CASTORI, CONIGLI, SCOIATTOLI.

I RODITORI

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    scatto JOE KLAMAR (AFP/Getty Images)

     
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    scatto di Lloyd Spitalnik

     
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    Il CONIGLIO SELVATICO


    L’Oryctolagus cuniculus, meglio conosciuto come coniglio selvatico, è un piccolo mammifero lagomorfo appartenente alla famiglia dei Leporidi. Il suo corpo, molto simile a quello delle lepri ma di dimensioni più ridotte, raggiunge in lunghezza circa i 40 cm, esclusa la coda che misura dai 6 o 7 cm, ed è ricoperto di un morbidissimo e fittissimo pelo che varia dal grigio-giallastro delle parti superiori al biancastro di quelle inferiori.
    La specie, che ama dimorare soprattutto presso piccole alture e colline lungo tratti sabbiosi o ricchi di cespugli, è diffusa in quasi ogni parte del mondo e soprattutto in Europa, Nuova Zelanda ed Australia. In Italia se ne contano numerosi esemplari soprattutto nelle regioni del nord.
    Questo piccolo e velocissimo mammifero ha abitudini principalmente notturne: durante il girono infatti preferisce sonnecchiare al riparo della sua tana e solo al crepuscolo si avvicina ai pascoli per cibarsi di erba fresca. La specie è inoltre caratterizzata da una spiccata socialità che la porta a vivere in comunità anche molto ampie laddove vi è abbastanza cibo disponibile per tutti. All’interno di queste vige un ordine gerarchico piuttosto rigido e per quanto l’aspetto di questo piccolo mammifero sia molto pacifico e rassicurante, in caso d’imposizione e tutela del proprio dominio il coniglio sa essere anche molto aggressivo e violento. I conigli selvatici raggiungono la maturità sessuale attorno ai cinque mesi di età, tuttavia tenderanno a non accoppiarsi prima del raggiungimento del dodicesimo mese. Durante il periodo dell’amore, che coincide solitamente con i mesi di febbraio e marzo, la coppia sceglie un luogo idoneo per ricavare una piccola tana presso la quale portare a termine la gestazione. Quest’ultima dura una trentina di giorni, al termine dei quali la femmina darà alla luce dai quattro ai dodici cuccioli. La specie si mostra molto amorevole con i piccoli, infatti questi saranno allevati per lungo tempo e protetti dagli attacchi di eventuali predatori.
    (Geda Jannicelli)

    ....Conigli in Australia.....


    L'arrivo dei conigli in Australia porta un gran esempio della vitalità e della prolificità di questi piccoli animali. Come è scritto da più parti, i primi cinque conigli arrivarono in quel continente nel 1788 a seguito dei primi coloni bianchi. Ma se questo corrisponde a verità, gli australiani sanno bene che non possono quindi essere considerati i responsabili dell'invasione successiva. I progenitori delle schiere di milioni di conigli furono certamente i 29 conigli che nell'anno 1859 un proprietario terriero fece sbarcare in un parco del porto di Geelong nello stato di Victoria. Già tre anni più tardi gli indispettiti vicini di quel "farmer" avevano ucciso più di 20.000 capi di quella "nuova selvaggina". Lo Stato già nel 1881 ricorreva a severe misure di protezione per questa nuova specie. Gli ignari funzionari che avevano redatto quella legge e che multavano i cacciatori di conigli come cacciatori di frodo, solo pochi anni più tardi pagavano dei premi per ogni testa di coniglio consegnata. Nel frattempo, infatti, i conigli avevano letteralmente invaso non solo lo stato di Victoria, ma anche il Nuovo Galles del Sud e l'Australia meridionale. E ora premevano allegramente verso il Queensland e il Territorio del Nord e intorno al 1900 erano padroni di una regione di 4 milioni di Kmq. I loro insaziabili incisivi trasformavano le steppe in deserti, i pascoli in steppe, rosicchiavano l'erba fino alle radici, scorticavano cespugli e piante mettendo seriamente in pericolo la sopravvivenza dell'intero patrimonio ovino di ampie regioni.
    Nel 1890 il grigio esercito dei conigli era salito a 20 milioni di capi. Un esercito che non si lasciava fermare né dalle siepi di filo di ferro piantate molto profondamente nel terreno , che si stendevano per centinaia e migliaia di chilometri e inghiottirono centinaia di migliaia di sterline , né dal veleno, né dal gas; un esercito che si dimostrò più forte delle migliaia di furetti, donnole, volpi e serpenti introdotti nel paese. Per quanto i conigli morissero a migliaia di fame davanti alle siepi di filo spinato, per quanto si distruggessero con battipali le loro tane sotterranee, per quanto si organizzassero gigantesche battute di caccia, essi continuavano a moltiplicarsi incessantemente attraversando i deserti dell'interno e spingendosi verso l'Australia occidentale. Qui una siepe di filo spinato lunga oltre 3200 km avrebbe dovuto arrestarli. Ma fu un tentativo invano poiché essi riuscirono anche a passare oltre questa barriera. Il grigio esercito aumentò negli anni successivi fino a 750 milioni di unità. Il danno da essi provocato fu valutato a 240-320 milioni di sterline l'anno. Nell'inesorabile lotta tra uomo e animali i conigli avevano imparato ad arrampicarsi sui cespugli e sugli alberi, a dormire tra i rami, ad attraversare a nuoto larghi fiumi e a rinunciare sempre più alle tane sotterranee. Ora i battipali non potevano più raggiungerli.
    I conigli erano i padroni dell'Australia! E lo sarebbero ancor oggi se non si fosse riusciti ad infettarli con un virus. Il primo tentativo in questa direzione fu intrapreso nell'estate 1950-1951. Ai conigli catturati furono iniettate delle soluzioni virali o pennellato del pus infettivo sulla congiuntiva ed essi poi furono lasciati liberi. Già l'anno dopo il Queensland ed il Nuovo Galles del Sud erano pressoché liberati dai conigli selvatici. Negli altri Stati l'epidemia decimò la loro consistenza numerica del 90%.Una grande vittoria era stata ottenuta , ma si trattava tuttavia di una vittoria solo parziale. Questi perché le volpi ed i gringo importati, che fino allora erano vissuti quasi esclusivamente di conigli, si volgevano alle pecore.
    (dalweb)

