
    Gli uomini partecipavano ad una corsa in cui portavano rami di vite dal santuario di Dionisio allo Skiron; il premio del vincitore era il Pentaploa, bevanda dai cinque ingredienti (vino, miele, formaggio, frumento e olio d'oliva) che veniva versato come libagione alla dea.



    Preghiera delle Skirophorie



    (E' una preghiera collettiva, con cinque persone che recitano le parti delle divinità. Atena e Poseidone parlano a Demetra e Kore.)


    Atena: in questo giorno, tempo fa, come ci è tramandato dagli antichi, la prima spiga era raccolta dal primo chicco seminato dall'umanità. Da allora, l'uomo e la donna sono stati nutriti dalla terra. Coloro che hanno il loro focolare tra le mura delle città vengono oggi per onorare chi da' loro nutrimento.

    Poseidone: dalle città della costa alle colline e alle montagne veniamo a voi in questo giorno. Perchè non possiamo vivere senza il vostro supporto. Noi ci nutriamo da voi, e diamo poco in cambio, briciole e guai.

    Demetra: vi ringraziamo per questi onori, e promettiamo in cambio che l'abbondanza non cesserà mai, finchè continuerà il vostro rispetto. Le nostre terre devono rimanere pulite e non infettate da malattie e inquinamento. Finchè garantirete questo, e sicurezza, e commercio onorevole, ci sarà sempre uno scambio equo.

    Kore: vi ringraziamo per questi onori, ma sbagliate quando dite che non date niente. Voi siete i custodi del pensiero e della cultura. Quando l'oscurità attraversa la terra, come deve succedere, è nel vostro dominio che queste cose vengono custodite. Voi siete la memoria della vostra gente, quello che noi non possiamo essere negli eterni giri e cambiamenti delle stagioni.

    Helios: Sono venuto qui di fronte a voi per sentire i vostri voti. Vi servirete e proteggerete l'un l'altro?

    Tutti: Come due mani e un corpo!

    Helios: Così è testimoniato dal Sole che tutto vede. Così sia scritto, così sia fatto!

    Tutti: Così è testimoniato dal Sole che tutto vede. Così sia scritto, così sia fatto!


    Liberamente tradotta dal breviario dell'Ordine delle Horae per Devarakadus.
     
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    26 luglio - Panatenee





    Le Panatenee erano le feste più solenni della città di Atene, dedicate ad Atena Polias (protettrice della città) e aperte a tutte i cittadini liberi.
    L'origine della festa si perde nella notte dei tempi. Secondo ipotesi più comune si tratterebbe del compleanno della dea.

    La processione si raccoglieva prima dell'alba davanti alle porte del Dyplon, a nord della città, e seguiva la via processionale che dall'Agorà saliva all'Acropoli. Alcuni sacrifici venivano fatto di fronte all'Areopago (il tribunale della città) e al Tempio di Athena Nike.
    A quel punto gli schiavi e i non ateniesi dovevano lasciare la processione, che entrava nel territorio sacro dell'Acropoli e si fermava al grande altare di fronte all'Eretteo. Il culmine della cerimonia era la dedica alla dea di un nuovo peplo tessuto dalle ergastinai, scelte tra le ragazze nobili della città.

    Nel 556 a.C. per iniziativa di Pisistrato si decise di celebrare in modo speciale questa festa, una volta ogni quattro anni: nacquero così le Grandi Panatenee, che si estendevano in più giorni e oltre ai riti religiosi aggiungevano vari giochi e gare sportive.

    Del corteo delle Panatenee è rimasta una preziosissima testimonianza figurata nel fregio che avvolgeva la cella del Partenone.
    Partendo dall'angolo sud-occidentale vediamo il gruppo dei cavalieri, forse i caduti di Maratona, che prosegue nel lato settentrionale. Seguono gli anziani, i musicisti con le cetre e i flauti, i portatori di idre (vasi per l'acqua), i portatori delle offerte, le pecore e i vitelli per i sacrifici; si snodava poi verso sud-est, dove le ergastinai offrono alla dea il sacro peplo tessuto dalle loro mani durante l'anno.
    Il lato sud è dedicato agli dei, Hermes, Dionysos, Demeter, Ares, Iris ed Hera, Zeus seduto sul trono e, sull'altro lato, Athena, Efesto, Poseidon, Apollo, Artemis, Afrodite ed Eros.



    15 luglio - Kronia



    La festa di Kronia era per i greci una festa di fine raccolto, che si celebrava con una grande cena in cui i padroni servivano gli schiavi (simile ai Saturnalia romani). Patrono di questa festa era Cronos, titano figlio di Urano e Gaia, marito di Rea e padre di Estia, Poseidone, Ades, Hera e Zeus. Suo attributo è la falce con cui evitò il padre Urano, che in questo tempo dell'anno può essere vista come la falce del raccolto. Probabilmente il capovolgimento dei ruoli sociali durante la festa era visto come un ritorno all'Età dell'Oro, in cui Cronos e Rea governavano la terra e l'uomo viveva alla giornata, senza lavoro nè oppressione nè ordine sociale.
     
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    Festa della Valle




    Nel secondo mese dell’estate, chiamato shemu, al tempo della luna nuova, si svolgeva la festa della Valle. Si trattava della celebrazione del viaggio di Amon verso l’Occidente di Tebe. Questa festa solenne, che costituiva l’occasione per manifestazioni di letizia popolare, durava dodici giorni. Era presieduta dal faraone, che invitava il dio a scendere sulla riva sinistra del fiume per rigenerare gli antenati reali e rinnovare al re la sua forza divina.

    La festa della Valle venne istituita da Mentuhotep, faraone dell’XI dinastia. Veniva celebrata per festeggiare il “tempio di milioni di anni”. Nel corso dei secoli, la festa si trasformò poco a poco in un incontro rigeneratore tra il re vivente e le forze divine che lo guidavano sulla terra. Andando nel “bell’occidente”, cioè nel regno dei morti, sulla riva sinistra del Nilo, il faraone onorava la memoria dei suoi antenati che, mediante i sontuosi monumenti loro dedicati, perpetuavano eternamente la loro alleanza con il mondo divino. So trattava di un modo simbolico di onorare una volta all’anno i faraoni di cui era erede. Per tutta la durata della festa, Amon soggiornava all’Occidente, luogo dove il sole va a rigenerarsi. I dodici giorni di festeggiamenti rappresentavano le dodici ore della notte, prima che Amon-Ra sorgesse di nuovo a Oriente.

    Nel primo giorno della festa della Valle, il re usciva dal suo palazzo e si dirigeva nel tempio di Amon, a Karnak. La statua del dio veniva allora posta dai sacerdoti nel baldacchino a forma di tempio, chiuso con drappi di stoffa che dovevano sottrarlo agli sguardi profani. Questo baldacchino veniva poi sistemato al centro della grande barca da parata chiamata userhat. Il faraone e la sua famiglia prendevano posto nell’imbarcazione reale, che doveva aprire la strada al dio. La barca divina di Amon, decorata su entrambe le estremità con teste di ariete, precedeva le imbarcazioni di Mut e di Khonsu, gli altri dei della triade tebana.

