SCIMMIE ... SCIMPANZE' ... GORILLA .

...i nostri antenati....

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  1. gheagabry
     
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    IL POTTO

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    Il Potto (Perodicticus potto Müller, 1766) è un primate strepsirrino della famiglia dei Lorisidi, l'unico rappresentante del genere Perodicticus. Il nome "potto" sembrerebbe derivare dalla parola pata, che significa "scimmia senza coda".
    Le dimensioni sono quelle di un gatto piccolo (circa 35 cm per 1 kg di peso), con una coda corta e una pelliccia folta e lanosa rossiccia, marrone o grigia con considerevole variabilita’ individuale. L’anatomia del Potto è perfettamente adattata ad uno stile di vita tipicamente arboricolo: il corpo e le ossa sono particolarmente flessibili ed elastici, e ciò gli garantiscono grande libertà di movimento. Le zampe sono molto potenti, e la particolare conformazione delle mani gli permettono una presa sui rami saldissima; è solito spostarsi con estrema prudenza, muovendo anche un solo arto per volta. Le mani e i piedi sono modificati in modo che l’animale non perda mai la presa dall’albero, neanche quando dorme: il pollice e l’alluce sono spostati in modo da formare un’angolo di 180 gradi rispetto alla mano e il dito indice e’ vestigiale, cosicche’ l’opposizione si ha tra il pollice e tutte e tre insieme le dita rimaste. Inoltre le caviglie e i polsi hanno un adattamento speciale che consente al potto di rimanere appeso ad un ramo anche per un’intera giornata senza stancarsi: i capillari si allargano e ramificano in quella che si chiama rete mirabile arteriosa e poi si ricompongono a formare non una vena ma un’altra arteria, come succede nel nostro fegato. Cio’ serve a rimuovere l’acido lattico dell’affaticamento muscolare e portare piu’ ossigeno ai muscoli che tengono ancorato l’animale al suo ramo.

    L’areale di distribuzione sono le foreste dell’Africa Occidentale Equatoriale, dalla Guinea al Congo al Kenia.
    Il potto e’ tendenzialmente vegetariano (frutta e resina), ma si ciba anche anche di bruchi irritanti, coleotteri pestilenziali e millepiedi velenosi, riuscendo a disintossicarsi dalle sostanze che questi animali usano per difendersi con uno stratagemma: ha un metabolismo lentissimo, il 40% in meno rispetto ad un animale del suo peso, e cio’ fa si che le tossine vengano degradate nell’intestino prima di essere assorbite nel sangue. Inoltre ha enzimi nello stomaco che gli consentono di digerire bene la chitina che riveste gli insetti. All’occorrenza, anche uccelli, topi o pipistrelli forniscono uno spuntino per il potto, che si dimentica un attimo di essere lento e colpisce velocissimo.


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    Come il bradipo, il potto si muove molto lentamente, con un’andatura simile a quella di un camaleonte, anche se quando vuole, appunto, sa fare movimenti inaspettatamente rapidi: se si sta fermi, e’ piu’ difficile essere notati. Non scende mai dagli alberi, rimanendo sempre ad una trentina di metri d’altezza, dove i grossi predatori non arrivano. Tra i suoi pochi predatori abituali, infatti, c’e’ lo zibetto delle palme africano che e’ appena poco piu’ grande. Ha un odore strano, per via di una secrezione ghiandolare che usa anche, insieme all’urina, per marcare il territorio. Le prime tre vertebre cervicali hanno dei processi spinosi molto lunghi posteriormente, che si intravedono quasi fuoriuscire dal collo, in quella zona priva del pelo lanoso ma con una pelle molto spessa. Se il potto vede un potenziale predatore avvicinarsi, si immobilizza. Se il predatore si avvicina ancora, il potto si appallottola con la testa tra le zampe e la nuca esposta con queste “spine” visibili. Non e’ chiaro se le spine servano da difesa o se siano sensibili ai movimenti del predatore e permettano al potto di schivarlo all’ultimo momento, nella speranza che il predatore perda la presa e cada dall’albero (da cui il potto non cade mai). Se lo stratagemma non funziona, il potto infligge morsi dolorosi difficili da rimarginare.