    ...storia, miti e leggende....


    Si sa che era diffuso nelle regioni costiere del bacino del Mediterraneo (Spagna). Probabilmente il coniglio selvatico è partito da queste regioni per estendersi, di alcune centinaia di metri all'anno, nel resto dell'Europa Mediterranea e nelle foreste occidentali. Neanche oggi troviamo però la sua presenza nelle regioni a Nord. Non va inoltre dimenticato che non è da molto tempo che questo animale viene addomesticato, si spiega così la sua assenza dal folclore e dalle tradizioni alimentari di alcuni luoghi. Ci sono sempre stati diversi modi per denominare il coniglio, ogni regione, già nell'antichità, aveva adottato un suo modo per identificarlo. L'antichità romana identificava l'animale come un essere in grado di scavare tane profonde, slavi e ciechi hanno invece preso spunto dai loro vicini germanici per i quali il coniglio era "Koning" data la forte somiglianza con "König" (re) e lo chiamarono "piccolo re". Siccome per loro il re era Carlo Magno questo termine si trasformò poi in Krolik. Sono state numerose le strade seguite per cercare di trovare la vera origine di questa denominazione ma nessuno è mai riuscito a ricollegare l'esatta catena filologica. Alla fine del XVI secolo si assiste ad un importante cambiamento della storia del coniglio.

    Il coniglio è un simbolo pasquale molto diffuso negli Stati Uniti e nei paesi dell'Europa settentrionale. In occasione della Pasqua, in Germania e in Gran Bretagna le vetrine delle pasticcerie si riempiono letteralmente di coniglietti di cioccolata di tutte le dimensioni e fattezze. Il coniglietto pasquale o "Easter Bunny", come si dice in inglese, trova origine dai riti pagani precristiani sulla fertilità. Poiché per tradizione il coniglio e la lepre sono gli animali più fertili in assoluto, essi divennero fin dall'antichità il simbolo del rinnovamento della vita e della primavera. Il coniglio come simbolo della Pasqua sembra avere origine in Germania nel XV secolo, come testimoniano le cronache dell'epoca. I primi dolci e biscotti a forma di coniglio sembra si siano diffusi sempre in Germania ai primi dell'800. Furono gli immigrati tedeschi e olandesi che portarono in America la tradizione, secondo la quale il coniglietto pasquale porta un cesto di uova colorate ai bambini che si sono comportati bene. Ma é anche un po' dispettoso e le nasconde tra l'erba e i cespugli del giardino.

