L'ODISSEA

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  1. gheagabry
     
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    TELEMACO



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    Telemaco (in greco classico: Τηλέμαχος/ Têlémachos; latino: Telemachus), « che combatte lontano », con riferimento al padre) è un personaggio dell'Odissea. È il figlio di Ulisse e di Penelope.
    Secondo una versione della leggenda nacque il giorno in cui Ulisse partì per la guerra di Troia e dovette attendere ben 20 anni prima di rivederlo; essendo stato accudito dalla madre non ottenne la mascolinità che viene con l'età adulta. Secondo un'altra versione Telemaco nacque prima della partenza del padre tanto che, quando arrivarono ad Itaca Menelao e Diomede per convincere Ulisse (figlio di Laerte) ad andare a Troia, si finse pazzo: i due eroi greci lo andarono a trovare nei campi dove stava arando e misero il piccolo Telemaco in fasce davanti ai buoi; Ulisse dovette così fermarsi per non uccidere il figlio, manifestando così però la propria sanità mentale.

    I viaggi di Telemaco

    A Pilo e Sparta
    Nei primi 4 libri dell'Odissea (la cosiddetta Telemachia) va alla ricerca del padre su consiglio di Atena, presso le corti di Menelao a Sparta e Nestore a Pilo, scoprendo che Ulisse si trovava nell'isola di Ogigia decise di tornare a Itaca. Ma lì lo aspetta Antinoo, capo dei Proci, che medita di ucciderlo.

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    Poi il padre tornò a Itaca con l' aiuto di Alcinoo, re dei Feaci, sotto le sembianze di vecchio mendicante e con l' aiuto di Eumeo e caccia dalla sua casa i Proci.
    Durante il viaggio, Telemaco fu accompagnato da Atena, Dea della saggezza che aveva assunto la figura di aio o pedagogo con il nome di Mentore. Ancora oggi mentore è usato per indicare una guida saggia ed esperta.
    Secondo Aristotele e Ditti Cretese, Telemaco sposò Nausicaa e ebbe un figlio chiamato Persepolis o Ptoliporthus. Invece secondo la Telegonia, Telemaco sposò Circe dopo la morte del padre.
    Le tradizioni sulla sua morte variano a seconda degli autori; secondo una tradizione del tutto aberrante, Telemaco intraprese un viaggio via mare per raggiungere un luogo con i suoi compagni; mentre passava dalle coste della Campania incontrò le sirene, le ammaliatrici che invano avevano sedotto suo padre Ulisse molto tempo prima. Quando videro arrivare il figlio di colui che le aveva rifiutate, le fanciulle decisero di vendicarsi e s'avventarono furibonde sulla nave di Telemaco; sotto gli occhi sbalorditi dei compagni, lo uccisero e fecero scempio del suo cadavere, mutilandolo.
    L'altra versione, ovvero quella che vuole Telemaco sposo di Circe, racconta diversamente la vicenda: quando la maga scoprì che il suo figliastro-marito si era appena macchiato del sangue di Cassifone, figlia sua e di Ulisse, si vendicò e cercò di ucciderlo. Saputolo, Telemaco respinse l'attacco di Circe e la uccise con un colpo di spada; ma pentitosi del gesto tracotante, decise di uccidersi e ciò fece gettandosi giù da un'altissima rupe.
    Oppure fu la stessa Cassifone a uccidere il giovane, a causa della crudeltà che mostrò verso la madre Circe, uccidendola.

    Nell'Ulisse di James Joyce il personaggio di Telemaco è reinterpretato nella figura di Stephen Dedalus.
    Telemaco è anche il titolo di un melodramma su musiche di Christoph Willibald Gluck.
    Telemanco é una opera di Francesco da Paola Grua rappresentata a Monaco di Baviera nell`anno 1780.
    Nella Stagione del Carnevale del 1718, al Teatro Capranica di Roma, Alessandro Scarlatti presentò al pubblico romano il dramma per musica "Telemaco", su libretto di Carlo Sigismondo Capeci, dedicato al Conte di Gallas, Ambasciatore presso la Santa Sede dell'Imperatore d'Austria. Nel ruolo del protagonista, Telemaco, cantò Domenico Gizzi, Musico Soprano della Real Cappella di Napoli


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    * Telemaco, il figlio di Odisseo, era ancora un bambino quando suo padre era partito per la Guerra di Troia. Al momento in cui la narrazione dell'Odissea ha inizio, dieci anni dopo che la guerra stessa è terminata, Telemaco è ormai un uomo di circa vent'anni, e condivide la casa paterna con la madre Penelope e, suo malgrado, con un gruppo di uomini turbolenti ed arroganti, i Proci, che intendono convincere Penelope ad accettare il fatto che la scomparsa del marito è ormai definitiva e deve, di conseguenza, scegliere tra di loro un nuovo marito.


