UCCELLI E VOLATILI

..volatili domestici .. e del mondo

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  1. gheagabry
     
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    Per un millennio hanno scritto con la penna d'oca: le oche hanno difuso la cultura.
    (Valeriu Butulescu)


    OCA CANADESE



    L'oca canadese, tipica di tutti i paesaggi nordici settentrionali è una specie di uccelli migratori tipica del Canada, dove è nidificante, svernante negli Stati Uniti ma si diffusa anche in Siberia, Cina e Giappone. È stata introdotta in Europa in particolare in Gran Bretagna nel XVII secolo, ma si è diffusa in Scandinavia ed è stata avvistata in molti altri paesi europei. Nel XX secolo è stata introdotta anche in Nuova Zelanda ma ha portato problemi con la fauna autoctona.
    Vive in prossimità di laghi, fiumi, canali, ama gli spazi aperti della tundra artica, durante l'inverno sverna verso sud; alcune popolazioni si sono adattate a vivere anche in habitat artificiali, frutto delle modifiche dell'uomo, come terreni agricoli, prati di golf, aeroporti e corsi d'acqua in zone urbane.

    Le oche del Canada sono monogame, le coppie si formano durante l'inverno e possono rimanere insieme per più di un anno, a volte rimangono insieme per tutta la vita.
    I maschi combattono fra di loro sbattendo le ali ed utilizzando il becco per la conquista delle femmine, il vincitore si avvicina alla femmina con la sua testa giù ed il collo ondeggiante. Solitamente la femmina depone 5 uova, anche se può variare da 2 a 9 uova, il periodo di incubazione dura 23 - 30 giorni.
    Le femmine covano le uova, scelgono l'ubicazione del nido, in un posto isolato ma con buona visibilità per vedere eventuali pericoli, di solito in paludi o rive con acqua e cibo nelle immediate vicinanze, provvedono a costruirlo senza l'aiuto dei maschi, ai quali spetterà invece il compito di difendere il territorio, il nido e le uova dagli intrusi, quali altre oche. I nidi sono molto semplici e vengono costruiti rapidamente utilizzando erbacce, ramoscelli, erba, muschio e aghi di conifera. Dopo la schiusa delle uova, la famiglia (composta dalla prole e dai genitori) lascia il nido e comincia a spostarsi insieme al riparo per la ricerca del cibo. Sia i maschi che le femmine sfamano ed accudiscono la loro prole. La crescita dura mediamente 73 giorni, poi le giovani oche saranno in grado di volare e badare a se stesse.



    L'onnipresente oca del Canada è uno degli uccelli più conosciuti in Nord America. Si trova in qualunque stagione dell’anno in tutti gli Stati Uniti e nella provincia canadese. Le oche del Canada si adattano a molti habitat e possono prosperare ovunque siano presenti erbe, granaglie o bacche. A causa dei cambiamenti climatici molte oche del Canada (non “canadesi”) hanno cominciato a modificare le proprie migrazioni. Secondo le loro abitudini tipiche, gli uccelli passavano l’estate in Nord America e volavano a sud quando arrivava il freddo. Questo ciclo ancora perdura, ma alcune popolazioni settentrionali hanno abbreviato il loro volo ai territori degli Stati Uniti o del Messico, dove un tempo andavano tradizionalmente a svernare.
    Quando gli uccelli migrano, volano in aerodinamiche "formazioni a V". Possono percorrere, con vento favorevole, 2.400 kilometri in sole 24 ore, ma generalmente viaggiano a una velocità più moderata. Questi gruppi rumorosi si fanno strada starnazzando lungo itinerari fissi che comprendono anche soste per il riposo. Sono uccelli socievoli che rimangono in stormo tutto l’anno, tranne quando nidificano.
    (National Geographic)



    "....oche delle nevi, grandi stormi di grandi uccelli pronti a partire per il viaggio consueto, quello di cui l'uomo studia da sempre le mosse, senza del tutto capire il percome e il perché: la migrazione. Gli uccelli migratori ci propongono sconcertanti problemi di navigazione. Come fanno a ricavare informazioni sulla loro lontana meta dal cielo e dai paesaggi sempre diversi che si snodano sotto di loro? Il dilemma è adatto alla biofisica, ma fino a che punto i principi fisici hanno permesso di conoscere i problemi della biologia? Non per tutto si è trovata risposta, ma la logica dell'etologo è quelle di osservare, e le oche delle nevi sono state pioniere per questo: sono grandi, affascinanti. Per di più partono in grandi stormi durante il giorno anziché scegliere per migrare la notte, come tanti altri uccelli che difficilmente ci è dato osservare se non spiandoli nell'attimo in cui si stagliano contro la luna. Le oche sono animali evidenti, comprensibili. Adesso si sa, e molte ne sono le prove, che quando gli uccelli migratori partono non pensano ad altro che ad andare, ma è ancora curioso un vecchio aneddoto che, senza volerlo intenzionalmente studiare, lo dimostrò."
    (Caterina Gromis di Trana)