    C'era una volta un coniglietto che voleva far felice la sua padroncina, perchè lei lo trattava sempre molto bene e preparava per lui le cose più buone da mangiare: carote appena colte, trifoglio freschissimo e lattuga verde:
    Ma il coniglietto non sapeva come fare, perchè non aveva neanche un soldino e non poteva andare al negozio a comprare un regalo per la sua padroncina.
    Intanto il tempo passava, stava arrivando la Pasqua ed il coniglietto ancora non sapeva cosa fare.
    Gli unici amici su cui poteva contare erano gli altri animali che vivevano con lui nel giardino della casa.
    Chiese al cane se aveva qualcosa da dargli, ma il cane aveva solo un osso rosicchiato; chiese al gatto, ma quello poteva dargli solo un topolino ancora vivo, che aveva appena catturato; chiese alla lucertola che prendeva il sole sul muretto, ma lei aveva solo una collezione di insetti morti; chiese ai topolini, ma avevano solo pezzetti di formaggio rosicchiato che avevano rubato dalla dispensa.
    Restava solo la gallina; allora il coniglietto andò da lei e le chiese se aveva qualcosa da regalare alla sua padroncina; la gallina gli regalò le uova che aveva fatto quel giorno (era il Venerdì Santo).
    Il coniglietto le prese, ma così gli sembravano brutte; allora ebbe un'idea, andò in casa e prese i colori della sua padroncina, e con quei colori dipinse tutte le uova che la gallina gli aveva regalato; ci mise tre giorni (i coniglietti non sono molto bravi a disegnare!), ma alla fine furono bellissime.
    E la mattina di Pasqua la sua padroncina trovò in cucina quelle bellissime uova colorate e fu contentissima.
     
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    faina(kuna) e l'animale simbolo della moneta croata

     
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    scatto di Ray Yeager

     
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    LA LEPRE MARZOLINA



    Perche’ la lepre marzolina e’ matta? Lewis Carroll ce l’ha dipinta nell’interminabile tea-party insieme al Cappellaio Matto e al ghiro (che in realta’ e’ un moscardino, e’ un problema di traduzione, non c’erano ghiri in Inghilterra all’epoca). Ecco quello che ci scrive il Rev. Dodgson:

    “The March Hare … as this is May, it won’t be raving mad – at least not so mad as it was in March.” [La lepre marzolina... poiche' siamo in Maggio, non sara' matta da legare - almeno non tanto matta come in Marzo].

    L’idea che le lepri siano matte a Marzo pero’ non e’ di Lewis Carroll ma appartiene alla tradizione popolare inglese. La prima citazione in inglese moderno risale a Thomas Moore nel 1529: “As mad not as a march hare, but as a madde dogge.” [matto non come una lepre marzolina, ma come un cane matto], ma si puo’ risalire indietro nel tempo sino a Chaucer in The Friar’s tale: “For though this Summoner wood were as a hare,/To tell his harlotry I will not spare”



    Appurato come l’idea di questa pazzia lagomorfica sia antica, ci resta da capire da cosa dipende. In effetti, la causa della pazzia delle lepri non e’ molto diversa da quella dell’Orlando Furioso: sesso.

    Le lepri europee (Lepus europaeus) si accoppiano quasi tutto l’anno ma in particolare tra Febbraio e Settembre, con picchi di gravidanze (in Scozia) tra Aprile e Maggio, il che vuol dire che a Marzo il testosterone e’ al livello massimo. Ora, immaginate di assistere alla seguente scena: una lepre e’ inseguita in pieno giorno (sono tendenzialmente notturne) da un gruppo di altre lepri. Prima di raggiungere l’inseguita alcune di queste lepri si alzano in piedi e cominciano a prendersi a schiaffi come in un incontro di boxe. Le lepre inseguita, se raggiunta, si volta e comincia a picchiare e inseguire l’inseguitore a sua volta. Cosa pensereste? che le lepri siano improvvisamente diventate tutte matte.



    Guardando pero’ con l’occhio del naturalista e non con quello del poeta, si capisce cosa sta accadendo: i maschi in primavera tendono spesso ad avvicinarsi ad una stessa femmina e il maschio dominante caccia via gli intrusi alzandosi sulle posteriori e lottando in una specie di lek. La femmina tuttavia non sempre e’ ricettiva e se non lo e’ caccera’ via il maschio senza tanti complimenti. Anche se lo fosse, pero’, l’idea di sfidare il maschio prendendolo a cazzotti non e’ peregrina: per avere leprotti forti sara’ bene che il maschio sia fisicamente in buone condizioni e abbastanza forte da vincere la femmina in uno scontro. I leprotti rimarranno a lungo da soli semplicemente nascosti nell’erba e sara’ bene che siano forti e veloci gia’ dalla nascita se non vogliono diventare un pasto per le volpi. Pazzia? Per niente, semplice selezione naturale.