    Il corteo, seguito da un’immensa folla radunatasi ai bordi della strada lungo tutto il percorso, seguiva il Nilo fino a Luxor, prima di piegare verso ovest. In prossimità delle necropoli, seguiva il canale che si dirigeva verso la “terra della vita”ove il sole tramonta ogni sera.

    Una volta giunto dinanzi al Ramesseo, il tempio funerario del grande Ramesse II, il corteo si fermava per la prima sosta. Un sacerdote leggeva un panegirico che Amon rivolgeva al re: “O tu, figlio mio amato, il mio cuore è pieno di gioia, per l’amore che tu mi manifesti. Io mi alleo alla tua bellezza, nella vita e nella forza (…) lo faccio sì che il tuo nome sia grande e grandi le tue vittorie (…). Lo faccio sì che il tuo nome sia fiorente come quello della regione superiore. Fintanto che tu durerai, durerà il cielo, per un tempo infinito, perché tu sei il mio figlio beneamato che siede sul mio trono…”

    Nel cuore del Ramesseo, il dio riceveva l’omaggio delle altre divinità della necropoli, per l’intermediazione delle loro statue. Questa connessione divina era destinata a ridare vita a tutti i defunti sepolti nelle vicinanze. Uno dopo l’altro venivano visitati tutti i templi funerari.

    Tutti gli abitanti di Tebe, dai contadini agli alti dignitari, partecipavano insieme a questi sacri festeggiamenti. Venivano inoltre organizzati danze, canti e banchetti, accompagnati dal suono dei sistri, delle nacchere e dei tamburi. Oche e anatre venivano arrostite sulle braci ardenti. Le cappelle venivano aperte e si bruciava incenso e mirra. Gli altari erano ricoperti di fiori e di offerte di ogni genere.

    Tutti i Tebani vivevano queste giornate di fede (in un clima di gioia e buonumore) come una profonda manifestazione di fede.



    L’ultimo giorno



    La sera precedente l’ultimo giorno dei festeggiamenti, segnato dal ritorno di Amon a Karnak, aveva luogo il rituale della torcia. A Deir el-Bahri, al segnale dei sacerdoti (che accendevano il nuovo fuoco, dal primo giorno dell’anno) le famiglie attraversavano il fiume per rendere omaggio ai loro parenti defunti. Questa processione immensa, illuminata da migliaia di torce, costituiva uno spettacolo unico, nel quale i vivi e i morti si univano in una stessa luce rigeneratrice. Il rituale veniva ripetuto in ogni parte della necropoli, che si trasformava in un gigantesco braciere, disseminato di punti luminosi. Davanti ad ogni altare familiare, i Tebani bevevano birra o vino per dissetarsi, alla salute del dio, del faraone e dei loro parenti. L’indomani mattina, gli dei avrebbero ripercorso, sulle barche da parata, il cammino inverso, lasciando così “la terra della vita”.

    A karnak, Mut e Khonsu ritornavano nei loro templi, a sud, mentre Amon ritornava nel suo, a est, luogo della levata del sole. Il ciclo era terminato.
     
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    FESTE NORRENE


    Snowmoon / Gennaio:

    • 3 GENNAIO: LA MAGIA DELL’ARATRO
    E’ questa la data di un rituale agricolo eseguito anticamente in NordEuropa. Grano o cibi derivati da esso venivano offerti per la fertilità della terra, infine venivano invocati Padre Cielo e Madre Terra. Meditate nel vostro terreno, sulla nuda terra, e sbriciolateci un pezzo di pane, invocando Odino, Frigg e i Landvaettir del luogo per purificare la terra e proteggerla dai mali.

    • 9 GENNAIO: MEMORIALE DI RAUD IL FORTE
    Raud era un proprietario terriero che fu condannato a morte da Olaf Tryggvason per la sua fede nell’Asatrù, mediante un serpente spintogli a forza nella gola. Le sue terre furono confiscate dal Re e i suoi monaci. Alzate il corno in onore di Raud e tutti quelli che come lui diedero la vita, piuttosto che sottomettersi all’amore forzato dell’impero cristiano.

    • 14 GENNAIO: THORRABLOT
    Questa festività da l’inizio all’antico mese Nordico di Snorri. E’ ancora osservata in Islanda con feste, come quella del Solstizio d’Inverno. E’ certamente consacrata a Thorr ma anche all’antico Spirito Invernale Islandese, Thorri. In questo giorno si compiono offerte a Thorr e si invita il potente Ase alla festa.

    Horning / Febbraio:

    • 2 FEBBRAIO: BARRI
    In questo giorno si celebra il corteggiamento di Invri Freyr alla vergine Gerd, il matrimonio simbolico del Vanìr della fertilità con la Madre Terra. E’ un festival per donare fertilità ai semi piantati e al solco dell’aratro. Per coloro che hanno un giardino, è il periodo per piantare i semi in casa che verranno trapiantati in seguito nel giardino estivo.

    • 9 FEBBRAIO: MEMORIALE DI EYVIND KINNRIFI
    Olaf lo torturò fino alla morte, mettendogli un fornello di braci ardenti sullo stomaco fino a quando il suo corpo bruciò aperto. Il crimine di Eyvind fu una salda lealtà all’Antica Via. Un buon giorno per riflettere sulla “bontà” cristiana.

    • 14 FEBBRAIO: FESTA DI VALI
    Originariamente questa festa celebrava la morte di Hoðr per mano di Vali. Successivamente questo festival si identificò con il trionfante ritorno della luce del Sole sui giorni scuri dell’inverno. Oggi è una tradizionale celebrazione della famiglia. Un giorno in cui è consuetudine scambiarsi biglietti o regali con la persona amata. E’ anche un periodo per i matrimoni e per rinnovarne i giuramenti.

    Lenting / Marzo:

    • 9 MARZO: MEMORIALE DI OLIVER IL MARTIRE
    Era un aderente all’Asatrù che persistette nel fare sacrifici di nascosto ad Asi e Asinnie nonostante il decreto di Olaf “Il Fuorilegge” che proibiva atti del genere. Tradito da una spia fu ucciso dagli uomini di Olaf mentre stava preparando il sacrificio per l’Equinozio di Primavera nel villaggio di Maerin, in Norvegia. Molti altri uomini il cui nome è andato perso furono uccisi, mutilati o esiliati per aver preso parte a tali sacrifici.

    • 15 MARZO: GRANDE FESTA DI OSTARA
    Questo è L’Equinozio di Primavera. La fine dell’Inverno e l’inizio della stagione della rinascita. Oggi si onorano Frigg, Freya e Nerthus con blot e feste. Si versa Idromele sulla terra: celebrando la rinascita della natura, l’Asatrù e le nuove speranze del nostro popolo.

    • 28 MARZO: GIORNO DI RAGNAR LODBROK
    Ragnar fu uno dei Vichinghi leggendari più famosi. In questo giorno nell’anno runico del 1145 (895 d.c. all’incirca) saccheggiò Parigi. Accadde proprio nella domenica di pasqua. In questo giorno si brinda a Ragnar e si leggono passi dalla sua Saga.

