UCCELLI E VOLATILI

..volatili domestici .. e del mondo

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  1. gheagabry
     
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    Dalla scogliera vedo arrivare un gabbiano...Lo guardo, mi fermo a pensare...Mi chiedo perchè mai lui può volare, mi chiedo perchè mai lui ha un paio d'ali per alzarsi in volo e planare dove vuole.
    Mi chiedo perchè mai loro...e non noi...E penso a come possa sentirsi un gabbiano che vira sopra gli oceani, o un'aquila oltre le vette montane.
    Senza spazi chiusi ad ali aperte dev'essere meraviglioso andare... volare... in libertà assoluta.
    Certi pensieri dipingono un sorriso sul mio volto..gli uccelli somigliano agli angeli...
    (dal web)



    Conosciamo...



    L’upupa, uccello dei Poeti




    "Upupa, ilare uccello calunniato
    dai poeti, che roti la cresta
    sopra l'aereo stollo del pollaio
    e come un finto gallo giri al vento;
    nunzio primaverile, upupa, come
    per te il tempo s'arresta,
    non muore piu' il Febbraio,
    come tutto di fuori si protende
    al muover del tuo capo,
    allegro folletto, e tu lo ignori".
    (da: Eugenio Montale, Ossi di seppia, 1920-1927)



    La presenza delle caratteristiche penne del capo è spiegata da una leggenda persiana (VI sec. a.C.)che narra: “l’upupa era una donna sposata; un giorno stava pettinandosi allo specchio quando il suocero entrò senza annunciarsi. Invasa da un incontenibile spavento la donna si trasformò in un uccello e volò via con il pettine sulla testa”.
    Tra gli antichi persiani era l’uccello più saggio, messaggero del divino; “Dei segreti di Salomone tu fosti signora, e per questo cingesti un aurea corona di gloria”.
    Gli arabi la chiamano “al-hudhud“, uccello dottore, capace di individuare pozzi e sorgenti nascoste.
    Nel Corano si racconta che Re Salomone, invia un upupa come messaggero alla regina di Saba, invitandola a seguire la sua religione.
    Dall’antichità abbiamo la testimonianza di Ovidio, che nelle Metamorfosi (X, 155-161) ci narra la trasformazione di Tereo, figlio di Ares:
    "Egli veloce correndo per dolore e sete di vendetta
    si muta nell’uccello che ha sul capo una cresta ritta
    e uno smisurato becco sporgente a mò di lunga lancia:
    upupa è il suo nome, e armato pare a vederlo."

    L’upupa raccontata nella commedia di Aristofane intitolata “Gli uccelli”,
    nella quale i protagonisti si rivolgono a lei per farsi indicare la strada per una “città più morbida”…
    Evelpide, uno dei personaggi si rivolge così all’upupa che gli domanda il motivo della loro visita:
    “Primo, perché eri un uomo come noi, un tempo; facevi debiti come noi, un tempo; cercavi di non pagarli come noi, un tempo.
    Poi, presa forma d’uccello, volavi intorno per terra e cielo; e ora possiedi l’esperienza di uomo e quella di uccello, insieme.
    Siamo venuti da te, supplici, se potessi indicarci una città morbida, dove si possa sdraiarcisi sopra, come una pelliccia.”

    Di tutt’altro segno è l’immagine simbolica elaborata nel mondo occidentale, la prima versione negativa sull’upupa prende forma dall’Antico Testamento. Qui infatti si legge (Levitico 11,19; Deuteronomio 14,18) che l’upupa era considerata un uccello impuro, e classificato tra gli animali di cui era proibito cibarsi. L’immagine negativa si è poi riflettuta nel medioevo occidentale fino ad Ugo Foscolo, per fortuna poi qualcuno ne ha risollevato le sorti





