UCCELLI E VOLATILI

..volatili domestici .. e del mondo

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  1. gheagabry
     
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    Usa il tuo talento ,qualunque esso sia.
    I boschi sarebbero terribilmente silenziosi s
    e cantassero solo gli uccelli che cantano meglio.


    IL PICCHIO





    Il picchio (il cui nome scientifico è Picidae) è uno degli uccelli più conosciuti e conta oltre duecento specie. Si nutre di insetti che vivono sotto la corteccia degli alberi e riesce a catturarli scavando con il suo becco duro e appuntito e afferrandoli con la lingua. Il martellamento del picchio serve anche per marcare il territorio.
    Fanno il nido nelle cavità naturali degli alberi, oppure scavando il legno di tronchi o pali in genere e levigando poi con cura le pareti interne del buco. Le femmine depongono da 2 a 8 uova. Maschio e femmina si dividono il lavoro durante il ciclo della riproduzione. Quando i piccoli hanno 4 o 5 giorni di vita, i genitori non entrano più nel nido per nutrirli, perché essi si affacciano all'apertura della cavità ed i genitori introducono il cibo nelle bocche aperte.


    Il picchio rosso maggiore dove passa lascia il segno. La sua presenza infatti molto spesso è tradita oltre che dal tambureggiare per delimitare il proprio territorio, udibile un po'ovunque soprattutto in primavera, dalle tracce che lascia dietro di sé per l'attività di ricerca del cibo.
    Il picchio rosso maggiore appartiene a quel gruppo di uccelli fortemente specializzati alla
    vita arboricola. E' aiutato nello stare aggrappato al tronco degli alberi da corte zampe con potenti unghie e dalla coda provvista di penne rigide che gli servono da sostegno. Una lunga lingua gli permette di raggiungere agevolmente le prede, mentre un'ossatura cranica particolarmente robusta insieme ad una struttura elastica che collega il becco con il cranio consente di sopportare le sollecitazioni date dall'attívità di perforazione.


    Il picchio muratore non è nemmeno lontano parente di quelli che noi conosciamo come i veri picchi, uccelli che scavano e che cercano il cibo sugli alberi, perciò adattati perfettamente a questo tipo di vita.
    Il nostro picchio muratore i buchi li chiude!! Riproducendosi in cavità di alberi deve il suo nome alla grande capacità di cementare con del fango le entrate di buchi troppo grandi; così facendo elimina la concorrenza di altri uccelli e mette al sicuro la covata da eventuali predatori. Oltre a ciò la confusione sul nome è data dal fatto che è in grado di arrampicarsi lungo i tronchi come i picchi ma a differenza di questi riesce a scendere dagli alberi a testa in giù con il solo aiuto delle zampe. Vederlo poi camminare anche sulla parte inferiore dei rami è davvero uno spettacolo stupefacente.




    Guarda la natura da questo prato, guardala bene e ascoltala. Là, il cuculo; negli alberi tanti uccellini ? chi sa chi sono? ? coi loro gridi e il loro pigolio, i grilli nell'erba, il vento che passa tra le foglie. Un grande concerto che vive di vita sua, completamente indifferente, distaccato da quel che mi succede, dalla morte che aspetto. Le formicole continuano a camminare, gli uccelli cantano al loro dio, il vento soffia.
    (Tiziano Terzani)



    ....miti e leggende....



    Nel mondo greco e romano il picchio (verde) era considerato un buon auspicio per la caccia ed era rispettato come uccello capace di indicare il futuro, tanto da assumere spesso la guida dei viaggiatori sulle strade. Nel mito latino di Romolo e Remo è l'animale che, insieme alla lupa, li nutre dopo che sono stati abbandonati sulle rive del Tevere e diventa perciò sacro ad Ares (Marte). Simbolo di protezione e sicurezza, nella simbologia cristiana allude anche alla rinascita spirituale.

    C’è una leggenda, tramandata tra gli altri da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, che narra di una tribù di giovani Sabini che lasciò la propria terra d’origine nel Reatino, per onorare una “Primavera Sacra”. Era questo un voto che consisteva nell’offrire agli Dei tutto quello che sarebbe nato nella primavera successiva. I bambini venivano risparmiati, ma divenuti adulti erano tenuti a partire alla ricerca di nuove terre da colonizzare.
    Fu durante una di queste Primavere Sacre che un picchio, uccello sacro al dio Marte, si posò sulle insegne di un folto gruppo di giovani Sabini. Il fatto venne interpretato come un segno della benevolenza degli dei. Seguirono il picchio, fino a giungere sulle rive del Tronto.
    Qui si stabilirono e fondarono diverse città, espandendosi in gran parte delle attuali Marche e dell’Abruzzo settentrionale, in una terra verde e fertile e dal clima mite.
    Nacque così la civiltà dei Piceni, che prese il nome proprio dal picchio, l’uccello che li aveva guidati verso nuove terre.




    Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci,
    ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.
    (Martin Luther King)



    ......l'erba del picchio......



    Plinio Il Vecchio (I secolo d.C.), che nell’Historia naturalis (X, 20) scrive:

    “E’ credenza popolare che i cunei conficcati da un pastore nei loro nidi [dei picchi], se viene avvicinata dagli uccelli una certa erba, sgusciano via. Trobio sostiene che un chiodo o un cuneo, con quanta forza lo si conficchi dentro un albero in cui il picchio ha il nido, subito salta via con il crepitare dell’albero, quando l’animale vi si è posato”.