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  2. gheagabry
     
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    LA VECCHIA RONDINE


    SOTTO L’ANTICO BALCONE UN NIDO ASPETTAVA IL RITORNO DELLA RONDINE. TORNO’ SOLA QUELL’ANNO, IL SUO COMPAGNO ERA FINITO NELLE MAGLIE DELLA RETE, CHE L’UOMO AVEVA TESO. LO AVEVA VISTO DIBBATTERSI, POI SFINITO SI ERA ARRESO, LEI LO AVEVA VISTO, NASCOSTA TRA LE FOGLIE DEL GRANDE ALBERO. NON AVEVA POTUTO FAR NULLA ED ERA RIMASTA SOLA.
    ORA IL NIDO OSPITAVA SOLO LEI, NON AVEVA ACCETTATO UN ALTRO COMPAGNO. IL SUO NIDO ERA SILENZIOSO, NESSUN PIGOLIO, NESSUN MOVIMENTO. LA RONDINE SI SENTIVA TRISTE E STANCA E SOPRATUTTO INUTILE. USCIVA LA MATTINA PRESTO PER CERCARE UN PO DI CIBO E POI NON METTEVA PIU’ IL BECCO FUORI. QUELL’ANNO UNA GIOVANE COPPIA COSTRUI’ IL NIDO ACCANTO AL SUO. DOPO NACQUERO I RONDININI. SENTIVA IL LORO PIGOLIO, VEDEVA I GENITORI VOLARE VIA, IN CERCA DI VERMETTI, DI MOLLICHINE DA DARE AI PICCOLI. LEI SI SENTIVA SEMPRE PIU’ TRISTE. FRA I RONDINI, IL PIU’ PICCOLO, AVEVA QUALCHE DIFFICOLTA’. ERA PIU’ DEBOLE E I FRATELLI LO ALLONTANAVANO, POVERO CUCCIOLETTO, NON RIUSCIVA A MANGIARE TANTO. UN GIORNO CHE I FRATELLI ERANO PIU’ AFFAMATI DEL SOLITO, TANTO SI AGITARONO CHE LO FECERO CADERE DAL NIDO. IL RONDININO NON SAPEVA ANCORA VOLARE, RIMASE GIU’ E NON SAPEVA CHE FARE. C’ERA IL SOLE MA LUI SENTIVA FREDDO, SI MISE A PIGOLARE. LA VECCHIA RON-
    DINE ERA ANDATA A CERCARE CIBO E RIENTRANDO VIDE IL PICCOLINO. "COME MAI SEI FINITO QUA’ GIU’? " CHIESE. " I MIEI FRATELLI, SAI NON C’E’ TANTO POSTO E LORO SONO PIU’ FORTI"
    LA RONDINE LO GUARDO’ E DECISE CHE ERA VENUTO IL MOMENTO DI ESSERE UTILE A QUALCUNO. COL BECCO, MOLTO DELICATAMENTE, AFFERRO’ IL PICCOLINO PER UNA ALUCCIA E PIANO PIANO LO PORTO’ NEL SUO NIDO. LO SISTEMO’ E VOLO’ VIA, DOVEVA TROVARE QUALCOSA DA MANGIARE. TORNO’ CON DEI VERMETTI E LA PICCOLA RONDININA MANGIO’. LA RONDINE
    AVEVA UN BEL DA FARE, TUTTO IL GIORNO IN GIRO IN CERCA DI CIBO. LA SERA SI SENTIVA TANTO STANCA, MA ANCHE FELICE. LA RONDININA SI FECE BELLA, LE PIUME SPUNTARONO LUCIDE E BELLE. LA RONDINE CAPI’ CHE IL TEMPO ERA PASSATO E CHE IL MOMENTO TEMUTO STAVA ARRIVANDO. ERA ORMAI PRONTO PER INTRAPRENDERE IL CAMMINO DA SOLO. COSI’ LA GIOVANE RONDINE SALUTO’ LA MAMMA ADOTTIVA, LA RINGRAZIO’ E SPICCO’ IL VOLO. LA VIDE ANDARE IN ALTO, VOLTEGGIARE, TORNARE, FARE GIRI INTORNO E LA SENTIVA GARRIRE FELICE. LA GIOVANE RONDINE SALUTAVA LA VECCHIA E BUONA RONDINE. POI VOLO’ LONTA-
    NA E NON LA VIDE PIU’. ORMAI ERA IL TEMPO DELLA MIGRAZIONE, AVREBBE TROVATO UN COMPAGNO E AVREBBE CONTINUATO IL CAMMINO IN COMPAGNIA.
    LA VECCHIA RONDINE SI SENTIVA STANCA, ENTRO’ NEL NIDO . SI SENTIVA FELICE, ANCHE SE VECCHIA ERA RIUSCITA
    A FAR CRESCERE UNA RONDININA, ERA RIUSCITA A FARLA VOLARE. SI SENTIVA DAVVERO CONTENTA ERA STATA UTILE, AVEVA FATTO ANCORA QUALCOSA DI BELLO. CHE STANCHEZZA.
    APPOGGIO’ IL CAPO E SI COPRI’ CON L’ALA, COME SE NON VOLESSE ESSERE VISTA. SI ADDORMENTO’ E NON SI SVEGLIO’ PIU’. L’ALA NASCONDEVA UNA LACRIMA DI FELICITA’.
    (tina mannelli)




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  3. gheagabry
     
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    "Più in là, verso il cuore del giardino, si ode sempre più vicino il gorgoglìo dell'acqua. Sei giunto allo stagno delle anatre mandarine, che con le loro piume a vela e i loro piccoli remi gialli palmipedi, tagliano l'acqua come variopinte barchette..."


