PESCI D'ACQUA DOLCE E..PESCI DI MARE..

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  1. ZIALAILA
     
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    PESCE ANGELO



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    I Pomacanthidae, conosciuti comunemente come Pesci angelo , sono pesci che vivono nelle barriere coralline di tutti gli oceani .


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    Tra i pesci Angelo vengono popolarmente riconosciuti dei Pesci angelo nani, e sono le oltre 30 specie appartenenti al genere Centropyge, che non superano solitamente i 15 cm e sono quindi più indicati per l'allevamento in acquario.
    Tra le specie più grandi vi è il Holacanthus tricolor che raggiunge i 40 cm.
    Il più conosciuto è sicuramente il pomacanthus imperator con la splendida livrea multicolore.

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    Il suo piccolo muso permette di snidare gli animaletti che si nascondono tra i cespugli di madrepore.

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    I Pomacantidi presentano una livrea giovanile ed una livrea da adulto molto differente tra di loro .


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  2. ZIALAILA
     
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    PESCE CHIRURGO



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    La famiglia ACANTHURIDAE comprende 81 specie di pesci d'acqua salata, conosciuti comunemente come Pesci chirurgo , diffuse nelle barriere coralline tropicali di tutti gli oceani e nel Mar Rosso .


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    Livree splendenti e movenze eleganti fanno degli Acanturidi un vero polo d’attrazione per qualsiasi acquario che li ospiti .

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    Come è noto, gli Acanturidi prendono il loro nome scientifico (la cui traduzione letterale è appunto “coda spinosa”) dal possedere ai due lati del peduncolo caudale un aculeo osseo affilato e retrattile, la cui somiglianza con un bisturi ha valso il nome volgare di “pesci chirurgo”.
    Tale aculeo funziona infatti un po’ come un affilatissimo coltellino a serramanico in quanto a riposo è nascosto in un apposito solco ma all’occorrenza può diventare una temibile arma offensiva anche (e non dimentichiamolo……) per l’incauto acquariofilo che si accinga a catturare con le mani un pesce chirurgo.

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    I chirurgo sono pesci di branco ed osservarne qualcuno in natura è uno spettacolo che non si dimentica facilmente. E’ proprio all’interno di questi branchi che si verificano di continuo rituali di combattimento ben precisi, caratterizzati da brevi scaramucce

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    Il pesce chirurgo varia la sua livrea in funzione dell'umore : infatti assume la cosiddetta " colorazione di minaccia " quando sta per affrontare un avversario


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    E’ classico il caso del bellissimo Acanthurus leucosternon, in grado di manifestare la propria condizione emotiva con innumerevoli variazioni del suo inimitabile colore azzurro e delle variopinte pinne, o dell’ugualmente bello Acanthurus japonicus, che “parla” con multicolori variazioni del suo colore oro scuro.



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  3. ZIALAILA
     
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    PESCE NEON




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    Il pesce NEON o TETRA NEON appartiene al genere PARACHEIRON INNESI è estremamente popolare tra i pesci d'acquario .

    E' originario della zona tropicale del nord del SUDAMERICA ( brasile ,colombia , peru' )

    E' un pesce che coi suoi colori e attivita' aggiunge vivacita' all'acquario domestico .

    La sua livrea è caratterizzata da una brillante linea blu laterale iridescente e da una linea rossa che va dalla metà del corpo alla pinna caudale .



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    durante la notte quando il pesce neon si riposa in un angolo protetto , i colori splendenti "si spengono " ed il pesce appare opaco .... ma se si riaccendono le luci dell'acquario il pesce neon nuovamente riacquista la sua brillantezza .

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    Vive in branco fino a 25-30 esemplari e negli acquari domestici puo' vivere fino a 4 anni .
    Per la sua indole pacifica e' ideale per la convivenza con altre specie in particolare con gli Scalari .

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    Assomiglia al TETRA CARDINALE che si differenzia per la lunghezza della linea rossa che corre lungo tutto il corpo da una estremita' all'altra

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  4. gheagabry
     
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    Il pesce pagliaccio



    I Pesci pagliaccio sono forse i pesci marini più famosi grazie alla loro straordinaria bellezza ed al fatto di vivere in simbiosi con gli anemoni.
    Vivono nella vasta area denominata Indo-Pacifica (a eccezione delle coste africane), nel Mar Cinese e nell'Arcipelago Indo-Australiano: popolano le acque territoriali di Sri Lanka, Maldive, India, Malacca, Sumatra, Giava, Filippine, Australia, Giappone, Cina...
    Frequentano le zone caratterizzate dalla barriera corallina o lagune in cui la presenza dei coralli è limitata a formazioni solitarieed alcune volte in acque costiere basse o a profondità rilevanti, sotto i coralli dove possono localizzare gli anemoni marini con cui entrano in rapporto simbiotico.
    Sfoggiano un look affascinante, caratterizzato da colori suggestivi.Essi denotano particolari strisce trasversali di colore bianco che, a seconda della specie, attraversano più o meno marcatamente vari punti della superficie del corpo. La colorazione della livrea può mutare da specie a specie, denotando, tonalità scure, rosso-marroni, giallo-dorate, tutte mirabilmente contornate dalle suggestive bordature.
    La forma del corpo è generalmente ovaleggiante e presenta una pinna dorsale più o meno lunga e dalla forma arrotondata, appena sinusoidale oppure a ventaglio.
    Il pesce pagliaccio è ermafrodita: alla morte della femmina, il maschio maturo cambia sesso ed il più grande degli immaturi si trasforma in un maschio attivo. Si parla in questo caso di ermafroditismo sequenziale.
    A differenza degli altri animali marini, i Pesci pagliaccio riescono a penetrare nelle maglie tentacolari degli anemoni assorbendone parti di mucosa a sufficienza e rendendosi così immune all'azione venefica esercitata dalle cellule urticanti presenti nei tentacoli...Naturalmente lo scudo protettivo carpito all'Attinia perde le sue proprietà dopo un certo periodo di tempo, pertanto deve ripristinare queste difese artificiali sottoponendosi periodicamente al processo di acquisizione del muco protettivo.L'aggiramento delle difese dell'anemone non si rivela deleterio per l'anemone, anzi ne scaturisce una rapporto di reciproca convenienza mediante il quale L'Amphiprion giace entro il "guscio" tentacolare al riparo da attacchi di eventuali predatori e a sua volta contraccambia l'ospite preservandone l'incolumità messa a repentaglio da molte specie Chaetodon.I Pesci pagliaccio delimitano la propria zona di caccia nelle acque aperte sovrastanti il loro anemone simbionte.
    In base al grado di destrezza espresso nell'attività natatoria, essi possono scampare i pericoli trovando diversi ripari.
    Sono chiamati Pesci pagliaccio per il loro modo buffo di nuotare, e Pesci anemone per via del rapporto simbiotico che li lega a quegli animali.



    Ai primi posti della classifica degli animali a rischio c’e’ il pesce pagliaccio che vive nell’Oceano Indiano e Pacifico, il pesciolino arancione reso celebre dal film Diseny “Alla ricerca di Nemo”. A renderlo noto il quotidiano Telegraph.co.uk...Secondo lo Iucn, l’acidificazione degli oceani distruggerebbe l’olfatto dei pesci pagliaccio e la loro capacita’ di trovare le anemoni, fondamentali per la loro protezione.




     
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  5. gheagabry
     
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    "Eravamo giovani quando ci siamo dedicati alla scoperta, all'esplorazione. Quando quello che ci interessava era scendere più profondo e vivere sul fondo del mare, recuperare i resti di una grande galera romana, affrontare gli squali, terrificanti e misteriosi mostri marini. E la gioventù è grintosa, entusiasta, totale, egocentrica, estremista, spericolata.
    Eravamo giovani e pensavamo a noi stessi, alla realizzazione dei nostri sogni.
    Poi siamo diventati adulti. Dunque più altruisti, più riflessivi. Allora l'interesse maggiore è diventato quello di raccontare le nostre esperienze, di coinvolgere gli altri nella nostra avventura. Lo scopo della vita è divenuto quello di infiammare gli animi, di accendere gli entusiasmi. Ci siamo resi conto che un uomo da solo non è nulla, se non si rapporta a quelli che lo circondano. Attraverso le immagini, attraverso i racconti, le esperienze vissute cambiavano forma, acquistavano spessore. Solo attraverso la divulgazione la crescita dei singoli poteva diventare la crescita dell'intera umanità. Solo così il patrimonio di ognuno poteva entrare a far parte della cultura di tutti.
    Oggi abbiamo percorso il mondo in lungo e largo, ne abbiamo svelato e raccontato i segreti. Ora bisogna impegnarsi per conservare tutto questo, ora sì deve far si che le immagini dei film, le storie dei libri non rimangano fini a se stesse. Bisogna lottare perché tutti abbiano diritto a una vita felice in un pianeta ancora integro."
    Jacques Cousteau



    IL MAR ROSSO E LA SUA FAUNA




    Immergersi nei fondali del Mar Rosso è il sogno di molti subacquei.. il solo parlarne evoca immagini di scogliere colorate da miriadi di pesci e coralli, i famosi branchi di barracuda che non raramente oscurano la luce del cielo e ti schiacciano, ma anche gli squali grigi, stanziali in alcune zone e puntuali all’appuntamento con la telecamera. Ma è anche la storia che si fa viva a distanza di decenni con relitti di navi famose, freddi colossi inamovibili ma rifugio sicuro di numerosi abitanti marini che conferiscono loro una nuova vita.



    Il Mar Rosso ha una superficie di 43.000 km2 e prende il nome da un tipo di alga colore rosso che raramente appare in larga quantità sulla superficie delle sue acque. Da un punto di vista fisico viene considerato un golfo dell'Oceano Indiano... presenta un'alta concentrazione di sale, pari a circa il 42%.
    La fauna che popola i fondali marini è straordinariamente diversificata.
    C'è addirittura chi sostiene che, per quanto riguarda i coralli, i pesci e altri organismi marini, il Mar Rosso sia il più ricco di tutto l'Oceano Indiano. Il suo isolamento geografico ha dato vita nei secoli a delle specie marine uniche, che è possibile osservare solo lungo la sua barriera corallina.
    Le sue acque sono di un colore azzurro chiaro e cristallino, che permettono di osservare determinate specie di pesce anche a occhio nudo.