    * La dea Atena, che è la protettrice di Odisseo, in un momento in cui il dio del mare Poseidone (che invece è suo nemico giurato) si è allontanato dall'Olimpo, discute del suo destino con il re degli dei Zeus. Quindi, assunte le sembianze di Mente, re dei Tafi, va da Telemaco e lo esorta ad andare al più presto in cerca di notizie del padre. Telemaco le offre ospitalità e insieme assistono alle gozzoviglie serali dei Proci, mentre il cantastorie Femio recita per loro un poema. Penelope si lamenta del testo scelto da Femio, ovvero il "Ritorno da Troia"[1], perché le ricorda il marito scomparso, ma Telemaco si oppone alle sue lamentele.
    * Il mattino seguente Telemaco convoca un'assemblea dei cittadini di Itaca e chiede loro di fornirgli una nave ed un equipaggio. Accompagnato da Atena (che stavolta ha assunto le sembianze del suo amico Mentore) fa quindi vela verso la casa di Nestore, il più venerabile dei guerrieri greci che avevano partecipato alla guerra di Troia, che aveva fatto ritorno nella sua Pilo. Da qui Telemaco, accompagnato dal figlio di Nestore, Pisistrato, si dirige via terra verso Sparta, dove incontra Menelao ed Elena che si sono alla fine riconciliati. Gli raccontano che che erano riusciti a fare ritorno in Grecia dopo un lungo viaggio durante il quale erano passati anche per l'Egitto: lì, sull'isola incantata di Faro, Menelao aveva incontrato il vecchio dio del mare Proteo che gli aveva detto che Odisseo era prigioniero della misteriosa Ninfa Calipso. Telemaco viene così a conoscenza anche del destino del fratello di Menelao Agamennone, re di Micene e capo dei greci sotto le mura di Troia, che era stato assassinato dopo il suo ritorno a casa da sua moglie Clitennestra con la complicità dell'amante Egisto.

    * Intanto Odisseo, dopo svariate peripezie delle quali dobbiamo ancora apprendere, ha trascorso appunto gli ultimi sette anni prigioniero sulla lontana isola della Ninfa Calipso. Il messaggero degli dei Ermes la convince però a lasciarlo andare, e Odisseo si costruisce a questo scopo una zattera. La zattera, dato che il dio del mare Poseidone gli è nemico, fa inevitabilmente naufragio, ma egli riesce a salvarsi a nuoto toccando alla fine terra sull'isola Scheria sulla cui riva, nudo ed esausto, cade addormentato. Il mattino dopo, svegliatosi udendo delle risa di ragazze, vede la giovane Nausicaa che era andata sulla spiaggia accompagnata dalle sue ancelle per lavare dei panni. Odisseo le chiede così aiuto, ed ella lo esorta a chiedere l'ospitalità dei suoi genitori Arete e Alcinoo. Questi lo accolgono amichevolmente senza nemmeno, dapprima, chiedergli chi egli sia. Resta parecchi giorni con Alcinoo, partecipa ad alcune gare atletiche ed ascolta il cieco cantore Demodoco esibirsi nella narrazione di due antichi poemi.
    * Il primo narra di un altrimenti poco noto episodio della guerra di Troia, "La lite tra Odisseo ed Achille"; il secondo è il divertente racconto della storia d'amore tra due déi dell'Olimpo, Marte e Afrodite. Alla fine Odisseo chiede a Demodoco di continuare ad occuparsi della guerra di Troia, e questi racconta dello stratagemma del Cavallo di Troia, episodio nel quale Odisseo aveva svolto la parte dell'indiscusso protagonista. Incapace di dominare le emozioni suscitate dall'aver rivissuto quei momenti, Odisseo finisce per rivelare la sua identità, ed inizia a narrare l'incredibile storia del suo ritorno da Troia.
    * Dopo aver saccheggiato la città di Ismaro, nella terra dei Ciconi, lui e le dodici navi della sua flotta persero la rotta a causa di una tempesta che si abbatté su di loro. Approdarono nella terra dei pigri Lotofagi e finirono per essere catturati dal Ciclope Polifemo riuscendo a fuggire, dopo aver subito gravi perdite, con lo stratagemma di accecargli l'unico occhio con un tronco d'albero appuntito. Sostarono per un periodo alla reggia del signore dei venti Eolo, che diede ad Odisseo un otre di pelle che racchiudeva tutti i venti, un dono che avrebbe garantito loro un rapido e sicuro ritorno a casa. Purtroppo i marinai aprirono sconsideratamente l'otre mentre Odisseo dormiva: Tutti i venti uscirono insieme dall'otre, scatenando una tempesta che ricacciò le navi indietro da dove erano venute.