    ANATRA MANDARINA



    Tra le tante anatre domestiche, l’anatra mandarino si evidenzia, soprattutto nel maschio per il vivace piumaggio, per il becco rosso intenso, per il sopraocchio bianco che contrasta con le ricche piume color rame sopra e sotto l’occhio, che portandosi all’indietro formano un ciuffo verde metallico. Il petto è verde-blu, così come il dorso e le ali; queste ultime sono rivolte in modo caratteristico verso l’alto. Il ventre è bianchiccio e si distingue dalle zampe che sono color arancio.
    Il piumaggio della femmina è meno vivacemente colorato
    La lunghezza è circa 50 cm e l’apertura alare è di circa 70 cm.
    Abitudini:
    Questa specie è un’anatra ornamentale perfettamente adattata ai giardini. Predilige le zone ricche di vegetazione arbustive in prossimità di specchi e corsi d’acqua, dove nuota con estrema agilità, dimostrandosi alquanto impacciata nello spostamento a terra.
    La coppia rimane invariata per tutta la vita. Il loro legame è molto stretto, non solo durante il periodo riproduttivo, ma anche per mangiare e per bere.
    L’anatra mandarino è piuttosto attiva all’alba e al tramonto, mentre durante il giorno predilige pulirsi il piumaggio in acqua. Il nido è costruito in un posto tranquillo ed appartato. Qui la femmina depone da 9 a 12 uova, che sono covate per circa un mese.
    Questo uccello non è molto esigente per alimentarsi, e mangia tutto ciò che trova molluschi, lumache, pesciolini, bacche,…
    In Cina l’anatra mandarino è considerata un simbolo di fedeltà e, per questo motivo, è regalata come dono di nozze.




    "Da anni nuotano nello stagno del giardino queste anatre.E ogni anno con la loro muta mi estasiano nuovamente. E' in questo periodo autunnale che si vestono del loro abito migliore e iniziano le loro danze d'amore nell'acqua e le femmine rispondono disegnando cerchi con il capo abassato a sfiorare l'acqua.
    E a guardarle le si legge la loro fierezza!Si gonfiano e sfilano tra le ninfee.
    I colori dei maschi sono perfetti, ben delineati nei segni del piumaggio e delicatamente sfumati entro le parti delimitate.Le vele che spuntano da sotto le ali sono superbe!
    Quando vidi un documentario sulla loro vita e riproduzione in natura nelle immense foreste russe e cinesi, restai meravigliato.Incredibile è l'avventura che compie nei primi 2 giorni di vita l'anatroccolo di questa specie.
    A due giorni dalla nascita prova il brivido che in media gli umani non fanno che in una vita.Vola, corre, nuota!tutto in un sol giorno!Sì perchè mamma anatra, pur essendo un uccello acquatico che vive al novanta per cento della vita in acqua, non fa il nido tra le canne palustri...troppo facile per i predatori!Così si avventura nella foresta in volo e trova da nidificare in qualche cavità di un vecchio albero a 10-15 metri dal suolo.Dopo un mese di cova nascono i piccoli.Ma come faranno gli anatroccoli senza piume a scendere dal nido in cima all'albero?Mamma anatra si lancia al suolo in volo.E i piccoli, uno dietro l'altro come preparati paracadutisti, giù, a seguirla!Agiteranno inutilmente le loro minute e buffe alette senza piume, e rimbalzeranno leggeri al suolo cadendo con il piumino del petto su un soffice materasso di foglie secche! E ora via dietro a mamma, correndo per oltre un chilometro verso l'acqua!"
    (Michele, dal web)




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  4. gheagabry
     
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    "..- è una voliera - una voliera? - Sì - E a cosa serve?
    Hervè Joncour teneva fissi gli occhi su quei disegni
    - tu la riempi di uccelli, più che puoi,
    poi un giorno che ti succede qualcosa di felice la spalanchi, e li guardi volare via."
    (Alessandro Baricco)


    l' OTARDA



    Dal francese outarde, che risale al latino avis tarda, cioè uccello lento. Si tratta di un Gruiforme appartenente alla famiglia Otididi, che a prima vista rammenta grossi Galliformi, per esempio le tacchine, anche se in realtà è un Gruiforme abitatore delle steppe.
    Otarda è il nome volgare di 23 specie di uccelli presenti in Europa, Africa, Asia e Australia. Le otarde sono massicce, hanno collo lungo, becco forte e lunghe zampe potenti, prive del dito posteriore.
    Il piumaggio varia dal marrone al grigio, spesso con macchie o barre più scure. Una grande tasca boccale si apre sotto la lingua e si estende anteriormente sul collo; essa può essere gonfiata d'aria e venire così esibita durante il corteggiamento. La femmina depone da uno a cinque uova e accudisce la prole da sola. Le otarde sono uccelli onnivori.
    L'otarda comune (Otis tarda) è uno dei più grandi uccelli atti al volo con un'apertura alare di 2,4 m e arriva a pesare fino a 18 kg. Un tempo il suo areale copriva una vasta parte dell'Europa, ma l'eccessiva pressione venatoria ne ha fatto un uccello raro. Volatore lento ma potente, di fronte al pericolo preferisce correre.
    La gallina prataiola (Otis o Tetrax tetrax) vive sulle coste del mar Mediterraneo. Il maschio presenta sul collo un vistoso disegno bianco e nero. Altre specie sono l'otarda di Kori (Ardeotis – o Choriotis – kori), dell'Africa meridionale, come pure gli ubaropsidi (Houbaropsis) e i sifeotidi (Sypheotides) dell'India.




