LEONI..TIGRI PANTERE GHEPARDI..I FELINI..

felini nel mondo

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  1. gheagabry
     
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    Pardofelis marmorata



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    Il gatto marmorato (Pardofelis marmorata) costituisce l'unica specie del genere Pardofelis.

    Gli esemplari di gatto marmorato hanno dimensioni simili a quelle del gatto domestico, con una coda più lunga e folta, indicatore di uno stile di vita arboricolo. Il peso si aggira intorno ai 4.5 kg, la lunghezza del corpo è di circa 53 cm e la coda è lunga circa 45 cm.

    Il folto mantello è simile a quello della pantera nebulosa, con tinte che vanno dal giallo-ocra al grigio-bruno.

    Il gatto marmorato è diffuso dall'Himalaya e dall'Assam fino alla Birmania e all'Indocina. Si trova anche nell'India settentrionale, nel Nepal, in Malesia, Tailandia, Sumatra e Borneo.

    Il suo habitat sono le giungle tropicali.




    Profelis aurata



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    Il gatto dorato africano (Profelis aurata Temminck, 1827) è un gatto selvatico di medie dimensioni diffuso nelle foreste pluviali dell'Africa occidentale e centrale. Misura circa 80 cm di lunghezza ed ha una coda di 30 cm. È uno stretto parente sia del caracal che del serval. Tuttavia, la classificazione attuale lo considera come unico membro del genere Profelis

    Il gatto dorato africano ha un manto di colore variabile. Generalmente è color cannella o bruno rossastro, ma ne esistono anche varianti nere o grigie. Talvolta il mantello è maculato, ma la maggior parte degli esemplari presenta una colorazione uniforme.

    Solitamente la lunghezza del corpo varia tra i 61 e i 100 cm. La coda è lunga 16-46 cm e l'altezza alla spalla è di circa 38-55 cm. I maschi pesano 11-14 kg, mentre l'unica femmina di cui è stato possibile misurarne le dimensioni pesava 6,2 kg.

    Nell'aspetto il gatto dorato africano somiglia moltissimo al caracal, ma ha orecchie più corte

    In cattività vive circa 15 anni, ma non sappiamo quale sia la durata della sua vita in natura.

    A causa del suo stile di vita estremamente elusivo, non sappiamo molto sulle sue abitudini.

    È un buon arrampicatore, ma caccia prevalentemente sul suolo. Tra le sue prede principali ricordiamo roditori, uccelli e scimmie, ma caccia anche cefalofi e perfino ilocheri.

    Sottospecie

    * Profelis aurata aurata
    * Profelis aurata cottoni

    Il gatto dorato africano è molto simile al gatto dorato asiatico, ma gli studi effettuati hanno dimostrato che tale somiglianza sia dovuta solamente ad un'evoluzione convergente.






    Catopuma temminckii



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    Il gatto dorato asiatico (Catopuma temminckii Vigors e Horsfield, 1827, classificato in passato nei generi Pardofelis, Profelis e Felis), noto anche come gatto dorato di Temminck, è un gatto selvatico di medie dimensioni (90 centimetri di lunghezza più 50 centimetri di coda) dal peso che si aggira tra i 12 e i 16 chili. In cattività può vivere fino a 20 anni, ma in natura la durata media della sua vita è senza dubbio più breve. Nonostante il colore del mantello sia solitamente rosso volpe o bruno dorato, ne esistono anche varianti nere o grigie. Di norma il colore è uniforme, tranne alcune macchioline sul ventre e talvolta piccole chiazze poco visibili sul resto del mantello. Tuttavia, in Cina si trova una variante ricoperta da una serie di macchie simili a quelle del leopardo che ricorda moltissimo il gatto leopardo. Questa pelliccia maculata è un carattere recessivo.

    Il gatto dorato asiatico è diffuso in tutta l'Asia sud-orientale, dal Tibet e dal Nepal fino alla Cina meridionale, all'India e a Sumatra. Predilige habitat forestali intervallati da aree rocciose e si trova nelle foreste pluviali tropicali e in quelle sempreverdi subtropicali e decidue, ma talvolta vive anche su terreni più aperti. È possibile incontrarlo dalle pianure fino ad altitudini di 3000 metri sull'Himalaya.

    Non sappiamo granché sulle abitudini di questo predatore piuttosto elusivo e la maggior parte delle nostre conoscenze a riguardo è stata tratta da esemplari in cattività. Sulla base di alcune osservazioni compiute in passato si riteneva che fosse una creatura principalmente notturna, ma un recente studio effettuato su due esemplari ha dimostrato che l'attività non segue alcun andamento ritmico preciso. È un animale in prevalenza solitario, ma è in grado di emettere una vasta gamma di vocalizzi, come sibili, sputi, miagolii, fusa, grugniti e brontolii. In cattività sono stati inoltre osservati animali che marcavano il proprio territorio strofinando la testa contro vari oggetti, emettendo spruzzi di urina e graffiando alberi e tronchi.

