I RETTILI

animali terra e acqua..coccodrilli..serpenti

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  1. gheagabry
     
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    Qual è l'età dell'anima umana? Come essa ha la virtù del camaleonte di mutar colore a ogni nuovo incontro, d'esser gaia con chi è allegro e triste con chi è depresso, così anche la sua età è mutevole come il suo umore.
    - James Joyce -



    IL CAMALEONTE




    I camaleonti sono creature di dimensioni molto variabili; si va dai 60 cm circa a meno di 10 cm (gli adulti di una specie che si trova in Malawi raggiungono a malapena il centimetro e mezzo di lunghezza). Molte specie hanno la testa "decorata" da protuberanze nasali, rostri, corna, o creste; queste decorazioni sono in genere più evidenti nei maschi.
    Ciò che accomuna tutte le specie di camaleonti sono la struttura delle zampe, gli occhi, la mancanza di orecchie, e la lingua. Le zampe dei camaleonti hanno due dita principali, ciascuna delle quali presenta due o tre artigli...le usa come una tenaglia per afferrarsi saldamente ai rami. Le zampe anteriori presentano due artigli sul dito esterno e tre su quello interno, nelle zampe posteriori questi numeri sono invertiti. Gli occhi dei camaleonti rappresentano un caso unico nel mondo animale. Possono ruotare e mettere a fuoco indipendentemente l'uno dall'altro; senza spostarsi, sono in grado di osservare l'ambiente circostante a 360°. Quando punta una preda, il camaleonte rivolge verso di essa entrambi gli occhi. Gli occhi sono coperti quasi interamente dalle palpebre.
    La caratteristica fisica più peculiare del camaleonte è la capacità di modificare il colore della sua livrea in modo da mimetizzare nell’ambiente. Gli stimoli che inducono questo cambiamento sono sia di natura ambientale, come la luce e la temperatura, che di tipo fisiologico e emozionale, come stati di salute, paura o irritazione. Il camaleonte per confondersi con l’ambiente può anche mutare la forma del suo corpo appiattendosi per assomigliare ad una foglia o diventando cilindrico come il ramo di un albero.
    Tutte le specie di camaleonti sono diurne, e principalmente attive al mattino e nel tardo pomeriggio... sono molto lenti nei movimenti, e accompagnano i loro passi con un caratteristico ondeggiamento avanti e indietro. Sono in grado di muoversi relativamente più veloci se cercano di sottrarsi allo sguardo di un potenziale predatore, ma sono cacciatori passivi, che rimangono immobili (anche per ore) in attesa di una preda di passaggio. Sono animali solitari e spesso aggressivi nei confronti dei loro simili, eccetto che ai fini dell'accoppiamento.
    Esistono più di 150 specie diverse di camaleonti. Vive prevalentemente in Africa, in particolare in Madagascar, ma è diffuso anche in Spagna e in Grecia, in India e in Asia Minore.

    Passano la giornata solitamente sui rami ed esplorano, tramite gli occhi, l'ambiente alla ricerca di cibo. Quando trova una preda gli si avvicina lentamente una volta attiro spalla la lingua che colpisce la vittima e la trasporta verso la bocca. Scendono dagli alberi nel periodo riproduttivo in cerca di una femmina. La femmina una volta fecondata nasconde le uova in una buca vicino alla zona dove dimora. Il chameleo hohnelli è una specie africana molto piccola; i maschi sono colorati di giallo e blu e sono molto territoriali, non tollerano l'intrusione di un altro maschio. Se ciò avviene si combattono con gesti ritualizzati e solitamente vince sempre il proprietario del territorio. Il perdente diventa grigio chiaro e lascia il campo di battaglia.





    .....miti e leggende........



    La maggior parte delle culture bantu si spiegano l'origine della morte attraverso un mito che riguarda il camaleonte, e che è essenzialmente lo stesso ovunque. Secondo questo mito, Dio inviò il camaleonte presso gli uomini, dicendogli di portare il messaggio: "che gli uomini non muoiano!" Il camaleonte si avviò, procedendo lentamente e fermandosi a mangiare lungo la via. Dopo qualche tempo, Dio inviò la lucertola presso gli uomini, dicendole di portare il messaggio: "che gli uomini muoiano!" La lucertola partì velocemente, e giunse dagli uomini prima del camaleonte. Così gli uomini seppero che sarebbero morti. Quando il camaleonte giunse con il suo messaggio, gli uomini avevano già accettato il messaggio della lucertola, e non poterono accogliere quello del camaleonte. Per via di questa leggenda, camaleonti e lucertole sono considerati animali di cattivo auspicio in gran parte dell'Africa subsahariana...A seconda delle tradizioni locali, vengono date diverse spiegazioni del doppio messaggio inviato da Dio; in alcuni racconti, Dio invia entrambi i messaggeri, affidando le sorti dell'umanità all'esito della loro gara; in altri, la lucertola sente per caso l'ordine di Dio al camaleonte e decide, per invidia, di portare il messaggio opposto. In altri racconti ancora, Dio cambia idea dopo aver inviato il camaleonte, per via del cattivo comportamento umano; quest'ultima variante potrebbe essersi diffusa in epoca recente, attraverso l'influenza del cristianesimo. I missionari, in effetti, si sono spesso appropriati del mito del camaleonte, modificandone e reintrepretandone la simbologia. Per esempio, il camaleonte (che porta la notizia dell'immortalità dell'uomo) viene talvolta identificato con Gesù.

    La sua capacità di cambiare colore incarna la lenta evoluzione, trasformazione o sublimazione della materia e dello spirito. L’etimologia della parola, dal greco khamaileon, “leone che si trascina per terra”, crea un punto di contatto con il leone. Infatti nell’antichità il camaleonte è paragonato ad un leone in miniatura, dando l’impressione di forza e di potenza per le sue capacità di adattamento e dissimulazione. Il camaleonte è anche un animale psicopompo, incaricato di guidare le anime nel regno dei morti.




    ...una favola....



    Tanto tempo fa, quando gli alberi potevano parlare, un albero di Mopane invitò a colazione un camaleonte.
    - " Sui miei rami troverai insetti rari e gustosissimi" - gli disse.
    Il camaleonte per fare bella figura indossò un abito rosso e andò all'appuntamento. Ma quando l'albero lo vide si spaventò.
    -"Oh no, sta per arrivare l'inverno!" - esclamò -"Ed io non me ne ero neppure accorto!"-. E, pronunciate quelle parole, le sue foglie diventarono rosse e caddero a terra.
    Povero albero, si sbagliava!. Era ancora estate e quando il sole fu alto nel cielo, l'albero che non aveva più le foglie che gli facevano ombra si scottò e per poco non morì.
    Il camaleonte, che sapeva guarire ogni ferita perché conosceva le virtù degli animali e dei fiori, chiamò allora mille farfalle.
    Le farfalle, gentili e generose, si posarono sui rami e con le loro ali leggere fecero vento all'albero. Così l'albero si salvò.
    Da quel giorno il Mopane ha le foglie a forma di farfalla e il camaleonte, quando va a trovare un albero, indossa un abito verde, perché non vuole più spaventare i suoi amici.
    Le donne e gli uomini della foresta hanno la pelle scura perché sono amici della Terra e non vogliono spaventarla.
    E la Terra, per gratitudine, racconta loro i suoi segreti.
    - Favola congolese -


    ” Indelebile , resta su di me, questa orrenda cicatrice che fa da cornice a questo mondo variegato di facce camaleontiche, sempre pronte a darti la loro parte più forte, per avere in cambio qualcosa…e così cambiano colore a seconda del tuo umore per raggiungere il loro favore.
    Questi sono i camaleonti ……. e ce ne sono molti!”
    (Laura P.)





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  2. gheagabry
     
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    Non c'è veleno peggiore del veleno di un serpente,
    non c'è ira peggiore dell'ira di un nemico.
    (Siracide)


    I SERPENTI velenosi



    Molti animali posseggono ghiandole del veleno che secernono sostanze di cui si servono per paralizzare o uccidere le prede prima di cibarsene o per difesa contro i predatori. Pur non essendo di regola aggressivi nei confronti dell'uomo, se vengono calpestati o disturbati, o se avvertono la presenza umana come minacciosa per la prole, si difendono mordendo o pungendo l'intruso ed inoculandogli il liquido velenoso. Questo agisce di solito localmente (per lo più come necrotizzante), ma in alcuni casi può anche provocare un avvelenamento generale.
    I più noti, tra gli animali velenosi, sono scorpioni, ragni, api, vespe, centopiedi e serpenti, ma anche formiche, farfalle, cantaridi e numerosi animali marini possono recare danno a chi, casualmente, venga a contatto con loro.
    Il veleno è un indicatore, ma la tossicità e la quantità iniettata varia. Il veleno di un serpente è essenzialmente un mezzo di sopravvivenza per l'animale, con cui questo può paralizzare la preda e neutralizzare la sua resistenza. Ci sono due principali gruppi di serpenti velenosi - o meglio considerati velenosi in modo significativo per l'uomo - ovvero: i colubridi proteroglifi (includono gli Elapidi come Cobra, Serpente corallo) e le vipere (soleoglifi o viperidi, includono Vipere e Crotali).