    La credenza riportata dagli autori classici sarà ripresa nei Bestiari medievali, secondo interpretazioni simili a quella del Bestiario Valdese. Un’interpretazione particolare è quella erotica, contenuta per esempio nel Bestiaire d’Amours (metà del XII secolo) di R. De Fornival, sottoforma di racconto autobiografico fittizio di un amore infelice (Morini 1996):

    “Così, mia carissima amata, se la mia preghiera vi infastidisce come dite, ve ne potreste liberare benissimo concedendomi il vostro cuore, perché io vi inseguo soltanto per questo […]. Ma è chiuso con una serratura così resistente che io non potrei venirne a capo, perché la chiave non è in mio possesso e voi, che avete la chiave, non volete aprirla. Pertanto non so come si potrebbe aprire questo petto, a meno che non possedessi l’erba con la quale il picchio verde fa saltare il cavicchio fuori del suo nido.

    La sua natura, infatti, è tale per cui quando trova un albero cavo con una stretta apertura vi fa il proprio nido. E alcune persone, per fare la prova di un simile prodigio, tappano il buco con un cavicchio che vi conficcano con forza. Quando il picchio verde ritorna e trova il nido tappato in maniera tale che tutta la sua forza non potrebbe bastare ad aprirlo, riesce a vincere la forza con l’astuzia e con l’intelligenza. Giacchè conosce per sua natura un’erba che ha il potere di aprire: la cerca finchè la trova, la porta nel becco e con essa tocca il cavicchio, che immediatamente salta fuori.

    Perciò io dico, carissima amica, che se potessi avere un po’ di questa erba proverei a vedere se riuscissi ad aprire il vostro dolce petto per prendervi il cuore. Ma ignoro di quale erba si tratti, a meno che non sia la ragione”.


    Nella tradizione popolare francese del Berry, esiste una credenza relativa alla cosiddetta erba del picchio, credenza riportata da E. Rolland nella Flore populaire de la France (1898 - 1914):

    “L’erba del picchio è una pianta magica che ha la proprietà di infondere una forza sovrannaturale a colui che se ne strofini le membra. Ecco il mezzo per procurarsela: osservare il volo e i modi di un picchio verde, e quando lo si vedrà fermarsi vicino a un’erba a cui strofinerà il suo becco, ci si potrà deliziare di avere trovato il prezioso talismano. Questa erba incomparabile che dona al picchio verde la forza di forare fino al cuore le querce più dure, si trova anche qualche volta nello stesso nido dell’uccello. In più, si assicura che questa pianta è, in inverno come in estate, coperta di rugiada […].




    Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta le bestie.
    - Immanuel Kant



    ...una favola.....



    Nella città di Ascoli Piceno, nell'anno 3000, i cittadini non usavano le automobili per spostarsi, ma avendo come simbolo della città il Picchio, per essere come lui, volavano utilizzando i monopattini volanti.
    Le case antiche erano rimaste simili a quelle del millennio precedente.
    Tutti gli abitanti vivevano felici: le sponde del fiume del Tronto erano rigogliose di verde e intorno alle scuole c'erano immensi giardini.
    Picchio era sempre allegro: aveva tanti compagni di volo e soprattutto i bambini giocavano con lui.(descrizione di Picchio)
    Nella vecchia fortezza Malatesta viveva la signora Quintana, l'unica abitante di Ascoli che usciva a cavallo e non utilizzava nessun mezzo moderno.
    Lei era una tradizionalista, ancorata al passato, amante solo del suo tempo.
    Non indossava i tessuti speciali che andavano di moda, ma ancora si vestiva con velluto, lana, pizzo all'uncinetto, pellicce…
    Ogni volta che usciva, lei si rattristava. Un giorno, pensando che la colpa di quella modernità come volare, usare materiali sintetici ecc… fosse di Picchio, decise di farlo rapire.
    Il suo piano era diabolico: attraverso il magico albero del Piccioni, Picchio avrebbe fatto un viaggio nel passato, fino a tornare al tempo dei Sabini.
    Mai sarebbe partito, mai avrebbe fondato Ascoli e mai ne sarebbe diventato il simbolo!
    Lei avrebbe preso il suo posto con tutte le conseguenze immaginabili.
    Una notte il fantino di Borgo Solestà, rapì Picchio mentre dormiva e lo nascose nel tronco cavo dell'albero incantato e disse:
    _ Pitipim, pitipai
    nel passato andrai
    al tempo dei Sabini tornerai!_
    Picchio si svegliò e aperti gli occhi rimase sbalordito: tutto era cambiato, Ascoli moderna non c'era più.
    Solo il fiume Tronto scorreva tra le montagne e le colline.
    Picchio disperato si guardava intorno quando all'improvviso si sentì chiamare:
    _Vieni, avvicinati, fidati di me che con la mia acqua do la vita, io sono Presente, Passato e Futuro.
    La mia acqua ti salverà!
    Bevine un sorso e tuffati nel vortice ……….senza paura!_
    Intanto la signora Quintana, passeggiava beatamente sul ponte vecchio di S. Antonio e sentì all'improvviso un boato.
    Guardando verso il basso vide che l'acqua che cambiava colore e formava un grande vortice.
    Cominciò ad avere le vertigini, cadde nell'acqua: i vestiti ingombranti e inzuppati non le permettevano di nuotare.
    Nessuno poteva salvarla.
    _ Ah! Se avessi avuto un monopattino volante! Se avessi indossato un bel paio di fuseaux elasticizzati, pratici e comodi!
    Mentre pensava così, dal vortice uscì Picchio che prontamente, volando la riportò sulla sponda del fiume.
    Tutti erano salvi, la città tornò a sorridere.
    Quintana comprese che il progresso e la modernità non dovevano far paura, ma potevano essere utili.
    Come nel passato e nel presente, così nel futuro, puntualmente ogni anno Quintana sfilerà per le vie della città.





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