    L'upupa è un uccello caratterizzato dal piumaggio piuttosto vistoso, con colori vivaci osservabili soprattutto durante il volo. Imparentata con il martin pescatore, il suo colore dominante è il rosso mattone con le ali e l'estremmità del ciuffo del capo a strisce bianche e nere (ben visibili anche in volo). Possiede un lungo becco sottile e ricurvo in basso e arti poco sviluppati e trascorre la maggior parte del tempo a terra alla ricerca di insetti e delle loro larve, mentre di notte trova riparo tra il fitto fogliame degli alberi. Nidifica nell'Europa centromeridionale e nell'Asia occidentale e va a svernare nelle savane e nelle foreste costiere a mangrovie dell'Africa tropicale e dell'India.
    Le upupe si nutrono di una grande varietà di insetti e assai caratteristica è la tecnica con cui preparano e ingeriscono il cibo. Infatti questi uccelli possiedono una lingua troppo corta per poter ingurgitare direttamente il cibo. Allora gettano in aria l'insetto e lo ingoiano a becco spalancato; prima però lo liberano della testa, delle ali e delle zampe sbattendolo ripetutamente a terra. Quando l'upupa si sente minacciata, si appiattisce sul terreno con le ali e la coda spiegate. Assai caratteristica è la tecnica difensiva attuata sia dai piccoli che dalla madre. Se disturbati infatti, prima emettono sgradevoli vocalizzazioni quindi sono in grado di scagliare contro l'intruso il liquido puzzolente prodotto dalla ghiandola dell'uropigio. Il nome upupa deriva dal richiamo "upup" emesso dal maschio in primavera come invito alla nidificazione..il suo canto monotono le ha fatto attribuire erroneamente abitudini noturne che non possiede. L'Upupa si sposta essenzialmente di giorno; il suo volo è leggero e silenzioso, tuttavia la si nota molto facilmente a causa delle vistose fasce nere e bianche delle sue ali. Frequenta i boschi e le praterie, sia in collina che in pianura, ed ama i luoghi abitati dall'uomo. Si ciba di piccoli insetti e larve, che cerca nei prati o sulle strade nello sterco di buoi e di cavalli. Quando passeggia maestosamente, alzando la corona di penne - mentre «pronuncia» il suo nome - ostenta una tale aria pittoresca ed affascinante che uno dimentica le sue sporche abitudini. E' assai timida, la minima cosa la spaventa ed allora alza il ciuffo: se passa un grosso uccello, essa si schiaccia a terra, allargando le ali e la coda e piegando indietro la testa sul dorso; in quèsto atteggiamento si presenta sotto un aspetto singolarissimo, non somigliando più ad un uccello, ma piuttosto ad uno straccio variopinto. I contadini svedesi la credono messaggera di calamità naturali, mentre al contrario gli arabi la venerano: in Egitto, anzi, si tramandano leggende su come essa riuscì a procacciarsi la corona, due delle quali mi sembra opportuno riportare in queste righe.



    L' Upupa, uccello consideato sacro nella cultura araba, è una figura associata alla Chiaroveggenza e alla Mediazione.
    Il Corano racconta di come proprio quest' uccello servì da intermediario tra il Re Salomone e la Regina di Saba.
    L' Upupa simbolizza l' Uccello Messaggero, l' Intercessore tra i Due Mondi.
    Assume tutto il suo valore col mito del Simurgh nel tredicesimo secolo.
    Secondo la leggenda un giorno il popolo degli uccelli decise di cercare il Simurgh, l' uccello Re simbolo della Sapienza divina e identificato in essa nelle culture persiane. In questa ricerca l' Upupa guidò gli Uccelli come loro condottiero...Questo mito potrebbe riferirsi al cammino del mistico che cerca il significato vero, della realtà celata del Mondo.
    da "dizionario dei simboli islamici".




    ....una leggenda


    «Una volta, tanto tempo fa, la testa dell'Upupa era una comune testa senza cresta, come quella di tanti altri uccelli, e fu solamente per grazia reale che poté avere questo ornamento.
    «Il re di quei tempi attendeva la sposa promessa, che arrivava da un reame dell'Asia, e decise di riceverla con grande pompa in un porto del Mar Rosso, dove essa sarebbe sbarcata: ordinò pertanto che il suo esercito, schierato sul molo, la scortasse alla capitale e che tutti gli uccelli dell'aria, durante il percorso, facessero schermo con le loro ali, a guisa di baldacchino, per ripararla dal sole e riempissero l'aria di canti, fino a quando la sposa non fosse giunta in città. Tutti gli uccelli accettarono, tranne l'Upupa: essa obiettò che, sapendo alcune cose poco piacevoli sul conto della sposa, non avrebbe accettato di andare a riceverla e, piuttosto che esservi costretta, volò via e andò a rifugiarsi in una caverna su di un lontano monte nel deserto.
    «Quando il re ne fu informato, si arrabbiò ed ordinò che la rea fosse catturata e condotta in sua presenza; così la povera Upupa fu portata dinanzi all'irato sire, ma difese così bene la sua presa di posizione - spiegando che, se avesse fatto ciò che coscienziosamente aveva obiettato, il suo signore ne avrebbe sofferto un grave danno morale e per questo chiedeva, con tutto il rispetto, di essere perdonata - che il re, stupito per la sua sagacia, toltasi dal capo la corona e posatala su quello dell'uccello, lo consacrò re di tutti gli altri abitatori dell'aria, ordinando che la corona gli restasse in eterno».






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209 replies since 13/6/2010, 17:44   165750 views
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