    ...i più pericolosi...



    I taipan (nome tassonomico latino: Oxyuranus) sono grandi e veloci serpenti australiani (più di 3 metri in lunghezza) estremamente velenosi, uno dei quali, l'inland taipan (taipan dell'interno o serpente fiero), è la specie di serpente con il veleno più tossico al mondo. Il taipan è stato chiamato così da Donald Thompson dopo aver utilizzato la parola usata dagli aborigeni Wik Mungkan della penisola di capo York, nel Queensland.

    La vipera della morte (Death adder), il serpente spinoso antartico australiano... è un bizzarro, bizzarro serpente. Innanzitutto, non è affatto una vipera. Si tratta infatti di un elapide, e rappresenta un interessante caso di evoluzione convergente, che porta diversi rami evolutivi a ricongiungersi in fenotipi molto simili, producendo quindi animali che si assomigliano molto e hanno caratteristiche comuni, ma in realtà non sono cugini. Quello che lo distingue dalle vipere – e da qualunque altro serpente s'immagini – è il corpo corto – attorno ai 60 cm – e molto tozzo.

    Il Mamba nero vive in Africa..È un animale molto adattabile, che vive in ambienti vari e diversi: è possibile incontrarlo nelle foreste così come nelle savane, ma anche su pendii rocciosi, macchie boscose o ambienti molto umidi come paludi e acquitrini. Prende questo nome minaccioso grazie alla particolare colorazione – nerissima, appunto – dell’interno della sua bocca, caratteristica che si può notare quando l’animale si sente minacciato.
    Le scaglie sono invece colorate su una gamma mimetica che va dal marrone, marrone-giallastro, al kaki, grigio metallico, fino all’olivastro. Solitamente raggiunge una discreta lunghezza, gli adulti – il serpente vive mediamente 11 anni – crescono in media fino a 2,5 metri, ma sono stati documentati esemplari molto lunghi: fino a 4,5 metri. Queste misure rendono il Mamba nero il più lungo serpente velenoso africano – oltre che il più pericoloso e temuto – e il secondo al mondo, superato solo dall’enorme Cobra reale asiatico. I suoi movimenti a terra sono velocissimi: è in grado di strisciare fino a 23 Km/h su brevi distanze, e di muoversi sulle lunghe a una velocità di crociera di 18-20. Velocità che gli conferisce un altro "titolo": quello di serpente in assoluto più veloce a terra.
    È anche un buon nuotatore...Il Mamba nero è il serpente più temuto di tutta l’Africa. Tuttavia, se lo incontri, prima ti potrebbe dare una chance: si solleva con un terzo della sua lunghezza – il che significa che potrebbe essere alto quasi come te, ma probabilmente sta più in alto, magari arrampicato su un arbusto – e soffia forte, mostrandoti la sua bocca nerissima e allargando la gola per sembrare più grande ancora....se vai e corri, ti lascerà andare.

    Il Cobra reale è diffuso, pur senza essere comune, in un’ampia area che comprende tutto il subcontinente indiano e il Sudest asiatico. Anche se è il re dei cobra, Ophiophagus hannah non è un cobra. Rispetto ai suoi sudditi, questo è molto, molto più grosso: di fatto, abbiamo qui il serpente velenoso più grosso del mondo, in grado di raggiungere da adulto – su una vita media di circa 20 anni – una lunghezza massima di oltre 6 metri, superiore anche a quella della maggior parte dei costrittori e, per capirci, anche a quella di un coccodrillo. La lunghezza media si aggira sui 4 metri e il peso medio è di 6 Kg. Il Cobra reale (King cobra) è il serpente velenoso più grosso del mondo e uno dei più letali

    Tipico del serpente corallo sono le bande del corpo vivacemente colorate di rosso, bianco,
    giallo e nero. La colorazione varia molto tra le diverse sottospecie. La sequenza cromatica è molto importante per il riconoscimento della specie, in quanto esistono altri serpenti non velenosi, come Lampropeltis triangulum o Anilius scytale, che imitano i colori del serpente corallo come strategia difensiva (mimetismo batesiano). Il serpente corallo è un animale diurno e solitario, ad eccezione del periodo degli amori. Questo serpente per difendersi utilizza semplicemente la brillante livrea. Infatti, un potenziale predatore è sicuramente confuso dalle bande colorate e difficilmente riesce a capire quale sia la testa e quale sia la coda. I serpenti corallo comuni non sono aggressivi, la maggior parte dei morsi sono dovuti a movimenti accidentali, es. durante lavori di giardinaggio. Se disturbati, sotterrano la testa e agitano in aria la coda. Possiedono piccole zanne così spesso i morsi sono privi di effetto. Tuttavia il morso può essere mortale.



    Il piacere e la vendetta sono più sordi del serpente alla voce di una decisione equa
    (William Shakespeare)


    ....storia, miti e leggende.....


    Da sempre l’uomo è stato incuriosito dalla natura e dalle cose che lo circondano, specialmente quando queste sono "diverse" o appaiono "strane" ai suoi occhi; probabilmente è questo il motivo per cui la figura del serpente è stata oggetto, come vedremo, sia nel bene che nel male, di ogni genere di leggenda, entrando a far parte del bagaglio culturale della maggior parte delle grandi civiltà del mondo antico, divenendo oggetto di culto, di studio e di mito.
    Sicuramente il primo collegamento che viene in mente pensando al serpente nei miti è il personaggio mitologico di Medusa, il mostro che aveva serpi saettanti al posto dei capelli e che uccideva con lo sguardo, facoltà peraltro comune anche al mitico Basilisco, altro esempio, stavolta medievale, della figura del serpente. Questi due mostri, prodotto del subconscio umano, possono rappresentare un primo esempio di come ciò che l’uomo non conosce venga immediatamente esagerato, inventato e, in un certo senso, esorcizzato: a questi animali così diversi da noi è stata infatti attribuita la facoltà di uccidere con lo sguardo, ma ad entrambi viene affiancato un elemento capace di neutralizzarli, Ercole per la Medusa e i galli per il Basilisco.
    Ma il serpente ha avuto un ruolo nella cultura umana molto tempo prima del Medioevo o dell’epoca dei Romani. Troviamo tracce di culti ofidici in tutto il mondo, in tutte le epoche.
    In Egitto per esempio: nella celebre tomba della regina Nefertari sono state rinvenute notevoli rappresentazioni che testimoniano l’importanza del serpente nella complicata religione e mitologia egiziana. Il dio Atum raffigurato sulle pareti della tomba è infatti un enorme serpente nero dotato di piume, che avvolge nelle spire la regina. Nella mitologia dell’antico Egitto questa divinità attraversava il mondo degli inferi terrestri per poi innalzarsi in cielo tramutandosi in questo modo nel dio solare Ra.
    Simbologicamente il serpente passa attraverso la parte negativa del mondo e, parallelamente, dell’inconscio umano, "rigenerandosi" nel massimo grado della positività, divenendo il sole, donatore di vita. Questa rigenerazione, comune anche ad altre religioni, è probabilmente la trasposizione mitologica di un evento biologico tipico di tutti i rettili: l’esuviazione (o muta), durante la quale il serpente, essendo cresciuto, perde completamente la pelle vecchia, lasciandola appesa a un ramo o a una roccia, mostrando una nuova pelle, più lucida e bella.
    Questo fenomeno naturale, che avviene periodicamente durante tutta la vita di ogni rettile, ha spesso portato a credere le antiche civiltà nell’immortalità del serpente e nella sua continua rigenerazione.
    Questo importante ruolo del serpente nella religione egizia ha comportato anche un significato di grande importanza di questi rettili nella simbologia, cosicché l’ "ureo" rappresenta un simbolo di regalità e di rispetto: esso era infatti una parte del copricapo indossato dalle grandi personalità egizie ed era costituito da una statuetta di un cobra eretto, spesso d’oro, che era posato sulla fronte di chi lo indossava, conferendogli superiorità rispetto agli altri.
    Il mito del serpente piumato non fu esclusivo degli antichi egizi, anche le popolazioni precolombiane veneravano una divinità a metà strada fra l’uccello e il serpente. Si tratta del dio Quetzalcoatl, e la civiltà in questione è in particolare quella mesoamericana degli Aztechi. In senso strettamente biologico questa divinità altro non era che la fusione di due specie animali un tempo piuttosto comuni nel territorio allora occupato dagli Aztechi e ora in via di estinzione: il quetzal, uccello dotato di lunghe piume verdi sulla coda, venerato dagli Aztechi come incarnazione temporanea del loro dio, era stato "fuso insieme" con il boa costrittore, grosso serpente sudamericano. Simbologicamente invece, Quetzalcoatl rappresenta il connubio inscindibile fra tra terra e cielo, tra naturale e divino, tra bene e male. Esso è infatti allo stesso tempo un dio sanguinario, al quale venne sacrificata ben più di "qualche" vittima umana, e donatore di vita. Il serpente piumato, per gli Egizi come per gli Aztechi, rappresenta inoltre il contatto con il mondo dei morti e anche per questo rappresenta un simbolo da rispettare e venerare.