    Il modo migliore di osservare un pesce è quello di diventare un pesce
    Jacques Cousteau




    PESCE LEONE



    Il pesce scorpione o pesce cobra(o ancora in inglese pesce leone) deve il suo nome alla carettiristica forma del suo corpo che ricorda la criniera del leone o i pungiglioni dello scorpione.
    E’ un perciforme della famiglia scorpenidi e del genere “pterois”. Il corpo e le pinne, in genere assai sviluppate (soprattutto quelle pettorali), hanno colorazione rossa con macchie e strisce trasversali scure. Nuotando con le lunghe e variopinte pinne distese ha un aspetto elegantissimo ma non va annoverato tra i nuotatori veloci, anzi rimane spesso nascosto nelle fessure delle formazioni coralline. Nella pinne dorsale ci sono delle spine che contengono delle ghiandole velenifere che rendono questo pesce tra i più pericolosi e temuti dai subacquei.
    Abita le acque tropicali costiere degli oceani Indiano e Pacifico, trattenendosi spesso tra le formazioni coralline.
    Pesce con abitudini serali o notturne; infatti, durante il giorno predilige luoghi riparati dalla luce come fessure o anfratti della barriera corallina, mentre durante le ore pomeridiane o notturne è molto attivo e tenace predatore.
    Praticamente tutto del velenoso pesce leone (le sue righe da zebra rosse e bianche, le lunghe e appariscenti pinne pettorali e il suo comportamento stizzoso) sembra dire: "Non toccare!"
    Il suo veleno, somministrato attraverso uno schieramento di 18 pinne dorsali a forma di spillo, ha scopi prettamente difensivi. Per catturare le sue prede, costituite principalmente da pesci e gamberetti, si affida al mimetismo e ai suo riflessi fulminei. Una puntura delle sue pinne dorsali è particolarmente dolorosa e può causare nausea e difficoltà respiratorie, ma solo di rado si dimostra fatale.
    Il pesce leone, chiamato anche pesce pavone, pesce drago e pesce scorpione, è nativo delle fenditure rocciose delle scogliere dell'oceano Pacifico e Indiano, anche se il suo habitat si può trovare anche nelle acque oceaniche più calde in tutto il mondo.
    Gli esemplari più grandi possono raggiungere i 40 centimetri di lunghezza, ma in media non superano i 30 centimetri.




    PESCE FARFALLA



    Sono tra i pesci più belli e più comuni negli ambienti di reef. Detti pesci farfalla per la forma simmetrica delle pinne e per i colori brillanti, hanno anche un'altra caratteristica che li avvicina alle farfalle: soprattutto le specie che si nutrono di coralli percorrono incessantemente il reef, "svolazzando" incessantemente e fermandosi qua e là molto brevemente per mangiare. La fuga di un banco di pesce farfalla piramide richiama veramente alla mente un volo di farfalle. Normalmente sono facili da osservare, perchè non sono intimoriti dai subacquei. Pesci di piccola taglia (massimo 30 cm), molto colorati, corpo compresso lateralmente.Le pinne dorsale e anale sono parzialmente coperte di scaglie, ed hanno forma simmetrica. La forma complessiva del pesce è da triangolare a trapezoidale, con muso appuntito e bocca piccola. Le specie del genere Heniochus (pesci bandiera) hanno un filamento che prolunga la parte anteriore della pinna dorsale. La colorazione è spesso a righe e macchie, nei colori bianco, giallo, arancio e nero. Molto comune una banda verticale che copre e rende meno evidente l'occhio. Molto comune soprattutto nei giovani una macchia tondeggiante ( falso occhio) nella parte posteriore del pesce, che probabilmente può confondere un predatore. Infatti il falso occhio può generare confusione impedendo al predatore di prevedere in che direzione fuggirà il pesce farfalla, oppure, essendo di solito più grande del vero occhio, può dare l'impressione di una preda più grossa del reale. La pinna dorsale spinosa ne fa una preda difficile da ingoiare. Secondo alcuni autori le colorazioni brillanti dei pesci farfalla potrebbero avere il significato di una colorazione di avvertimento. Un segnale preciso ai predatori: sono qui, ma non ti conviene attaccarmi.




    PESCE NAPOLEONE



    Il pesce Napoleone è uno degli abitanti più simpatici del Mar Rosso e in generale delle barriere coralline.
    Si riconosce facilmente data la vistosa protuberanza che ha sulla fronte. E’ un pesce di grandi dimensioni, può raggiungere e superare i 2 metri di lunghezza. La sua mole e la sua lentezza e pacatezza fanno si che sia diventato uno dei beniamini del reef...Se si è abbastanza fortunati da avvistarlo, è facile affiancarsi e nuotare un po’ di tempo accanto a lui che non vi disturberà in alcun modo.
    Il pesce Napoleone è il più grosso rappresentante della famiglia dei Labridi. Pesce imponente, curioso e inoffensivo è uno dei pesci più amati dai subacquei, dai quali si lascia avvicinare facilmente. Può raggiungere i 230 cm di lunghezza per 200 kg di peso. Gli esemplari più vecchi e di grosse dimensioni, hanno un’appariscente prominenza sul capo che somiglia vagamente al cappello di Napoleone. Vive generalmente nelle zone protette della barriera corallina fino a circa 60 metri di profondità. Si trova nel mar Rosso e nella Micronesia. Si nutre principalmente di crostacei, molluschi, pesci, ricci. La specie è a rischio estinzione per la pesca indiscriminata.



    Nell'acqua, si può volare in qualsiasi direzione su, giù, lateralmente, limitandosi a lanciare la sua mano. Sotto l'acqua, l'uomo diventa un arcangelo.
    Jacques Cousteau




    ......una favola.......



    Sal era un pesciolino alquanto anomalo, amava nuotare a pelo d’acqua, a differenza di tutti gli altri pesci della sua comunità che nuotavano ad una certa profondità. Gli abissi del mare per Sal però erano troppo bui ed egli aveva sempre cercato di raggiungere quella luce chiara che fievolmente filtrava attraverso la superficie dell’acqua. A causa di questo suo modo d’essere, il pesciolino era da tutti considerato un “diverso” e per questo isolato. Talvolta Sal correva tra le lacrime dalla sua mamma, che lo amava più di ogni altra cosa, e che era solita dirgli:
    Tesoro la diversità non è un difetto ma è il secondo nome della normalità, quello che siamo soliti non usare. La regola che governa il nostro mondo si basa sul principio della promiscuità o diversità. Non esiste in natura nessuna cosa identica all’altra, anche ciò che all’apparenza sembra appartenere a un gruppo omogeneo è a sua volta composto da individui diversi gli uni dagli altri.
    Prendi per esempio quel gruppetto di alghe laggiù e osservale, vedrai che seppur ti appariranno tutte identiche, prese singolarmente saranno una diversa dall’altra. Tutto in natura segue la stessa legge, pertanto che tu sia diverso non mi fa meraviglia perché siamo tutti diversi. Anche se talvolta preferiamo guardare la diversità negli occhi degli altri piuttosto che riconoscerla in noi stessi e questo solo per paura.
    E’ molto più facile sentirsi parte integrante di un gruppo, perché in questo modo ci sentiamo meno fragili, e le nostre paure più profonde trovano in questa illusione un’oasi di pace.
    Pertanto non te la prendere più di tanto figlio mio, coloro che ti giudicano oggi non hanno ancora osservato bene se stessi, e sono molto indietro rispetto a te sulla scala dell’evoluzione personale. Quando un dì riusciranno ad osservarsi con lo stesso senso critico che oggi usano per giudicare te, capiranno di non essere infine tanto diversi da chi giudicavano.
    Nonostante le sagge parole della mamma il povero Sal si sentiva sempre più triste, forse se fosse stato un’alga invece che un pesce avrebbe sofferto molto meno di come invece soffriva. Nel suo cuore c’era una fiammella eternamente accesa, ed era quella luce che lo spingeva ad uscire da quel buio degli abissi in cui viveva, ma nessuno lo avrebbe mai potuto capire.
    Un giorno particolarmente buio il giovane pesce salutò idealmente il suo mondo, al quale ormai non si sentiva più legato, e incominciò a nuotare verso quella luce che filtrava sopra il mare. Giunto a pelo d’acqua si fermò per un attimo e gli ritornarono alla mente le parole degli anziani :
    Salomone ascolta, solo pochi sprovveduti hanno superato il confine tra il mondo inferiore e il mondo superiore, e chi lo ha fatto non è più tornato a raccontarlo!
    Ma Sal era disperato e senza pensarci su due volte saltò fuori dall’acqua, trovandosi a volare leggero nell’aria limpida e luminosa del giorno. Pochi istanti di quella visione di luce e cielo gli diedero un’energia mai provata prima, si sentì immerso completamente nell’amore. Nel ricadere in mare con gli occhi colmi di lacrime di gioia, Sal decise di raccontare agli anziani cosa aveva visto, e con entusiasmo descrisse tutte le bellezze che aveva potuto osservare, raccontò che al di sopra del mare c’era un altro mondo pieno di luce e aria respirabile, e che bastava solo crederci per rompere il sottile velo che divideva i due mondi. Gli anziani lo ascoltarono e poi decretarono che il giovane pesce era impazzito completamente, nessuno era mai tornato da lì per poterlo raccontare e poi dissero, ma giusto per accontentarlo:
    Portaci un segno e ti crederemo!
    Sal si sentì ancora più solo, in effetti si era sempre sentito come un pesce fuor d’acqua anche nel suo mondo, e ora che lo era davvero nessuno gli credeva. Risalì di nuovo sopra il livello del mare, voleva portare agli abitanti degli abissi un segno tangibile della sua scoperta. Emerse con la testa dal mare e rivide quel meraviglioso panorama, un cielo immenso e luminoso tagliato di tanto in tanto dal volo di coloratissimi uccelli, e un sole splendente. La bellezza di quel luogo lo incantava ma non vi era nulla che potesse portare via, ciò che aveva trovato lì era l’armonia dell’anima. Mentre era preso e compreso dai suoi pensieri un uccello dalle larghe ali gli venne incontro chiedendogli perché fosse tanto triste, e il giovane pesce gli raccontò il suo dilemma. L’uccello sorrise dicendogli:
    Se ho ben capito devi portare lì giù da Voi un segno dell’esistenza di questo mondo, altrimenti non ti crederanno mai. Ebbene non è poi tanto difficile, ci penserò io!
    Il variopinto uccello si allontanò qualche minuto e poi tornò portando nel becco un ramoscello che consegnò a Sal dicendo:
    Questo frutto cresce solo in questo luogo, nessuno potrà mai obiettarti la sua origine, perché loro sanno che il ramo che porti nasce da un grande albero.
    Sal sorrise felice e chiese all’uccello di che frutto si trattasse e l’uccello:
    Il ramoscello che ti ho dato è di un albero di ulivo simbolo di pace, e di questa pace tu sarai messo. Va’ dagli anziani, loro sapranno riconoscerne il valore.
    Il giovane pesce scese negli abissi portando con sé il ramoscello d’ulivo e lo consegnò agli anziani i quali, così come aveva detto l’uccello, non poterono più dubitare della sua buona fede. Sal non si sentì mai più come un pesce fuor d’acqua, e neanche la sua comunità lo considerò più tale e da quel giorno nessuno più usò la parola “diverso”, che venne abbandonata in luogo del suo secondo nome “normale”.
    tratto dal libro “La Piccola Voce”


     
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  6. gheagabry
     
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    Per amare il mare basta una giornata d’inverno. Il profumo della salsedine che si attacca sulla pelle.
    Per amarlo basta il suo canto sommesso, il colore cupo che assume a gennaio.
    Per amarlo basta la sua rabbia…
    O una notte quieta e sonnolenta d’estate, quando il mare mormora di voci lontane e la pace di Dio la senti scendere dentro l’anima.
    La voce del mare è per tutti quelli che la sanno ascoltare in giorni di vento e non risveglio. Muti e rabbiosi. In cui, solo lui, può essere l’unico conforto.
    Per amarlo basta guardare la danza della pioggia sulle sue onde. Acqua nell’acqua, danza festosa e millenaria.
    Qualcuno ha guardato il mare, senza mai vederlo appieno.



