UCCELLI E VOLATILI

..volatili domestici .. e del mondo

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  1. gheagabry
     
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    ..i colori e le ali di un mito..


    IL QUETZAL



    Sicuramente ciò che più colpisce del quetzal è il colore del piumaggio. Il dorso appare verde con sfumature blu e nere e con evidenti riflessi metallici. Il petto è vivacemente colorato di rosso e contrasta con le penne delle ali verdi che si portano in avanti e con il sottocoda completamente bianco. Il sottogola è verde con riflessi blu più o meno scuri. Sul capo è presente una cresta verde che vira al nero per poi divenire blu ed il becco è giallo intenso. Le penne della coda sono verdi e blu e possono raggiungere, nel maschio, un metro di lunghezza.
    Non è facile ammirare il brillante piumaggio del quetzal perché questo uccello ha scelto un habitat non facilmente accessibile. Occupa le foreste umide e nebbiose dell’America Centrale ad altitudini comprese tra i 1200 e i 3000 m e solitamente vive tra le chiome più alte. Diversamente a quanto si possa immaginare, il variopinto piumaggio consente al quetzal di mimetizzarsi perfettamente.
    Questo uccello utilizza un albero cavo per il suo nido. L'alimentazione e' basata su frutta matura e insetti, che vengono presi al volo. Il quetzal e' diffuso nell'America centrale fino al Messico.



    ....miti e leggende....


    Paragonato in tempi passati ai più disparati personaggi, come Re Artù o Gesù Cristo, Quetzacoatl ha molteplici aspetti, sia umani che divini. Il suo nome deriva dall'unione di due diverse parole; quetzal, che è un meraviglioso uccello dalle piume verdi che vive sui rilievi dell'America Centrale, e coatl, ossia "serpente". Tale divinità è quasi sempre raffigurato in veste di Serpente Piumato, che unisce la Terra ai cieli; il suo simbolo rappresentativo è la conchiglia, associata al vento e al mare. Il tempio a lui dedicato è una delle opere più sorprendenti di tutta la città di Teotihuacàn. Ritenuto la reincarnazione di un'antica divinità tolteca, Quetzacoatl è anche collegato al dio del vento maya Gucumatz e a quello azteco Ehecatl. E' inoltre Tezcalipoca Bianco, creatore del Sole dell'Aria; alcune leggendo lo riconducono ad un personaggio storico realmente esistito, Topiltzin, un capo tolteco del X secolo, illuminato e compassionevole, che abolì i sacrifici rituali di vite umane.

    In un modo o in un altro, hanno probabilmente tutti ascoltato almeno una volta il nome di Quetzalcoatl (dalla pronuncia approssimativa kezalcoàl). I vari significati riferiti al suo nome nelle altre lingue mesoamericane sono abbastanza similari. I Maya lo chiamavano Kukulkán. I Quiché Gukumatz. Tra le civilizzazioni che praticavano il culto del Serpente piumato ricordiamo anche gli Olmechi, i Miztechi, i Toltechi e gli Aztechi.
    Patrono di tutti i sacerdoti, simbolo della morte e della resurrezione, il Serpente Piumato, ibrido e mitico, rappresentava per le culture del centro-america il principio cosmico del duale: la terra del serpente ed il cielo dell’uccello, riuniti in un' unica simbologia. Egli simboleggiava l'eredità religiosa del periodo classico; insieme eroe civilizzatore primordiale ed entità mitica, ancora fatto oggetto, nella Tenochtitlàn degli ultimi giorni, della più profonda venerazione. La sua origine è rintracciabile fra i Toltechi, ma esso entrò ben presto anche nel culto azteco, diventando il punto di riferimento dell'evoluzione morale e spirituale della religione della nazione Mexica.