    Spostandoci dalle Americhe all’Asia, culla di un’infinita varietà di religioni, ci accorgiamo che il serpente ha avuto anche qui il suo posto nella mitologia e nella simbologia religiosa. In India, nonostante da sempre nelle risaie muoiano ogni anno decine di persone a causa del morso dei serpenti, Visnù, divinità creatrice, nell’iconografia classica è rappresentato seduto su un enorme serpente e con il capo attorniato da diversi cobra col cappuccio aperto. Il serpente per gli indiani è sempre stato in stretta relazione con le divinità (comunemente al buddismo: un cobra si pose infatti, secondo la tradizione, sulla testa del Buddha in meditazione per coprirlo dai cocenti raggi del sole) e soprattutto è in parte detentore della conoscenza, ed è perciò un’entità da rispettare e venerare.
    Dallo stesso nucleo dell’Induismo e del Buddismo proviene la religione cinese, nella cui simbologia ricorre da sempre il dragone, spesso anche dotato di piume. Il drago cinese è chiaramente un’ulteriore esagerazione della figura del serpente, che in questo caso viene considerato apotropaicamente: esso rappresenta un simbolo propiziatore atto ad allontanare influssi maligni. È probabile che la tradizione del drago sia derivata dall’esigenza di "rassicurare" la popolazione cinese ai tempi delle grandi invasioni da occidente di Unni e Tartari, fornendo così un simbolo ancora più "potente" del normale serpente.
    Anche nella mitologia degli aborigeni australiani si trova una leggenda che ha per protagonisti due serpenti. Secondo il mito aborigeno della creazione del mondo, furono due fratelli serpenti a plasmare la terra, dividendosi dopo aver litigato e dirigendosi in direzioni diverse, formando le montagne, le valli e i letti dei fiumi con i movimenti sinuosi dei loro corpi.
    Nelle civiltà europee hanno attribuito al serpente un valore mistico-religioso. Notissime sono ad esempio le statuette votive cretesi della dea che stringe nelle mani due serpi. Nella tradizione minoica il serpente è un elemento positivo e propiziatore, nonché un simbolo di fertilità legato alla sfera della simbologia di tipo sessuale (il serpente rappresenta, per i cretesi come per gli indiani, un simbolo fallico).
    Per gli antichi Greci il serpente è contemporaneamente un animale positivo, abbinato spesso alla medicina, e negativo, come è testimoniato ad esempio dalla celebre statua di Laocoonte, divorato insieme ai figli da due enormi serpenti marini, o dall’affresco nella "Casa dei venti" a Pompei, dove è raffigurato Ercole bambino che uccide delle vipere, davanti allo sgomento degli adulti.
    Per i Romani invece il serpente era legato in particolare a una divinità, Esculapio, che era il custode della medicina. Inoltre al lato pragmatico dei Romani non era sfuggito il fatto che i serpenti sono abili e voraci predatori di topi e ratti, e perciò non mancavano mai di ospitare un serpente nelle loro abitazioni, risolvendo così il problema della piaga dei roditori.



    Come s’è visto, il serpente nelle religioni antiche fu caratterizzato da un fortissimo aspetto di ambivalenza. Esso viene temuto per la sua velocità (pur non avendo zampe) e per i suo veleno, in qualche caso mortale. Allo stesso tempo però vengono attribuite a questi rettili capacità divine, e nella maggior parte dei casi queste sono positive, cosicché il serpente entra a far parte della religione come simbolo propiziatore e donatore di fertilità. Così come esso è legato al mondo degli inferi, contemporaneamente può far parte del mondo solare, dona la vita ma anche la morte, conferisce autorità e infonde sicurezza in un popolo vulnerabile, può uccidere con il veleno ma, proprio con questo si possono produrre antidoti e medicine potenti.
    Questa ambivalenza dei serpenti fu però cancellata dalla religione cristiana, dalla quale questi rettili ricevettero un’accezione solamente negativa, a cominciare dal serpente tentatore del paradiso terrestre, per continuare poi con la serpe infernale che porta sul dorso l’anticristo, rappresentando l’oscurità, il pericolo. Questa visione negativa dei serpenti fu però una evoluzione (o involuzione?) della religione cristiana. Nell’Antico Testamento Mosè innalza il serpente al cielo e Dio chiederà a lui di essere "innalzato" come aveva fatto con il serpente, dimostrando così che la figura di questi rettili era ben diversa da quella odierna. Sempre dalla Bibbia, si ha notizia di una traccia di culto ofidico anche nell’antica religione ebraica, nella quale questi rettili, rappresentati come serpenti di bronzo, mantenevano il loro significato ambivalente fra bene e male; il culto del serpente di bronzo fu però, come è scritto nella Bibbia, sradicato dalla religione ebraica tramite la distruzione completa dei templi a esso dedicati.
    I culti ofidici sono pressoché scomparsi dalla faccia della Terra, con pochissime eccezioni: il Sudest asiatico, l’India e, cosa stupefacente, l’Italia sono le uniche zone in cui è possibile trovare ancora oggi tracce di questi antichi culti.
    Il "caso" italiani è particolarmente interessante: si tratta di un antico culto ofidico di origine latina e ora "mascherato" dalla tradizione del cristianesimo. Il rito popolare si svolge tutti gli anni nella prima settimana di Maggio in due paesini abruzzesi nelle vicinanze del lago del Fucino: Cocullo e Pretoro. La tradizione vuole che in questo periodo avvenga una processione nella quale viene portata su un baldacchino (sorretto da alcuni uomini) la statua di San Domenico, che viene adornata con grovigli di serpenti vivi, che vengono anche "distribuiti" ad alcune persone della processione. Questa è sicuramente la testimonianza relitta dell’antica processione dei latini, i quali trascinavano la statua della dea Angizia, analoga alla figura greca di Circe e legata alla scienza medicinale, anch’essa coperta di grovigli di serpi vive. Con il passare dei secoli il culto di Angizia è andato perduto e alla dea s’è andata sostituendo la figura del santo, coprendo così il rito pagano....fino a pochi anni fa e nella tradizione latina i rettili venivano liberati subito dopo la cerimonia.


    S’è più volte accennato al fatto come in molte culture il serpente venisse abbinato alla scienza medicinale. Il serpente è da sempre risultato un soggetto di studio interessante, probabilmente soprattutto a causa della presenza del veleno e delle proprietà di questo.
    Il primo dato certo che testimonia lo studio dei serpenti nel mondo antico è il codice di Nicando, datato intorno al 200 a.C. Questo codice tratta soprattutto delle proprietà del veleno della vipera e di come ricavarne farmaci e antidoti. Da questo iniziale approccio scientifico si passò in seguito a considerare l’aspetto simbolico del serpente e del suo ruolo metaforico. In tutti i casi il serpente legato alla medicina è comunque un simbolo positivo e benaugurante. Due sono i simboli che, ancora oggi, fanno parte dell’iconografia farmaceutica: il caduceo e il serpente che si abbevera alla coppa. La forma del caduceo deriva dall’antica leggenda per cui Ermes aveva trovato due serpenti che, litigando, si contorcevano intrecciandosi; allora il dio scagliò loro addosso una lancia d’oro che li bloccò per sempre in quella particolare posizione, che rappresenta il rapporto di equilibrio perfetto tra due esseri, fra il bene e il male, analogo alla figura del serpente che si morde la coda, nella quale l’inizio di incontra con la fine in un preciso gioco d’equilibrio e proporzione, e per questo legato alla medicina.
    Il serpente che si abbevera alla coppa è invece un simbolo ancora più antico. Esisteva un antico mito, probabilmente precedente ai Romani, della dea Egea, la quale preparava pozioni e magiche medicine. Nell’iconografia s’è poi aggiunto il serpente come simbolo magico e portafortuna, che poi, attraverso un fenomeno di assimilazione e stilizzazione, è andato diventando il pestello utilizzato per preparare i farmaci, e la coppa è diventata il vaso dove si pestavano gli ingredienti. Tra l’altro questa iconografia del pestello e del vaso si ricollega ancora una volta alla sfera simbolica di tipo sessuale, dimostrando nuovamente la polivalenza simbolica di questi rettili.
    Più recenti di Nicando, anche i due scienziati Galeno e Andromaco si dedicarono a lungo allo studio dei serpenti e alle loro applicazioni nella medicina e per produrre l’antidoto per tutta una serie di veleni, non escluso quello della stessa Vipera. In particolare essi furono gli iniziatori di una lunga ricerca pseudo-scientifica, alla ricerca del "farmaco universale": la teriaca. Essa era inizialmente una pozione a base di corpo di vipera, alla quale vennero aggiunti nel corso dei secoli (questa ricerca durò infatti per gran parte del Medioevo) i più diversi ingredienti: miele, erbe aromatiche, frutta ecc... Inutile aggiungere che la teriaca non aveva alcun effetto sul veleno della vipera, né tantomeno poteva rappresentare un farmaco universale, come previsto dalle aspettative di chi la preparava.