    I NUDIBRANCHI





    Quando si pensa ad un reef tropicale l’immagine che si staglia nella nostra mente è un tripudio di forme e colori, una sorta di luogo di prova dove la natura ha dato il via libera alla fantasia, mischiando tonalità accese nel blu delle acque cristalline e inventando organismi con le morfologie più impensabili.
    In questo piacevole caos di colori c’è un gruppo di animali che spicca in modo particolare, i nudibranchi, sconosciuti ai più ma che spesso innamorano chi invece li conosce. Diffusi in tutti i mari del mondo, è proprio tra i reef tropicali che sfoggiano le forme più strane e i colori più accesi, e anche dove sono più abbondanti.
    Il corpo gelatinoso del nudibranco, adagiato sul fondo del mare, può sembrare una tela su cui Madre Natura dà espressione alla sua passione per i colori e per le forme.




    "Non sono riuscito a resistere al fascino di quelle piccole creature del mare che vanno sotto il nome di nudibranchi...
    coloratissime lumachine senza conchiglia dai mille colori e dalle forme tutte diverse.
    Da buon fotografo subacqueo, da sempre attratto dalla vita nel mare, sono rimasto immediatamente affascinato da questa incredibile fusione armonica tra forma e colore che caratterizza questi piccolissimi molluschi.
    Le loro livree sgargianti hanno reso questi animali molto popolari nel mondo della fotografia subacquea, tanto non temere il confronto con squali e altri soggetti.
    Ciò nonostante, ancora oggi, questi molluschi sono poco studiati e molti aspetti del loro comportamento rimangono un bel mistero.
    Se provassimo ad entrare nel mondo di queste tanto piccole quanto straordinarie forme viventi non resteremmo certamente indifferenti al loro fascino e saremmo spinti dalla curiosità a cercare di saperne di più su questi “esserini” che, se va bene, riusciremmo appena a classificare con l’ausilio di un buon libro.

    Ma come si fa ad “entrare” nel piccolo mondo dei nudibranchi?
    La prima cosa, fondamentale, è immergersi, essere cioè dei subacquei; poi è necessario essere osservatori scrupolosi, saper individuare le piccole forme viventi che, nonostante i colori accesi, sono tuttavia ben mimetizzate.Ma la cosa più importante per l’accesso al microcosmo di un nudibranco è la capacità di isolarsi dal resto che ti circonda.
    Quando sott’acqua individui un piccolo mollusco di questo tipo, per osservarlo e conoscerlo veramente, devi dimenticare tutto ciò che ti sta intorno, cancellare persino l’acqua che ti avvolge, se necessario, è tuffarti in quel microcosmo con tutto te stesso, immaginando di diventare per qualche istante piccolo piccolo; solo così ti è permesso di guardare un nudibranco negli occhi, cogliere il suo lato migliore, attendere che la sua posa diventi plastica per scattare una foto valida non solo biologicamente, scrutare e carpire i segreti di un mondo diverso, dove ogni movimento ha un significato, dove ogni cosa apparentemente banale è invece profondamente giustificata dall’impeccabilità della natura.



    Ma chi sono realmente questi affascinanti animali che tanto ci intrigano?
    I nudibranchi sono molluschi gasteropodi e sono strettamente imparentati con i prosobranchi, cioè i comuni gasteropodi con conchiglia; fanno parte degli opistobranchi, un gruppo di animali caratterizzati dall’avere le branchie nella parte posteriore del corpo ed una conchiglia molto ridotta o addirittura assente.
    All’interno della sottoclasse degli opistobranchi, i nudibranchi in realtà sono solo uno dei sei ordini.
    I nudibranchi sono provvisti di occhi primitivi, in grado di distinguere solamente i mutamenti di luminosità.
    I recettori olfattivi sono ospitati nei rinofori, le corna dei nudibranchi.
    Questi si sono evoluti in una tale varietà di forme che le differenze morfologiche ci aiutano oggi nella classificazione e identificazione delle diverse specie.
    I rinofori ospitano anche particolari ciglia, utili a percepire vibrazioni e cambiamenti di pressione dell’acqua.
    Tutti i nudibranchi sono inoltre dotati di tentacoli sul capo o sulla bocca, che si ritiene servano a percepire l’ambiente che li circonda.
    Ma la caratteristica che ha dato il nome a questo gruppo di particolari molluschi sono le branchie: ben esposte (nude) e situate sul dorso, rappresentano il biglietto da visita delle lumache del mare.
    Alcune specie non hanno branchie distinte ed hanno sviluppato i cosiddetti cerata, tipiche appendici allungate che ricoprono il dorso e che servono ad aumentare la superficie del tessuto deputata ad assorbire l’ossigeno dall’acqua.



    Branchie e cerata rendono i nudibranchi molto graziosi: arlecchini del mare o farfalle del mare, come qualcuno ama definirli
    Riguardo i movimenti e la locomozione, è noto che questi piccoli molluschi sono dotati di alcuni muscoli preposti, che gli consentono di procedere strisciando un po’ come fanno le comuni lumache,
    aiutandosi con la secrezione di muchi particolarmente adesivi.
    In alcuni casi si assiste a movimenti fluttuanti, utilizzati da specie pelagiche o che comunque si staccano dal fondo per brevi periodi. In pratica però, il comportamento di questi animali è ancora largamente da comprendere.
    I nudibranchi possono essere vegetariani o carnivori (in alcuni casi anche cannibali!).
    Generalmente si nutrono di tessuti animali di poriferi, idroidi, briozoi, tunicati, coralli, gorgonie, meduse, pennatule, anemoni e cerianti.
    Le spugne sono densamente popolate da nudibranchi piccoli e colorati e “pascolano” continuamente sulla superficie dei poriferi, come anche fondali di varia natura dove la presenza di idroidi consente la vita a intere famiglie di diverse specie
    Tutti i nudibranchi sono ermafroditi, possiedono cioè contemporaneamente organi riproduttivi maschili e femminili. Tuttavia non possono auto fecondarsi e per potersi riprodurre devono obbligatoriamente, nel corso della loro breve vita, trovare un partner. Solo poche specie si corteggiano prima di accoppiarsi: la maggior parte si limita infatti a porsi in posizione adeguata affinché l’atto sessuale, di durata variabile, vada a buon fine.



    Molto belle sono le caratteristiche ovodeposizioni dei nudibranchi, i cui embrioni (molti milioni) sono contenuti in strutture nastriformi che, assicurate a vari tipi di substrati, danno vita a “trine e merletti” che molti subacquei ben conoscono.
    Caratteristica comune a moltissime specie è la capacità di immagazzinare e secernere acidi od altre sostanze chimiche sgradevoli.
    La vacchetta di mare per esempio, che rappresenta uno dei nudibranchi forse più noti ed è cosi’ detta per le macchie marroni su fondo bianco che ricordano la livrea di una vacca, è dotata sul dorso di caratteristici tubercoli spinosi che la rendono inappetibile a eventuali predatori.
    Notoriamente le specie tossiche mettono in mostra colorazioni sgargianti, che vanno ad avvertire i probabili predatori della presenza di ittiotossine, sostanze che possono produrre danni non indifferenti all’ incauto predatore.
    Per la difesa, quindi, i nudi branchi sono ben organizzati e usano diverse strategie. Anche se, in poche parole, colore e veleno rimangono le più efficaci.

    Francesco Turano





    I nudibranchi vivono negli oceani e nei mari di tutto il mondo, dall'Artico all'Antartico e presentano, per lo più, abitudini bentoniche. Nessun nudibranco vive in acque dolci.
    Purtroppo, a causa dell'inquinamento, molte specie, un tempo comuni, oggi sono diventate assai rare, soprattutto se legate alle pozze di scogliera ed agli ambienti più superficiali.
    Le specie più appariscenti sono certamente legate all'ambiente roccioso, dove incontriamo forme di rara bellezza anche a pochi metri di profondità, mentre altre specie dai colori meno appariscenti vivono in gallerie scavate nelle sabbie e nei fanghi, e sono perciò difficilmente osservabili.



     
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  7. gheagabry
     
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    Barriera corallina, i conti dopo il disastro
    La barriera corallina australiana ha sicuramente sofferto - molto - per i recenti eventi meteorologici estremi, ma riuscirà a recuperare. Di questo sono convinti gli studiosi che stanno monitorando una delle meraviglie mondiali, per constatare le conseguenze lasciate dal ciclone Yasi, che l'ha colpita direttamente, ma anche dagli allagamenti che hanno colpito il limitrofo Queensland prima dell'ultima tempesta, causando il trasferimento di ingentissime masse d'acqua dolce nello specchio d'acqua marino limitrofo - quello dove la barriera corallina vive - modificandone in modo non irrilevante temperatura e quote saline. Di sicuro, l'osservazione recente dello stato di salute del più grande essere vivente del pianeta ha portato a inattese scoperte sul fronte della climatologia. La barriera, infatti, è un'immensa cartina al tornasole, che registra in modo indelebile gli scenari climatici passati e può aiutare a prevedere quelli futuri.
    Gli anelli di crescita dei coralli, infatti, possono essere utilizzati come quelli delle piante o le sedimentazioni della roccia, e la ricostruzione storica fatta nelle scorse settimane ha potuto tracciare l'andamento climatico nell'area - e in prospettiva potrebbe farlo su un'estensione di 3000 chilometri, tanta è la lunghezza del reef - dal 1639 agli ultimi anni (gli scienziati si sono fermati al 1981). "I campioni di corallo raccolti - ha spiegato la climatologa Janice Lough, dell'Australian institute of Marine Scienze, Queensland - "suggeriscono che l'annata più piovosa degli ultimi 400 anni sia stata l'estate (inverno europeo ) 1973-74. Almeno fino a quest'ultimo anno, che stiamo ora confrontando con quello di 27 anni or sono".
    Coralli come le Porites Annae possono vivere centinaia di anni e sviluppare colonie alte 8 metri. L'immenso essere simbiotico secerne strati di carbonato di calcio, che possono essere appunto conteggiati come gli anelli di crescita degli alberi. Anelli degradati o contenenti una particolare sostanza, l'acido umico, sono il sintomo di una stagione particolarmente umida. Ma Dall'osservazione di questi dettagli, gli scienziati sono così riusciti a ricostruire uno scenario di grandi mutamenti climatici tuttora in corso, che lascia intravedere un futuro di eventi sempre più estremi. Infatti, da un periodo relativamente secco, tra la metà del Settecento e la metà del secolo seguente, l'area ha visto via via aumentare le precipitazioni. (repubblica)



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  8. gheagabry
     
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    "La lingua non è sufficiente a dire e
    nemmeno la mano riesce a scrivere tutte le meraviglie del mare"



    LE MADREPORE e I CORALLI





    Con una superficie più che doppia rispetto alle terre emerse (310 milioni di chilometri quadrati, otto volte quella della Luna!) il mare è un vero e proprio mondo nascosto agli occhi degli uomini.
    Quattro quinti della flora e della fauna del mondo intero vivono nei mari costieri poco profondi che limitano i continenti e solo con cifre di smisurata grandezza si può definire la densità di popolazione di queste acque.
    Una piccolissima parte di questa vita è qui rappresentata, pesci, poriferi, conchiglie, coralli e alghe dove la natura sembra aver giocato con le forme e i colori per stupire ogni volta noi uomini, ultimi arrivati a scoprire questo fantastico pianeta blu.
    In nessun luogo al mondo la vita sfoggia una molteciplità di colori e forme maggiore che nelle formazioni madreporiche, le cosiddette barriere coralline. Si tratta di vere e proprie città del mondo sottomarino: comunità sovrappopolate e affacendate, cui danno il loro contributo organismi appartenenti a quasi tutti i gruppi più importanti del regno animale e vegetale.
    La distribuzione mondiale delle scogliere coralline è limitata da fattori ambientali quali...la temperatura - lo sviluppo delle scogliere avviene solo in quelle aree dove la temperatura media annua dell'acqua non scende mai al di sotto dei 20° C...la luce - la simbiosi con organismi autotrofi determina una distribuzione verticale di questi organismi limitata ai 60 metri di profondità - al di sotto, la scarsa luce non permette una sufficiente attività fotosintetica ed i polipi non possono sopravvivere.
    La necessità di vivere in acque estremamente limpide, prive cioè di materiale in sospensione che impedisce alle madrepore di sviluppare grosse formazioni in prossimità dei grandi sistemi fluviali, ad esempio lungo la costa occidentale dell’Africa e la costa orientale dell’America Meridionale, zone dove gli elevati tassi di sedimentazione diminuiscono la trasparenza delle acque, interferiscono meccanicamente con l’attività predatoria dei polipi e rendono improbabile l’insediamento delle planule.