    Carnivoro, caccia generalmente al suolo, sovente in coppia, anche se è capace di arrampicarsi sugli alberi. Si ciba prevalentemente di capre, montoni, lucertole ed uccelli.

    È sessualmente maturo tra i 18 ed i 24 mesi. La femmina, dopo circa 80 giorni di gestazione, partorisce 1-2 piccoli.

    Mitologia
    In alcune regioni della Thailandia il gatto dorato asiatico viene chiamato Seua fai («tigre di fuoco»). Secondo una leggenda locale bruciare una pelliccia di questo gatto farebbe fuggire via le tigri. Si otterrebbe lo stesso effetto anche mangiandone la carne. I Karen credono invece che sia sufficiente portarsi appresso un solo pelo. Molti popoli indigeni sostengono che questo gatto sia molto feroce, ma in cattività si è dimostrato molto docile e tranquillo.

    Il numero esatto dei gatti dorati asiatici che vivono in natura è sconosciuto; tuttavia, questa specie è classificata nell'«Appendice I» dalla CITES e tra le «specie quasi in pericolo» dalla IUCN. Viene cacciata per la pelliccia, ma soprattutto per le ossa, utilizzate nella medicina tradizionale cinese. Comunque, la causa maggiore di rischio per questo animale è la distruzione dell'habitat. Sono molto pochi gli esemplari che vivono negli zoo e non si riproducono bene in cattività.

    Ne esistono tre sottospecie:

    * Catopuma temminckii temminckii, Himalaya, Asia sud-orientale continentale e Sumatra
    * Catopuma temminckii dominicanorum, Cina sud-orientale
    * Catopuma temminckii tristis, Cina sud-occidentale


    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 20:38
     
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    Prionailurus viverrinus



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    Il gatto viverrino (Prionailurus viverrinus), chiamato anche gatto pescatore, è un felide di media grandezza, dalle lunghe zampe e dalla coda corta. La sua testa è allungata, con orecchie molto piccole e tonde, poste molto indietro. Il suo pelame, morbido e senza lucentezza, è grigio terreo, brunastro sul dorso, più chiaro sotto il ventre; è tutto punteggiato di piccole macchie nere, allungate, di varia grandezza e disposte in file longitudinali sul dorso e sui fianchi. La coda è, più o meno distintamente, inanellata. Gli artigli non sono completamente retrattili e i piedi anteriori sono palmati. L'animale può camminare tenendo le dita aperte a ventaglio; questo adattamento gli permette, verosimilmente, di muoversi a suo agio sui terreni paludosi del suo habitat. Lungo circa 70-80 cm, la sua coda non supera i 30 cm. Pesa tra gli 8,5 e i 12,5 kg.

    La distribuzione geografica del gatto viverrino comprende la maggior parte dell'Asia tropicale. Vive nel Nepal, nel Pakistan, in Birmania, in Thailandia, nella Cina meridionale, in Indocina e in tutta la penisola malese. In India è distribuito in maniera ineguale; infatti in parecchie regioni è assente. Nella penisola indiana esso s'incontra solo sulla costa del Malabar, fino al Capo Comorin. È raro nella regione di Madurai, nell'India meridionale, ma vive numeroso nella pianura del Gange e nel Bengala. Il gatto viverrino si ritrova pure nelle giungle di Ceylon, dove però è poco frequente, e nelle zone secche della parte settentrionale dell'isola. Vive anche a Sumatra e sulla costa settentrionale e su quella occidentale di Giava.


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    Il gatto viverrino vive all'interno e alla periferia delle grandi foreste; è stato visto anche nelle regioni incolte; alcuni cacciatori lo hanno stanato nei canneti e fra le graminacee, costeggianti i corsi d'acqua e gli acquitrini. Predilige gli estuari e le mangrovie costiere. Si arrampica con agilità, ma preferisce starsene a terra, dove trova le sue prede. Nell'Himalaya s'incontra fino a 1500 m di altitudine.