    (l'orologiaiomiope)
     
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    IL MUSTIOLO



    Il mustiolo (Suncus etruscus Savi, 1822), detto anche pachiuro etrusco, è un mammifero della famiglia dei Soricidi. E' il più piccolo mammifero europeo che si conosca, ha un aspetto esile, il muso è appuntito, le orecchie grandi, gli occhi piccoli, le zampe gracili, lunghezza testa-corpo 36/52 mm. la coda 24/30 mm. è ricoperta di pelo, piede posteriore 7/8 mm, peso 1,5/2,5 g. Il manto è generalmente grigio, più chiaro nella regione ventrale tendente al marroncino in quella dorsale. Solitamente i maschi sono leggermente più piccoli delle femmine.
    E' presente in tutta l'Italia, anche nelle isole, si trova anche nell'Africa settentrionale e nel sud-est asiatico, la sua presenza non è condizionata da un particolare habitat, ha solo bisogno di calore, la temperatura nella tana non deve mai scendere sotto 15°-16 °C.
    Vive in spazi aperti con abbondante vegetazione erbacea, è anche notturno. Si nutre soprattutto d’insetti e arriva a mangiare quantità di cibo pari al doppio del suo peso, muore se resta più di dodici ore senza cibo. I suoi principali nemici sono i piccoli carnivori e gli uccelli rapaci come l'Allocco e la Civetta. La durata della sua vita è generalmente inferiore a un anno.
    La cosa più particolare e che questo piccolo topo è praticamente invisibile nel suo ambiente naturale e che nonostante la sua taglia davvero insignificante, il mustiolo etrusco è un temibile carnivoro. Attacca senza esclusioni tutte le prede che riesce a individuare, purché siano più piccole rispetto a se stesso. Il mustiolo individua le prede a 25-30 cm di distanza. Alza la testa agitando i suoi lunghi baffi, quindi si precipita sulla vittima, mordendola con incredibile accanimento. Rifiuta gli insetti fetidi, come le cimici, ed indietreggia, dopo avere simulato l'attacco, quando si trova davanti una preda troppo grande per la sua taglia.
    La riproduzione può avvenire più volte all’anno, generalmente tra la primavera e l’inizio della stagione autunnale (marzo – ottobre). Le femmine, che costruiscono un nido rudimentale di foglie e di altri materiali vegetali utilizzato solo per la riproduzione, possono entrare in estro subito dopo il parto e rimanere incinte mentre allattano i piccoli del parto precedente. La gestazione dura un mese o poco meno, al termine della quale nascono dai 2 a 5 piccoli, che pesano solo 2 gr. e diventano indipendenti dopo circa 20 giorni. La madre si porta i figli in fila indiana, in pratica forma una carovana con i figli dietro dietro attaccati gli uni agli altri per la coda, correndo velocemente.
     
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  8. gheagabry
     
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    LA LEPRE SALTATRICE DEL CAPO


    La lepre saltatrice del Capo (Pedetes capensis Forster, 1778), è un mammifero roditore della famiglia dei Pedetidi. Un incrocio tra un canguro nano, un gerboa sotto steroidi, uno scoiattolo dall’aria stolida e una lepre marzolina. In altri termini, una lepre saltatrice del capo o una springhare, o springhass, come la chiamano gli anglosassoni.. con le lepri non ha niente a che fare, le lepri sono Lagomorfi come i conigli, mentre le springhares sono roditori, vagamente imparentate (forse) con gli scoiattoli volanti africani (Anomalura). Questi dolcissimi roditori vivono in Africa meridionale e in NE Africa, in ambienti aridi o semiaridi, con vegetazione sparsa ed erba bassa.
    Per compensare il cibo scarso dovuto alla vegetazione rada saltano anziche’ camminare, il che risparmia energia; hanno una coda lunga per bilanciare l’andatura saltellante; hanno orecchie lunghe e sensibilissime alle vibrazioni per sfuggire ai predatori che le vedrebbero in un ambiente cosi’ spoglio; hanno i piedi lunghi per saltare meglio; hanno le zampe anteriori piccole e portate vicino al corpo. In poche parole ricorda un canguro, che infatti occupa un habitat del tutto simile.
    Si tratta in realta’ di un caso di adattamento convergente, ovvero l’habitat ha selezionato sia nel canguro che nella springhare gli adattamenti piu’ consoni per sopravvivere ad un ambiente arido, e cio’ in maniera del tutto indipendente. Infatti, i canguri sono marsupiali, mentre le springhares non hanno alcuna borsa e partoriscono normalmente i loro figli come qualunque altro roditore placentato. In piu’ le lepri saltatrici non bevono, traggono i liquidi necessari dal cibo, nessuno le ha mai viste bere ne’ in cattivita’ ne’ allo stato selvatico.