    Ostara / Aprile:

    • 9 APRILE: MEMORIALE DELLO JARL HAKON DI NORVEGIA
    Come sovrano della parte del reame accidentale, Hakon ripristinò il culto degli Asi e buttò fuori ogni altra religione. Nel fare ciò, la gente comune riconquistò le libertà politiche che furono cancellate durante il giogo cristiano, e la fiamma della nostra Fede bruciò luminosa in un era di bui ritrovi. Ecco forse come la difesa di Hakon dell’Antica Via aiutò a incoraggiare e sopravvivere le nostre tradizioni in Islanda, dove eventualmente sono diventati i semi per l’odierno Asatrù. In questo giorno si riflette su come le azioni individuali possono incidere sugli eventi mondiali e il futuro della nazione di Odino.

    • 15 APRILE: SIGRBLOT / SUMARSDAGR (giorno d’estate)
    Oggi si celebra il primo giorno d’Estate nell’Antico calendario Islandese . In Islanda questa festa ha una forte sfumatura agricola, ma altrove nel mondo Nordico, era occasione di sacrifici a Odino per la vittoria nelle battaglie dei viaggi estivi.

    • 22 APRILE: GIORNO DELL’YGGDRASILL
    In questo giorno si realizza quale grande parte ha l’Albero del Mondo nella nostra cultura, eredità e nativa spiritualità. E’ da Lui che veniamo e protegge e alleva l’Asatrù ancora oggi, e offrirà rifugio alla venuta del Ragnarök. Gli alberi sono il polmone come sono l’anima di Miðdarðr. Oggi si pianta un albero, si cresce e si protegge. In questo atto si deve essere rispettosi.

    • 30 APRILE: WALBURG
    Meglio conosciuto come Walpurgisnacht o Vigilia di Maggio. Walberg è una Dea del nostro popolo che ha dei tratti in comune con Her, sua pari. Se si riflette su Freya, Hel e Frigg e sul luogo di riposo di coloro morti con gloria, si avrà un’idea della natura di Wulburg. In questo giorno si versa un corno di Idromele sulla terra in memoria dei nostri eroi.

    Merrymoon / Maggio:

    • 1 MAGGIO: GIORNO DI MAGGIO
    Il primo giorno di Maggio è sinonimo di grandi celebrazioni in tutta Europa, i campi diventano verdi e i fiori decorano i paesaggi con una confusione di colori. Freya ci rivolge il suo volto benevolo dopo la notte di Walburg. Si celebra la nascita della Primavera e i doni di Freya.

    • 9 MAGGIO: MEMORIALE DI GUTHROTH
    Uno dei Re minori delle Uplands. Guthroth ebbe l’audacia di fare un discorso opponendosi alla politica di Olaf Tryggvason, che nel frattempo era occupato a uccidere le persone che non volevano diventare cristiane. Per adorare gli Asi diede il diritto alle gente si seguire l’Antica Via, fu catturato e la sua lingua tagliata.

    • 20 MAGGIO: FRIGGBLOT
    Oggi ci si rallegra del calore e dello splendore della Primavera. Un’ottima occazione per i campeggi con i compagni, fare un blot per onorare la Madre di Tutto e ringraziare Her per il benessere e la vitalità di famiglia, compagni e Sippe.

    Midyear / Giugno:

    • 8 GIUGNO: GIORNO DI LINDISFARNE
    In questo giorno nell’anno 1043 dell’Era Runica (793 d.c.) tre navi vichinghe assaltarono l’isola di Lindisfarne, aprendo ufficialmente quella che è l’Era Vichinga. Si brinda a quei coraggiosi guerrieri che iniziarono la nobile resistenza dell’invasione aliena delle Terre del Nord e cercarono vendetta per il massacro dei Sassoni da parte di Carlomagno.

    • 9 GIUGNO: MEMORIALE DI SIGURD IL VOLSUNGO
    E’ l’ eroe Germanico modello. Il suo corteggiamento alla Valchiria Brunilde, la conquista del tesoro dei Nibelunghi e la costante tematica dell’iniziazione Odinica, che tesse in tutto e per tutto la sua storia, sono le parti principali della nostra eredità Asatrù, questo provvede a un’infinità di materiale per la contemplazione e l’ispirazione delle sue azioni.

    • 21 GIUGNO: MIDSUMMER
    Oggi si hanno il giorno più lungo e la notte più breve dell’anno. Ora Sol inizia il suo lungo declino, scorrendo nell’oscurità il cui culmine sarà sei mesi dopo, a Yule. Identificando il sole come lo splendore di Balder, si festeggia in onore di entrambe con un blot. In tempi antichi era usanza tenere gli Allthing in questo periodo.

    Haymoon / Luglio:

    • 4 LUGLIO: GIORNO DEI FONDATORI
    In questo giorno si onora il generoso sacrificio personale e di fedele dedizione al nostro Popolo dei fondatori dell’era moderna Asatru, in sunto H. Rud Mills (Australia), Sveinbjorn Beinteinsson e Thorsteinn Guthjonsson (Islanda). In questo giorno si riflette su cosa si può fare per promuovere la crescita della nostra ancestrale religione e per proteggere la nostra sacra eredità e le nostre tradizioni.

    • 9 LUGLIO: MEMORIALE DI UNN “MENTE PROFONDA”
    Unn era una potente figura nella Saga di Laxdaela che emigrò in Scozia per evitare le ostilità con il Re Harald “Capellofino”. Ella fondò le dinastie nelle isole delle Orcadi e delle Faroer con scrupolosi matrimoni delle sue nipoti. Come un colonizzatore in Islanda ella continuò a esibire tutti quei tratti che resero forte il suo marchio: determinazione nel comando, dignità e un nobile carattere. Nei suoi ultimi giorni di vita, formò una potente dinastia scegliendo uno dei suoi nipoti come suo erede. Morì durante il suo matrimonio, presumibilmente completando in suo obiettivo e lasciando il suo segno qui su Miðgarð. Ricevette una tipica nave Nordica funeraria, circondata dal suo tesoro e la sua reputazione per le sue grandi gesta.
    • 29 LUGLIO: GIORNO DI STIKKLESTAD
    Olaf “Il fuorilegge” (Sant’Olaf) fu ucciso nella battaglia di Stikklestad in questo giorno nell’anno runico 1280 (1030 d.c circa). Olaf divenne famoso per l’uccisione, la menomazione, e l’esilio dei suoi compatrioti Norvegesi che non volevano convertirsi al cristianesimo e per aver coinvolto la sua armata nell’atto di oppressione.

    Harvest / Agosto:

    • 9 AGOSTO: MEMORIALE DI RADBOD
    In questo giorno si onora Radbod, un re della Frisia che fu uno dei primi bersagli dei missionari cristiani. Poco prima di fare rito del battesimo, chiese al clero quale sarebbe stato il fato dei suoi antenati morti leali alla fede Asatrù . I missionari risposero che gli antenati pagani di Radbod sarebbero bruciati all’inferno, alchè il Re rispose: “Allora vivrò qui con i miei antenati piuttosto che andare in paradiso con un branco di poveracci!”. Il battesimo fu annullato, gli stranieri cacciati e la Frisia rimase libera. Bevete un corno oggi in memoria di Radbod.