    E’ il più grande tra tutti gli uccelli terrestri europei e uno tra i più grandi volatili del mondo. La femmina è molto più minuta del maschio. Supera raramente i cinque chilogrammi, mentre il maschio raggiunge gli 11 o i 12 Kg e talvolta arriva persino ai 18. Le zampe e il collo sono lunghi. Il piumaggio è rossastro, striato di nero sul dorso, beige sul petto e bianco sul ventre. Durante il periodo della riproduzione, il maschio porta ai lati della testa lunghi “baffi” bianchi. La femmina, invece, è priva di questo ornamento e il suo piumaggio risulta più tenue.
    L’otarda si riproduce nei terreni erbosi, nelle steppe, nei campi di cereali del centro e delle zone orientali dell’Europa, in Africa del nord e nell’Asia occidentale e centrale. Nell’Europa occidentale nidifica soltanto nella penisola iberica. Probabilmente un tempo la specie era diffusa su tutto il continente, oggi, il suo habitat è discontinuo. Una caccia accanita sta decimando questo animale, solo severe misure adottate recentemente l’hanno salvata da una probabile estinzione soprattutto in Repubblica Ceca e Slovacca ma anche in Germania. Anche nelle steppe siberiane l’otarda è meno numerosa;in Italia è di passo irregolare e piuttosto rara.
    Le migrazioni dell’otarda sono molto irregolari, tanto che la si può considerare una specie stanziale. I rari migratori vanno a svernare nel bacino del mediterraneo e nell’Asia meridionale.
    E’ un uccello gregario e vive in piccoli gruppi composti da una ventina di individui. Un tempo la specie, molto più numerosa, formava gruppi anche di un centinaio di esemplari. L’otarda è un animale estremamente diffidente e presta grande attenzione ai più lievi mutamenti che avvengono nei luoghi dove si reca per cercare il cibo. L’otarda cammina a passi lenti e misurati, che le conferiscono un aspetto maestoso, in caso di necessità corre veloce come un cane da caccia. Prima di alzarsi in volo prende una breve rincorsa per qualche metro con le ali aperte, poi si alza lentamente senza sforzo con un battito d’ali regolare. Non sale molto in alto, ma vola così veloce che si allontana presto dal pericolo. Vola con il collo proteso, le zampe orizzontali e il corpo incurvato. Questa posizione permette di riconoscere l’otarda anche a distanza.


    I maschi di otarda ubara, specie che vive nel Nord Africa, per riuscire a conquistare la femmina hanno un metodo molto particolare, caratterizzato da lunghe esibizioni che si protraggono anche per sei mesi all’anno. Alcuni di loro però si danno da fare per ore e ore, ogni giorno, mentre i maschi più timidi si rassegnano distraendo gli altri pretendenti.
    Il maschio inizia la sua esibizione pavoneggiandosi per un po’ e poi sfoggia la sua appariscente cresta di piume erettili, bianche e nere. Ma è solo l’inizio: il bello arriva quando il maschio inizia a correre su e giù, in maniera del tutto casuale e convulsa, magari attorno a un masso o a un cespuglio. Questa danza rituale è accompagnata da particolari richiami, così profondi da essere difficilmente percepiti da un orecchio umano. Alla fine saranno proprio i maschi più vigorosi, che corrono senza sosta, a conquistare le femmine.
    maschi di otarda ubara che più si impegnano nel corteggiamento in gioventù sono avvantaggiati rispetto ai loro colleghi più pigri: possono contare infatti su un’ottima qualità di sperma. Ma alla fine, dopo tutte le energie spese nei rituali d’accoppiamento, ad averne la peggio, è proprio la loro produzione di spermatozoi, che risulta più povera rispetto a quella dei rivali più timidi.
    “Vivere, in natura, è difficile, così alla fine si deve trovare il giusto compromesso tra i benefici immediati che un certo comportamento può portare e il prezzo da pagare in futuro”, spiega Gabriele Sorci, biologo dell’evoluzione all’Università della Borgogna e coautore di una ricerca sul tema.
    Ma, poiché nella difficile lotta per la sopravvivenza la probabilità di morire giovani è molto alta, la strategia adottata dai maschi più esibizionisti si rivela paradossalmente più conveniente: “ottenere subito dei vantaggi e pagarne il costo più tardi è la tattica migliore”.
    (Christine Dell'Amore, National geographic)





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    Lo struzzo

    Secondo una famosa credenza popolare lo struzzo mette la testa sotto la sabbia per “nascondersi” quando vede un pericolo.
    Un comportamento considerato un po’ “stupido”, come se lo struzzo pensasse che non voler vedere un pericolo equivale ad evitarlo.
    In realtà lo struzzo non nasconde la testa sotto la sabbia, ma fa una cosa un po’ diversa. In caso di pericolo, ad esempio se avvista un predatore abbassa la testa a livello del terreno, così da sembrare da lontano una roccia o un cespuglio (infatti l’ambiente dove vive non ha molti nascondigli naturali). Poi se questo stratagemma non serve lo struzzo può sempre cercare di fuggire, infatti è un veloce corridore.




    La poiana di Harris

    Questi uccelli possono essere addestrati dall’ uomo per svolgere vari compiti. Uno dei più curiosi riguarda il fare da spaventapasseri. Come sappiamo gli uccelli sono animali intelligenti e dopo un po’ accorgono che gli spaventapasseri tradizionali non sono in realtà pericolosi. Allora un metodo alternativo per proteggerei campi dai danni degli uccelli consiste nel far volare le poiane di Harris su un campo, così scoraggiare a tornare gli uccelli dannosi per le coltivazioni.