    Anche se di solito cammina rimanendo al di sopra dei rami e non appendendosi sotto come un bradipo, il potto quando si accoppia lo fa a testa in giu’ e faccia a faccia con il partner. Inoltre l’accoppiamento dura molto tempo, il che favorisce il primo maschio che si accoppia con la femmina. Di solito e’ poligamico, con un maschio che sorveglia il territorio anche di 8-9 femmine. Dopo sei mesi di gestazione nasce un unico cucciolo che pesa 50 g alla nascita e si attacca sotto la pancia della madre per tre settimane, dopo di che viene lasciato su un ramo immobile in attesa che questa torni. Lo svezzamento dura altri 4-5 mesi e ad un anno e mezzo sara’ sessualmente maturo. In cattività la massima longevità riportata e’ di 26 anni.

    In base a studi in cattività condotti negli anni '60, i potto si sono dimostrati più curiosi rispetto agli altri lorisidi, anche se non ai livelli dei lemuri: mostravano interesse per oggetti sconosciuti (ma solo se questi venivano messi nelle vicinanze del cibo) e sviluppavano comportamenti altruistici di gruppo (passavano a turno del tempo in compagnia di un esemplare malato, conservavano del cibo per un esemplare temporaneamente assente). Non c'è tuttavia alcuna conferma che questi comportamenti avvengano anche in natura.
    (tratto da www.lorologiaiomiope.com)


    Edited by gheagabry1 - 6/2/2020, 15:51
     
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  2. gheagabry
     
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    I lemuri discendono da uno dei più antichi rami dell’albero genealogico dei primati: i loro antenati risalgono a 55 milioni di anni fa. Creature intelligenti, hanno avuto tempo per evolversi, adottare comportamenti vantaggiosi e perfezionare i loro sistemi sociali. Il risultato? A comandare sono le femmine.

    Il matriarcato è poco diffuso tra i primati, ma è la norma per tutte le specie di lemuri, compreso il sifaka di Coquerel. Anche le femmine più giovani hanno una posizione gerarchica superiore, e in genere hanno la precedenza sulla scelta del cibo e dei posti per dormire, spiega Chris Smith del Duke Lemur Center: “ Tolgono il cibo di bocca ai maschi. E se una femmina vuole mettersi al sole in un punto occupato dal maschio, le basterà dirigersi verso di lui, che si leverà subito di mezzo” Se un maschio la disturba , la femmina può spintonarlo, dargli una zampata o strappagli il pelo. Nel periodo dell’accoppiamento, le femmine “sono le uniche a decidere con quali e quanti maschi accoppiarsi”,dice Lidya Greene, ricercatrice della Duke University.

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    Purtroppo se le cose non cambiano non ci sarà più alcuna supremazia. In Madagascar, la loro terra natia, i lemuri hanno già perso il 90% dell’habitat, soprattutto a causa dell’agricoltura “taglia e brucia”. Delle 103 specie e sottospecie di lemuri esistenti, 20 sono vulnerabili, 49 sono in pericolo e 24 a grave rischio di estinzione.

    (Patricia Edmonds, National Geographic giugno 2015)




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    Edited by gheagabry1 - 6/2/2020, 13:55
     
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    Gli scimpanzé preferiscono collaborare che farsi concorrenza

    Quando possono scegliere tra cooperare o competere, gli scimpanzé optano cinque volte più spesso per la collaborazione. A dirlo è uno studio condotto dagli etologi dello Yerkes National Primate Research Center, che sfata il mito secondo cui l'uomo è l'unico animale collaborativo.
    Per capire se gli scimpanzé possiedono le stesse capacità dell'uomo nell'andare oltre la competizione, gli esperti hanno messo alla prova 11 esemplari con una serie di esercizi che richiedevano una collaborazione a due o a tre al fine di ottenere ricompense. Nonostante fosse loro consentito di farsi concorrenza, aggredirsi e tentare di rubarsi il bottino, gli scimpanzé hanno scelto in gran parte di impegnarsi insieme, collaborando 3.565 volte nelle 94 ore dell'esperimento.
    Non solo: per contrastare l'atteggiamento competitivo ed egoista di alcuni esemplari, gli scimpanzé hanno protestato, rifiutandosi di lavorare in presenza di "scrocconi". In 14 casi, inoltre, gli scimpanzé dominanti hanno soccorso "colleghi" più deboli, presi di mira da chi non aveva partecipato all'esercizio e tentava di appropriarsi delle ricompense.
    "Si tende a pensare che la cooperazione umana sia unica, ma il mondo è pieno di collaborazione, dalle formiche alle orche", osservano gli studiosi. "La nostra ricerca - evidenziano - è la prima a dimostrare che i nostri parenti più stretti sanno molto bene come scoraggiare la competizione e il parassitismo: è la collaborazione a vincere".
    (Ansa)