    • 19 AGOSTO: FREYFAXI
    Freyfaxi segnava il tempo del raccolto nell’antica Islanda. Oggi gli Asatrù osservano questa data celebrando il loro raccolto con un blot a Freyr e una grande festa dai giardini ai campi.

    Shedding / Settembre:

    • 9 SETTEMBRE: MEMORIALE DI HERMAN DEI CHERUSCI
    Pochi mortali hanno avuto il privilegio di servire il nostro Popolo come fece Herman, capo della tribù chiamata Cherusci. Difese la foresta di Teutoburgo da tre Legioni Romane di Varo nel 259 dell’Era Runica (9 d.c. circa) bloccando il nostro amalgamento con gli acquitrini Mediterranei.Herman fu molto consapevole dei suoi doveri non solo come capo della sua tribù ma anche come Asatrù, infatti le due cose erano probabilmente inseparabili da lui. Settembre è il periodo ideale per lodare le sue gesta, perchè la battaglia cruciale per la quale è ricordato fu combattuta in questo mese.

    • 23 SETTEMBRE: RITROVO INVERNALE
    L’Equinozio d’Autunno, Estate e Inverno iniziano a bilanciarsi. Si rinforza se stessi per una lunga notte e l’eventuale inizio del freddo e dello scuro Inverno. Fare un blot a Odino per l’ispirazione per ricevere aiuto nei periodi più difficili, in qualunque momento vengano. Questo è il periodo in cui si festeggia l’Autunno e la Seconda festa del raccolto.

    Hunting / Ottobre:

    • 8 OTTOBRE: MEMORIALE DI ERIK IL ROSSO
    Lodi al prode fondatore di Greenland (Groenlandia) e padre di Leif, fondatore di Vinland (Nord America). Erik rimase fedele a Thor anche quando sua moglie lasciò la fede negli Asi e si rifiutò di dormire col marito pagano. Onorare la memoria di Erik con brindisi. Non vi è dubbbio che abbia trovato abbastanza calore nella sala di Har per rifarsi del gelo della moglie.

    • 9 OTTOBRE: MEMORIALE DI LEIF ERIKSON
    Questo è il giorno che il governo degli Stati Uniti scelse per ricordare l’uomo che sbarcò prima Colombo sulle rive di Vinland ben 500 anni prima.

    • 14 OTTOBRE: VETRABLOT
    Nell’antico calendario Islandese, l’Inverno comincia il Satyrday (sabato) tra l’11 e il 17 Ottobre. Si celebra la ricchezza del raccolto onorando Freya e i gli spiriti della fertilità e della protezione chiamati Disir, che Ella capeggia (talvolta i Disir vengono visti come gli spiriti delle nostre antenate). Rendere gloria a Freya e versare birra, latte o idromele sul suolo come offerta ai Disir e alla Terra stessa.

    Fogmoon / Novembre:

    • 9 NOVEMRE: MEMORIALE DELLA REGINA SIGRITH DI SVEZIA
    Quando Olaf “Il fuorilegge” divenne Re di Norvegia per tre anni, chiese la Regina Sigrith di Svezia in moglie. Lei accettò ma quando lui insistette nel farle lasciare la fede negli Asi replicò: “Io non mi abbasso ad abbandonare la strada che ho scelto di seguire, come i miei avi prima di me. Non farò miei il dio e la fede che tu preferisci.” Con l’usuale tolleranza per i pagani fu scacciata a pesci in faccia e imprecazioni da parte dei cristiani. Il matrimonio fu annullato, privando Olaf del potere politico che avrebbe avuto una volta cristianizzata la Svezia. Come la storia ci insegna i pagani resistettero alla conversione per più di 300 anni nelle Terre del Nord. Onore a Sigrith leale all’Asatrù e donna dalla tenace virtù.

    • 11 NOVEMRE: FESTA DEGLI EINHERJAR
    Gli eroi scelti che siedono nella Sala di Odino sono gli Einherjar. Quest’oggi onoriamo questi compagni che diedero la vita per la famiglia e il Popolo.

    • 23 NOVEMBRE: FESTA DI ULLR
    La festa di Ullr è una celebrazione alla caccia e per ottenere la fortuna di cui si necessita per averne il successo. Le armi in questo giorno sono dedicate ad Ullr, Ase dell’Arco.

    Yule / Dicembre:

    • 9 DICEMBRE: MEMORIALE DI EGILL SKALLAGRIMSSON
    Odino era il suo dio e il sangue dei Berserkìr e del cambiamento di forma scorrevano nella sua famiglia. Il suo desiderio per l’oro e la fama furono insaziabili. Eppure lo stesso uomo fu mosso dall’amore dei suoi amici e generosamente tese le mani a coloro che ottenevano il suo favore. La stessa mente che ribollì di furia guerriera compose anche poesie skaldiche capaci di acquietare re in collera. Fu per un caso che Egill iniziò a venerare Odino.

    • 21/31 DICMBRE: SOLSTIZIO D’INVERNO/YULE
    La notte del Solstizio invernale è il tempo in cui comincia il nuovo anno Runico. Si onora il ritorno di Sol e la rottura dell’incantesimo dell’Inverno, si celebrano Thor e Freyr con Blot, Sumbel (rituali dove si discuteva bevendo idromele/birra e ci si scambiavano doni, il cibo era escluso) e grandi festeggiamenti. A Yule si bruciava un tronco saltando attraverso le fiamme per purificarsi e avere fortuna nel nuovo anno. Nella dodicesima e ultima notte di festeggiamenti, ogni giorno dei quali rappresenta un mese in miniatura, si riflette sull’anno appena passato, si fa tesoro delle cose che si sono imparate durante quest’ultimo, che ci serviranno in futuro.


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    9 gennaio



    Gli Agonalia, che si svolgevano il 9 gennaio, il 17 marzo, il 21 maggio e l'11 dicembre, erano in onore di Giano (Ianus), una delle più antiche divinità romane.

    Giano presiede a tutti gli inizi, i passaggi e le soglie: presiede a quelli materiali, come le soglie delle case, le porte, i passaggi coperti e quelle sovrastati da un arco; e presiede quelli immateriali come l'inizio di una nuova impresa, l'inizio della vita umana, della vita economica, del tempo storico e di quello mitico, della religione, degli dèi stessi (Settimio Sereno lo chiama "principio degli dèi e acuto seminatore di cose"), del mondo (nel carmen saliare viene chiamato Cerus cioè "creatore", perché come iniziatore del mondo egli è il creatore per eccellenza[1]), dell'umanità (viene infatti chiamato Consivio, cioè propagatore del genere umano, che viene seminato per opera sua [2]), della civiltà, delle istituzioni (perché fu il primo re). Il console e augure Marco Valerio Messalla Rufo scrive nel libro sugli Auspici che Giano è colui che plasma e governa ogni cosa e unì circondandole con il cielo l'essenza dell'acqua e della terra, pesante e tendente a scendere in basso, e quella del fuoco e dell'aria, leggera e tendente a sfuggire verso l'alto, e che fu l'immane forza del cielo a tenere legate le due forze contrastanti[3].