    Il picchio

    I picchi colpiscono il legno con la testa alla velocità di 20 beccate al secondo; viene, dunque, naturale pensare che avrebbero bisogno di teste fatte d’acciaio per sopravvivere. E invece la verità è che le teste dei picchi sono relativamente morbide. Questi uccelli nascono con una massa soffice e simile a una spugna dietro al becco che ha la funzione di assorbire lo shock creato dal continuo beccare.



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  6. gheagabry
     
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    Il TODO della Giamaica



    Il todo della Giamaica (Todus todus, Linnaeus 1758) è un piccolo uccello della famiglia dei Todidae dell'ordine dei Coraciiformes.
    Frequenta i corsi d’acqua ai margini delle foreste tropicali sempreverdi, le pianure asciutte e le regioni costiere con vegetazione bassa e abbondante. È un piccolo uccello multicolore, ritenuto il più bello tra i rappresentanti della sua famiglia. Il piumaggio è prevalentemente verde nelle parti dorsali e bianco screziato su petto e ventre; sulla gola si nota una macchia rossa di colore rosso vivo. Il todo di Cuba si nutre di insetti, ragni, larve e piccole lucertole, raramente anche di frutti. Vive in coppie nelle vicinanze di argini di sabbia o argilla, nei quali costruisce il nido: una camera situata alla fine di un tunnel lungo una trentina di centimetri, con una curva ad angolo retto subito dopo l’ingresso.



    " Bluefulds coperta da impenetrabili pruneti e che sorge circa 3000 piedi sul livello del mare. L'abito lucido color verde erba e la gola rosso velluto attraggono ben tosto l'attenzione del cacciatore, che lascia accostare per una certa innata apatia anziché per eccessiva fiducia. Fugato si arresta su qualche ramo a brevissima distanza. Più volte ci venne fatto di prenderlo colla rete destinata agli insetti o di abbatterlo con un colpo di bacchetta;
    non è raro anzi il caso che i ragazzi lo piglino colle mani. Questa rara bonarietà lo ha reso noto e amato universalmente e gli ha procacciato moltissimi soprannomi scherzevoli. Non mi accadde mai di vederlo sul terreno. Saltella fra i rami e le foglie cercandovi piccoli insetti e mandando di quando in quando il richiamo posato su un ramo colla testa piegata all'indietro, il becco volta all'insù, le piume irte, sicché appare più grosso assai di quello che è realmente, ed assume aspetto straordinariamente goffo
    Questa è un'apparenza più che una realtà, giacché, se ben
    osserviamo, gli occhietti lucidissimi sono in continuo movimento e spiano in ogni senso; di quando in quando spicca un breve volo per ghermire qualche preda colla quale torna al suo posto. Non possiede la lena d'inseguire gli insetti a lungo, ma attende che gli si avvicinino ed allora li becca senza fallo.
    Non li vedi mai cibarsi di sostanze vegetali, osservai però spesso nel ventriglio piccole sementi miste a coleotteri e imenotteri. Un individuo da me allevato in gabbia beccava avidamente i vermi, che poi sbatteva contro il posatoio per dividerli e meglio inghiottirli; un altro che presi colla reticella e lasciai libero per la camera, si diede tosto a dare la caccia alle mosche e ad altri piccoli insetti, occupandovisi da mattina a sera con molto ardore e successo.
    Partendo ora dal tavolino, ora dalle incorniciature, ora dalle liste di tela appositamente distese attraverso la stanza, lo sbattere del becco mi annunciava ben presto il buon esito della
    spedizione, dalla quale tosto faceva ritorno al punto d'onde era partito.



    Guardava in tutti gli angoli più riposti nell'intento di sor prendere i piccoli ragni, ne faceva ricerca anche sulle pareti, sotto la tavola o sul soffitto, ed era ben raro che tornasse a bocca asciutta. Secondo il mio computo non passava minuto senza che facesse qualche preda, ed è facile quindi immaginare quanto fosse grande il numero degli insetti che distruggeva.
    Nella stanza eravi un bacino pieno d'acqua, sugli orli del quale amava talvolta posarsi; tuttavia non lo vidi mai bere, e, sebben vi tuffasse ad intervalli il becco, pure non beveva. Si consacrava con tale ardore a queste occupazioni che la mia presenza non lo disturbava punto, ed anzi veniva frequentemente a posarsi sulla mia testa o sulla spalla e si lasciava prendere, quantunque non senza qualche sdegno e qualche tentativo per liberarsi. Pareva amasse la compagnia, ed io fui molto dolente quando un caso impreveduto lo tolse di vita.
    Nella Giamaica non si ha il costume di allevare uccelli, altrimenti sarebbe questo da lunga pezza il prediletto. Sa cattivarsi l'attenzione dell'uomo anche il più indifferente; gli Europei non si saziano di ammirarlo. Finché sta posato fra le foglie è difficile discernerlo, ma dà subito nell'occhio quando si gonfia".
    (Alamanno Capecchi)