    L'ordine dei Madreporari, Antozoi prevalentemente coloniali è oggi il principale responsabile delle formazioni coralline. In tempi remoti, circa 350 milioni di anni fa (Siluriano), tutti i litorali presentavano imponenti barriere coralline costituite principalmente da Tetracoralli (Cnidari solitamente non coloniali). Questo particolare gruppo non sopravvisse oltre l’era Paleozoica ed i primi Madreporari apparvero successivamente, durante il Mesozoico.
    Le barriere coralline sono degli imponenti depositi di carbonato di calcio, prodotti principalmente dalle madrepore e da alghe rosse, idroidi, policheti e qualsiasi altro organismo in grado di deporre carbonati.
    Gli ambienti che si vengono così a formare diventano a loro volta habitat e rifugio per tutti quegli organismi che partecipano alla strutturazione di un equilibrio ecologico tra i più complessi e affascinanti del mondo.
    La caratteristica più importante delle madrepore ermatipiche è la presenza di alghe simbionti,le cosiddette Zooxantelle che vivono nei loro tessuti: Acropora millepora... i processi fotosintetici permettono il fissaggio di anidride carbonica aumentando la capacità delle madrepore di depositare carbonato di calcio e forniscono molecole organiche indispensabili ai loro ospiti riciclando i composti inorganici di rifiuto a base di fosforo e azoto che sarebbero altrimenti eliminati.





    La costruzione delle scogliere è un processo basato non solo sulla attività di organismi che depongono continuamente nuovo carbonato di calcio (biocostruttori) ma anche sulla demolizione da parte di altri (biodemolitori) che permettono un continuo riequilibrio tra le varie forme viventi...Gli agenti biologici coinvolti nella demolizione del substrato sono prevalentemente spugne, molluschi, policheti ed echinodermi ma attualmente molta importanza viene data anche a microerosori quali funghi, alghe endolitiche e vermi sipunculidi la cui importanza relativa è ancora da chiarire.

    Vi sono tre tipi di barriere coralline: quelle cosiddette litorali che si estendono quasi direttamente dalla costa, la barriera vera e propria che si estende parallela alla costa, e gli atolli che sono barriere di forma anulare sviluppate nel mare aperto attorno alla sommità di antichi vulcani sommersi.
    All'interno dell'atollo vi è sempre una laguna. La distribuzione della flora e della fauna in questa parte interna dell'atollo è alquanto diversa da quella della parte esterna, principalmente perchè non è esposta alla forte azione delle onde. Sul pendio lagunare dell'atollo le formazioni coralline diventano abbondanti, spesso assumendo forme maggiori e più elaborate che altrove proprio grazie all'assenza di una forte azione del moto ondoso.





    Chiunque per la prima volta osservi una barriera corallina stenta ad immaginare che queste massicce costruzioni rocciose possano essere opera di minuscoli polipi, delle dimensioni di qualche millimetro, spesso neanche visibili agli occhi di una persona inesperta. Le madrepore appartengono al sottogruppo esacoralli perché i polipi presentano una struttura a sei tentacoli o multipli di sei. Fra tutti i Celenterati vengono definiti reef builders, ovvero costruttori del reef, per il loro determinante contributo alla formazione di queste straordinarie strutture...Le loro forme possono essere le più svariate (massive, incrostanti, ramificate, appiattite ecc.) e spesso è difficile riconoscere le singole specie perché possono presentarsi sotto forme diverse in relazione all’ambiente in cui crescono, per esempio i coralli massivi e più resistenti sono tipici di acque con molta corrente...Ma la cosa più importante da sottolineare è che il contributo fondamentale alla crescita delle madrepore è determinato da minuscole alghe unicellulari chiamate zooxantelle che vivono con i coralli un perfetto rapporto di simbiosi. Per la presenza di queste alghe la crescita delle madrepore è limitata ai primi metri di profondità essendo strettamente legata alla presenza della irradiazione solare senza la quale le alghe non potrebbero sopravvivere. Spesso è proprio la competizione fra i diversi coralli per la conquista di “un posto al sole” a determinarne le svariate forme.



    Il termine originale corallo deriva dalla parola greca Korallion in riferimento al coralium rubrum specie endemica del Mediterraneo, il termine è stato poi adottato ovunque per definire quegli Cnidari che producono uno scheletro composto da carbonato di calcio...La crescita di questi organismi è molto lenta basti pensare che i più veloci, appartenenti al genere Acropora, possono crescere nell’arco di un anno circa 15 cm... le forme che assumono i coralli dipendono da fattori ambientali che variano in funzione delle differenti zone della scogliera.
    La competizione fra coralli consiste nella diverse forme di crescita risultanti, ma non sempre è così. E’ stato dimostrato che alcuni coralli possono resistere alla competizione con altri che li sovrastano nella crescita estendendo i loro filamenti digestivi e digerendo letteralmente i competitori. Montastrea ad es. possiede lunghi tentacoli ricurvi che possono iniettare le loro nematocisti nelle colonie dei competitori adiacenti.





    ..... nella mitologia.....



    Fin dall’antichità il Corallo è stato utilizzato per l’esecuzione di monili o come elemento decorativo di utensili.
    L’antichità classica lo fa nascere dal contatto di alcune alghe con la testa recisa della Medusa, trasponendo la proprietà del suo sguardo nel Corallo stesso.... Ovidio descrive l’episodio, che segue la liberazione di Andromeda da parte di Perseo:
    “L’eroe intanto attinge acqua e si lava le mani vittoriose;
    poi, perché la rena ruvida non danneggi il capo irto di serpi
    della figlia di Forco, l’ammorbidisce con le foglie, la copre
    di ramoscelli acquatici e vi depone la faccia di Medusa.
    I ramoscelli freschi ancora vivi ne assorbono nel midollo
    la forza e a contatto con il mostro s’induriscono,
    assumendo nei bracci e nelle foglie una rigidità mai vista.
    Le ninfe del mare riprovano con molti altri ramoscelli
    e si divertono a vedere il prodigio che si ripete;
    così li fanno moltiplicare gettandone i semi nel mare.
    Ancor oggi i coralli conservano immutata la proprietà
    d’indurirsi a contatto dell’aria, per cui ciò che nell’acqua
    era vimine, spuntandone fuori si pietrifica.
    Hanno pur oggi i coralli, al contatto, la stessa natura:
    prendono durezza dall’aria, e le verghe, che sono nel mare,
    sassi diventano quando si sporgono fuori dall’onde”
    Ovidio, “Metamorfosi”, IV, 740-752

    Il significato del Corallo viene arricchito dal simbolismo dell’Albero, inteso come Asse del Mondo, dell’Acqua, vista come Origine del Mondo, e del colore Rosso, quale simbolo del Sangue.
    Il Corallo riassume in sé gli aspetti di collegamento tra i tre livelli del cosmo e di evoluzione e rigenerazione continua peculiari dell’Albero, che il Corallo rafforza attraverso le sue caratteristiche di trasformazione...... è anche simbolo dell’Acqua quale sorgente della Vita per tutte le creature e come origine del Mondo a causa della sua provenienza dalle profondità del Mare.





    Il colore del Corallo più diffuso, il Rosso, e la sua forma che ricorda i vasi sanguigni e i meandri delle viscere, lo hanno collegato al simbolismo del Sangue come veicolo di vita e di generazione.
    Per secoli l’uomo vide convivere nel Corallo i tre regni della natura, animale, vegetale e minerale, non riuscendo a relegarlo definitivamente in uno di essi.
    Grazie alla sua forma, al suo colore e alla sua misteriosa capacità di indurirsi al contatto con l’aria, il Corallo nell’Antica Roma aveva assunto proprietà curative e apotropaiche...Era infatti consuetudine far indossare ai neonati dei pendenti formati da rametti di Corallo e somministrare come medicinale la polvere da essi ricavata per la prevenzione e la cura delle crisi epilettiche, degli incubi e dei dolori della dentizione.
    Il significato del Corallo come amuleto specifico dell’infanzia venne conservato anche durante il Medioevo e il Rinascimento.
    Lo troviamo perfino indossato dal Bambino Gesù in quadri di devozione privata, probabilmente legati alla nascita di un bimbo, come potrebbe essere stata la “Madonna di Senigallia” di Piero della Francesca.
    Le sue caratteristiche morfologiche lo resero inoltre una protezione contro il fulmine e il pericolo di morte improvvisa, specialmente degli infanti.
    Nel Medioevo la presenza di rametti cruciformi unì il significato del Corallo, con le sue capacità apotropaiche, al significato della Croce rendendolo un amuleto contro il Demonio.
    Nello stesso periodo l’introduzione dell’uso del Rosario nelle pratiche di devozione rese comune l’utilizzo del Corallo per la costruzione dei grani rossi che richiamavano le Rose mistiche del giardino mariano.
    Nel Rinascimento e soprattutto dopo la Controriforma e l’istituzione della festa del Rosario tale oggetto venne indossato come Collana o appeso alla Cintura, recependo anche la funzione di amuleto e di protettore dalle forze demoniache insita nel materiale.
    Al significato del Corallo come protezione dalle forze malvagie si unisce in questo caso la raffigurazione della consuetudine di ornare le chiese con oggetti rari, simboli della meraviglia e della bellezza del Creato.