    Le porte del tempio di Giano si spalancavano in tempo di guerra e nel suo tempio si sacrificava spesso per avere vaticini sulla riuscita delle imprese militari. Il suo culto è probabilmente antichissimo e risale ad un'epoca arcaica in cui i culti dei popoli italici erano in gran parte ancora legati ai cicli naturali della raccolta e della semina. È stato sottolineato da più autori, fin dal secolo scorso (Vedi Il ramo d'oro di Frazer) come Giano fosse probabilmente la divinità principale del pantheon romano in epoca arcaica. In particolare rimarrebbe traccia di questo fatto nell'appellativo Ianus Pater che permase anche in epoca classica. Una delle caratteristiche più singolari di Giano sta nella sua rappresentazione come di un dio bicefalo, da cui l'appellativo di Giano bifronte. Questa particolarità era connessa all'area di influenza divina che Giano assunse in maniera specifica in epoca classica, dopo la ascesa degli dei romani "canonici": Giano era preposto alle porte e ai ponti, ma più in generale rappresentava ogni forma di passaggio e mutamento. Forse una traccia più evidente della sua funzione originale rimase nel suo protettorato sul tutto ciò che riguardava un inizio ed una fine. Non a caso a Giano era intitolato il primo mese dell'anno, Gennaio. Un'altra leggenda che spiega le due facce, narra che Giano ricevette dal dio Saturno per l'ospitalità ricevuta, il dono di vedere sia il passato che il futuro.

    Giano, Ianus è una divinità esclusivamente romana, la più antica degli Dei nazionali, "di indigetes"; "divom deus", il "dio degli Dei". Ianus Pater veniva invocato spesso insieme a Iuppiter, Giove.

    Il suo nome sarebbe legato alla sua funzione: un dio delle porte di casa (ianua) e dei passaggi (iani): ne custodiva l'entrata e l'uscita e portava in mano, come i portinai, ianitores, una chiave e un bastone, e fu immaginato con due facce, a custodire entrata e uscita.

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    23 febbraio - Maha Shivaratri



    "La festività di Shivaratri viene celebra oggi, dagli Indù di ogni parte del mondo. Maha Shivaratri cade sempre nella notte prima del giorno di luna nuova, tra febbraio e marzo (nel mese lunare Phalguna, secondo il sistema astrologico indiano) e quindi è una "festa mobile".


    Shivaratri, che letteralmente significa 'la notte di Shiva' è una ricorrenza profondamente significativa. E' l'avvento dell'unione tra l'anima individuale (Jiva) con la Divinità suprema (Paramatma) e rappresenta il più elevato stato di realizzazione spirituale, ove il mondo della relatività si dissolve e prevalgono la calma e la pace.
    In questa notte il ricercatore rimane sveglio e pienamente consapevole della sua identità con Shiva, sorgente di gioia perenne, e ne sperimenta l'eterna verità, beatitudine e bellezza. Il mattino del giorno di Maha Shivaratri, i devoti si lavano, digiunano e trascorrono la giornata concentrati in Shiva, cantando e meditando 'Om Namah Shivaya' per rendergli omaggio."

    In Nepal

    "Durante questa notte i devoti Indù gremiscono ovunque i templi di Shiva, ma la più grande attività si raccoglie attorno al tempio di Pashupatinath, presso le rive del fiume Bagmati, circa a tre chilometri ad est di Kathmandu.
    Questa notte di veglia e le feste dei giorni prima e dopo attraggono qui migliaia di persone dall'India e dal Nepal.
    Il tempio di Pashupatinath è dedicato a Shiva nella sua forma di Pashupati, Signore degli Animali.


    Il grande tempio pagoda, aperto solo agli Indù, si trova su di una grande piattaforma di pietra presso la sponda del fiume - il ghat, dove si bruciano i defunti. Tutto attorno vi sono piccoli altari, templi e padiglioni ove gli yogi e i monaci parlano, si rilassano, cantano preghiere e meditano.
    Il giorno precedente e quello successivo alla notte di Shiva sono come un 'mela' o una grande festa religiosa, al suo massimo. La gente riempie le vie attorno al tempio di Pashupatinath: santoni, mendicanti, pellegrini indiani, bambini e turisti. Venditori di polvere rossa e di sacri semi di rudraksha fanno brillanti affari.
    Per l'occasione, sadhu e pellegrini provenienti da tutto il paese e dall'India visitano Pashupatinath e trascorrono la notte accendendo fuochi sacri, cantando inni e tenendosi svegli per accogliere la la Sua discesa sulla terra, sulle colline erbose attorno al tempio, e per godere della reciproca compagnia.

    A mezzanotte inizia ufficialmente Shivaratri, con un rituale all'interno del tempio. Durante la notte, i devoti faranno un bagno nelle acque del fiume Bagmati e porteranno le acque sacre nei palmi uniti per offrirla alla stele di pietra, simbolo fallico di Shiva, magnificamente innalzata all'interno del tempio e ricoperta di fiori.


    Al mattino i sacerdoti iniziano le recitazione dei testi sacri, proseguendo fino a mezzogiorno, quando cominciano i canti sacri. E' questo il momento propizio, ovviamente, per i migliori suonatori di tabla e sitar dell'India e del Nepal, per offrire la propria musica a Shiva.

    Ai visitatori, Shivaratri offre una visione straordinaria degli uomini Indù consacrati, yogi e sadhu. I corpi impastati di cenere, la mente concentrata lontano dalle preoccupazioni quotidiane del mondo, possono trovarsi seduti pacatamenete in piccoli gruppi. Questi asceti, nudi senza pudore, sanno dominare il freddo e il caldo, la fame e i desideri dei sensi. Questi monaci erranti, magri ma potenti, dallo sguardo fiero e intelligente, vivono un'esistenza distaccata dal mondo, cercando l'unione con Shiva.

    I sacerdoti del tempio, vestiti in color ocra, officiano elaborate cerimonie e offerte a Shiva. Essi hanno dedicato la propria vita al canto delle Sacre Scritture, alla celebrazione dei matrimoni, all'accompagnamento delle cremazioni, alla cura del tempio e dei bisogni spirituali di tutti gli Indù.

    Sebbene i voti dei sacerdoti impediscano loro di assumere sostanze intossicanti, i 'Sedici elementi della devozione a Shiva' includono il consumo di sostanze psicogene naturali. Si vedono spesso Brahmini celebrare i loro riti a fianco di un gruppo si sadhu che intanto si eclissano, in una nube di fumo, verso sconosciuti reami della coscienza.

    Gli asceti, adorando dei di nomi diversi, sono vissuti per tempi immemorabili in sacre foreste come quella presso Pashupati. Tuttavia, Maha Shivaratri è uno dei pochi momenti e luoghi in cui si può gettare lo sguardo millenni indietro nel passato."