    Questo gatto non è completamente notturno, perché lo si vede molto spesso aggirarsi durante il giorno nel sottobosco della giungla. È un felide irascibile, che può diventare pericoloso quando è ferito. Gli abitanti della regione di Malabar, in India, lo accusano di aver portato via bambini in tenera età, lasciati soli nelle misere capanne dai genitori. Vero è che esso non esita ad avvicinarsi ai villaggi. Il naturalista Hutton, quando abitava tra i monti Anamalai, nell'India meridionale, ricevette la visita di un gatto viverrino che, in cinque notti consecutive, gli rubò, prima di finire nella tagliola, 2 anatre, poi altre 3, 2 conigli adulti e infine 7 coniglietti. Questo felide cattura i pesci, standosene accovacciato su una pietra o sull'argine, da dove li prende con una zampata. Contrariamente a quanto si credeva a suo tempo, non catturerebbe i pesci tuffandosi in acqua. Si sa che si nutre principalmente di pesci e di molluschi d'acqua dolce, a cui dà la caccia negli acquitrini e nei corsi d'acqua. Lo zoologo Hodgson riferisce che un gatto viverrino fu visto mentre divorava un grosso serpente. Si afferma anche che uccide vitelli e pecore. Uno di questi gatti sembra che si fosse specializzato nella cattura di cani paria. Il gatto viverrino si ciba anche di rane e di piccoli rettili. Secondo Buchanan Hamilton, va pazzo per i molluschi acquatici Ampullaria e Unio, che abbondano in alcune regioni dell'India.

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    La vita intima del gatto viverrino è poco conosciuta. Phillips ritiene che a Ceylon la femmina partorisca 2 piccoli, o nel cavo di un albero o in fondo a una tana. Hutton riferisce che due gattini, con gli occhi ancora chiusi, furono trovati in una piantagione di tè, a poca distanza da un grosso albero. A Cannanore, in India, un gattino fu trovato, nel mese di giugno, in mezzo ad un canneto. Una femmina, seguita da due piccoli fu vista, in aprile, nel Bihar. Allo zoo di Hannover, il 6 marzo 1959, una femmina partorì 2 piccoli. Il gatto viverrino si è riprodotto anche allo zoo di Francoforte, nel 1960, nel 1961 e nel 1963: si registrò la nascita di 3 gattini. Altri 2 ne nacquero nel marzo 1964, allo zoo di Filadelfia. Secondo Ulmer il loro peso alla nascita era di 170 g; misuravano 18,3 cm di lunghezza. Una seconda figliata, di 2 piccoli, si verificò allo zoo di Filadelfia il 28 febbraio 1966, dopo una gestazione di 63 giorni. Il pelame dei piccoli non differisce da quello dei loro genitori. A un mese e mezzo di età i gattini si divertono a bagnarsi e a scorrazzare nell'acqua. Cominciano a mangiare la carne verso il 55° giorno.

    Il gatto viverrino resta per lo più selvaggio e aggressivo, anche se catturato piccolino; tuttavia, si conoscono casi di gattini, addomesticatisi molto bene in pochissimo tempo.


    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 20:44
     
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    LEOPARDO DELLE NEVI

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    Il leopardo delle nevi (Panthera uncia), anche detto irbis, è un felino che vive nell'Asia centrale. Nonostante venga chiamato "leopardo", esso in realtà non lo è. Più strettamente legato alla tigre (Panthera tigris) la cui divergenza evolutiva è avvenuta oltre 2 milioni di anni fa è stato solo di recente inserito nel genere Panthera, di cui fanno parte anche la tigre, il leone, il giaguaro ed il leopardo. Prima infatti si era ritenuto appartenesse al genere Uncia, di cui era l'unico rappresentante.

    Sono state classificate due sottospecie distinte di leopardo delle nevi (McCarthy et al. 2003), ma un'analisi genetica approfondita non è ancora stata fatta.
    La sua attitudine a vivere in luoghi remoti e poco accessibili ne ha reso difficile lo studio, infatti le prime notizie attendibili sulla sua ecologia sono arrivate dalla metà degli anni '70.

    La testa e il corpo di questo animale misurano circa 132 cm; a ciò va aggiunta la coda, lunga 91 cm circa. L'altezza al garrese è di circa 60 cm, pressappoco la stessa di quella di certi leopardi. Forse anche il peso è quasi identico a quello del leopardo, ma pochi irbis sono stati pesati, per cui non si ha nessuna certezza. Confrontato con il leopardo, l'irbis ha una testa più piccola e una coda più lunga, mentre il corpo sembra più lungo in rapporto alle zampe; il paragone fra i due animali è difficile data la lunghezza del pelame dell'irbis, che è lungo sulla maggior parte del corpo poco più di 2 cm e mezzo, che raggiunge una lunghezza di 5 cm sulla coda, e di 7 cm sul petto e sul ventre.