    «Potevo attraversare litri e litri di corallo
    per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci. (Amico fragile)»
    Fabrizio De André



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  9. gheagabry
     
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    Un uomo che va cercando Dio
    è nelle stesse condizioni
    di un pesce che cerca il mare.
    Mirror



    IL CAVALLUCCIO MARINO




    “I cavallucci marini hanno un fascino tutto particolare”, dice il biologo marino Keith Martin-Smith. In passato, però, non era chiaro come bisognava classificarli. Gli antichi naturalisti li chiamarono “ippocampi”, come i leggendari cavalli
    dalla coda di pesce che trainavano il carro di Poseidone, il dio greco del mare.
    Sembra che nel Medioevo i venditori ambulanti li spacciassero per piccoli di drago. In realtà i cavallucci marini non sono che pesci con scheletro osseo (osteitti), anche se l’aspetto e il modo di nuotare non sono quelli tipici dei pesci. Quando si muovono con eleganza oppure si librano nell’acqua assomigliano a delicati cavallini di cristallo... sembra quasi che i pezzi di un fantastico gioco degli scacchi abbiano improvvisamente preso vita...vivono nelle acque costiere temperate di quasi tutto il mondo. Hanno forme e dimensioni incredibilmente varie. Secondo gli esperti ce ne potrebbero essere da 33 a più di 70 specie diverse. Si va dal cavalluccio pigmeo (Hippocampus bargibanti),
    più piccolo di un’unghia, all’Hippocampus abdominalis, che può superare i 30 centimetri di lunghezza.
    Con la testa che ricorda quella di un cavallo, il corpo rivestito di una corazza fatta di placche e anelli ossei e una coda prensile simile a quella delle scimmie, i cavallucci marini sono più adatti a restarsene ancorati in un punto che a scorrazzare di qua e di là. Per la maggior parte del giorno si limitano a starsene con la coda attorcigliata su qualche appiglio e a mangiare. Se devono spostarsi, usano la minuscola pinna dorsale per spingersi delicatamente in avanti e le pinne pettorali per controllare la direzione. Regolando la quantità d’aria presente nella vescica natatoria salgono e scendono come minuscoli sottomarini.
    Quando sono affamati, i cavallucci marini non scherzano: con la bocca risucchiano velocemente qualsiasi minuscolo gamberetto o crostaceo si trovi a passare nelle vicinanze. Non avendo denti o stomaco a facilitare la digestione, i cavallucci marini devono catturare ogni giorno qualcosa come 50 gamberetti per procurarsi il nutrimento necessario. Questo non è un problema, in quanto hanno una vista eccezionale. I due occhi si muovono in maniera indipendente, così quando i cavallucci marini sono in cerca di prede un occhio può scrutare davanti e l’altro dietro. Inoltre, questi animali riescono a percepire una gamma cromatica più ampia di quella che percepiamo noi,
    e hanno un’acutezza visiva che ha pochi confronti nel mondo dei pesci.
    I cavallucci marini devono evitare di finire a loro volta in pasto ad altri animali. Per sfuggire a predatori come granchi e tartarughe marine, molte specie sono in grado di mimetizzarsi benissimo con le alghe, i coralli o le mangrovie che costituiscono il loro habitat. La colorazione a chiazze, le appendici filiformi che assomigliano a piante marine e la capacità di cambiare colore permettono loro di rendersi invisibili. “Si mimetizzano così bene che per riuscire a vederli bisogna sapere dove guardare”,
    afferma il ricercatore Rudie Kuiter.




    .......la danza......



    "I DUE si scambiano uno sguardo e arrossiscono. Lui è tutto impettito, e lei lo guarda con ammirazione. A un certo punto si sfiorano, per poi stringersi in un abbraccio." Nella luce incerta dell’alba danno vita a uno dei più eleganti balletti della natura:
    la danza dei cavallucci marini.
    A differenza di quanto avviene nella maggior parte dei pesci, il maschio e la femmina rimangono fedeli l’uno all’altro per tutta la vita e raramente si allontanano l’uno dall’altro. Ogni giorno, all’alba, riconfermano il proprio legame con una danza caratteristica. “La danza dei cavallucci marini è così bella ed elegante che è un vero spettacolo”, dice Tracy Warland, che li alleva. Quando la danza finisce, ciascun cavalluccio marino torna al proprio appiglio e continua a mangiare per il resto della giornata. La parata nuziale è più elaborata. Man mano che la femmina si avvicina al maschio questo gonfia il suo “marsupio”, assume un colore più vivace e comincia a muoversi avanti e indietro di fronte a lei per mettersi in mostra. I due si mettono a girare lentamente uno intorno all’altro e intrecciano le code.
    Poi cominciano a fare piroette sul fondo marino come cavalli imbizzarriti.
    Per una mezz’oretta continuano a salire e scendere, a girare vorticosamente e a cambiare colore.
    Naturalmente, la parata nuziale è la prima fase del processo riproduttivo. “Quando si avvicina il momento di accoppiarsi le danze dei cavallucci marini diventano più lunghe e frequenti, e si possono ripetere anche più volte al giorno”, spiega Kuiter. “Quando la danza raggiunge il momento culminante, i due risalgono lentamente verso la superficie, stretti l’uno all’altro con le code intrecciate. A questo punto la femmina depone delicatamente le uova nel marsupio del maschio”. Il futuro padre trova un posto tranquillo per sistemare bene le uova all’interno del marsupio. Le feconda, e dà così inizio alla gestazione più insolita di tutto il regno animale...Mentre i piccoli sono annidati nella tasca marsupiale, una fitta rete di vasi sanguigni provvede loro l’ossigeno e il nutrimento necessari. Con il tempo il grado di salinità all’interno del marsupio comincia a salire, così da preparare i piccoli all’ambiente marino. Quando arriva il momento del parto, il travaglio può durare da alcune ore a un paio di giorni. Alla fine il marsupio si apre e un po’ alla volta i piccoli cavallucci marini fanno il loro ingresso nel mondo. Il loro numero varia da specie a specie, ma può arrivare a 1.500.





    .......nuoto verticale...per mimetizzarsi........



    Che i cavallucci marini preferiscano nuotare in verticale non è una novità. Piuttosto è curioso che alcuni scienziati australiani si siano messi a studiarne il motivo. E abbiano trovato la risposta. Muso a trombetta e coda prensile per ancorarsi alle alghe, due pinne pettorali a prendere il posto delle orecchie per compiere manovre, capaci di battere ben 70 volte al minuto la loro pinna dorsale usata come propulsore, ai papà più solerti del regno animale piace l’inconsueto stile di nuoto per problemi geologici.
    Lo sostengono i biologi marini Luciano Beheregaray e Peter Teske dell’università Macquarie di Sydney.
    Decine di milioni di anni fa, il mare che bagna l’Australia era popolato da versioni primitive di ippocampi pigmei. Creature lunghe e sottili che sono ancora avvistate in quelle stesse acque mentre nuotano regolarmente: in orizzontale. Sembrerebbe infatti che fra 25 e 28 milioni di anni fa, in uno degli eventi casuali evolutivi, alcuni degli ippocampi pigmei abbiano originato una nuova specie capace di nuotare eretta. Semplicemente perché a questi cavallucci marini piaceva spassarsela fra quei vasti prati di alghe formati dallo scontro tra la piattaforma continentale australiana e quella eurasiatica...
    L’area in fondo all’oceano offriva un mimetismo ideale per i nuovi ippocampi eretti. Inoltre gli garantiva anche un non indifferente vantaggio biologico. Mentre i cugini orizzontali restavano nei banchi corallini, dove si trovano ancora oggi. Morale: i cavallucci marini si sarebbero formati nelle acque tropicali dell’Australia, per poi diffondersi attorno al mondo, spiega il professor Beheregaray.
    Roberta Maresci





    ....nelle leggende.....



    I cavallucci marini devono il nome al greco Hippos (cavallo) e kampos (mostro di mare), per i poeti greci erano delle creature mitiche per metà cavalli e metà pesci, di cui si servivano gli dei per attraversare i mari e gli abissi. Le scene mitologiche lo rappresentano come un cavallo, con la parte inferiore di pesce o delfino. Secondo i miti greci, il carro di Poseidone era trainato da un esemplare di Ippocampo....Le leggende ritraggono il cavalluccio marino come salvatore caritatevole di tante fanciulle cadute tra i flutti, e molti autori latini, da Galeno a Plinio il Vecchio, narrano con partecipazione le virtù medicali delle polveri da esso ricavate, impiegate in farmacopea per rimarginare le ferite. Analizzando il simbolo in campo mitologico è animale con corpo metà cavallo e metà pesce su cui le ninfe marine cavalcavano nelle profondità dell'oceano, simbolo dell'inconscio. Come il mare rappresenta l'inconscio, così l'ippocampo simbolizza il mezzo con cui lo si esplora. Per capire sè stessi. In maniera più comune viene considerato simbolo di fedeltà coniugale che essendo il significato, appunto, più comune, sarà anche quello più riconosciuto.




    .... racconto .....



    “Era uno scricciolo tutt’ossa, con la pelle nera, color carbone, e i capelli imbionditi dal sole.
    Andava via da quella spiaggia solo al calare del sole.
    Una mattina, lo ricordo correre col suo secchiello azzurro mare, attento a non fare cadere l’acqua. Urlava: “Papi, papi … guarda cosa mi ha regalato oggi il mare!”
    Suo padre osservò il contenuto del secchiello e rispose sorridendo: “Questo è un cavalluccio marino … porta fortuna”.
    Stette un po’ ad osservarlo, poi, prese il secchiello in mano e si avvicinò alla battigia.
    Al contrario di quello che aveva visto fare ad altri bambini, decise di ridare la libertà al piccolo essere, riportandolo in mare.
    Aspettò che il cavalluccio marino si fosse allontanato, prima di tornare indietro … Felice.
    Da quel momento capì che c’era un legame indissolubile tra lui e il mare.”
    - dal web -



    ...una favola....



    Centinaia, di migliaia di anni fa, in un luogo sconosciuto del nostro mondo accadde un evento incredibile, sovrannaturale.
    Era un posto di momtagne scoscese, ma non si sa se era un posto caldo o freddo, se fosse un terreno fertile o bruciato, o che tipo di piante crescessero lì. L'importante è sapere che due magnifici cavalli correvano liberi tra colline e vallate...Erano due magnifici purosangue, agili e veloci come il vento, con zampe potenti ed una grande lunga coda, che non stava mai ferma.I due cavalli trascorrevano il tempo trottando e saltando, gareggiando tra di loro per raggiungere questo posto o quell'altro.
    Ma un giorno sentirono i terribili ululati di un gruppo di bestie selvagge.
    I loro sensi acuti non avevano mai sbagliato. Infatti scoprirono che i versi, venivano da un branco di segugi, che si stavano avvicinando a gran velocità. I due cavalli capirono subito che i cani li avevano scelti come spuntino. Erano così terrorizzati che non sapevano da che parte fuggire. E fu solo quando videro i cani che iniziarono a correre lontano. Erano inseguiti da un intero branco di cani selvaggi, ringhianti e con la bava alla bocca. Completamente disorientati i cavalli scelsero la strada peggiore, quella verso un burrone.Quando finalmente si accorsero che la strada scelta li conduceva verso il mare, erano ormai in trappola. Corsero a perdifiato, talmente veloce che raggiunsero la scogliera in un attimo.
    Avrebbero dovuto fermarsi bruscamente, se non volevano finire oltre il precipizio.
    Bisognava scegliere. Potevano fermarsi lì per farsi divorare dai cani o invece, avrebbero potuto saltare giù.
    Decisero di saltare. Nessuno di loro si fermò o si guardò indietro. Non esitarono un attimo, sapevano che in ogni caso era meglio saltare, almeno ci sarebbe stata una piccola probabilitàdi farcela! L'alternativa era di finire in pasto ad un gruppo di segugi.
    Che cavalli coraggiosi! Entrambi corsero più veloce che potevano. Spiccarono un gran salto e fecero un ultimo nitrito.Rimasero in aria per un pò. Poi quando iniziarono a cadere,
    allungarono la coda e le zampe per cercare di attutire l'impatto.
    Nonostante ciò, quando caddero in acqua, l'impatto fu così violento che i cavalli rimasero storditi ed iniziarono ad affondare nel mare lentamente. Fu proprio allora che accadde qualcosa di meraviglioso.
    Proprio mentre i due cavalli stavano affogando, iniziarono magicamente a trasformarsi.
    Tutto d'un tratto riuscirono a respirare sott'acqua, le loro zampe di dietro si unirono in una coda ricoperta di squame, mentre le zampe frontali si facevano piccole piccole, fino a diventare delle pinne.
    I pesci lì attorno rimasero meravigliati quando videro i due magnifici purosangue,
    trasformati infine in due bei cavallucci marini.