    Tratto da: The Rising Nepal

    "La materia, la vita, il pensiero non sono che relazioni energetiche, ritmo, movimento e attrazione reciproca. Il principio che da origine ai mondi, alle varie forme dell'essere, può dunque essere concepito come un principio armonico e ritmico, simboleggiato dal ritmo dei tamburi, dai movimenti della danza. In quanto principio creatore, Shiva non profferisce il mondo, lo danza."

    (A. Daniélou, Shiva e Dioniso")

    Questo è il messaggio di Shivaratri:

    Richiamate alla mente soltanto il bene.

    Fate, pensate, e progettate soltanto il bene.

    Parlate bene e vi avvicinerete a Dio, sorgente di ogni bene.

    Abbiate alti ideali.

    Sforzatevi di elevarvi.

    Dirigetevi alla più alta meta.

    Qualunque sia l'ostacolo sul vostro cammino non scoraggiatevi.

    Non vacillate passando dalla devozione ai piaceri terreni e poi di nuovo alla devozione



    Edited by gheagabry - 13/2/2011, 23:59
     
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    16 febbraio - Celebrazione di Vittoria Nike




    Vittoria, chiamata Victoria dai romani e Nike dai greci, era la dea personificazione del successo e dell'affermazione.

    Secondo la leggenda, era figlia, probabilmente, di Pallade (non Atena, bensì un titano figlio di Crius ed Eurybia) e Stige. Divenne patrona degli eroi che portava alla grandezza.

    Venerata dal popolo romano, le fu dedicato un altare al Senato; questo monumento sacro divenne uno dei simboli più importanti del paganesimo organizzato nell'Impero Romano e motivo di aspro confronto tra pagani e cristiani nel IV sec. d.C. quando ne fu ordinata la distruzione. L'altare venne infatti eliminato nel 394 da Teodosio I.

    Victoria, essendo alata, poteva correre e volare a grande velocità.



    A Nike

    profumo di manna

    Invoco la potente Nike, amata dai mortali

    che sola scioglie dei mortali l'impeto guerresco

    e i nodi angosciosi nelle nemiche battaglie,

    giudicando nelle guerre dalle opere ricche di trofei

    nelle quali ti slanci portando dolcissima gloria.



    A tutti tu comandi: di ogni conflitto la nobile fama

    risiede nella gloriosa Nike, fra gioiose feste.

    Or tu, beata, vieni, o desiderata, coi tuoi occhi luminosi

    portando sempre alle oneste imprese una nobile fine

    Inno Orfico XXXIII

     
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    I SATURNALI





    I Saturnali esprimono un profondo pensiero religioso le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Si svolgevano dal 17 al 24 dicembre, ovvero alla vigilia del "Natale del Sole": il nuovo Sole che rinasce dopo la sua morte simbolica.


    I Saturnali affondano le radici negli arcaici riti di rinnovamento legati al solstizio d'inverno, quando il Vecchio Sole moriva per rinascere Sole Fanciullo e Saturno era il dio che presiedeva l'Avvento del Natale del Sole Invitto, intendendo il Sole non in senso naturalistico, bensì essenza ed epifania del dio Creatore e Vivificatore. Sarebbe oltremodo riduttivo e svilente considerare i Saturnali semplicemente delle festività più o meno allegre e licenziose, così come una certa tradizione cristiana ha contribuito a far credere. I Saturnali, in effetti, esprimono un profondo pensiero religioso la cui essenza risale alla Notte dei Tempi, a quella Notte di cui auspicavano il ritorno, illuminata dalla Luce di un Fanciullo Divino. Per poter penetrare nell'effettiva natura spirituale dei Saturnali occorre risalire la corrente del Tempo sino alle leggendarie origini di Roma, quando i suoi miti s'intrecciano con quelli di un'altra epica città, cioè Troia.

    Enea, risalendo il Tevere, raggiunge la città di Palantea che occupa il Palatino su cui più tardi sorgerà Roma e dove regna il vecchio re Evandro, giunto nel Lazio dall'Arcadia circa sessant’anni prima della guerra di Troia. Quando Evandro arriva sul Colle Palatino vi trova delle popolazioni locali, gli Aborigeni, che praticano un culto dedito al dio Saturno (gli Aborigeni sono indicati come i più antichi abitanti dell'Italia centrale; erano figli degli alberi, vivevano senza leggi, come nomadi e si nutrivano di frutti selvatici; il loro nome significa "popolo originale”). La leggenda italica romana, arricchita da elementi orientali ed ellenici, racconta che Saturno-Crono, dopo essere stato detronizzato dal figlio Giove-Zeus, nella fine del ciclo dell'anno solare trovò rifugio in una zona che chiamò Latium ("rifugio", dal lat. latere, "nascondere"). Qui fu benignamente accolto dal re del posto. Giano, che divise il regno con il nuovo venuto ed al quale concesse dì fondare una città tutta sua. Saturnia, un villaggio situato in cima al Campidoglio. Nel governo di Giano si evidenziano già distintamente tutte quelle caratteristiche che verranno poi definitivamente instaurate da Saturno nella Saturnia Tellus (Italia) quando il dio resterà l'unico a regnare dopo la morte e la divinizzazione di Giano: l'Età dell'Oro.
    In epoca arcaica gli uomini concepivano il Tempo suddiviso in cicli cosmici che via via si susseguivano tracciando un processo involutivo che era partito da una condizione di armonia e di equilibrio e si concludeva in un'età di tenebre materiali e spirituali. L'espressione più chiara di questa concezione temporale è formulata da Esiodo che ripropone un concetto presente in tutto il mondo indoeuropeo. Esiodo associò alle varie età il valore decrescente dei metalli - oro, argento, bronzo e ferro - per esprimere il progressivo svilimento della razza umana. A queste quattro età ne aggiunse una quinta, quella della stirpe divina degli uomini Eroi che precede l'ultima età, quella dei ferro, come estremo tentativo di recupero prima dell'inevitabile caduta finale. Saturno, associato nel successivo sincretismo religioso greco-romano al Crono ellenico, era in epoca arcaica il dio italico dell'Età dell'Oro. Nell'Età dell'Oro gli uomini vivevano in intimità con gli dèi; non conoscevano preoccupazioni, fatiche, miserie e dolori. Non invecchiavano e trascorrevano i giorni sempre giovani, tra feste e banchetti; quando arrivava per loro il tempo della morte, si addormentavano dolcemente. Gli uomini si nutrivano di ghiande, di frutta selvatica e del miele prodotto dalle api ed essi non erano sottomessi alle fatiche del lavoro perché la terra produceva naturalmente tutto ciò di cui avevano bisogno. In quest'era idilliaca Saturno insegnò agli uomini ad utilizzare con metodo la spontanea fertilità della terra, introdusse l'uso del falcetto e della roncola, attributi coi quali veniva rappresentato. Anche per questo si ricollega il suo nome all'invenzione ed alla diffusione della coltivazione e al taglio della vite: Saturno dal lat. serere, "seminare"; sata, "campi seminati". Il mito prosegue, a questo punto, con notevoli apporti mitologici greci, per cui Saturno viene nuovamente scacciato dal figlio Giove che lo esilia su un'isola deserta dove (poiché immortale) vive in una sorta di vita nella morte, avvolto in lini funerari, fino a quando non verrà il tempo del suo risveglio. Allora egli rinascerà come bambino: rinascita che coinciderà con il Nuovo Risveglio e la restaurazione dell'Età dell'Oro.