    "…Quetzalcoatl, il dio serpente, signore della creazione, del sapere e del vento, era il sovrano della città degli dèi. Era totalmente puro, innocente e buono. Nessun compito era troppo umile per lui. Spazzava persino i sentieri degli dèi della pioggia, così che essi potessero venire a portare acqua alla terra.
    L’astuto ed invidioso fratello di Quetzalcoatl, Tezcatlipoca, il dio dei guerrieri, del cielo notturno e del fulmine, era infuriato per la sua assoluta bontà. Così decise di fargli un brutto scherzo, trasformandolo in un furfante in cerca di piaceri. “Gli darò un volto ed un corpo umani !” sogghignò. Mostrò poi a Quetzalcoatl il suo nuovo aspetto umano in uno specchio fumoso, appena Quetzalcoatl vide il suo nuovo volto, si sentì posseduto da tutti i desideri materiali che affliggono il genere umano. Allora Quetzalcoatl gridò inorridito “Non sono più adatto ad essere un re! Non posso comparire davanti al mio popolo in questo modo! ” Il dio chiamò a sé il suo fedele servitore, Xolotl - il coyote. Questi era legato a Quetzalcoatl come fosse la sua stessa ombra, gli fece un manto di piume verdi, rosse e bianche prese dall’uccello Quetzal, gli fece anche una maschera di turchesi, una parrucca e una barba di piume blu e rosse. Poi gli dipinse le labbra di rosso, colorò la fronte di giallo e fece in modo che i suoi denti sembrassero quelli di un serpente.
    Quetzalcoatl assunse così le sembianze del leggendario serpente piumato. Ma Tezcatlipoca non ancora soddisfatto, aveva pensato a uno scherzo da fare al fratello. Gli diede del vino, spacciandola per una pozione miracolosa in grado di curare la sua malattia. Quetzalcoatl, che non aveva mai bevuto il vino, si ubriacò. Mentre era stordito, Tezcatlipoca lo convinse a fare l’amore con sua sorella, Quetzalpetatl. Quando ritornò in sé, Quetzalcoatl si vergognò amaramente di quel che aveva fatto. “Questo è un giorno funesto! ” disse, e decise di uccidersi. Quetzalcoatl ordinò ai suoi servitori di fare una cassa di pietra, poi vi si stese e rimase lì dentro per quattro giorni. Infine si rialzò e disse ai suoi servitori di riempire la cassa con tutti i suoi tesori più preziosi e di sigillarla. Detto questo il dio si recò sulla riva del mare e lì indossò il manto di piume di quetzal e la maschera di turchesi. Poi si diede fuoco, e di lui non rimase più niente, a parte le ceneri sulla spiaggia. Da queste ceneri sorsero degli uccelli favolosi che salirono al cielo, i quetzal, appunto.
    Quando morì Quetzalcoatl il sole non sorse per quattro giorni, poiché il dio era sceso nella terra dei morti con Xolotl per vedere il padre, Mictlantecuhtli. Quetzalcoatl disse a suo padre che era venuto a prendere le preziose ossa che custodiva per popolare la Terra, e il signore dei morti acconsentì. Quetzalcoatl e Xolotl presero le ossa preziose e ritornarono nella terra dei vivi. Quetzalcoatl spruzzò il suo sangue sulle ossa e diede loro la vita. Le ossa divennero il primo popolo, i Toltechi. Il dio insegnò al genere umano molte cose importanti. Egli trovò il mais, che era custodito dalle formiche, e insegnò agli uomini a coltivarlo. Insegnò agli uomini come lucidare la giada, come fare tessuti e creare mosaici. Ma soprattutto insegnò loro come misurare il tempo e capire le stelle, e stabilì il corso dell’anno e delle stagioni. Alla fine giunse il giorno in cui il serpente piumato dovette lasciare che gli uomini se la cavassero da soli. Quando quel giorno sorse, apparve nel cielo la stella Quetzalcoatl, ovvero il pianeta Venere. Per questo il dio è chiamato Signore dell’Alba. Alcuni dicono che Quetzalcoatl andò verso est su una zattera di serpenti, ma un giorno tornerà…"



    ....L’Antica danza Azteca......