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  10. gheagabry
     
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    Creatura insidiosa, affascinante,
    sembra una fantasma nella sua trasparenza ed evanescenza...
    vaga maestosa nel mare..



    LA MEDUSA




    Le meduse sono invertebrati marini, le specie note sono circa 7.000 e sono appartenenti a tre diverse classi:
    Hydrozoa, Scyphozoa e Cubozoa.
    La struttura fondamentale di una medusa è data da un “cappello” superiore detto ombrella, del tutto innocuo, da un velo, un anello e da svariati tentacoli piuttosto pericolosi, talvolta addirittura letali. All’anello sono ancorati i tentacoli, ma sia la struttura del velo che quella dell’anello non sono sempre presenti.
    I tentacoli delle meduse possono raggiungere la lunghezza di vari metri,
    e sono costituiti da particolari cellule dette nematocisti.
    Queste caratteristiche cellule sono rigonfie di liquidi velenosi e svolgono il loro ruolo principale nella raccolta di cibo e per la difesa: esse possono scaricare un lungo tubo ricco di spine
    che penetrano nella preda e mediante alcuni impulsi, liberano un liquido tossico paralizzante.
    A causa di queste cellule, alcune specie di meduse mietono molte vittime. Ne è un esempio la Caravella Portoghese oppure la Chironex Fleckeri detta più comunemente “Vespa di Mare”, questa Cubomedusa infatti, ha causato molte morti al largo della costa dell’Australia. Quando si entra a ripetuto contatto con i tentacoli della “Vespa di Mare” la morte può sopraggiungere per shock e per arresto cardiaco, in altri casi solo per paralisi. Altri tipi di nematocisti più semplicemente producono varie secrezioni per facilitare l’adesione dell’animale al fondale o alla scogliera marina.
    Quasi tutte le specie sono marine, eccetto qualche esemplare dolciacquifero di Idromedusa.
    Sebbene la maggior parte delle meduse più comuni non presentano colorazioni vivaci
    ma sono trasparenti oppure marroni, molte specie sono munite delle colorazioni più disparate.
    Le meduse hanno simmetria radiale: non posseggono un senso di marcia preferenziale, in quanto non hanno una vera e propria porzione cefalica, non si può parlare di “sistema nervoso” in quanto esso è dato da poche cellule, si suppone che le cellule nervose delle meduse siano le più primitive dell’intero regno animale.
    Non posseggono veri e propri occhi, per tanto riescono ad orientarsi in acqua grazie
    a delle “stratocisti”, una sorta di sistema di orientamento che funge da bussola interna.
    Molte specie sono incapaci di nuotare, ma riescono a mantenersi a galla mediante alcune vesciche galleggianti, e si lasciano trasportare dalle correnti generate dal vento.




    ..... la medusa criniera di leone .....



    La balenottera azzurra è il più grande organismo marino del pianeta? Non proprio. Esiste un altro essere vivente che sfida il gigantesco mammifero in fatto di dimensioni. E' la medusa criniera di leone (Cyanea capillata), la più grande specie di medusa nota....Generalmente vaga per le acque fredde dell'Artico, nelle zone settentrionali dell'Atlantico e del Pacifico, e raggiunge dimensioni gigantesche: l'esemplare più grande mai avvistato venne ritrovato spiaggiato a Massachusetts Bay nel 1870 e misurava 2,3 di diametro, con tentacoli lunghi oltre 36 metri, oltre 10 metri la lunghezza dei tentacoli di una caravella portoghese. Aino Hosia, dell'Istituto di Ricerca Marina di Bergen, Norvegia, e Josefin Titelman dell'Università di Gothenburg, hanno scoperto che la medusa criniera di leone si nutre di un particolare tipo di medusa, la Mnemiopsis leidyi, estremamente vorace ed invasiva, aiutando a contenerne il numero negli oceani.....per rendere l'idea di quanto la medusa Mnemiopsis leidyi sia dannosa, possiamo citare il suo arrivo nel Mar Nero negli anni '80, probabilmente attraverso una nave mercantile. Nel 1989, a circa 7 anni dal primo avvistamento di questa medusa, la popolazione di meduse contava 400 esemplari per metro cubo d'acqua. Iniziarono a nutrirsi delle larve e delle uova di diversi pesci, decimando la popolazione ittica del Mar Nero. Queste meduse inoltre si nutrono di plancton, e minano la base della catena alimentare di molte specie marine.
    Immaginate quindi se questi animali si dovessero diffondere e crescere negli oceani di tutto il mondo. Ed ecco che interviene la medusa criniera di leone, un gigante dei mari che svolge la funzione di controllo della popolazione di Mnemiopsis leidyi.Per quanto la Cyanea capillata possa essere bellissima nell'aspetto ed utile nella sua funzione di controllo dei mari, non va sottovalutata: è dotata di tentacoli urticanti in grado di paralizzare le prede e causare attacchi di cuore fatali nei ratti da laboratorio.
    Sull'essere umano gli effetti sono molto più lievi, a meno che non si sia allergici alla tossina.
    Le dimensioni di questa medusa sono colossali: oltre 30 metri di lunghezza dei tentacoli, che arrivano ad essere fino a 100, raggruppati in otto unità. La campana di questa medusa è divisa in otto lobi, caratteristica che la fa somigliare ad una stella ad otto punte.
    La colorazione di questo animale varia con l'età e le dimensioni: gli esemplari più grandi hanno in genere colori più vividi, contrariamente all'arancione pallido degli individui giovanili.




    ..........E' una medusa l'unico animale immortale......



    Si chiama «Turritopsis nutricula», è una medusa e secondo i biologi potrebbe essere l'unico animale potenzialmente immortale, in grado di passare a volontà da uno stadio avanzato ad uno primitivo del suo ciclo vitale.
    In tal modo riuscirebbe di fatto a invertire la freccia dell'invecchiamento, passando dallo stato adulto di medusa a quello di polipo, rigenerando nel contempo la sua intera struttura:
    un ciclo che teoricamente è in grado di ripetere un numero di volte indefinito.
    Il processo sarebbe reso possibile dalla trans-differenziazione, meccanismo in base alla quale un tipo di cellula è in grado di trasformarsi in un'altra: alcune specie - come le salamandre, in grado di rigenerare la coda - lo usano in modo limitato, mentre «Turritopsis» la applica al suo intero corpo.




    ... miti e leggende ...



    C’è stato un tempo in cui Medusa era una bellissima fanciulla, la sua bellezza si nutriva di complessità. Il suo nome in Sanscrito era Medha, in greco, Metis, in egiziano Maat.
    In tutte queste antiche lingue il suo nome aveva un significato identico: Somma saggezza femminile.
    Le prime tracce della sua esistenza sono presenti in Libia, dove le libiche amazzoni la veneravano in tutti i suoi aspetti di dea serpente, o meglio di dea accompagnata dal serpente: simbolo dell’eterno ciclo della vita.
    Medusa rappresentava i cicli del Tempo con i suoi stadi di passato, presente e futuro; i cicli della Natura con i suoi stati di nascita, morte e rinascita. Medusa (guardiana di immensi tesori e grande mediatrice dei regni del cielo, della terra e di quello sotterraneo)aveva in sé la capacità di distruggere e costruire nel perenne obiettivo della ricerca di nuovi equilibri naturali;
    era la regina di tutti gli animali, ma soprattutto era la verità ultima oltre ogni possibile dualismo.
    Nel sesto secolo a.C., quando il potere e la saggezza della dea cominciarono ad essere intollerabili per un mondo che si muoveva verso la separazione e la supremazia dell’uomo sulla natura,i rituali a lei collegati furono eliminati, i suoi santuari invasi,le sue sacerdotesse violentate e la sua immagine trasformata ad uso e consumo delle nuove forme di potere dando luogo a forme di demonizzazione costante che durante i cinquecento anni di Inquisizione da parte della Chiesa raggiunsero il loro apice.




    Robert Graves (I miti greci, 1958) ritiene che il mito di Perseo conservi il ricordo delle lotte che opposero uomini e donne durante il passaggio dalla società matriarcale alla società patriarcale. La maschera della Gorgone, infatti, aveva la funzione di allontanare gli uomini dalle cerimonie sacre e dai misteri riservati alle donne, quelli che celebravano la triplice dea Luna. E Graves ricorda che gli orfici chiamavano la luna piena "testa di Gorgone". La maschera era anche indossata dalle ragazze vergini per allontanare la concupiscenza degli uomini. L’episodio della vittoria di Perseo su Medusa evocherebbe la fine dell’egemonia delle donne e la presa di possesso dei templi da parte degli uomini, divenuti padroni del divino che era loro nascosto dalla testa di Medusa.
    La guerra dei sessi, se è diventata meno brutale, non si è estinta. E il femminile resta sempre una fonte di terrore per l’uomo. Così, l’associazione della donna con Medusa evoca il suo aspetto insieme affascinante e pericoloso. Essa è frequente nella poesia del Rinascimento (per esempio Ronsard, Second livre des amours, 1555, s. 79); ma spesso lo sguardo pietrificante è solo una metafora corrente del "colpo di fulmine" amoroso. Nell’Ottocento, il parallelo assume un significato più profondo. L’opera di Baudelaire Les Fleurs du Mal, 1857 (I fiori del male) e la letteratura decadente (per esempio J. Lorrain, M. de Phocas, 1901) testimoniano della pericolosa fascinazione esercitata dalla donna dallo sguardo letale e dalla misteriosa chioma. Ma è nel primo Faust (1808) di Goethe che venne stabilito il senso di questa associazione. Nella "Notte di Valpurga", Faust crede di vedere Margherita; Mefistofele lo mette in guardia: si tratta di Medusa. E spiega: "E effetto della magia, tu pazzo facilmente sedotto! Appare ad ognuno nella sembianza dell’amata".
    Questa donna terribile, prototipo di tutte le donne, che ogni uomo insieme teme e ricerca, e di cui Medusa offre la maschera, è la madre; la grande Dea Madre i cui riti erano nascosti dal volto della Gorgone. Numerosi testi illustrano la parentela di Medusa coi fondi marini e la terribile forza della natura
    Camille Dumoulié, "Medusa"





    "Ogni uomo è un poema, un poema vivente.
    Ogni animale è un poema. Ogni albero, ogni fiore è un poema.
    Ogni montagna, ogni sasso è un poema.
    La guerra, il terrore infinito hanno distrutto milioni di poemi."