    * Pregarono Eolo di aiutarli nuovamente, ma egli rifiutò di farlo. Rimessisi in mare finirono per approdare sulla terra dei mostruosi cannibali Lestrigoni: solo la nave di Odisseo riuscì a sfuggire al terribile destino. Nuovamente salpati , giunsero all'isola della maga Circe, che con le sue pozioni magiche trasformò in maiali molti dei marinai di Odisseo. Il dio Ermete venne quindi in soccorso di Odisseo e gli donò un infuso a base di erbe magiche, utile come antidoto contro l'effetto delle pozioni di Circe. In questo modo egli costrinse la maga a liberare i suoi compagni dall'incantesimo. Ulisse diventò poi l'amante di Circe, tanto che restò con lei sull'isola per un anno. Alla fine, i suoi uomini riuscirono a convincerlo del fatto che era giunto il momento di ripartire.
    * Grazie anche alle indicazioni di Circe, Odisseo e la sua ciurma attraversarono l'Oceano e raggiunsero una baia situata all'estremo limite occidentale del mondo conosciuto. Lì, dopo aver celebrato un sacrificio in loro onore, Odisseo scese nel mondo dei morti, ed evocò lo spettro dell'antico indovino Tiresia affinché gli facesse da guida. Incontrò poi lo spettro di sua madre, che era morta di crepacuore durante la sua lunga assenza, ricevendo così per la prima volta notizie di quanto succedeva nella sua casa, messa in serio pericolo dall'avidità dei Proci. Incontrò poi molti altri spiriti di uomini e donne illustri e famosi, tra i quali il fantasma di Agamennone che lo mise al corrente del suo assassinio.


    * Quando tornarono all'isola di Circe questa, prima della loro nuova partenza, li mise in guardia sui pericoli che li attendevano nelle rimanenti tappe del loro viaggio. Riuscirono a fiancheggiare indenni gli scogli delle Sirene e passare in mezzo alla trappola rappresentata da Scilla, mostro dalle innumerevoli teste, e dal terribile gorgo Cariddi, approdando sull'isola Trinacria. Qui i compagni di Odisseo – ignorando gli avvertimenti ricevuti da Tiresia e Circe – catturarono ed uccisero per cibarsene alcuni capi della sacra mandria del dio del sole Elio. Questo sacrilegio fu duramente punito con un naufragio nel quale tutti, tranne Odisseo stesso, finirono annegati. Lui fu spinto dai flutti sulle rive dell'isola di Calipso, che l'aveva costretto a restare con lei come suo amante per sette anni. Solo da poco era riuscito ad andarsene.
    * Dopo aver ascoltato con grande interesse e curiosità la sua storia i Feaci, che sono un popolo di abili navigatori, decidono di aiutare Odisseo a tornare a casa: nottetempo, mentre è profondamente addormentato, lo portano ad Itaca approdando in un luogo nascosto. Da qui riesce a raggiungere la capanna di quello che era un tempo uno dei suoi schiavi, il guardiano di porci Eumeo. Odisseo decide di fingersi un mendicante, in modo di riuscire ad ottenere informazioni su quanto sta succedendo nel suo palazzo e nel suo regno. Dopo aver cenato insieme, racconta ai suoi contadini e braccianti una falsa storia della sua vita. Dice loro di essere nativo di Creta e di aver guidato un gruppo di suoi conterranei a combattere a Troia al fianco degli altri Greci, di aver quindi trascorso sette anni alla corte del re dell'Egitto e di essere alla fine naufragato sulle coste tesprote e da lì venuto ad Itaca.