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  7. gheagabry
     
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    Piu' e' grande lo stormo, piu' furbo e' il pennuto.
    L'unione fa la forza anche tra gli uccelli, risolvono più facilmente i problemi. L'unione fa la forza anche tra gli uccelli: più lo stormo è numeroso, più aumentano le capacità dei volatili di affrontare le situazioni e di risolvere problemi. Lo dimostra per la prima volta uno studio condotto su quasi duecento uccelli selvatici dagli zoologi dell'università britannica di Oxford, i cui risultati sono pubblicati sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze, Pnas. I ricercatori Julie Morand-Ferron e John L. Quinn hanno osservato il comportamento di alcuni stormi formati da 148 cinciallegre e 49 cinciarelle direttamente nel loro habitat naturale, la campagna inglese. In particolare, li hanno messi alla prova mettendo dei semi di girasole dentro a sei piccoli distributori automatici, per vedere quanto tempo avrebbero impiegato per comprendere il loro funzionamento. E' così emerso che più è numeroso lo stormo, più aumenta l'efficienza nel prelevare i semi dai distributori e persino il numero di semi ottenuti in media dai singoli volatili. Un grande vantaggio è rappresentato anche dall'avere nello stormo un uccello che ha già compreso il funzionamento del meccanismo, cosa più probabile nei gruppi più numerosi. Le performance, inoltre, risultano ancora migliori quando i distributori sono posizionati in zone tranquille e coperte dagli alberi, forse perché ciò riduce anche la percezione del rischio di essere disturbati o, peggio ancora, predati. Il segreto della vita di gruppo, secondo gli autori della ricerca, starebbe proprio nella possibilità di unire le competenze e le diverse abilità dei singoli individui. Grazie a questa cooperazione, gli stormi più numerosi possono sfruttare nuove risorse di cibo, aumentando le probabilità di sopravvivenza.



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  8. gheagabry
     
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    BECCO a SCARPA

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    [color=green][size=7]<i>Il suo aspetto potrebbe far pensare a un uccello preistorico, in realtà il becco a scarpa (Balaeniceps Rex) è un curioso uccello acquatico che vive nella regione paludosa del Nilo Bianco, tratto del Nilo che attraversa il Sudan, nella zona del Lago Vittoria in Uganda e nelle praterie del Ruanda...Il becco a scarpa, che secondo la più recente classificazione non è più inserito nell’ordine dei Ciconiformi, ma in un ordine a parte, è presente nelle regioni tropicali dell’Africa orientale, dove predilige paludi e aree acquitrinose ricoperte di fitta vegetazione. Alto oltre un metro, ha lunghe zampe da cicogna, che terminano con dita assai sviluppate e dotate di unghie robuste. Il piumaggio è grigio-brunastro, con ali, zampe e coda più scure; sul capo si nota un piccolo ciuffo di penne. Caratteristica di questo uccello è l’enorme becco giallastro simile a un grosso zoccolo: lungo 20 centimetri, presenta nella parte superiore una sorta di cresta cornea terminante con un uncino, che trova alloggio in una corrispondente fessura del ramo inferiore del becco. Le ali raggiungono un’apertura di 1,8-2,2 metri. Animale non gregario e in genere non migratore, il becco a scarpa è solito vivere al livello del terreno; solo se spaventato si alza in volo, ad ali tese e con il collo arretrato, per raggiungere i rami più alti di grossi alberi. Di abitudini notturne, è solito pescare camminando lentamente nell’acqua bassa, dove la vegetazione cresce fitta, con il becco rivolto all’ingiù in posizione verticale. Si ciba prevalentemente di prototteri, ma non disdegna molluschi, crostacei, rane, minuscole tartarughe e persino piccoli coccodrilli. Depone 1-3 uova in un avvallamento del terreno ricoperto di vegetali; l’incubazione, alla quale provvedono entrambi i genitori, dura 30 giorni.

    Edited by gheagabry1 - 16/2/2020, 12:56
     
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  9. gheagabry
     
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    La SGARZA CIUFFETTO

    Dal piumaggio bruno dorato, la Sgarza ciuffetto rappresenta una delle specie più eleganti della famiglia degli aironi. Tipico è appunto il ciuffo, piuttosto somigliante a una cresta, che campeggia sul capo dando alla specie un aspetto saggio, quasi si trattasse di lunghi capelli bianchi. Evidente anche il becco, bluastro e nero sulla punta, mentre la coda e il ventre presentano sfumature più chiare, sempre sulle tonalità del bruno-dorato e del rossiccio. Se importante è il ciuffo, anche il piumaggio risulta particolarmente ampio ed abbondante, e vale la pena di ricordare come le penne della Sgarza ciuffetto fossero un tempo oggetto – prima che la legislazione vietasse la caccia alla specie – di un fiorente commercio a scopi ornamentali.
    La Sgarza ciuffetto è diffusa prevalentemente nell’Europa meridionale. In Italia è nidificante e migratrice, mentre più raramente la nostra penisola viene scelta dalle popolazioni quale area di svernamento. Come altre specie di aironi, la Sgarza ciuffetto è diffusa prevalentemente nel nord Italia, e principalmente lungo il corso del Po e nelle lagune dell’Alto Adriatico. Più localizzata la sua presenza altrove, pur con piccole colonie in Italia centrale, in Puglia e nelle isole.


    ar05sgarza_ciuffetto


    Per nutrirsi, la specie frequenta in abbondanza anche le risaie, preferendo in ogni caso quelle aree a vegetazione più densa e acqua più bassa. Anche il nido viene di solito costruito dalla Sgarza ciuffetto ben al riparo dalla vegetazione, tipicamente arbusteti o boschetti densi, tra i 2 e 20 m dal suolo. Dalle abitudini crepuscolari, durante il giorno la Sgarza ciuffetto ama starsene rintanata nel fitto della vegetazione, rendendosi spesso completamente invisibile...A dare il nome alla specie è la lunga cresta argentata, che dal capo scende fino al collo.[/color]
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    Il KAKAPO



    Shane McInnes via The World's Rarest Birds



    Il suo nome scientifico deriva dal Greco, ed è una combinazione tra Strigos e Oops (gufo e viso) ed habros e ptylon (morbido e piuma). Appartenente all’Ordine degli Psittaciformi ed alla famiglia degli Psittacidi , il genere Strigops ha un’unica specie lo Strigops habroptilus (sottofamiglia Strigopinae) - (G. R. Gray 1845).