    "L'animale, a prima vista, può somigliare a una sorta di curioso incrocio fra un coniglio, uno scoiattolo ed un canguro: il corpo presenta infatti zampe anteriori corte e dotate ciascunadi cinque dita con unghiette appuntite atte allo scavo, mentre le zampe posteriori sono lunghe e muscolose, atte al salto e dotate di quattro dita munite di unghie appiattite, simili a zoccoli. Il collo è corto e tozzo, sormontato da una testa arrotondata con grossi occhi neri dalle arcate orbitali assai sporgenti: le orecchie, dall'aspetto sgualcito, sono allungate e munite di trago, per evitare che durante le opere di scavo la sabbia le ostruisca, mentre il corto muso presenta labbro superiore non spaccato: a completare il tutto c'è la lunga coda pelosa. Il pelo è lungo e soffice, senza sottopelo. Dorsalmente esso è di un colore che va dal bruno-rossiccio al beige, coi singoli peli dalla punta nera e dalla radice grigia, mentre sparsi peli sono completamente neri o bianchi: su ventre, gola e parte interna delle zampe, invece, esso è biancastro. La coda è dello stesso colore del dorso, salvo l'ultimo terzo che tende ad inscurirsi sino alla punta, che è del tutto nera. La colorazione della lepre saltatrice del Capo varia geograficamente, con tendenza a schiarirsi man mano che si procede verso la parte più meridionale dell'areale della specie"

    A differenza di un canguro, pero’, le springhares sono grosse piu’ o meno quanto un gatto (3 kg di peso per 35-45 cm di lunghezza), e quindi hanno molti piu’ problemi dei canguri per quanto riguarda i predatori, che in Africa, tra grossi carnivori, gatti, serpenti e rapaci abbondano. Cio’ ha richiesto ulteriori adattamenti: ad esempio, i cuccioli delle springhares nascono col pelo, sono capaci di vedere e muoversi molto precocemente rispetto agli altri roditori e allo svezzamento i piedi sono il 97% delle dimensioni finali e le orecchie il 93%. Inoltre, a differenza dei canguri che sono dei giganti in un continente senza predatori, le springhares sono notturne, e la loro attivita’ e’ controllata anche dalle fasi lunari, essendo minima quando la luna e’ piena. Inoltre foraggiano in gruppi di 2-6 perche’ piu’ occhi ci sono meglio e’. Di giorno questi erbivori riposano singolarmente in tunnel poco profondi scavati nel suolo sabbioso, le cui entrate vengono spesso chiuse con la terra per evitare l’ingresso dei predatori: una vera ossessione, per loro.
    Le lepri saltatrici si accoppiano per tutta la durata dell’anno senza un periodo stabilito e possono avere anche tre parti all’anno, dando alla luce, generalmente, un unico cucciolo grosso e precoce. Al contrario di quanto accade per gli altri roditori, adottano una strategia per quanto riguarda la riproduzione, ovvero fanno pochi figli e la popolazione aumenta lentamente e mai in maniera esplosiva. Anche cio’, ovviamente, e’ un’adattamento all’ambiente arido, per cui la madre concentra le energie in un solo cucciolo e lo controlla meglio dal rischio predatori, e cio’ porta in genere a una piu’ bassa mortalita’ infantile.

    Negli anni novanta del secolo scorso si e’ visto che il numero delle lepri saltatrici e’ diminuito in un decennio del 20%, ed e’ in calo, tanto che sono considerate “Vulnerable” dalla IUCN, sebbene possano essere localmente abbondanti. La ragione, naturalmente, siamo noi, associati alla scarsa prolificita’. I Koi-San considerano le sringhares una risorsa vitale, in quanto ne consumano le carni, ne conciano le pelli per coprirsi, usano il lungo tendine della coda per fare cordicelle e ne fumano le feci. Ciononostante, i Koi-san non sono un problema. Il problema sono le armi da fuoco. Oltre ad eliminazione per proteggere i raccolti, esiste il “fun game”, con game inteso con la selvaggina. Una carneficina fatta per divertimento durante i safari. Non le mangiano e non sono buone per i trofei, ma saltellano, il che le rende divertenti da ammazzare. Questo è l'uomo!
    (lorologiaiomiope.com)
     
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  9. gheagabry
     
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  10. gheagabry
     
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    Il ratto arboricolo di Santa Marta


    “Ehiiiii! Sono qui! C’e’ qualcuno?” E’ quello che sembra aver pensato il misterioso ratto arboricolo di Santa Marta, in Colombia, quando si e’ parato all’inizio di Maggio del 2011 di fronte a Lizzie Noble e Simon McKeown, due volontari della fondazione ProAves che lavorano nella riserva naturale El Dorado nella Sierra Nevada di Santa Marta in Colombia. I due volontari, che lavorano ad un progetto sugli anfibi endemici della zona, stavano rientrando alla base di sera ed erano quasi all’uscita della riserva quando hanno pensato di sedersi un attimo sulla passerella di legno. Quando li ha scorti, il sorcio e’ trotterellato verso di loro camminando in bella evidenza sul corrimano della passerella ed e’ rimasto li’ per ben due ore a farsi fare un servizio fotografico, incurante del casino che facevano i due volontari. Quando e’ stato sicuro che almeno una foto fosse venuta decente ha trotterellato tranquillo di nuovo verso il folto della foresta, felice di aver violato la Prima Direttiva.