    * Intanto Telemaco, che avevamo lasciato mentre si trovava a Sparta, fa vela verso casa e riesce a scampare ad un'imboscata tesagli dai Proci. Dopo essere sbarcato sulla costa di Itaca, va anche lui alla capanna di Eumeo. Finalmente il padre ed il figlio si incontrano: Odisseo si rivela a Telemaco (ma non ancora ad Eumeo) ed insieme decidono di uccidere i Proci. Dopo che Telemaco è tornato a palazzo per primo Odisseo, accompagnato da Eumeo, fa ritorno nella sua casa ma continua a restare travestito da mendicante. In questo modo osserva il comportamento violento e tracotante dei Proci, e studia il piano per ucciderli. Incontra anche sua moglie Penelope, che non lo riconosce, e cerca di capire le sue intenzioni raccontando anche a lei di essere cretese e che un giorno sulla sua isola aveva incontrato Odisseo. Incalzato dalle ansiose domande di Penelope, dice anche che di recente in Tesprozia ha avuto notizia delle sue più recenti avventure.
    * La vecchia nutrice Euriclea capisce la vera identità di Odisseo quando si spoglia per fare un bagno, mostrando una cicatrice sulla coscia che si era procurato da bambino, ed egli la costringe a giurare di mantenere il segreto. Il giorno dopo, su suggerimento di Atena, Penelope spinge i Proci ad organizzare una gara per conquistare la sua mano: si tratterà di una competizione di abilità nel tiro con l'arco ed i Proci dovranno servirsi dell'arco di Odisseo, che nessuno a parte lui stesso è mai riuscito a tendere. Nessuno dei pretendenti riesce a superare la prova e a quel punto, tra l'ilarità generale, quello che è creduto un vecchio mendicante chiede di partecipare a sua volta: Odisseo naturalmente riesce a tendere l'arma e a vincere la gara, lasciando tutti stupefatti. Prima che si riprendano dalla sorpresa rivolge quindi l'arco contro i Proci e, con l'aiuto di Telemaco, li uccide tutti. Odisseo e il figlio decidono poi di far giustiziare dodici delle ancelle della casa che erano state amanti dei Proci e uccidono il capraio Melanzio che era stato loro complice. Adesso Odisseo può finalmente rivelarsi a Penelope: la donna esita e non riesce a credere alle sue parole, ma si convince dopo che il marito le descrive alla perfezione il letto che lui stesso aveva costruito in occasione del loro matrimonio.


    * Il giorno dopo, insieme a Telemaco, va ad incontrare suo padre Laerte nella sua fattoria, ma anche il vecchio accetta la rivelazione della sua identità solo dopo che Odisseo gli ha descritto il frutteto che un tempo Laerte stesso gli aveva donato. Gli abitanti di Itaca hanno seguito Odisseo con l'intenzione di vendicare le uccisioni dei Proci loro figli: quello che sembra essere il capo della folla fa notare a tutti che Odisseo è stato la causa della morte di due intere generazioni di uomini ad Itaca, prima i marinai e coloro che l'avevano seguito in guerra dei quali nessuno è sopravvissuto, poi i Proci che ha ucciso con le sue mani. La dea Atena però interviene nella disputa e convince tutti a desistere dai propositi di vendetta.