    Il serpente ha avuto sempre un ruolo rilevante nei miti e nelle religioni di tutti i tempi e di tutte le civiltà dell’uomo che, affascinato e allo stesso tempo intimorito da queste creature così diverse da lui e così misteriose, non ha potuto fare a meno di essere rapito dal loro fascino. Fascino che oggi rischia di scomparire a causa di ottusità ed inutile pregiudizio, in gran parte derivazione di un errato pensiero cristiano medievale, che dipingeva queste creature come mostri infernali, pericolosissimi e astuti, estendendo peraltro questa fama a tutti gli altri animali striscianti.

    [Reportage di Leonardo Ancillotto su una conferenza
    del professor Massimo Capula (articolo del 14/5/2003)]



    ....una fiaba....


    Un padrone sposò la sua serva. Era un'anguana ma lui non lo sapeva.
    Prima del matrimonio, lei gli disse:
    " Tu devi promettermi di non toccarmi mai con il rovescio della mano".
    "Se non vuoi che questo...", rispose, ma non le domandò nessuna spiegazione.
    Il loro matrimonio era felice e nacquero due bambini.
    Un giorno il marito ritornò dal lavoro presto e la donna stava gramolando il pane, il viso tutto sudato.
    L'uomo le si avvicinò e, con un gesto spontaneo, le asciugò il viso con il rovescio della mano.
    La donna scomparve. Il poverino restò solo con i bambini.
    Quando a sera tornava a casa dal lavoro, egli trovava i figli in buon ordine e sfamati.
    "Come sono bravi", pensò tra se. " La madre li aveva tirati su bene".
    E non ci fece caso per un lungo periodo di tempo. Poi gli venne un dubbio.
    "Ma chi vi dà da mangiare?", chiese loro. " La mamma" risposero e restò pensoso e muto.
    Voleva conoscere la verità, ma aveva paura di scoprire quello che temeva.
    Un giorno si decise e domandò ai bambini: "Ma dove si nasconde la mamma?" .."Sotto una pietra! "
    La curiosità lo spinse, un giorno, a tornare a casa prima del solito. Voleva vedere sua moglie, scoprire questo mistero. Apre la porta, d'improvviso, e subito vede un serpente che saliva sulla pietra del secchiaio e cercava di uscire dal buco. Istintivamente gli fu addosso e con un legno l'uccise, come si fa in simili casi e da quel giorno, trovò sempre i figli spettinati, pieni di fame e la casa in disordine.
    (dal web)





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  3. gheagabry
     
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    Scincus scincus





    Il singolare animale nella foto in alto prende il nome di pesce delle sabbie, Scincus scincus. Si tratta di una piccole lucertola che vive nelle infuocate dune del deserto del Sahara, avente la caratteristica di riuscire a nuotare nella sabbia.
    Avvalendosi di una sofisticata apparecchiatura a raggi X, Ryan Maladen, ricercatore presso la Georgia Tech University, è riuscito a comprendere il meccanismo che consente al piccolo rettile di muoversi con agilità nel sottosuolo del deserto.
    Il pesce delle sabbie non utilizza le zampe per spostarsi ma effettua una serie di movimenti ondulatori del proprio corpo come se fosse un serpente.
    Il risultato della ricerca, pubblicata sulla rivista Science, contribuirà allo sviluppo di robot capaci di muoversi con rapidità e precisione in ambienti densi e complessi come la sabbia.




    dal web
     
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  4. gheagabry
     
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    Il CLAMIDOSAURO



    Il Clamidosauro (Chlamydosaurus kingi)appartiene al sott'ordine dei Sauri, famiglia delle Agaminae, sottofamiglia delle Agamidae. Il maschio raggiunge anche il metro di lunghezza, compresa la coda, le femmine sono più piccole ed hanno un clamide meno evidente in termini di colori e di ampiezza. Nel maschio il clamide ha colori che variano dal giallo al rosso dall'arancio al marrone. Il clamide puo' arrivare a misurare piu' di 30 cm di diametro. Normalmente il clamide rimane chiuso sulle spalle dell' animale, in caso di minaccia il rettile si alza sulle zampe posteriori per aprirlo a ventaglio e apparire sicuramente più alto e minaccioso; contemporaneamente emette un soffio intimidatorio. Tuttavia è solo apparenza perchè il nostro amico è tutt'altro che cuordileone. La vita media è di 10 anni circa.
    ...questa simpatica lucertolona diurna è originaria delle zone rocciose e semi desertiche dell'Australia del nord, Papua Nuova Guinea e della Tasmania. Passa praticamente tutto il tempo sui rami e per muoversi spicca prodigiosi salti da un ramo all'altro.
    La somiglianza tra il Clamidosauro in posizione di corsa e alcune specie estinte di Dinosauri (ad esempio nel primo Jurassic Park) non è fortuita, perchè gli atteggiamenti di questo Agama sono stati assunti come modello per li ricostruzioni.
    Si nutre di insetti ei altri piccoli invertebrati come del resto la maggior parte degli altri Agami; insegue la sua preda sugli alberi o a terra, la prende tra le mascelle e la riduce in pezzi servendosi dei numerosi molari trancianti e appiattiti lateralmente.


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  5. gheagabry
     
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    Il GECO "Coda di Foglia"



    Uroplatus sikorae, come tutto il genere Uroplatus, è endemico del Madagascar. Sono chiamati “gechi dalla coda a foglia” e a volte il loro mimetismo è davvero impressionante. Esistono 2 sottospecie di U. sikorae: U. S. sikorae e U. S. sameiti. Sono abbastanza difficili da distinguere a prima vista, un metodo sicuro per riconoscerli è guardare all’interno della bocca: se la gola è nera si tratta di U. S. sikorae, se è rosa di S. sameiti.... i S. sameiti sono più rari. E’ un Uroplatus di taglia media, spesso sono lunghi 15-18 cm anche se alcuni esemplari possono arrivare a 20-21 cm. Presentano una specie di “barbetta” o “frangia” che contorna tutto il corpo, questa ha lo scopo di eliminare le ombre quando il geco è come incolalto alla corteccia, rendendolo quindi praticamente invisibile anche in pieno giorno.
    Di giorno rimane immobile attaccato ad un tronco con la testa in giù, si appiattisce sulla corteccia e assume la stessa colorazione dell’ambiente circostante. Gli occhi sono molto prominenti di colore beige o marrone - giallo ed hanno la pupilla verticale circondata da disegni circolari di colore più scuro. La coda è corta, larga e lobata ai margini come una foglia e in caso di pericolo la può abbandonare, come farebbe una normale lucertola. Oltre al colore del corpo e alla forma della coda, ha delle frange cutanee lungo i margini laterali della mandibola e del corpo che gli permettono di sfumare i suoi contorni e di evitare una proiezione della propria ombra. Di notte è più attivo e caccia piccoli insetti. Se si sente minacciato, il geco si rizza in piedi per apparire più grande, solleva la coda e spalanca la bocca emettendo un forte sibilo. Di notte invece sono più attivi e si dedicano alla caccia di piccoli insetti. Purtroppo però la loro abilità mimetica non li ha salvati dall’estinzione: deforestazione e commercio illegale stanno decimando questi rettili.