    Questa storia e’ già pazzesca di suo perche’ gli animali di solito non passano due ore in posa sulle passerelle di legno dove sono esposti ai predatori, ma c’e’ dell’altro.
    Il sorcio in questione in realta’ non e’ affatto un sorcio, e’ piu’ imparentato con le cavie peruviane e con le nutrie che con i nostri topi del Vecchio Mondo ed oltre ad essere mostruosamente carino e peloso era anche considerato estinto. La specie era nota solo per due pelli con i corrispondenti crani conservati all’ American Museum of Natural History e prese da Allen nel 1898 solo a poche miglia di distanza da dove il sorcio ha tentato un primo contatto coi due biologi. Dopo di allora, per i successivi 113 anni, nessuno lo ha mai piu’ visto o sentito parlare di lui. Non per mancanza di tentativi, a dire la verita’. Nel 2005 Louise Emmons della Smithsonian Institution riesaminando le due pelli si rese conto che non si trattava solo di una specie diversa, ma addirittura di un genere unico e a se’ stante con solo questa specie conosciuta all’interno della famiglia degli Echimyidae, o ratti spinosi. I denti del Santamartamys rufodorsalis, cosi’ Emmons chiamo’ il nuovo genere e specie (vuol dire: topo di Santa Marta dal dorso rosso), sono completamente diversi da tutti quelli degli altri ratti spinosi, la bulla timpanica e’ molto piccola (carino e un po’ sordo?), la disposizione delle mammelle unica e anche il pelo e’ unico: oltre a essere lungo, denso, morbido e lanoso, il che deve rendere al tatto la bestiolina morbida morbida e setosa come un pelouche per neonati, ha anche una inconfondibile criniera di pelo lungo e rosso sulla testa come se fosse un leoncino e una lunga coda pelosa e bicolore, nera alla base e bianco candido nella parte terminale. Non esiste niente del genere di attualmente vivente. Probabilmente pero’ c’erano dei ratti arboricoli simili nelle Antille prima dell’arrivo di Colombo e il nostro ratto colombiano e’ un relitto, ultimo sopravissuto di una fauna precedente ora virtualmente estinta.
    Dopo la pubblicazione del lavoro della Emmons Paul Salaman, il direttore della tutela della fauna del World Land Trust USA, organizzo’ una spedizione di un anno intero in Colombia per cercare il ratto arboricolo dalla cresta rossa, come lo chiamano gli americani, tra il 2007 e il 2008. “Avevamo due biologi colombiani sul campo” Dice Paul Salaman in un’ intervista per USA Today, “Hanno provato ovunque, hanno messo trappole sugli alberi, per terra, hanno cercato ovunque”. La spedizione non ebbe successo e la specie fu classificata come estinta dalla IUCN.
    Evidentemente la decisione non e’ stata di gradimento del Nostro, oppure i colombiani gli stanno antipatici, visto che ha deciso di farsi riscoprire da una ragazza inglese. Lizzie Noble pero’ non e’ un’esperta di mammiferi e cosi’ mando’ le foto a Paul Salaman ma per quattro lunghi giorni non ottenne risposta. Il Dr. Salaman infatti era anche lui sul campo in Colombia in quel periodo e non aveva accesso ad internet. Al ritorno alla civilta’, quando ha visto le foto che Lizzie gli aveva mandato, gli e’ venuto un colpo perche’ e’ impossibile confondere il nostro ratto con qualsiasi altra cosa. Chiamandola da Washington D.C. su Skype e, suppongo, rosicando, le ha detto: ‘You just rediscovered these animals we spent years trying to find!’” (“Hai appena riscoperto gli animali che abbiamo cercato per anni!”). Le foto sono state anche mandate alla Emmons per conferma e pare non ci siano assolutamente dubbi.
    Non e’ difficile intuire che sulla biologia di questo animale non si sa assolutamente nulla. Si sa solo che vive nelle foreste pluviali d’alta quota tra i 1200 e i 1700 m, e’ arboricolo ed e’ lungo circa 45 cm (coda inclusa) e da una stima ad occhio di Lizzie Noble dovrebbe pesare sui tre etti (circa quanto uno scoiattolo rosso), quindi non e’ neanche una bestia piccola, anche se e’ riuscito a passare inosservato per tutto questo tempo.(lorologiaiomiope.com - Foto (C) Lizzie Noble)
     
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    LO SCOIATTOLO VOLANTE LANOSO