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  11. gheagabry
     
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    Coralli a rischio estinzione, l'Onu lancia l'allarme.
    Nuovo rapporto su loro stato di salute, in pericolo 60% barriere. Coralli del Pianeta e rischio sopravvivenza. E' quanto emerge da una nuova analisi, che per la prima volta include anche le minacce dei cambiamenti climatici, dal riscaldamento delle acque marine all'acidificazione degli oceani. Il rapporto mostra che le pressioni locali, come eccesso di pesca, sviluppo costiero e inquinamento, sono i fattori di rischio immediato, che minacciano oggi oltre il 60% delle barriere coralline. Indicati anche i 27 paesi piu' vulnerabili dal punto di vista economico e sociale a causa del degrado o della perdita dei coralli. Si tratta di Haiti, Grenada, Filippine, Comore, Vanuatu, Tanzania, Kiribati, Fiji e Indonesia. L'analisi, la piu' dettagliata mai condotta sull'argomento, e' stata pubblicata dal World Resources Institute, insieme a Nature Conservancy, il WorldFish Center, l'International Coral Teef Action Network, Global Reef Monitoring Network e il World Conservation Monitoring Centre del Programma Onu per l'Ambiente (Unep), con una rete di oltre 25 organizzazioni. ''Questo rapporto - afferma Jane Lubchenco, amministratore del Noaa - serve da campanello d'allarme per i politici, i leader delle imprese, i gestori delle aree marine e altri, sull'urgente bisogno di una maggiore protezione delle barriere coralline''.Secondo la nuova analisi, se abbandonati a se' stessi, oltre il 90% dei coralli saranno minacciati entro il 2030 e quasi tutti saranno a rischio entro il 2050. ''Le barriere coralline - aggiunge Lauretta Burke, esperta del World Resources Institute e fra gli autori dello studio - rappresentano una risorsa di valore per milioni di persone nel mondo. A dispetto della situazione, c'e' comunque speranza. I coralli sono resistenti e riducendo la pressione locale possiamo guadagnare tempo prima di trovare una soluzione globale per conservarli per le future generazioni''. Secondo il rapporto, oltre 275 milioni di persone vivono nelle immediate vicinanze delle barriere coralline, entro 30 chilometri, e in oltre 100 paesi e territori, le barriere coralline proteggono 150mila chilometri di costa, aiutando a difendere le comunita' locali da tempeste ed erosione del territorio. ''Dobbiamo impiegare le conoscenze che abbiamo - spiega Mark Spalding, di Nature Conservancy e fra gli autori dello studio - per puntellare le aree marine protette esistenti, ma anche per creare nuovi siti dove le minacce sono maggiori, come nel cuore di Caraibi, Sudest asiatico, Africa orientale e Medio Oriente, tutte aree molto popolate''.(ANSA).



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  12. gheagabry
     
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    I pesci non sono fatti per vivere rinchiusi.
    L'acquario ti cambia dentro.
    (Alla ricerca di Nemo)



    IL PESCE ROSSO




    Il pesce rosso (e il suo allevamento) viene dalla Cina e ha una tradizione millenaria. Il nome tecnico del pesce rosso è Carassius auratus e appartiene alla famiglia dei Cyprinidae, uno stretto parente della carpa.
    La durata della vita di un pesce rosso dipende molto dalla varietà cui appartiene e dal modo in cui lo si accudisce, ma in generale si tratta di pesci molto robusti e resistenti, veri campioni di sopravvivenza. I più longevi possono arrivare addirittura a 40 anni, anche se quelli che teniamo in casa difficilmente superano i 10 anni.
    Esistono circa 300 varietà, selezionate negli allevamenti. Alcune sono molto diffuse, come il classico pesce rosso da luna park. Altre invece sono assai rare e richieste - come il “testa di leone”, dall’enorme capo con “criniera”, o il colorato ”oranda panda”

    Le specie di pesce rosso sono davvero tante, e si sono formate nei secoli grazie a pazienti incroci; si fa fatica ad elencarle tutte con precisione e non a caso spesso vengono confuse l’una con l’altra. Senza considerare le migliaia di incroci possibili.
    E’ questa, d’altronde, una delle principali particolarità dei pesci rossi: esemplari così diversi, dalle svariate forme e dai tantissimi colori, ma tutti della medesima famiglia.

    Partendo dal Carassius auratus, specie di colore bruno olivastro, gli allevatori cinesi già da diversi secoli hanno selezionato un pesce dal colore arancione metallico, noto come Ciprino dorato o Pesce rosso.
    Gran parte della popolarità di cui godono è dovuta al fatto che, quando sono piccoli, si possono tenere in un acquario al chiuso e quando diventano più grandi, fino a 20 cm, possono essere messi in una vasca o laghetto da giardino. I Cinesi e i Giapponesi hanno selezionato molte varietà differenti per forma del corpo e delle pinne, oggi diffuse in tutto il mondo. Dall'allevamento dei Pesci rossi si può dire che sia nata l'acquariofilia, e questi pesci reggono tuttora bene la competizione con i pesci tropicali sia marini che d'acqua dolce.
    Al contrario delle specie tropicali, non hanno bisogno che l'acqua si mantenga a una certa temperatura e possono essere allevati senza problemi particolari. L' ordine con il quale essi vengono descritti ne mostra le progressive modificazioni, a partire dal resistente Pesce rosso comune, con la pinna caudale unica, attraverso le varietà Shubunkin e Cometa fino alle razze più delicate ed esotiche come i Fantail, i Veiltail, le varietà a occhi telescopici, gli Oranda, i Testa di leone e i Celestiali o Piagnoni. Le scaglie variano dal tipo "metallico" al "madreperlaceo" fino al tipo "opaco".




    Pesce rosso comune – E’ il tipo di pesce rosso che più siamo abituati a vedere: corpo leggermente affusolato ed un’unica pinna caudale piuttosto corta. Le colorazioni più diffuse sono il rosso e il giallo, più rari il grigio ed il bianco.

    Cometa – Varietà molto simile al pesce rosso comune, ha il corpo leggermente più allungato ed un’unica pinna caudale piuttosto lunga; anche a ventaglio, negli esemplari più belli.

    Sarasa – E’ una varietà del cometa piuttosto diffusa, dalla colorazione bianca con macchie rosse.

    Shubunkin – Lo shubunkin è una razza calico che si trova sia nella forma del cometa che del pesce rosso comune. Il colore calico dovrebbero avere zone di azzurro, macchie rosse, bianco puro e degli spot neri casuali su tutto il corpo. In genere più c'è presenza di blu più alta è la qualità del pesce. Ci sono varie caratteristiche diverse che sono state riprodotte selettivamente per produrre altri vari tipi. Ogni combinazione di caratteristiche può essere ed è stata riprodotta e combinata, per produrre pesci dall'aspetto molto interessante.

    Canarino – Così vengono definiti, in genere, i carassius dal colore giallo acceso; simile appunto a quello di un canarino. La colorazione può essere uniforme oppure con macchie bianche.

    Carpa Koi – Non propriamente un pesce rosso, ma appartenente alla medesima famiglia, la carpa koi è un pesce dalle dimensioni più grandi (può arrivare anche a misurare alcune decine di centimetri) in grado di vivere a temperature ben più basse, dunque particolarmente adatto, anche per le sue dimensioni, all’allevamento nei laghetti all’aperto.

    Orifiamma – Vengono così definiti, in modo generico, tutti i pesci con le caratteristiche di base delle varietà più pregiate, ovvero doppia coda a velo, corpo più corto ed arrotondato.

    Oranda – Pesce con coda doppia. Ha un corpo corto e rotondo, con una pinna dorsale. Lo sviluppo del wen può riguardare l'intera testa. Alcuni oranda hanno il wen sviluppato soltanto sulla parte superiore della testa. Questo tipo è conosciuto meglio come “testa alta”. Rientrano in questa categoria gli oranda red-cap. Alcuni oranda (con l'intero capo sviluppato) hanno uno sviluppo del wen così grande che rischiano di esserne soffocati.



    Red Cap – E’ la varietà di Oranda più pregiata: completamente bianca con l’escrescenza sul capo di colore rosso.

    Testa di Leone – Il lionhead è una razza a coda doppia senza la pinna dorsale. Ha un corpo corto e rettangolare con una piccola coda doppia. Il dorso ha una curva delicata, che arriva giusto al peduncolo. I lionhead migliori possono avere uno sviluppo del wen grande quasi come la lunghezza del corpo. Ma i buoni lionhead sono difficili da trovare. La maggior parte di quelli che si trovano nei negozi hanno il dorso irregolare e gibboso.

    Ryukin – Un'altra razza a coda doppia senza pinna dorsale. Ha un corpo a forma di uovo. La curva del dorso è leggermente più pronunciata di quella del lionhead ed ha una veloce discesa verso il peduncolo. I Ranchu hanno il wen molto meno sviluppato dei lionhead. L'edonoshiki è un ranchu calico con alcune squame metalliche.
    Recentemente le caratteristiche di ranchu e lionhead sono state combinate al punto che è difficile distinguere gli uni dagli altri. Anche qui si trovano pesci con dorso irregolare e gibboso, qualcuno anche con punte dorsali

    Butterfly – Questo pesce si è meritato questo nominativo per via della particolare forma della doppia coda, la quale, vista dall’alto, ricorda molto da vicino la conformazione di una farfalla.

    Telescopio – Il telescopio ha gli occhi che sporgono similmente al celestial, ad eccezione del fatto che gli occhi non sono rivolti verso l'alto. La forma degli occhi può variare ad ogni pesce ma la loro estensione dovrebbe essere equilibrata. Il telescopio è inoltre un pesce dalla coda doppia in cui la forma del corpo è breve e rotonda, simile al ryukin. Un telescopio ben noto è il black moore, ma si trovano anche in altri colori. Ho trovato molto difficile trovare un black moore che mantenesse il suo colore nero. Solitamente virano al colore rosso.

    Black Moor – E’ la varietà più diffusa del pesce telescopio, dalla colorazione completamente nera.

    Panda – Varietà piuttosto rara del black moor, con colorazione bianco-nera simile, appunto, a quella del panda.

    Pon Pon – Specie particolarmente strana, ha delle morbide escrescenze intorno agli occhi.