    Il Kakapo è un pappagallo dalle abitudini notturne endemico della Nuova Zelanda. Come negli Strigidi (da cui prende il nome), il Kakapo ha un disco facciale di piume che convogliano all’orecchio esterno, di dimensioni molto grandi, i suoni che esso riesce agevolmente a cogliere. Di corporatura molto pesante e massiccia esso è l’unico della sua famiglia a non essere atto al volo. Il suo piumaggio è estremamente mimetico; la colorazione delle sue piume è verde brillante nella parte superiore, tra il marrone e il giallo con barrature nere nelle remiganti; la parte inferiore del piumaggio presenta oltre al giallo/verdastro più chiaro delle strisce color mattone scuro. Non presenta dimorfismo sessuale evidente, la femmina è comunque più piccola del maschio (che è più grosso di circa il 20/25%) e vi sono leggere differenze nel becco che si presenta meno grosso e spesso. La mandibola del Kakapo, rappresenta un ottimo strumento per sminuzzare la folta vegetazione del sottobosco che rappresenta in prevalenza il suo habitat ideale.
    (dal web)

    Il richiamo del Kakapo è stato descritto come un misto tra un forte gracidio e lo stridìo acuto di un maiale; la gamma di frequenze che esso riesce ad emettere soprattutto nella stagione degli amori è molto vasta; si dice che riesca addirittura ad emettere, utilizzando come cassa di risonanza una rudimentale sacca aerea nel torace (questi animali non hanno sacche aeree nelle ossa come i loro cugini), dei veri e propri boati che possono essere uditi dalla femmina a chilometri di distanza, questi “concerti” possono durare anche otto ore consecutive.

    In genere essi cercano riparo tra le foglie degli alberi fitti e bassi delle foreste, nelle fessure ricavate dalle rocce o in tane scavate tra i rizomi dei grossi alberi. Poiché spesso il Kakapo occupa queste tane coperte da muschi e licheni, è molto difficile scorgerlo a causa del suo piumaggio che simula perfettamente l'ambiente circostante. Agilissimo pedinatore ed abile arrampicatore per via dei poderosi artigli, egli sopperisce alla mancanza della capacità di volo in tal modo; può arrampicarsi anche su alberi di venti metri d’altezza.
    Può in ogni modo, compiere delle planate, che effettua saltando dai rami o dalle rocce. Sono inoltre abili a mascherare le tracce dei loro pedinamenti, ripercorrendo la stessa strada percorsa all’andata. Tipico uccello solitario, i maschi nella stagione riproduttiva possono costituire piccole colonie di alcuni individui.



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    Il KAGU


    Il Kagu, (rhynochetus jubatus) è un uccello di colore bianco sporco, dalle lunghe zampe, unico rappresentante della famiglia rhynochetidae.
    Questo uccello vive nelle foreste della Nuova Caledonia ed è pressochè inabile al volo.
    Il Kagu rischia l'estinzione a causa dell'introduzione nel suo habitat di gatti e ratti. Infatti, il Kagu costruisce sul terreno il suo nido dove depone un solo uovo!
    Possiede una sorta di cresta utilizzata per comunicare con gli altri membri della specie.
    Le zampe e il becco sono di un rosse accceso, gli occhi di grandi dimensioni e rivolti verso l'esterno e gli permettono di individuare facilmente le prede tra il fogliame e di muoversi al buio. Caratteristica della specie, non riscontrabili in nessun altro uccello, sono delle piccole corna, vicine alle narici. Il kagu è in grado di emettere una grande varietà di suoni, con canti, soprattutto di mattina, che possono durare sino a 15 minuti.


    Homo faber fortunae suae.
    L'uomo è artefice del proprio destino


    L’intervento massiccio sugli habitat. La bonifica di paludi, il disboscamento a fini di lucro, l’inquinamento, la coltura razionalizzata e selettiva, l’introduzione di specie alloctone, la caccia, la cattura per il commercio di animali selvatici. I valori concatenati a questi fattori ad esempio l’inquinamento, fa si che il riscaldamento della Terra determinerà a breve la sparizione totale di moltissime specie di animali e piante. Mentre nel corso delle ere tali fenomeni erano imputabili alla Natura stessa, oggi è l’uomo prevalentemente a minacciare fortemente questo delicato equilibrio.
    L’uomo a propria giustificazione ha da sempre sostenuto che la scomparsa di molte specie è stato un fenomeno naturale; ma per quanto consta in coscienza, ciò poteva valere per i dinosauri estinti 65 milioni d’anni fa. Alla luce di quanto sopra specificato, oggi non esistono giustificazioni in merito. Il declino come detto è in rapido accrescimento; si è stimato che in base all’andamento odierno 35.000 specie di piante e 5.000 specie animali stiano andando incontro alla sparizione totale dalla faccia della Terra. I dati sono veramente allarmanti: negli ultimi quattro secoli sono scomparse ben 500 specie animali, di cui oltre 150 di uccelli.
    Circa 700 invece sono le specie vegetali e tutto questo inconfutabilmente a causa dell’uomo.
    Questo processo purtroppo irreversibile, costituisce una minaccia alla nostra stessa sopravvivenza prescindendo in parte il fattore etico della questione.
    (dal web)


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    I mangiatori di miele....i MELIFAGI