    PENELOPE

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    PENELOPE, moglie d’Ulisse e re di Itaca – Dal greco Πηνελόπεια, -ας e
    successivamente Πηνελόπη -ης, mentre in dorico Πaνελόπa (il corrispettivo in latino è Pēnĕlŏpe, -es), Penelope è l’eroina dell’Odissea, o poema di Ulisse, uno dei due capolavori di Omero.Figlia di Icario e di Policaste, quando nacque, fu gettata in mare per ordine del padre, ma fu salvata da alcune anatre che la portarono alla spiaggia più vicina. Avendo interpretato il prodigio come la volontà degli dei, i genitori la ripresero e la chiamarono Penelope (in greco “anatra”).
    Madre premurosa di Telemaco e cugina Elena, moglie di Menelao (Μενέλαος) re di Sparta, deve la fama alla sua fedeltà ed allo stratagemma della tela. Avendo promesso ai proci, che avrebbe scelto marito al termine del lavoro per il sudario per Laerte, suo suocero, di notte disfaceva la tela che aveva tessuto di giorno. L’inganno le permise di attendere per altri quattro anni l’arrivo del marito, partito vent’anni prima per le spiagge
    di Troia. Quando una sua ancella, la tradì, i proci le imposero la scelta del marito. Fu l’arrivo di Ulisse a risolvere la situazione. L’eroe del cavallo uccise i proci arroganti e riportò l’amore nella vita della regina:

    Ma torvo riguardolli, e in questa guisa
    Favellò Ulisse: “Credevate, o cani,
    Che d’Ilio io più non ritornassi, e intanto
    La casa disertar, stuprar le ancelle,
    E la consorte mia, me vivo, ambire
    Costumavate, non temendo punto
    Né degli dèi la grave ira, né il biasmo
    Permanente degli uomini. Ma venne
    La fatale per voi tutti ultima sera”.
    ………………………………………….
    Tiraro indietro: Ulisse e i tre compagni
    Corsero, e svelser dagli estinti l’aste.
    Allor lanciaro novamente i proci
    Di tutta forza, e tutti quasi i colpi
    Nuovamente svïò Pallade amica.
    La gran soglia, la porta e la parete
    Li ricevette o li respinse: solo
    Anfimedonte tanto o quanto lese
    La destra di Telemaco nel polso,
    E appena ne graffiò la somma cute;
    E la lung’asta di Ctesippo, a Eumèo
    Lo scudo rasentando, e lievemente
    Solcandogli la spalla, il suo tenore
    Seguì, e ricadde sovra il palco morta.
    Ma non così dall’altra parte spinte
    Fûr contra i proci le pungenti travi.
    Quella del distruttor de’ muri Ulisse
    Fulminò Euridamante; Anfimedonte
    Per quella giacque del suo figlio: Eumèo
    Scontrò con la sua Pòlibo, e Filezio
    Ctesippo colse con la sua nel petto,
    E su lui stette alteramente, e disse:
    “Politersìde, degli oltraggi amante,
    Cessa dal secondar la tua stoltezza,
    Con vana pompa favellando, e ai numi
    Cedi, che di te son molto più forti.
    Questo è il dono ospital di quello in merto,
    Che al nostro re, che mendicava festi:
    Alla zampa del bue l’asta rispose”.
    Così d’Ulisse l’armentario illustre.
    In questo mezzo di Laerte il figlio
    Conquise il Damastoride da presso
    Di profonda ferita; e a Leocrito
    Telemaco piantò nel ventre il telo,
    Che delle reni fuor gli ricomparve.
    L’Evenorìde stramazzò boccone,
    E la terra batté con tutto il fronte.
    Pallade allor, che rivestì la diva,
    Alto levò dalla soffitta eccelsa…”
    (Omero – Odissea – L. XXII – ww 332-370)




    Fin dalla storia antica e dai racconti mitologici, le donne greche hanno suscitato grandi emozioni. Tutti noi ricorderemo per sempre Elena, la bellissima moglie di Menelao re di Sparta, rapita dal principe troiano Paride e per questo causa della guerra cantata da Omero. Altrettanto indimenticabile è la figura di Penelope, moglie di Ulisse e regina di Itaca. Di lei rimane proverbiale la scaltrezza e l’immensa pazienza nell’aspettare il ritorno del marito. Pur se alcune analisi storiche ne mettono ora in dubbio la fedeltà tanto decantata (si vedano alcune opere della professoressa Eva Cantarella, nota esperta di storia e diritto greco), Penelope e la sua tela mai completata sono arrivate fino a noi e saranno tramandate alle future generazioni. I racconti dell’antica Grecia ci obbligano a chiamare in causa la perfida Clitennestra, moglie di Agamennone re di Micene e capo delle truppe greche nella guerra di Troia, la quale ordì un complotto con l’amante Egisto per uccidere il marito.

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