    Bubble Eyes – La caratteristica più evidente degli “occhi a bolla” sono i grandi sacchetti pieni d'acqua sotto gli occhi che ondeggiano mentre i pesci nuotano. Le bolle possono essere larghe quanto la lunghezza del pesce. Le bolle dovrebbero essere della stessa grandezza su entrambi i lati. Il corpo è a forma di sigaro con pinne doppie in proporzione al corpo. Questo tipo si trova più spesso senza la pinna dorsale, ma esistono alcune varietà con la pinna dorsale.
    Le bolle si presentano di due tipi differenti. Il primo tipo sono quelle a forma di “guantone da pugile”. Queste bolle hanno una forma simile a un guantone da pugile perché gli occhi dei pesci sono attaccati alla testa. Il secondo tipo ha forma quasi rotonda con gli occhi che guardano davvero fisso verso l'alto quasi galleggiando sulla bolla.

    Chicco di riso – Varietà dalle pinne molto corte e di norma dalle piccole dimensioni, ha il corpo estremamente gonfio, tanto da renderlo simile ad una pallina. Ulteriore particolarità di questa specie è rintracciabile nella particolare squamatura che ricorda, appunto, i chicchi di riso. Data la conformazione, questo pesce rosso è il più goffo e lento che ci sia.

    Ranchu - Piuttosto simile al chicco di riso, ma in genere dal corpo meno gonfio, questo pesce ha pinne piuttosto corte ed è privo della pinna dorsale.





    ...tra storia e leggenda....



    Il Carassius Auratus, comunemente noto come pesce rosso, è il pesce più famoso e di origine più antica per questo ha nelle tracce nella storia.
    Una leggenda dice che, già alla fine del 300, si era visto un pesce di colore rosso in un lago della Cina, ma in realtà solo dalla metà del 400 si hanno notizie più precise
    La leggenda ci racconta che il pesce rosso sia nato per volere divino in una pozza formatasi dopo un lungo periodo di siccità in Cina, per informare il popolo che la carestia era finita, per questo
    erano accuditi nei templi dei monaci, venerati come creature divine, o nelle case delle persone facoltose e nobili... l’imperatore cinese si fece costruire un giardino con annesso un enorme laghetto dove decise di tenere i pesci rossi.
    Non furono i cinesi ad allevare le varie specie ..i primi cultori del pesce rosso furono i giapponesi che lo importarono alla fine del 1400 e incominciarono ad allevarlo. In Giappone, attraverso varie selezioni, si ottennero finalmente le prime varietà come la “ Testa di leone”.
    In Europa arrivò nel 1700 nel Portogallo, ma presto arrivò in Francia e in Inghilterra, qui il primo ad averli fu il duca di Richmond ... In quel periodo, i vasi di terracotta erano i primi contenitori dove i pesci erano allevati, solo in seguito la terracotta sarà sostituita dal vetro.
    In Francia c’è un aneddoto legato al pesce rosso: una dama di compagnia d’origine indiana avrebbe regalato a madama de Pompadour alcuni pesci rossi in riferimento al vero nome della dama che era Poisson...Durante il pranzo dato dal principe Potemkin per la sua amante Caterina II, le tavole furono adornate con le bocce di vetro con dentro i pesci rossi.
    - dal web -





    ....una fiaba....



    Un piccolo pesciolino rosso giocava un giorno davanti alla sua casa, ma poiché era molto curioso, pian piano si allontanò e cominciò a girare per le strade del mare. Mentre gironzolava tranquillo, vide passare un grosso squalo. Tutto impaurito, si nascose dietro alle alghe. Ma il grosso squalo affamato lo vide lo stesso e si diresse verso di lui. Il pesciolino rosso rimase per un attimo impietrito dalla paura ma poi, d’improvviso, si ricordo della vecchia nave che giaceva sul fondale e dove un giorno aveva visto un grosso pesce rimanere intrappolato. Nuotò veloce verso la nave, lo squalo lo seguì. Il pesciolino guizzò nella nave, lo squalo lo raggiunse con la bocca spalancata ma, proprio mentre il pesciolino si infilava in uno stretto corridoio, lo squalo rimase intrappolato fra il rottami della nave.
    Il pesciolino ancora tremante corse dalla mamma e le raccontò tutto. La mamma prima lo sgridò un po’ per essersi allontanato così lontano da solo, ma poi lo accolse sotto la sua calda pinna.



    Questo è il mio pesciolino numero 641 in una vita costellata di pesciolini rossi.
    I miei genitori mi comprarono il primo per insegnarmi cosa significasse amare
    e prendersi cura di una creatura vivente del Signore.
    640 pesci dopo, l'unica cosa che ho imparato è che tutto quello che ami morirà.
    (Survivor, Chuck Palahniuk)





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    ...la lingua non è sufficiente a dire e la mano a scrivere tutte le meraviglie del mare..



    IL PESCE LUNA




    Il Mola mola, più comunemente conosciuto con il nome di Pesce luna, è il pesce osseo più pesante esistente sulla terra. Il pesce luna appartiene all’ordine dei Tetraodontiformes e alla famiglia Molidae, vive sia nelle acque tropicali che temperate e fredde, ma si trova anche in Sudafrica e Australia.
    Abita indifferentemente le grandi profondità marine come le basse acque costiere.
    La caratteristica principale è la forma ovale del suo corpo. Esso si presenta allungato, compresso sui fianchi con una forma rettangolare. Il suo corpo può raggiungere misure considerevoli: una lunghezza e altezza fino ai tre metri, per un peso da record di oltre due tonnellate. La spinta nel nuoto di questo pesante pesce osseo viene data dalla pinna dorsale e anale, che sono opposte e simmetriche. La pinna dorsale è piccola e a forma di ventaglio. La pinna caudale parte dalla radice della pinna dorsale, ed essendo una protuberanza carnosa non dispone di molta forza.
    Il pesce luna ha una piccola bocca che assomiglia ad un becco osseo, fornita di denti fusi tra loro. Le branchie sono appena individuabili, piccole a ridosso della pinna pettorale. Il corpo è di colore grigiastro con variazioni più chiare lungo i fianchi, è ricoperto da una pelle molto dura e spessa, fino a 15 cm., che ospita una grande infinità di microorganismi e parassiti. Questi ultimi riescono, a volte, a produrre sul corpo del pesce luna il fenomeno della bioluminescenza.
    Il pesce luna può vivere fino ai cento anni e la femmina, durante la riproduzione, può deporre fino a 300 milioni di uova. I nuovi nati sono però piccolissimi: 2-3 mm. Quando non nuota nelle profondità oceaniche, il pesce luna ama galleggiare a pelo d’acqua in posizione orizzontale. Questa posizione, che a volte lo fa confondere con lo squalo, gli permette di liberarsi dai parassiti che ricoprono la sua pelle. Quest’ultimi, infatti, vengono mangiati dagli uccelli. Nella dieta del pesce luna compaiono le meduse, piccoli pesci e il plancton.



    Quando il pesce luna nuota in prossimità della superficie, visto da una barca, può esser confuso con uno squalo, dato che se ne vede soltanto una pinna.... spesso risale alla superficie del mare dove fa galleggiare il corpo in posizione orizzontale. Pare che sia questa una maniera di liberarsi dei parassiti, che in questo modo possono venire mangiati dagli uccelli.





    Si sentiva bene, pervaso da quel senso di libertà e di sicurezza che provava sempre durante le immersioni. Era da solo nell’azzurro silenzio percorso da lame di luce solare che danzavano nell’acqua. L’unico suono era quello del suo respiro, un ansito sordo quando inspirava, e il ribollire morbido di bollicine quando espirava. Trattenne il fiato e il silenzio fu completo.
    Peter Benchley, 1974


    .....una leggenda.....



    Era Inverno. Su quel fiume dalle acque torbide il gran vociare di gente in festa si udiva anche da molto lontano…Una Sirena dai capelli fluenti si aggirava tra i tavoli del banchetto cercando cibo di suo gradimento. Ogni movimento, nella calca delle persone, destava in Lei una sensazione di soffocamento. Lei amava spazi liberi e silenziosi, tutti i giorni aveva a che fare con il linguaggio dell’uomo… parole, parole, parole, troppe volte con poco senso!!
    Sentì la necessità di un poco d’aria fresca, uscì e si appoggiò alla ringhiera che delimitava il fiume.
    Sazia oramai di quel nutrimento così formale, con un gesto inconsapevole versò quel che rimaneva nel suo piatto nelle calme acque di quel pigro alveo. "Certo che voi lassù ve la passate bene…!!" Una voce roca e quasi seccata ."Chi sei? Non riesco a vederti con tutte queste luci riflesse nell’acqua.."
    "Sono il Pesce Luna, grazie per rendermi partecipe al banchetto…"
    Con sorpresa e stupore la Sirena cercò il viso del suo interlocutore, tra i mille lampioni che si specchiavano sulla superficie.
    "Io conosco bene i pesci della tua razza… ma tu cosa ci fai in un posto come questo? Ti sei perso?"
    Fu così che si conobbero. Nel periodo successivo ogni qual volta volevano comunicare, lasciavano dei messaggi al Vento e lui li recapitava con estrema devozione..
    La Sirena, oramai sfinita dall’estenuante lavoro quotidiano, decise di prendersi un periodo di vacanza ed attraversare l’Oceano… lì avrebbe trovato acque limpide e calde per nuotare, cibo ottimo per saziare i desideri di uno stomaco oramai troppo civilizzato.
    Il Pesce Luna rimase in attesa del rientro della nuova amica, desideroso di conoscere tutto dei luoghi da Lei visitati. Tante volte aveva sentito parlare di quei lidi meravigliosi, di quel mare, dei suoi abitanti così allegri e colorati…
    Il Pesce era oramai stufo di tutta quella melma, del sudicio di quei flutti. Non ce la faceva più… Anche Lui ogni tanto in compagnia d’amici, raggiungeva la foce del fiume e scappava in mare per qualche giorno, ma avrebbe desiderato rimanere ove le profondità danno emozioni forti…invece per il quieto vivere si ritrovava nel porto di questa o quell’isola… ove le comodità sono vicine, ma la tranquillità è cosa rara!!
    Quando la Sirena tornò aveva un sacco di cose magnifiche da raccontare… aveva portato con sé molte immagini dei luoghi visitati. Non per fare invidia agli amici… ma per rivivere ogni tanto le emozioni provate, sentire ancora le onde del mare che si frangono sui lidi di sabbia bianchissima!!
    Sfogliando le fotografie, in un Inverno umido, sentiva il calore del Sole sulla pelle..il vento tra i capelli…il sapore tra le labbra di una bevanda preparata per festeggiare il Tramonto….
    Decisero di incontrarsi una sera… in fondo non si erano mai visti di persona, si conoscevano soltanto per brevi messaggi o chiamate frugali!!
    Cosa meglio di un banchetto con pesce crudo??!!
    Ci fu l’appuntamento, ed il pacato Pesce Luna rimase sorpreso dallo splendore della sua amica Sirena
    Parlarono dell’amore per il Mare, delle barche che, sospinte dal Vento, ne fendono dolcemente le onde… la pace di una notte in rada, cullati come bimbi, attendendo l’alba…





    C’è un mare poco conosciuto,
    che racconta storie fuori dal comune.
    Storie di delfini che si spiaggiano, di avvistamenti
    eccezionali, di tartarughe ferite, di incontri inattesi,
    di squali, pesci luna e megattere.
    È un Adriatico meno noto, insospettato, teatro di incontri
    fra uomini animati da una passione e inconsueti animali marini.
    È un mare che non ti aspetti.





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