    “ Mettiti a danzare. Oh tu che regni,
    principe Oquiztli, suona il tuo tamburo d’oro
    incrostato di turchesi che i principi e i re
    ti hanno lasciato in eredità”
    (Antica poesia indigena Azteca)


    In tutte le cronache dell’epoca vengono menzionate le danze rituali, che gli Indios aztechi praticavano con gioia ed orgoglio, essendo la danza un’occasione per dedicare le proprie energie fisiche e spirituali all’equilibrio cosmico. La danza segnava le tappe di tutta la vita cerimoniale, e veniva appresa a ogni livello sociale, essendo una importantissima forma di attività devozionale. (…si riunivano in molti………portavano fiori…e si ornavano con piume. Danzavano con movimenti tutti uguali, con il corpo, con le mani e con i piedi: ogni movimento andava secondo il suono che battevano i suonatori di tamburo e del Teponaztli) In alcune descrizioni si parla di ottomilaseicento danzatori riuniti nella piazza centrale di Tenochtitlàn : migliaia di abiti sontuosi venivano utilizzati solo per questo uso cerimoniale, tessuti bellissimi, piumaggi coloratissimi e preziosi provenienti dalla foresta tropicale, adornavano le teste con corone superbe e i mantelli. Le piume considerate magiche erano spesso di Quetzal e di Guacamayo. Gli abiti e gli ornamenti erano incrostati da pietre preziose, come giade, turchesi e ossidiane e gli abiti erano confezionati con pelli di diversi animali, tutti simbolici e carichi di energie magiche dell’animale corrispondente, quali cervo, giaguaro, serpente. Oltre ai danzatori e ai tamburi l’effetto era reso ancora più spettacolare per gli immensi bracieri cerimoniali entro i quali veniva bruciato l’incenso – o copal – dal profumo inebriante.


    Tutto era volo nella nostra terra.
    Come gocce di sangue e piume..i cardinali dissanguavano l’albeggiare di Anahuac.
    Il tucano era un adorabile...cassa di frutta verniciata,
    il colibrì custodì le scintille, originarie del lampo
    e i suoi minuscoli roghi ardevano nell’aere immobile.
    Gli illustri pappagalli affollavano le profondità del fogliame
    come lingotti d’oro verde appena usciti dall'impasto delle paludi sommerse
    e dai loro occhi tondi scrutava un anello giallo, vecchio come i minerali.
    Tutte le aquile del cielo nutrivano la loro prole sanguinaria nell’azzurro inabitato,
    e sopra le piume carnivore volava sopra il mondo
    il condor delle Ande, re assassino, frate solitario del cielo, talismano nero della neve,
    uragano della falconeria.
    L’ingegneria del fornaio rosso faceva dell’argilla fragrante
    piccoli teatri sonori dove appariva cantando.
    Il pauraque andava emettendo il suo grido inumidito al bordo dei cenoti.
    La paloma araucana costruiva rudi nidi di sterpaglia
    dove lasciava il real regalo delle sue uova turchine.
    La loica del sud, fragrante, dolce falegname dell’autunno,
    mostrava il suo petto costellato di stelle scarlatte,
    e lo zigolo australe elevava il suo flauto appena raccolto dall’eternità dell’acqua.
    In più, umido come una ninfea,
    il fenicottero andino apriva le sue porte di rosea cattedrale,
    e volava come l’aurora, lontano dal bosco afoso
    dove pendono le gemme del quetzal splendido, che all’improvviso si sveglia,
    si muove, scivola e sfavilla e fa volare la sua brace pura.
    Vola una montagna marina verso le isole, una luna di uccelli che vanno verso il Sud,
    sopra le isole fermentate del Perù.
    E’ un fiume vivo d’ombra, è una cometa di piccoli infiniti cuori
    che oscurano il sole del mondo come una stella dalla densa coda che palpita verso l’arcipelago.
    E al limite dell’iracondo mare, nella pioggia dell’oceano
    s’innalzano le ali dell’albatros come due sistemi di sale
    che stabiliscono nel silenzio tra le raffiche torrenziali,
    con la loro spaziosa gerarchia l’ordine delle solitudini
    (Pablo Neruda)




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