    I melifagi (letteralmente “mangiatori di miele”) sono Passeriformi di media taglia che vivono – con rare eccezioni – in Australia e nelle isole dei mari del Sud. Appartengono a numerosi generi, primo tra tutti Meliphaga, e si nutrono principalmente, anche se non esclusivamente, di nettare dei fiori. Le specie di Meliphaga indossano in genere una veste dalle tinte dimesse. Alcune hanno l’abitudine di strappare ciuffetti di pelo ai bovini e ad alcuni marsupiali per imbottire il nido, che costruiscono su cespugli o alberi, talora su rami sporgenti verso specchi d’acqua. Caratteristica della specie è la forma della lingua, che all’estremità appare divisa e sfrangiata come un pennello, in relazione all’abitudine di questi uccelli di suggere nettare e succhi vegetali, insieme a occasionali insetti che si trovano nelle corolle. Le abitudini alimentari ne fanno importanti uccelli impollinatori. Meliphaga lewinii ha piumaggio grigio-verdastro, con una macchia giallastra a forma di mezzaluna nell’area delle orecchie; il becco è nero. Il suo richiamo “a mitraglia” può essere udito a grande distanza. Tra le altre specie si ricordano Meliphaga leucotis e Meliphaga flavirictus. Alla stessa famiglia appartiene il mangiamiele faccia azzurra (Entomyzon cyanotis), presente sulle coste nordorientali dell’Australia e della Nuova Guinea. Ha piumaggio verde oliva su dorso e ali, bianco sul ventre, nerastro su capo e coda; suo tratto distintivo sono le macchie azzurre intorno agli occhi.

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    La REGINETTA AZZURRA



    La Reginetta azzurra, forse meglio conosciuta sotto il nome di Guit guit sai, appartiene, per quanto al profano possa apparire strano, alla famiglia degli Emberizidi ed è quindi un cugino, sia pure in senso lato e molto alla lontana, dei nostri zigoli, così come alla stessa famiglia appartengono i Tiardini, i Geospizini, i Cardinalini, i Traupidi, i Tersinini, i Catamblirinchi ed infinee i Dacnidini, della tribù dei quali fa parte appunto il Guit guit, almeno secondo il più recente schema di classificazione degli Uccelli, seguito dallo Grzimek e dai suoi collaboratori.

    Come tutti i congeneri, Guit guit ha lingua particolarmente adatta a suggere il nettare dei fiori che ne costituisce l'alimento base, modificata e trasformata in un sottile organo tubolare protrattile che (Weymont e altri, 1966) si riempie per capillarità.
    E' sfrangiata e forma all'estremità una sorta di spazzola. L'aspirazione del nettare ..è probabilmente favorita dalla compressione prodotta dai movimenti della gola. La forma esterna del Guit guit, come osserva esattamente il Moltoni, ricorda quella del nostro Picchio muraiolo (Tichodroma muraria) dal glaole per altro subito si distingue per la ben diversa colorazione e per le minori dimensioni.
    Lungo circa 13 cm., ha becco nero, sottile, snello e piegato all'ingiù, lungo circa 2 cm, i®curvato in punta ad uncino, di cui si serve a vite per forare alla base i calici dei fiori, ai quali sugge il nettare ed in cui ricerca pi~ insetti che vi si annidano. La colorazione ddll maschio è di un bel blu purpureo con dorso, ali e coda nero opaco. II vertice è di un brillante azzurro turchese. Giallo carico il vessillo interno delle remiganti. Occhio nega Zampe rosse. Dopo la muta, che segue immediatamente l'epoca riproduttiva al punto tale che alcuni soggetti sono stati osservati nutrire i piccoli già in abito eclissale, il maschio assume la colorazione verde oliva, anche sul pileo, rotea riormente più chiara, che è propria della femmina, dalla quale per altro si distingue per le zampe che rimangono rosse, mentre in questa ultima sono grigio scure tendenti al nero. E' uno dei pochi passeracei della zona tropicale la cui colorazione subisce un vistoso cambiarne stagionale.
    Non ha canto particolare, ma emette suoni aF gentini dai quali appunto deriva (è onomatopeico) il nome, localmente attribuito, di Guit guit ai quali alterna a volte un lieve e sommessi pigolio. La distribuzione, l'habitat e la nidificazione Nell'America tropicale, da Cuba al Messico, fino all'Equador, al Brasile meridionale e alla Bolivia, uccelli essenzialmente arboricoli e stawziali, socievoli e di carattere dolcissimo, si spostano in piccoli branchi di 10 o 15 individui alil'ombra degli arbusti fioriti delle piantagioni ó caffè e nelle foreste delle zone basse, dove nìdificano nelle chiome degli alberi o sulle cime dei cespugli, costruendo, a seconda delle razze geografiche, un piccolo nido a coppa di varia forma, oppure globoso, come una sorta di sacco rigonfio, all'approntamento del quale, foderato internamente con un morbido strato di erba e costruito utilizzando materiali vegetali & versi ed anche ragnatele, contribuiscono entrambi i membri della coppia, in cui vengono successivamente deposte due uova che la femmina cova da sola, macchiettate e con una particolare corona intorno al polo ottuso. Normalmente le covate sonoo due, eccezionalmente tre all'anno Al termine dell'incubazione, che si protrae per un periodo oscillante fra i 12 ed i 14 giorni. nascono i piccoli, ovviamente nidicoli, che vengono nutriti da entrambi i genitori con frutta e piccoli insetti.
    (ornieuropa.it)



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