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  6. gheagabry
     
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    L'ORBETTINO



    Gli orbettini appartengono alla famiglia degli Anguidi, che conta circa 80 specie quasi tutte americane. Solo due specie sono presenti nel vecchio continente: l'orbettino e l'Ophisaurus apodus. Sebbene molti membri di questa famiglia non hanno zampe, questa non è la caratteristica di tutti gli Anguidi... in realtà si tratta di una lucertola che nel corso della sua evoluzione ha perso le zampe, e come molte lucertole e sauri (non tutti) in caso di pericolo riesce a spezzare la sua coda, che rappresenta il 60% del suo corpo, lasciandola sul terreno per distrarre l'aggressore e riuscire a fuggire (il suo nome latino sottolinea questa sua fragilità).
    Specie diffusa su quasi tutto il continente europeo (eccetto la penisola iberica meridionale, l'Irlanda e l'estremo nord), in Italia è assente in Sardegna. Preferisce habitat ricchi di vegetazione e si trova in ambienti piuttosto umidi; lo si ritrova anche in pascoli, ricchi sottoboschi e nelle brughiere. E' un animale che si muove lentamente e con circospezione, dalle abitudini crepuscolari e notturne, ed è visibile soprattutto dopo la pioggia. Occasionalmente può termoregolarsi all'aperto, ma preferisce scaldarsi rimanendo sotto cose riscaldate dal sole (pietre ecc.) o sotto la vegetazione. Rettile simile ad un serpente (non possiede infatti zampe), con squame lisce e lucenti, l'orbettino raggiunge i 50cm di lunghezza. Il più lungo orbettino mai ritrovato misurava 1,2m. Il suo peso si aggira tra i 300 e i 600 g. In cattività ha raggiunto l'età di 54 anni!
    Si distingue però dai serpenti per la presenza di palpebre che si chiudono. Solitamente è di colore marrone o grigio o anche rame nella parte superiore. Le femmine hanno spesso una striscia vertebrale e fianchi e ventre piuttosto scuri; i maschi sono più uniformi ma possono avere occasionalmente degli ocelli blu. I giovani sono fortemente colorati: dorati o argentati superiormente con fianchi, ventre e striscia vertebrale molto scuri. L'orbettino si nutre di una gran quantità di lumache, ma anche di piccoli mammiferi, uova di uccello, insetti e lombrichi. Dopo aver mangiato le lumache si libera del muco strofinando il muso sulla terra.
    Il suo soprannome, la "Lucertola di vetro" (o di cristallo) è dovuto sia alla particolare lucentezza delle squame e rigidità di movimenti dello stesso, soprattutto se paragonati a quelle dei serpenti, sia alla capacita (in quanto sauro) di amputare volontariamente la coda per sfuggire ai predatori (autotomia), che ha alimentato la leggenda che questo animale possa "rompersi" in pezzi, quasi fosse, per l'appunto, di vetro.
     
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    Il VARANO


    Sicuramente i varani potrebbero ben rappresentare i cosiddetti draghi. Infatti, il capo e il collo sono molto allungati, il tronco è massiccio e pesante, le forti zampe sono munite di unghie e la coda è lunga e grossa. A ciò si aggiunge la lingua sottile e bifida completamente estroflettibile. Il capo, inoltre, è molto mobile e può essere volto in tutte le direzioni.
    I Rettili appartenenti a questa famiglia variano da una lunghezza di due metri sino oltre i tre. Hanno una struttura corporea massiccia e poderosa, che ricorda il coccodrillo. Il più grosso Sauro vivente è il drago di Komodo (3,5 m di lunghezza per 140 kg di peso) e si nutre di erbivori (delle dimensioni di un giovane cervo), di maiali selvatici e di qualsiasi animale morto trovato. Il più piccolo è il varano dalla coda breve che raggiunge appena i 20 cm. La lunga e potente coda è cilindrica nelle specie terrestri ed è compressa in quelle acquatiche. Il varano, a differenza di tutti gli altri Sauri, ha perso la capacità di rompere volontariamente la coda e di rigenerare la parte mancante.
    Alcuni varani sono acquatici ed altri sono terrestri. Dopo essersi scaldato al sole del mattino, questo Rettile inizia la sua ricerca di cibo. In relazioni all’ambiente colonizzato anche la dieta varia e può comprende pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. Quando si nutre di grosse prede, questi Rettili strappano la carne coi denti e con le unghie e di solito non schiacciano e non masticano il cibo, ma lo inghiottono intero o in grossi pezzi. Il fatto di ingerire grosse prede intere ha determinato lo sviluppo di un astuccio osseo per proteggere il cervello dalla pressione esercitata sul palato durante il pasto: questa caratteristica, unica fra i Sauri, è riscontrabile tra i serpenti. Altro elemento in comune con i serpenti, oltre che con gli altri Sauri, è la presenza di una lingua lunga e biforcuta che permette loro di percepire gli odori delle prede. Alcune specie acquatiche sono in grado di rimanere a lungo sott’acqua, ad esempio il varano del Nilo può rimanere immerso per oltre un’ora. Il grande varano fasciato o varano della Malesia si spinge a nuotare lontano dalla costa. Date le dimensioni relativamente grandi, il varano non presenta molti nemici: infatti, oltre all’uomo può cadere vittima di grossi carnivori, di uccelli da preda e dei coccodrilli. In ogni caso, lo strumento di difesa più utilizzato è sicuramente la fuga; qualora questa non sia possibile il varano sa come difendersi: il corpo si gonfia e l’animale emette dei fischi con la bocca aperta mentre la robusta coda (talvolta utilizzata più dei denti per la difesa) colpisce il suolo da una parte all’altra, a questo si aggiungono le poderose mascelle e le affilate unghie. Le uova, di dimensioni e numero (7-35) variabili con la specie, sono deposte in buche del terreno oppure in cavità degli alberi.
    Le innumerevoli specie sono distribuite in tutto il continente africano, nell'Asia meridionale, nelle isole dell'Insulindia e in Australia.
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    Il geco “coda a foglia” (Uroplatus sikorae)

    geco-coda-a-foglia

    Il geco “coda a foglia” del Madagascar
    La lunghezza varia dai 10 ai 30 centimetri, è bravissimo a mimetizzarsi. Di giorno rimane immobile attaccato ad un tronco con la testa in giù, si appiattisce sulla corteccia e assume la stessa colorazione dell’ambiente circostante. Gli occhi sono molto prominenti di colore beige o marrone - giallo ed hanno la pupilla verticale circondata da disegni circolari di colore più scuro. La coda è corta, larga e lobata ai margini come una foglia e in caso di pericolo la può abbandonare, come farebbe una normale lucertola. Oltre al colore del corpo e alla forma della coda, ha delle frange cutanee lungo i margini laterali della mandibola e del corpo che gli permettono di sfumare i suoi contorni e di evitare una proiezione della propria ombra. Di notte è più attivo e caccia piccoli insetti. Se si sente minacciato, il geco si rizza in piedi per apparire più grande, solleva la coda e spalanca la bocca emettendo un forte sibilo.



    Basilisco

    basilisco1

    Basilisco
    Basilisco è il nome comune di un genere di sauri, appartenente alla stessa famiglia delle iguane. Questi rettili innocui, dall'aspetto feroce, sono animali che, sebbene si muovano lentamente sulle quattro zampe, possono correre veloci sulle sole zampe posteriori. Grazie alla particolare conformazione delle zampe posteriori il basilisco è in grado di correre sull'acqua sfruttando le turbolenze prodotte dal rapido contatto delle zampe con la superficie liquida. I basilischi sono semi arboricoli, amanti dell'acqua e si nutrono prevalentemente di insetti, pesci, anfibi, piccoli rettili; raggiungono la maturità sessuale tra i 16 e i 18 mesi di età, sono ovipari e dopo l'accoppiamento, le femmine depongono dopo circa 3 settimane una decina di uova in una buca nel terreno. La schiusa avviene generalmente dopo 8-10 settimane.
    Nell'America tropicale, loro habitat, vivono quattro specie: il basilisco striato (Basiliscus vittatus) che è marrone con una banda gialla lungo i fianchi, mentre le altre specie, fra cui il basilisco americano (Basiliscus plumifrons) e Basiliscus basiliscus, sono giallastre o bruno verde. Questi animali raggiungono la lunghezza di 1 m, alla quale contribuisce perlopiù la coda, sottile e simile a una frusta. Le zampe posteriori sono molto sviluppate rispetto al resto del corpo. I maschi hanno sul dorso, coda e sulla testa, una cresta erettile che scorre lungo la linea mediana

     
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    Salamandre giganti

    salamandre-giganti

    Salamandre giganti
    La salamandra gigante cinese (Andrias davidianus) può raggiungere i 180 cm. di lunghezza e 25-30 kg. di peso e la salamandra gigante del Giappone (Andrias japonicus) arriva quasi a 150 cm di lunghezza; sono i più grandi anfibi viventi conosciuti.
    Il corpo e la testa sono tozzi, gli occhi sono piccoli ma hanno dei sensori tattili sul corpo che gli servono per per muoversi in acqua. La colorazione varia secondo la specie. Queste salamandre trascorrono tutta la loro vita in acqua, vivono in fiumi, laghi, torrenti, ad altitudini comprese fra 300 e 1000 metri. Si nutrono di piccoli vertebrati, rane, pesci, che cacciano sopratutto di notte. Non sono pericolose per l'uomo, basta non disturbarle o secernono una sostanza lattiginosa irritante e naturalmente potrebbero mordere. Per riprodursi la femmina depone circa 500 uova nella tana del maschio che le feconda e le protegge fino alla schiusa che avviene dopo circa due mesi, i nuovi nati misurano attorno a 30 mm di lunghezza. Queste salamandre, che oggi sono protette, non hanno nemici naturali, l'uomo però stava sterminandole per la carne e per le “solite presunte virtù medicinali” che avrebbero tutte le carni degli animali che si massacrano in quei luoghi. La loro vita è piuttosto lunga, un esemplare è vissuto in cattività 52 anni.
    Una curiosità:
    Nel 1726 il fisico svizzero Johann Jakob Scheuchzer descrisse un fossile come un Homo diluvii testis, credeva che fossero i resti di un uomo annegato nel Diluvio universale, pensava che fossero il bacino e la colonna vertebrale di un uomo gigantesco. Solo nel 1812, il fossile fu esaminato da Georges Cuvier, che capì che apparteneva ad una salamandra gigante. Il fossile si trova ancora al museo Teylers di Haarlem, in Olanda,