    Edited by gheagabry1 - 17/1/2023, 21:03
     
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    scatto di Debra Dorothy


    "Nel nostro rapporto con gli animali,
    e forse solo su questa via,
    possiamo di nuovo arrivare ad una reale religione,
    una religione del vero amore umano"
    (R. Wagner)



    Edited by gheagabry1 - 4/2/2020, 22:06
     
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    CATARRINI

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    I Catarrini (Catarrhini, dal greco "naso stretto") sono un parvordine di primati dell'infraordine Simiiformes, comprendente quelle che sono comunemente chiamate scimmie del Vecchio Mondo. I catarrini si separarono dalle scimmie del Nuovo Mondo circa 40 milioni di anni fa, eleggendo a propria dimora gli ambienti più disparati in Africa ed Asia. Una colonia di scimmie è presente anche in Europa (le bertucce di Gibilterra), dove furono con tutta probabilità importate dai Romani. Le scimmie del Vecchio Mondo sono di dimensioni da medie e grandi e variano dalle forme arboricole, come le scimmie colobo, alle forme completamente terrestri, come i babbuini. La più piccola è il talapoin, che ha una lunghezza della testa e del corpo di 34-37 cm e pesa tra gli 0,7 e gli 1,3 chilogrammi, mentre la più grande è il gorilla di montagna maschio, con circa 190 cm di lunghezza e un peso che arriva a 200 chilogrammi.
    Rispetto alle platirrine, le catarrine non presentano mai coda prensile, hanno un dimorfismo sessuale anche considerevole, in relazione alle loro abitudini solitamente poligame e possiedono un naso dalle narici puntate verso il basso.

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    Altre distinzioni comprendono sia un ectotimpanico (osso uditivo) tubolare che otto, e non dodici, premolari nelle catarrine.
    Alcune scimmie del Vecchio Mondo presentano peculiarità anatomiche. Le scimmie colobo, al posto del pollice, hanno un moncone che le aiuta nei loro movimenti arboricoli; il maschio della nasica ha un naso straordinario, mentre le scimmie dal naso camuso non lo hanno quasi; il pene del mandrillo maschio è di colore rosso e lo scroto ha una colorazione lilla; inoltre, anche la sua faccia presenta la stessa colorazione brillante dei genitali e questo sviluppo avviene solo nel maschio dominante di un gruppo di più maschi.

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    La maggior parte delle scimmie del Vecchio Mondo sono, almeno in parte, onnivore, ma tutte preferiscono sostanze vegetali, che dominano la loro dieta. Le scimmie delle foglie sono per la maggior parte vegetariane, nutrendosi soprattutto di foglie e mangiando solo una piccola quantità di insetti, mentre le altre specie sono molto opportuniste, nutrendosi principalmente di frutta, ma consumando anche quasi ogni fonte di cibo disponibile, come fiori, foglie, bulbi e rizomi, insetti, chiocciole e perfino piccoli vertebrati.
    La gestazione nelle scimmie del Vecchio Mondo dura tra i cinque e i nove mesi. I parti sono solitamente singoli. I piccoli nascono relativamente ben sviluppati e sono in grado di arrampicarsi con le mani sulla pelliccia delle madri fin dalla nascita. Rispetto alla maggior parte degli altri mammiferi, hanno bisogno di molto tempo per raggiungere la maturità sessuale, dai quattro ai sei anni per la maggior parte delle specie.
    In quasi tutte le specie, le figlie rimangono con le madri per tutta la vita, creando così un gruppo sociale matrilineare. I maschi lasciano il gruppo non appena raggiungono l'adolescenza e si aggregano ad un nuovo gruppo. In molte specie, in ogni gruppo vive solo un singolo maschio adulto che scaccia tutti i rivali, ma altre sono più tolleranti, stabilendo relazioni gerarchiche tra maschi dominanti e subordinati. Le dimensioni del gruppo sono molto variabili, perfino all'interno della stessa specie, e dipendono dalla disponibilità di cibo e da altre risorse.

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