    Per i Greci di epoca più tarda, Crono fu Chronos, cioè il Padre Tempo che avanzava inesorabile con la sua falce. Egli viene dipinto spesso con un corvo al fianco, come... Saturno...; e cro-nos probabilmente significa corvo... Il corvo era un uccello oracolare e si supponeva che ospitasse l'anima del Re Sacro dopo il suo sacrificio... Falci neolitiche di osso, con lame di selce o di ossidiana, venivano ancora usate nei riti religiosi quando già da molto tempo nessuno se ne serviva più per uso agricolo. ...La roncola o falcetto di Saturno... era a forma di corvo e a quanto pare veniva usata nel settimo mese dell'anno sacro di tredici mesi per evirare la quercia recidendo il vischio. ...Il vischio veniva identificato con i genitali della quercia, e quando i Druidi lo staccavano ritualmente dal tronco con il loro falcetto d'oro, eseguivano una simbolica evirazione. Si credeva che il liquido appiccicoso del vischio fosse lo sperma della quercia, dotato di grandi virtù curative. ...La falce rituale veniva usata per mietere il primo covone di grano. Con questa cerimonia si dava inizio al sacrificio del Re Sacro. ...Ma all'epoca cui si riferiscono questi miti, i re sacri potevano prolungare il loro regno fino al termine del Grande Anno di cento lunazioni, sacrificando ogni anno un fanciullo come sostituto. Ecco perché si narra che Crono divorasse i suoi figli per evitare di essere detronizzato. ...In Creta le vittime umane furono ben presto sostituite da un capretto; in Tracia da un vitello; in Eolia... da un puledro: ma nei distretti più remoti dell'Arcadia si sacrificavano ancora fanciulli all'inizio dell'era di Cristo. Non si sa con certezza se i riti elei fossero cannibalici oppure se, dato che Crono era un Titano-corvo, i corvi venissero nutriti con le carni della vittima sacrificata. (R. Graves. / Miti Greci)

    I Saturnali si proponevano di ristabilire, anche se solo per pochi giorni, la mitica Età dell'Oro, ovvero il regno di Saturno. Erano la ricorrenza più festosa dell'anno e, in seguito, neanche la Chiesa riuscì a sradicare l'idea che questi giorni fossero occasione di una sfrenata allegria, spesso licenziosa. L'autorità ed il potere dei padroni sugli schiavi era temporaneamente sospesa: questi cambiavano i loro abiti con quelli dei loro signori ed eleggevano un loro Re per le feste, che presiedeva ad un grande banchetto in cui il signore serviva a tavola i suoi schiavi, liberi di parola e di critica. Nel periodo arcaico, questo Re, alla fine delle feste, veniva poi messo a morte. Tale usanza risaliva, molto probabilmente, al mitico periodo in cui i Pelasgi giunsero a Saturnia. Gli Elleni, dopo aver scacciato gli abitanti del posto, sacrificarono un decimo del bottino ad Apollo ed eressero due templi: uno ad Ade e uno a Saturno che identificarono con il loro Crono. Ad Ade sacrificavano teste umane e a Saturno immolavano un uomo. A questo mito si sovrappose quello di Ercole, di passaggio in quelle regioni, che convinse i suoi connazionali a non offrire teste umane, ma statuette d'argilla ed a sostituire l'immolazione di un uomo con l'offerta di ceri accesi, giocando sul fatto che la parola phota, in greco, vuoi dire sia "uomo" che "luce". Così i Romani, in tempi più recenti, anziché sacrificare uomini usavano scambiarsi in dono ceri e statuette d'argilla riproducenti fattezze umane.

    Un mito induista narra che Vishnu, sotto forma di pesce, apparve a Satyavrata alla fine del ciclo cosmico che ha preceduto il nostro. Vishnu annuncia a quest'ultimo che il mondo sta per essere sommerso dalle acque e gli ordina di fabbricare un'arca nella quale racchiudere i germi del mondo futuro; infine guida l'arca, con Satyavrata a bordo, sulle acque durante il cataclisma. Dopo il disastro, Satyavrata, divenuto Vaisvaswata, cioè il Legislatore del ciclo attuale, reca agli uomini il Veda, la Parola divina. A parte l'assonanza con il mito di Noè, alcuni studiosi, fra cui Guénon, riconoscono nel vedico Satyavrata - "colui che ha fatto della verità il suo voto" - il romano Saturno, come il dio di passaggio da un vecchio ad un nuovo ciclo: ipotesi confermata dalla comune radice sanscrita Sat, Uno. Saturno non è soltanto il dio che presiede al rinnovamento dell'anno e che attraversa le acque, è anche il dio che giunge felicemente alla riva, che regna sulla nuova Età dell'Oro. E' un dio che spegne il passato ed accende il futuro, è il dio che, nel governo del mondo, succede a Giano, dio Creatore ed Iniziatore dalle due facce. Pertanto, ne assimila molti dei connotati, soprattutto l'idea di passaggio, di una Verità Una e Bifronte. Saturno precede il solstizio d'inverno, regnando sulle contraddizioni solstiziali: euforia, confusione, desiderio di rinnovamento, nostalgia di qualcosa che muore. attesa di quel che verrà. Saturno è colui che ha le chiavi del Grande Gioco cosmico e che regola l'ordine universale; non a caso abbiamo parlato di gioco: nei giorni a lui dedicati si svolgeva il Grande Gioco di Saturno, il gioco-oracolo con il quale si esercitava una forma di divinazione. Il dio, così, permetteva agli uomini di conoscere, per una volta, i disegni divini. II gioco d'azzardo era infatti strettamente connesso con Saturno, tanto che a Roma era permesso giocare soltanto durante i Satumalia Con il tempo, è divenuto poi un divertimento privato e un'abitudine il giocare di più proprio durante le feste natalizie. Anche il gioco della tombola risale a questo periodo e a questo dio: l'attuale gioco della tombola deriva, infatti, dal Grande Gioco di Saturno e dal gioco-oracolo col quale anticamente, e non solo a Roma. si esercitava una forma di divinazione.