     
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  11. gheagabry
     
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    Il B O A


    Il Boa (da “Bova”, biscia d’ acqua), è un animale solitario e tende ad associarsi ai conspecifici solo per accoppiarsi. Nonostante sia prevalentemente notturno, non di rado ama crogiolarsi nel corso della giornata quando le temperature notturne sono troppo basse. Essendo inoltre un eccezionale nuotatore, è comune ritrovarlo immerso in piccoli specchi d’ acqua o lungo fiumi e torrenti; ha inoltre l’ abitudine di occupare le tane dei mammiferi di medie dimensioni, dove può nascondersi dai potenziale predatori. Trattandosi di ofidi semi-arboricoli, i giovani Boa possono arrampicarsi su alberi e arbusti molto alti. Diventando più grandi e pesanti prediligono la vita di terra, pur mantenendo una spiccata attitudine arboricola. Non di rado infatti è possibile osservare un esemplare adulto che si muove tra i rami più bassi e robusti. Il Boa Constrictor è annoverato tra i “grandi costrittori”, nonostante raggiunga dimensioni modeste rispetto a giganti come il pitone reticolato, l’ anaconda verde e il pitone birmano. Al momento delle nascita i piccoli misurano intorno ai 50 cm. La crescita è molto rapida, arrivando fino ai 40 cm all'anno (sottospecie Imperator). Mediamente le dimensioni di un esemplare adulto vanno dai 1,4-1,8 m per gli esemplari maschi e 1.8-2,4 m per le femmine. Sebbene con una crescita più lenta rispetto alle altre, la sottospecie Constrictor Constrictor detiene oggi il record di lunghezza (fino a 4 metri). Casi più unici che rari viste le misure medie (1.8 -2.5 mt). Le dimensioni e il peso dipendono comunque dalla sottospecie e dalla disponibilità di prede adeguate. Non esistono segni particolarmente evidenti di dimorfismo sessuale, tuttavia gli esemplari femmina si presentano generalmente più grandi, sia in termini di lunghezza, di circonferenza e di peso. Una coda più lunga, e speroni cloacali più evidenti, sono invece tipici di un esemplare maschio.
    La colorazione del boa constrictor può variare notevolmente a seconda della località, tuttavia essi si presentano generalmente di un colore di fondo marrone, grigio o crema, modellato da selle marroni o bruno-rossastre, che diventano più marcate verso la coda.
    Sui fianchi si trovano disegni a forma di scudi, solitamente dello stesso colore delle selle dorsali, o leggermente più chiari. In alcune sottospecie, la colorazione delle selle caudali assume toni di rosso molto acceso, in contrasto con un fondo molto chiaro (i.e. Suriname). Proprio a questa peculiarità si deve l’ origine del nome comune “Boa coda rossa”. La colorazione mimetica del Boa Constrictor è molto efficace in natura, nelle giungle e nelle foreste da dove esso proviene. Non mancano tuttavia individui che presentano disturbi della pigmentazione, come l'albinismo. Boa constrictor è notoriamente un cacciatore d’ agguato. La dieta di Boa constrictor include una grande varietà di mammiferi ed uccelli. I giovani individui si nutrono di piccoli topi e volatili, pipistrelli, lucertole e anfibi. Tuttavia la caccia attiva è un’ altra peculiarità di questo serpente, sopratutto in quelle regioni con una bassa concentrazione di prede adatte. Tale comportamento si verifica in genere durante la notte.
    Come tutti i costrittori, per prima cosa la preda viene colpita e immobilizzata dal veloce e preciso morso del Boa.Successivamente viene costretta fino alla morte prima di essere consumata tutta. Con l’ aiuto della dentatura e dei muscoli della gola, la prede viene lentamente ingollata e spostata verso lo stomaco dove prenderà atto la digestione. Ci vorranno dai 4 ai 6 giorni per digerire completamente il cibo, a seconda delle dimensioni della preda e della temperatura locale. Grazie al metabolismo estremamente lento, Boa constrictor può tuttavia restare a digiuno senza conseguenze, da una settimana a diversi mesi.


    Boa constrictor è un ofide ovoviviparo (le uova sono incubate e si schiudono nell' organismo materno). Esso generalmente nidifica nella stagione secca, tra aprile ed agosto. Essendo poligami, i maschi possono accoppiarsi con più femmine. Durante la stagione riproduttiva la femmina, che normalmente raggiunge la maturità sessuale non prima dei 30/36 mesi di età, emette un profumo dalla sua cloaca per attirare i maschi, che possono anche lottare per il diritto di accoppiarsi con lei. Durante la riproduzione il maschio arriccia la coda intorno la femmina per inserire così uno dei due emipeni. L'accoppiamento può durare da pochi minuti a diverse ore, e può verificarsi più volte in un periodo di qualche settimana. Dopo questo periodo l’ ovulazione può non avvenire immediatamente, tuttavia la femmina può tenere lo sperma dentro di sè fino ad un anno.

    Anche la vita di un temibile predatore può essere complicata. Quella del boa constrictor (Boa constrictor), per esempio, è tutta una ricerca di equilibrio tra lo stritolio delle sue vittime e la necessità di conservare le preziose energie necessarie alla sopravvivenza. Per assicurarsi di non sprecare inutili risorse durante la caccia, questo rettile - che può raggiungere i 4 metri di lunghezza e non ha veleno, ma una possente muscolatura che usa per soffocare le prede - ha sviluppato uno spiccato senso del tatto. I serpenti di questa specie sanno esattamente quando è il momento di smettere di stringere: i loro sforzi cessano nell'esatto istante in cui il poveretto avvolto nelle loro spire finisce di vivere.

     
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  12. gheagabry
     
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    CHELYDRA serpentina



    Con il termine tartaruga azzannatrice si indica comunemente la Chelydra serpentina, una tartaruga appartenente alla famiglia delle Chelydridade di cui fa parte anche la Tartaruga alligatore. Insieme rappresentano le due specie di tartarughe di acqua dolce più grandi esistenti in natura. Il carapace di questa specie arriva a misurare fino a 50 centimetri e gli esemplari più grandi possono pesare anche 6 chili. E’ di colore verde oliva a forma di cupola, mentre, il piastrone è di misura ridotta. E’ caratterizzata da una testa massiccia e tozza, con la muscolatura del collo molto sviluppata che le consente di sferrare morsi letali. Ha la coda particolarmente lunga e il carapace increspato.




    E’ una specie molto aggressiva, specie se la si incontra fuori dall’acqua. E’ dotata di potentissime mascelle e di un becco corneo che utilizza per intrappolare le prede. Una particolarità che gli è valso il soprannome di “snapping turtle”, ovvero tartaruga dal morso a scatto. Passa la maggiorparte della giornata immersa, avventurandosi a riva solo per deporre le uova. Le tartarughe azzannatrici sono onnivore, si nutrono di vegetali, pesci, anfibi, molluschi. Sono considerate spazzini del mare poichè mangiano tutto ciò che possono inghiottire. La tecnica di caccia è molto particolare poichè si immergono con la bocca spalancata e ingoiano tutto ciò che ci finisce dentro. L’alligatore è il suo solo predatore anche se i suoi nidi spesso sono attaccati da procioni e da altri animali che si nutrono delle sue uova.




    La tartaruga azzannatrice è una specie tipica delle regioni del Nord America. Gli esemplari di questi rettili vivono dal Canada fino all’Ecuador e dalle coste atlantiche fino alle Montagne Rocciose. Il suo habitat naturale è costituito da zone paludose, da aree vicino a laghi e fiumi. Prediligono le acque stagnanti, con fondo melmoso e circondate da vegetazione, infatti, spesso le si nota a galleggiare a pelo d’acqua con solo il carapace all’esterno. Nelle zone più settentrionali le si può trovare a galleggiare su tronchi caduti in acqua.




    Vive in tutti gli ambienti di acqua dolce e salmastra come fiumi, ruscelli, laghi, stagni, canali e lagune. Sceglie zone con fondali sabbiosi dove è più facile mimetizzarsi per cacciare. Se i fondali sono poco profondi le tartarughe azzannatrici stazionano sul fondo con solo la testa fuori dall’acqua per respirare. Il suo areale naturale va dal sud est del Canada fino alla parte più orientale degli Stati Uniti come la Nuova Scozia e la Florida. Negli ultimi anni si è diffusa anche in Europa a causa del rilascio di incauti allevatori, che dopo aver acquistato degli esemplari in maniera illegale, li abbandonano quando diventato troppo grandi e difficili da gestire.