    Lo scoiattolo volante lanoso (Eupetaurus cinereus) vive in Kashmir, nel nors del Pakistan. Lungo circa 45-60 com quanto un gatto di taglia medio-grande, la cosa è altrettanto lunga, l'apertura alare è di un metro e persa sino a 25 kg. Lo scoiattolo lanoso è un cavernicolo: anzichè fare il nido fra gli alberi, vive nelle grotte naturali.
    Questo scoiattolo era noto alla scienza solo per una dozzina di pelli raccolte nel XIX secolo tra l’Hindu Kush, l’Himalaya e il Karakorum da Thomas (che identifico’ per primo la specie) ma nel 1994 Peter Zahler “riscopri’” la specie grazie ad un individuo catturato vivo nel nord del Pakistan, dopo 70 anni in cui si era ritenuto che l’animale fosse estinto. Dall’esame di questo e pochi altri individui catturati in seguito da Zahler si e’ visto che i denti di questo scoiattolo sono ipsodonti, al contrario di quelli di tutti gli altri scoiattoli volanti o meno che siano. In pratica significa che sono piu’ rinforzati e lunghi per consentire la masticazione di cibo molto duro, caratteristica dei denti delle mucche e delle arvicole, ad esempio.
    Il motivo per cui questo scoiattolo ha i dentoni e’ che ha una dieta unica al mondo: si nutre esclusivamente di aghi di pino, duri, pieni di resina e non particolarmente nutrienti. La ragione di questa strana dieta e’ da ricercarsi nell’ambiente in cui questa specie vive: anziche’ abitare foreste lussureggianti lo scoiattolo lanoso si e’ rifugiato tra le montagne piu’ alte della terra in valli profonde e strettissime, dove vive facendo il nido in cavita’ della roccia e si sposta “volando” tra una parete e l’altra. Per nutrirsi scende all’altezza della linea degli alberi e rosicchia gli aghi dei boschetti di pino, evidentemente perche’ non c’e’ sufficiente produzione di pigne a quell’altitudine. Una marmotta volante, in pratica. Per non farsi mancare niente, e’ anche il mammifero volante piu’ pesante e lungo. Le analisi genetiche dimostrano che il genere Eupetaurus e’ un relitto di una qualche era glaciale tre il Pliocene e il Pleistocene che e’ riuscito a sopravvivere rifugiandosi in un ambiente inospitale per tutti gli altri piccoli mammiferi, rimanendo poi isolato dallo stesso sollevamento dell’Himalaya che gli ha consentito la sopravvivenza.

    Il misto cristallizzato delle feci e urina da origine ad una medicina tradizionale (ayurvedica), si rica, infatti, il "salajeet", una sorta di panacea che curerebbe quasi tutto.
    (lorologiaiomiope, lisa signorili, national geographic)
     
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  12. gheagabry
     
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    AGUTI DORATO o AGUTI DI AZARA
    Dasyprocta azarae





    Gli aguti sono grossi roditori delle foreste del neotropico appartenenti alla famiglia degli agoutidae. Ne esitono numerose specie distribuite dal Messico fino al nord dell'Argentina. I due generi principali sono Agouti e Dasyprocta.
    E’un mammifero, dell'ordine dei roditori, con una lunghezza corporea di circa 50 cm, una piccola coda che misura 2,50 cm ed un peso di 3 kg.
    Vive nelle foreste pluviali dell'America sud-orientale, in particolar modo in Brasile, Paraguay e Argentina.
    Si nutre principalmente di semi, noci, frutta ed altri vegetali, soprattutto di palme, tuberi e germogli di erba.



    Si tratta di mammiferi normalmente solitari o in coppia, principalmente di comportamento terrestre visibili sia di giorno che di notte. Sono animali tipici degli ambienti forestali, ma possono frequentare anche aree fortemente degradate e più aperte. Si nutrono prevalentemente di frutta, tuberi e noci, ma rientrano nella loro dieta anche foglie, insetti, funghi e fiori.
    Gli appartenenti al gruppo degli aguti sono gli unici mammiferi della foresta che riescono con i loro denti ad aprire la grossa noce del Brasile. Questi roditori sono evidentemente stati esportati dalle Americhe del sud in Africa Occidentale attraverso i viaggi per la tratta degli schiavi, dove hanno trovato un habitat a loro congeniale, si sono riprodotti in gran numero.



    Il termine scientifico azarae deriva dal naturalista Felix Manuel de Azara, ufficiale spagnolo del XVIII secolo, che, rimasto in missione in America per ben 20 anni, studiò mammiferi ed uccelli della fauna americana. Sebbene privo di conoscenze scientifiche, gli sono stati dedicate diverse specie animali, come per esempio l'aguti di Azara.