    Per tutto quanto detto finora risulta evidente che i Saturnali, già all'epoca di Virgilio, hanno definitivamente assunto tutti i connotati di una vera e propria religione e, soprattutto, di una religione misterica, come precisa Macrobio (scrittore latino, IV-V sec. d.C.) nell'opera Saturnalia: "II diritto divino non mi permette di rivelare nozioni connesse alla segreta essenza della divinità: posso esporre soltanto la versione mista ad elementi mitici o divulgata dai fisici. Quanto alle origini occulte... non si possono illustrare nemmeno durante le cerimonie sacre; anzi, qualora si giunga a conoscerle, è obbligo tenerle ben nascoste dentro di sé". I Saturnali si celebravano a dicembre, l'ultimo mese dell'anno ed erano ufficialmente proclamati il 17 dicembre. Il primo giorno c'era la processione fino al tempio di Saturno posto nel Foro alle falde del Campidoglio e si faceva sull'Ara il solenne sacrificio cui si assisteva a capo scoperto e durante il quale si scioglievano le bende di lana che avvolgevano i piedi del simulacro di Saturno; Saturno rimaneva slegato ad adempiere le sue funzioni di fondatore di una nuova era fìno alla fine dell'anno; al rinnovo del ciclo annuale, il simulacro veniva nuovamente legato ed un suo sostituto, il Rex Saturnaliorum, veniva simbolicamente ucciso (tutto ciò in ricordo degli arcaici sacrifìci umani e perché l'Età dell'Oro non è restaurabile se non alla fine di questo ciclo, quando il dio rinascerà bambino). Seguiva il lettisternio (dal lat. lectus, "letto" e stemere, "stendere" - cerimonia religiosa dell'antica Roma che consisteva nell'offrire un banchetto agli dèi le cui statue erano state poste a giacere su letti intorno ad una tavola riccamente imbandita; il lectistemium veniva celebrato in onore di Giove e dei Dodici Dèi in occasione sia di solenni feste religiose che di calamità. Il banchetto pubblico, dove tutti i convenuti si scambiavano brindisi e auguri alla luce delle candele, era preparato dagli epulo-nes, i mèmbri di quattro grandi corporazioni che poi consumavano i raffinati cibi offerti agli dèi. I fedeli facevano la veglia per tutta la notte per attendere e salutare la nascita del Sole nuovo. Il tutto a spese dello Stato. In epoca arcaica la festa si svolgeva in quest'unico giorno; in seguito la durata delle celebrazioni fu portata a tre giorni da Cesare, a quattro da Augusto, a cinque da Caligola e, infine, a sette da Domiziano. Fin dall'età repubblicana i Saturnali si celebravano a Roma, assumendo importanza maggiore nell'epoca imperiale, diffondendosi rapidamente in tutta la penisola. Non eguale fortuna ebbe il culto del dio Saturno, non essendoci riscontri altrove, tranne che a Roma, di templi a lui dedicati. Durante i Saturnali i tribunali e le scuole erano chiusi: era proibito iniziare o partecipare a guerre, stabilire pene capitali e, comunque, esercitare qualsiasi attività che non fosse un festeggiamento. Per gran parte della popolazione, che svolgeva lavoro agricolo, i Saturnali annunciavano un lungo periodo di riposo in attesa della primavera. Come possiamo notare, molte delle usanze dei Saturnali si sono conservate fino ad oggi e caratterizzano il nostro modo di festeggiare il Natale: accendere le luci (delle candele prima, elettriche oggi), il banchetto, lo scambio di doni, la celebrazione religiosa, regalarsi i ceri, i datteri, le noci e cibi dolci come il miele, fare i brindisi e gli auguri, la chiusura delle scuole, la lunga festa.

    I saturnali romani col tempo assunsero connotazioni licenziose e orgiastriche, connesse a gozzoviglie e copiose crapule. La categoria del Carnevale, le cui origini si fanno risalire proprio alla festa dei Saturnali, è metafora, per antonomasia, di pazza e allegra "trasgressione", con più implicazioni, tutte riconducibili allo scompaginamento dei ruoli sociali, in una loro sospensione effimera, durante la quale si dà sfogo alle frustrazioni e ai troppi rospi ingoiati, imposti dalla tradizione e dall'ordine, non sempre costituito dalla giustizia e dall'equità. Ma ci sono pure i sogni, i desideri, le ambizioni che suggeriscono questa annuale "inversione delle parti", e fomentano questo spostamento della routine verso forme ribelli e trasgressive, seppure in veste burlesca e innocua, poichè accettate da tutti i protagonisti di questa convenzionale finzione collettiva, concessa dalla "libertà di dicembre" durante i Saturnali, e continuata dal nostro festoso Carnevale. Il Carnevale investe le diverse libertà: quella del travestimento, quella del linguaggio e quella delle abitudini rovesciate. C'è l'esaltazione di ciò che la morale comune biasima: l'abbuffata e la gozzoviglia iperbolica. Così pure l'impasto verbale, carico di ironia burlona e di giocose invettive, che non possono trovare azioni ritorsive da parte di chi le subisce. Un florilegio linguistico, quello carnevalesco, scherzoso e beffardo, che rimanda a coinvolgimenti trasgressivi, generatori di comiche trovate e risate a crepapelle. Lo sconvolgimento dei ruoli, che è virtuale nel corso dell'anno, a Carnevale, irrompe giocoso e impazza folleggiante, avvolgendo uomini e cose in una imponente incantata farsa dagli esiti scontati. Si sa, tutto poi ritornerà come prima e ognuno tornerà al suo stato sociale, e il potere rovesciato sarà simbolicamente bruciato in un grosso falò con l'accensione del fantoccio, che lo ha proclamato, inneggiandolo, al suo arrivo festoso e trionfante tra i canti e gli schiamazzi di mascherate pirotecniche. Sempre a proposito del pupazzo, dato alle fiamme o impiccato sotto un cielo crivellato di vividi fuochi d'artificio, c'è da sottolineare come esso rappresenti: per un verso l'allegra rivolta (il sogno?), amalgamata di spassose canzonture o di epigrammi finemente ironici, ma anche la celebrazione, sia pure temporanea, del "proibito", con l'esaltazione delle funzioni ritenute "basse (crapule, gozzoviglie, pance piene, sfrenatezza sessuale ecc.), rispetto a quelle "alte" o etico-intellettuali, e per questo esiliate dalla cultura ufficiale; per altro verso il fantoccio, giustiziato fra schiamazzi e finti lamenti, come pure raffiguri l'allegro finale di questo ammutinamento collettivo e fittizio, sia pure burlesco, che ha scompaginato l'ordine sociale con una messinscena davvero divertente.



    In questo "universo rovesciato" tutti diventano artistici creatori della risata, attraverso buffi travestimenti, ma anche con il tono del linguaggio grasso e colorito, improntato all'irrisione. Davvero singolare, poi, la coesistenza, nella parola Carnevale di due disposizioni antinomiche, contrastanti, quali: l'invito alla festa sfrenata e sregolata da un lato, e dall'altro il monito severo all'estensione da tutti i beni materiali propugnati (balli, banchetti, abbuffate, consumo di carne e di sesso) per un periodo di penitenza e raccoglimento spirituale. Il Re Carnevale è del resto consapevole che il suo tempo si basa sulla doppiezza etimologica del suo stesso essere, e non si cura della sua morte, fittizia pure questa, oscillando esso, come pendolo perenne, fra i due estremi della condizione esistenziale. Ma piovono coriandoli, si intrecciano stelle filanti sulla fantasmagorica follia del Carnevale che sbavaglia per qualche giorno festose utopie. Come al tempo degli antichi Saturnali.

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