    La stagione degli amori per le tartarughe azzannatrici coincide con il risveglio dal letargo e va da aprile a novembre, con un picco nei mesi di giugno e luglio. Gli esemplari di questa specie si accoppiano in acqua. I maschi lottano tra loro per conquistare la femmina. L’accoppiamento vero e proprio è alquanto violento con il maschio che si aggrappa con gli artigli sul carapace della femmina procurandole diversi graffi. Caratteristica della specie è la capacità della femmina di conservare gli spermatozoi al suo interno per diverse stagioni.




    Percorre diversi chilometri per trovare il terreno adatto in cui deporre le uova. Il nido profondo circa 20 centimetri viene scavato in un terreno sabbioso sempre ad una certa distanza dall’acqua per impedire che possa essere sommerso dalle onde. La femmina depone in media dalle 25 alle 80 uova all’anno. Le uova sono sferiche e misurano dai 25 ai 32 millimetri. Una volta deposte le uova il nido viene coperto con la sabbia per protezione. L’incubazione dura da un minimo di nove ad un massimo di 18 settimane.



    La tartaruga azzannatrice è un animale a rischio estinzione e per questo è protetta dal protocollo di Washington che ne vieta il commercio. E’ stata cacciata per anni, soprattutto in nord America per scopi alimentari. La zuppa di tartaruga, infatti, è considerata una prelibatezza. Non si tratta, comunque, di un animale adatto ad essere allevato in casa in quanto è molto aggressivo se trasportato al di fuori del suo habitat naturale e non ama essere manipolata. Il suo morso può anche causare l’amputazione di un dito o della mano grazie alle sue potenti mascelle. Il suo collo flessibile le consente di mordere in qualsiasi posizione si trovi, quindi anche se viene sollevata ai lati per il carapace. E’ sconsigliato prendere questa tartaruga per la coda poichè si potrebbero causare danni alla colonna vertebrale. E’ dotata di artigli appuntiti e taglienti capaci di causare ferite anche molto profonde. La potenza del morso, detto a scatto, è stato sviluppato nel corso dell’evoluzione come tecnica di difesa e non di offesa come si potrebbe pensare, poichè questa tartaruga, come del resto anche la tartaruga alligatore possiede una testa troppo grande per riuscire a ritrarla all’interno del guscio.




    cibocanigatti.it
     
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  13. gheagabry
     
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    Le tartarughe, in fatto di strade, ne sanno più delle lepri.
    Kahlil Gibran



    La TARTARUGA marina




    La tartaruga marina comune (Caretta caretta) è una specie cosmopolita diffusa nelle acque degli Oceani Atlantico, Indiano e Pacifico e nel bacino del Mediterraneo e del Mar Nero.
    La tartaruga marina comune è una specie carnivora e gli individui attraversano nel corso della vita due diverse fasi ecologiche: all’inizio frequentano la zona superficiale del mare aperto e successivamente si spostano in fondali bassi.
    Gli adulti di tartaruga marina comune possono compiere lunghe migrazioni dalle zone di alimentazione a quelle di riproduzione. Qui le femmine si recano nottetempo sugli arenili per deporre le uova in buche scavate nella sabbia. Di norma esse sono le uniche a frequentare la terraferma, proprio per questo motivo. La schiusa delle uova ha luogo dopo un periodo variabile dipendente dalla temperatura di incubazione, in media circa 2 mesi.
    La temperatura è anche determinante per il sesso dei nascituri: alte temperature producono femmine, basse temperature maschi. La maturità sessuale viene raggiunta tra i 20 e i 30 anni di vita.



    Le C. caretta depongono le uova nella sabbia, nelle spiagge soleggiate e non troppo lontano dal mare in quanto i piccoli quando nascono devono dirigersi subito verso il mare.Poco prima della stagione riproduttiva (inizio del periodo estivo) il maschio della C. caretta migra verso le spiagge dove avverrà la nidificazione e si ferma al largo in attesa delle femmine. Una volta che le femmine arrivano, i maschi iniziano il corteggiamento. Le femmine possono rifiutare il maschio conseguentemente si riparano verso il fondo del mare. Il maschio però le attende pazientemente in superficie quando ritornano a galla per respirare e fa un nuovo tentativo.
    L'accoppiamento può durare anche molte ore ed il maschio rimane attaccato alla femmina grazie agli artigli delle zampe anteriori. Durante questo lungo periodo il maschio di tartaruga può essere scacciato da altri maschi per prendere il suo posto infatti non è infrequente che in una singola nidiata possano esserci uova fecondate da maschi diversi...La femmina durante la stagione riproduttiva si alterna diverse volte nella deposizione delle uova in pratica si accoppia, va nella spiaggia a deporre le uova e poi ritorna ad accoppiarsi e questo ogni 12-14 gg durante la stagione riproduttiva, all'incirca 2-5 volte, che corrisponde quindi a 2-5 nidi per tartaruga.
    Ogni nido di tartaruga contiene 110 - 130 uova.
    Il tempo di incubazione delle uova dipende dalla temperatura nel nido (influenzata dalle condizioni climatiche e dalla posizione dell'uovo all'interno del nido): circa 65-70 gg a basse temperature (intorno ai 25°C); circa 45 gg a temperature più alte (circa 35°C). Come molto altri rettili nella tartaruga C. caretta il sesso dei nascituri è determinato dalla temperatura esterna delle uova e non c'è una regola fissa vale a dire che varia da zona a zona. Ad esempio si è osservato che in Sud Africa la temperatura alla quale si formeranno 50% maschi e 50% femmine deve essere compresa fra 28-30°C infatti temperature più basse (24-26°C) tendono a produrre solo maschi mentre temperature più alte (32-34°C) tendono a produrre solo femmine. In pratica si produrrà testosterone od estrogeni a seconda della temperatura. Al di fuori di queste oscillazioni termiche le uova non sono vitali.
    Non si sa con precisione come le piccole tartarughe C. caretta appena nate, riescano ad orientarsi (in genere le uova si schiudono di notte) verso il mare: si è ipotizzato che forse distinguano l'orizzonte o l'inclinazi0ne della spiaggia. Qualunque sia la motivazione sembra comunque certo che una volta in acqua utilizzino segnali chimici e magnetici per orientarsi.
    Normalmente tendono a ritornare ogni anno nella stessa spiaggia in cui sono nate.



    ...nella storia....



    Tutti noi siamo in grado di riconoscere una tartaruga, animale inconfondibile grazie alla bizzarra «corazza», il guscio che avvolge e protegge il suo corpo. Ma forse non tutti sanno che le tartarughe sono Rettili e che la loro storia evolutiva è tale da far meritare oggi a questi animali la definizione di veri e propri «fossili viventi». E infatti le tartarughe sono animali antichi, per molti versi identici ai loro lontani progenitori. La «storia» delle tartarughe inizia circa 300 milioni di anni fa con la comparsa dei Rettili: siamo nel Carbonifero, quando un gruppo di Anfibi arcaici, lascia l'ambiente acquatico per conquistare la terraferma. La «strategia evolutiva» che ha permesso il totale affrancamento dall'acqua di animali che oggi sappiamo essere stati i primi veri Vertebrati terrestri, è la comparsa dell'uovo amniotico: un uovo ricco di vitello (tuorlo), contenente una membrana (l'amnios) delimitante una cavità in cui l'embrione è totalmente immerso in un microambiente liquido che lo protegge dalla disidratazione: per questo i Rettili sono chiamati animali «amnioti» come gli Uccelli ed i Mammiferi.



    ....miti e leggende....



    Fin dai tempi antichissimi le tartarughe sono state considerate animali speciali, magici, che portano fortuna. Ed è proprio per questo che i miti e le leggende su di loro sono innumerevoli. Il motivo più plausibile di tanto interesse sta probabilmente nel fatto che questi animali esistono da tantissimi anni (vengono definite fossili viventi) ed è affascinante immaginare che siano riuscite a viaggiare attraverso il tempo, resistendo alle diverse epoche e conservando inalterati i loro caratteri primordiali. Il ruolo più comune che viene loro attribuito, sia nella cultura indiana che in quella cinese, è di essere i pilastri del mondo e di sostenere l’universo. Tra alcune tribù di nativi americani e in Cina, dove è considerata sacra da circa quattromila anni, la tartaruga rappresenta addirittura il mondo intero: il carapace, per la sua forma, sarebbe il cielo, mentre il piastrone la terra