    ....curiosità.....

    I piccoli roditori ladruncoli hanno aiutato la palma nera a sopravvivere assumendosi il ruolo di diffusore dei suoi semi che prima svolgevano creature enormi come il mastodonte ed altri elefanti estinti.
    Secondo il team internazionale, che comprende scienziati panamensi, britannici, olandesi, belgi, tedeschi e statunitensi, «... Data l'importanza cruciale della dispersione dei semi per la sopravvivenza delle piante, rimaneva un mistero come queste piante fossero sopravvissute per più di 10.000 anni senza i loro dispersori mutualistici». Lo studio presenta le prove a sostegno dell'ipotesi che la sopravvivenza di queste specie sia stata favorita dalla dispersione secondaria dei loro semi da parte dei roditori.



    Per provarlo i ricercatori hanno munito di minuscoli trasmettitori radio i roditori e applicato trasmettitori a più di 400 semi. Per monitorare la dispersione dei semi da parte degli aguti che accumulano provviste in buche poco profonde nel terreno, scoprendo che gli animali trasferiscono rapidamente i semi in altre buche, fino a 36 volte di fila. «Gli aguti hanno disperso circa il 35% dei semi per >100 m. ». La dispersione graduale è stata causata dagli aguti che nascondono e si rubano ripetutamente i semi gli uni con gli altri, una specie di banda di cleptomani compulsivi che aiuta i grandi alberi della foresta a sopravvivere
    (greenreport.it)

     
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  13. gheagabry
     
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    Gli animali sono, come noi, specie in pericolo di estinzione
    su un pianeta minacciato,
    e noi siamo quelli che minacciano l'esistenza
    di quelle specie e di noi stessi.
    (Jeffrey Moussaieff Masson, Quando gli elefanti piangono, 1995)


    IL KHA-NYOU



    Il Kanyou (Laonastes aenig-
    mamus) o Kha-Nyou, ovvero "enig-
    matico mouse del Laos", è un roditore scoperto nel Laos in provincia Khammouane nel 1996.
    Il nome del genere per questo animale, Laonastes, significa "abitante di pietra" (dal greco = λαας Lasa = pietra, gen: λαος = laos = pietra e greco ναστης = nastes = abitante). Questo, data la sua presenza intorno rocce calcaree e anche al paese in cui è stato recentemente scoperto. L'epiteto specifico aenigmamus significa "topo enigma" (dal greco = αινιγμα Aenigma e μυς = mus , "mouse") in riferimento alla sua origine ignota tra i roditori.

    Fu scoperto per la prima volta nel 1996, dal Dr. Robert J. Timmins, un ricercatore della Wildlife Conservation Society di New York, sulle bancarelle del mercato di Thakhek . L'animale non fu mai più visto in vita da scienziati, ma era ben noto alle popolazioni etniche nella regione di Khammouane, che lo catturano e consumano tradizionalmente arrostito allo spiedo.

    Confrontando i campioni di fossili di roditori noti, gli scienziati sono del parere che il topo roccia laotiano appartenga ad una famiglia già esistita, che conosciamo solo come fossili che risalgono ai primi del Oligocene (32,5 milioni di anni fa) fino al Miocene (11 milioni di anni fa), il Diatomyidae. L'analisi del DNA mitocondriale 12S, l' RNA e citocromo b sequenza da Jenkins (2004) hanno stabilito che è parente dei roditori istricomorfi africani, ossia le blesmols e il topo dassie. La famiglia Laonastidés è stata identificata sotto forma di fossili in Pakistan e Thailandia e classificati nella famiglia Diatomyidae.
    Resta il fatto che la Kha-Nyou sarebbe l'unico rappresentante attuale di una famiglia i cui membri sarebbero estinti da circa dieci milioni di anni. Il che renderebbe il Laonastes aenigmamus un taxon Lazzaro.

    Questi animali assomigliano a grandi, scuri topi pelosi, con spesse code come quelle di un scoiattolo. I loro crani hanno caratteristiche che li separano da tutti gli altri mammiferi. L'animale ha lunghi baffi, le gambe corte, un corpo tubolare e orecchie piccole. Misura circa 40 centimetri di lunghezza con una coda 14 centimetri e pesa circa 400 g. La pelliccia è grigio scuro ardesia, con una coda nerastra. Il ventre è più chiaro, con una piccola area biancastra nel centro. Questi ratti roccia sembrano essere prevalentemente erbivori ma mangiano occasionalmente insetti. Le femmine possono partorire un singolo giovane (Jenkins et al., 2005).
     
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  14. gheagabry
     
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  15. tomiva57
     
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    Grazie
     
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46 replies since 15/6/2010, 07:14   44003 views
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