    La leggenda infatti narra che molto tempo fa, prima che vi fossero gli uomini, non c'era altro sulla Terra che acqua. Un giorno, il Grande Spirito guardò verso il basso dal cielo e decise di fare un bellissimo giardino. Ma dove poteva farlo? Tutto ciò che vedeva era soltanto acqua. Allora scorse una tartaruga gigante. Il Grande Spirito decise di fare il suo giardino sulla tartaruga... Ma una tartaruga non era abbastanza grande per il giardino che il Grande Spirito voleva fare. Allora la chiamò e le disse: "Tartaruga, corri a cercare i tuoi sei fratelli!" La tartaruga si mise alla ricerca. Impiegò un intero giorno a trovare il primo e un giorno per trovare ognuno degli altri. Dopo sei giorni, la tartaruga aveva trovato i suoi sei fratelli. "Venite", disse, "vi vuole il Grande Spirito".
    Il Grande Spirito dispose le tartarughe una di fronte all'altra in due file di quattro tartarughe ciascuna e disse loro: "Sarà un grande onore per voi trasportare questo bellissimo giardino sulla vostra schiena. Quindi non dovrete più muovervi da questa posizione". Il Grande Spirito prese della paglia nel cielo e la distese sulla schiena delle tartarughe. Quindi prese del suolo e lo sistemò sopra la paglia. Il Grande Spirito si pulì le mani in una soffice nuvola bianca e cominciò a lavorare formando montagne, valli, laghi e fiumi. Quando ebbe finito rimase a guardare il bellissimo giardino che aveva fatto. Il Grande Spirito era molto soddisfatto. Ma subito iniziarono i problemi. Le tartarughe giganti soffrivano a stare ferme. Esse volevano sgranchirsi le gambe. "Io voglio nuotare verso est", diceva una, "io voglio andare ad ovest" diceva un'altra, "io voglio nuotare verso sud", ma non riuscendo a mettersi d'accordo rimanevano immobili. Un giorno però, quattro tartarughe cominciarono a nuotare verso est e le altre quattro verso ovest. La terra cominciò a tremare! Ma dopo un minuto tornò la calma. Le tartarughe si erano fermate perché il terreno sopra le loro schiene era troppo resistente e le teneva unite. Esse riuscivano soltanto a nuotare un poco una verso l'altra. Quando capirono che non potevano nuotare si fermarono rassegnate. Tuttavia di tanto in tanto le tartarughe ci riprovano, e ogni volta che lo fanno la Terra trema.





    La mitologia greca spiegava la genesi dell'animale con la leggenda della ninfa Chelone, dalla quale la tartaruga prenderà anche il nome. Ella, avendo osato deridere Zeus ed Hedra, proprio il giorno delle nozze, era stata punita dagli Dei infuriati che l'avevano precipitata in mare e condannata a recare sul dorso la propria casa, fino alla fine dei tempi.La tartaruga è un animale in grado di proteggersi da ogni attacco esterno e rappresenta una forza nascosta. Assomiglia un poco all’antichissimo silenzio della vita, che in caso di pericolo sa sempre rifugiarsi in sé.
    Plinio decanta le applicazioni della tartaruga: le sue carni sarebbero utili per controbattere le arti magiche o come antidoto ai veleni di scorpioni, ragni e salamandre; l'orina mescolata a cimici, sarebbe portentosa contro il morso degli aspidi. Anche il grasso, il fiele e le scaglie trovano spazio nella farmacopea. Sempre Plinio, ci informa della presunta facoltà della chelonia, occhio della tartaruga indiana, di rendere profeta chi la teneva in bocca. E tutto ciò incrementò una cospicua importazione di tartarughe dall'Asia e dall'Africa, dove l'animale era cacciato ma anche considerato sacro ... L'uso del guscio come culla o come vasca da bagno era ritenuto, nel IV e III sec. a.C., efficace contro le malattie infantili....Sempre per le sue qualità, la tartaruga è anche simbolo di fertilità e di lunga vita.





    Mentre una notte se n'annava a spasso,
    la vecchia tartaruga fece er passo più lungo
    de la gamba e cascò giù cò la casa vortata sottoinsù.
    Un rospo je strillò: "Scema che sei!
    Queste sò scappatelle che costeno la pelle...
    _ lo sò rispose lei_ ma prima de morì, vedo le stelle.
    - Trilussa -






     
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    RIPRODUZIONE VERGINALE

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    A quanto pare, la “riproduzione verginale” non è un evento così raro in natura. Per la prima volta, infatti, sono state osservate alcune vipere dare alla luce i loro figli senza l’aiuto di nessun padre, in una zona dov’erano comunque presenti dei maschi.

    Tra gli animali che normalmente si riproducono sessualmente, la nascita verginale o partenogenesi, finora era stata osservata solo in cattività in alcuni specie di serpenti, draghi di Komodo, uccelli e squali. La partenogenosi è da sempre considerata una novità evolutiva, un modo insomma per dare alla luce una discendenza anche in mancanza di padri adeguati.

    Gli autori dello studio - pubblicato sulla rivista Biology Letters - guidati da Warren Booth, biologo della Tulsa University, hanno catturato alcuni esemplari di femmine gravide di serpenti “testa di rame” e “mocassino acquatico”, in zone in cui erano presenti anche dei maschi. E una volta nati i cuccioli, i ricercatori ne hanno documentato le caratteristiche fisiche e genetiche.

    I test hanno dimostrato che due madri, una “testa di rame” e una “mocassino acquatico”, avevano partorito per partenogenesi: “Un numero decisamente elevato” su un totale di 59 esemplari catturati, ha commentato Booth. “Questo evento in un campione così piccolo è veramente notevole. Adesso ritorneremo a osservare questi gruppi ogni anno per vedere se accadrà di nuovo”.

    Il mistero della partenogenesi

    Ma perché nei serpenti femmina avviene partenogenesi anche quando ci sono dei maschi disponibili?

    Secondo Booth, forse per le due vipere questo era l'unico modo possibile di riprodursi. Booth ha osservato, infatti, che la vipera testa di rame che ha subito la partenogenesi era più piccola del normale, e forse era stata scartata dai maschi in favore di altre femmine. Altri scienziati sostengono invece che la partenogenesi sia piuttosto un errore riproduttivo. Booth sta anche studiando la possibilità che possa essere innescata da un batterio o da un virus.

    Ciascuna delle due cucciolate, inoltre, consisteva in un solo serpente maschio, mentre di solito le teste di rame danno alla luce fino a sei-nove piccoli e i mocassini d’acqua addirittura venti. Potrebbe sembrare solo un caso, ma in realtà ogni serpente nato attraverso partenogenesi noto in letteratura scientifica è sempre stato un maschio.

    “Sarebbe interessante vedere anche delle femmine”, ha detto Booth. “Non c'è nessun motivo per cui non debbano nascere delle femmine, ma in tutte le specie che abbiamo esaminato, ci sono stati solo maschi”.

    Non si sa neppure se in i nati per partenogenesi siano in grado di riprodursi normalmente o se avranno anch’essi delle nascite verginali. Spesso infatti questo tipo di prole presenta anomalie e non sopravvive a lungo, visto che “altro non è che una forma di ibridazione molto forte”.

    Uomini al sicuro, per il momento

    La partenogenesi avviene quando un corpo polare - una cellula prodotta insieme alle uova - essenzialmente agisce come uno spermatozoo e “feconda” l'uovo. Di conseguenza il DNA della prole non è del tutto uguale a quello della madre, che risulta essere una sorta di mezzo clone.

    Finora la partenogenesi era stata osservata solo tra gli squali, rettili e uccelli, mentre non sembra possibile tra i mammiferi, visto che la loro riproduzione necessita delle copie dei geni di entrambi i genitori.

    “Non ci sarà partenogenesi umana in tempi brevi”, ha detto Demian Chapman, il biologo marino della Stony Brook University che ha scoperto una nascita verginale tra gli squali pinna nera. “Lasciamo la partenogenesi ai serpenti, agli uccelli e agli squali”.





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  15. gheagabry
     
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    Categoria: Comportamento – Animali a sangue freddo

    Fermo, ma in allerta, un caimano Jacaré attende in acqua il passaggio delle prede. Il fotografo ebbe una volta un incontro ravvicinato con uno di questi grandi rettili, e da allora ha realizzato diverse fotografie di questi animali.

    © Luciano Candisani (Brasile) / Veolia Environnement Wildlife Photographer of the Year 2012



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    Categoria: Ritratti di animali

    Una sera, mentre camminava lungo il corso del fiume Myakka in un parco nazionale della Florida, Larry incontrò un gruppo di alligatori. Era la stagione secca e gli animali si stavano rimpinzando con i pesci intrappolati nelle pozze d’acqua lasciate dal fiume che si era ritirato. Un grosso alligatore era chiaramente sazio. «Non aveva fretta di andare da nessuna parte – racconta Larry – e così misi il treppiede e la macchina a circa sette metri da lui, mettendo a fuoco i suoi occhi.» Subito dopo il tramonto, il fotografo impostò il flash sulla minore luce possibile, in modo da catturare il brillio degli occhi dell’alligatore. La lunghezza degli alligatori può essere stimata dalla distanza tra gli occhi: in questo caso, si tratta di un esemplare molto grosso.

    © Larry Linch (Stati Uniti) / Veolia Environnement Wildlife Photographer of the Year 2012

     
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