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    La pelliccia invernale è notevolmente più fitta di quella estiva, ed è un po' più grigia, ma il colore fondamentale rimane sempre il grigio-bruno con una sfumatura di giallo in certe zone; le parti inferiori sono di un bianco quasi puro, il che contribuisce a cancellare gli effetti delle ombre. Il corpo è disseminato di grandi rosette nere, dal contorno piuttosto indefinito. Anche la lunga coda presenta macchie nere. Le parti posteriori delle orecchie sono nere alla base mentre le punte sono più chiare.

    Il leopardo delle nevi vanta il record fra i felini di avere la coda più lunga, circa 1,10 metri, quanto l’intero corpo.

    Vi sono probabilmente degli esemplari nella Persia settentrionale ed è possibile che anticamente vivessero anche in quella meridionale. Georges-Louis Leclerc, famoso naturalista francese del 1700 e conte di Buffon, affermò che in Persia essi erano parzialmente addomesticati ed addestrati alla caccia, ma forse confondeva il leopardo delle nevi col ghepardo, che spesso era addestrato a rincorrere la selvaggina. Nessun altro autore ha parlato di irbis domestici: quindi la testimonianza di Leclerc è molto dubbia.


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    Ancor oggi l'area in cui vive il leopardo delle nevi è poco conosciuta; è racchiusa tra le catene montuose della Russia centromeridionale, come il Pamir, il Tibet e l'Himalaya. A nord si estende fino ai Monti Altai e Saiani e penetra in Mongolia e nella Cina occidentale.

    Benché non arrivi alle latitudini più settentrionali, il leopardo delle nevi vive a notevoli altezze e spesso incontra condizioni climatiche molto fredde o decisamente glaciali. Solitamente lo si riscontra tra i 3.000 m 5.400 m in Himalaya ed i 900 m e 3.000 m in Mongolia e Russia
    Questo animale è ben adattato a resistere al freddo, poiché il suo mantello gli fornisce un ottimo isolamento; inoltre ha orecchie piccole, che sono meno sensibili delle grandi al morso del gelo. Anche la lunga coda, un'appendice soggetta al congelamento in altre specie, ha una funzione ben precisa: serve a bilanciare il corpo durante gli inseguimenti delle sue prede lungo i ripidi pendii.


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    Il ciclo vitale è adattato al clima: mentre i felini tropicali in genere non hanno stagioni d'accoppiamento fisse, il leopardo delle nevi ha una stagione d'accoppiamento chiaramente definita; non sarebbe opportuno che la femmina partorisse i suoi cuccioli nel gelo, durante il duro inverno. L'accoppiamento perciò avviene tra gennaio e la metà di marzo e dopo una gestazione di 90-103 giorni nascono i cuccioli.

    Ogni cucciolata di solito è costituita da due a quattro piccoli, che vivono nei primi giorni di vita in una tana, costituita a volte dall'interno di una caverna o da un anfratto roccioso; i leopardi delle nevi spesso utilizzano gli enormi nidi costruiti dagli avvoltoi tra i rami di bassi cespugli di ginepro. In luglio i cuccioli cominciano a seguire la madre nelle sue battute di caccia, e rimangono con lei fino alla fine dell'inverno successivo.

    Come può facilmente intuirsi dalla sua colorazione mimetica maculata, il leopardo delle nevi ha il suo territorio di caccia tra le ombrose chiazze dei cespugli di ginepro, degli abeti rossi e delle betulle sparsi sui pendii delle montagne. Benché la sua lunga coda possa servirgli magnificamente per fargli da contrappeso sui balzi, il leopardo delle nevi non è mai stato visto arrampicarsi sugli alberi; di solito abita terreni più aperti, nascondendosi tra gli ammassi di roccia ai bordi dei pascoli montani.


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    Benché sia stato avvistato più volte durante il giorno, il leopardo delle nevi ha abitudini prevalentemente crepuscolari e notturne. Le sue principali prede sono il bharal o blue sheep (Pseudois nayaur) in Himalaya e Tibet e l'ibex asiatico (Capra ibex sirbirica) in Mongolia, Karakorum e Russia.

    Se la selvaggina scarseggia, copre grandi distanze alla ricerca di prede; i suoi spostamenti sembrano seguire un percorso regolare; Ionov, naturalista russo, notò che, dopo una grossa nevicata in pieno inverno o dopo un acquazzone estivo, un leopardo delle nevi abbandonò il suo normale territorio di caccia e, traversata una profonda vallata, si spostò in altra zona. Alcuni giorni più tardi, quando il tempo si fu ristabilito, ritornò nella sua zona percorrendo la stessa strada.

    Quando il suo territorio è vicino ai pascoli frequentati da greggi e le sue prede principali sono scarse, si possono verificare fenomeni di predazione sul bestiame domestico; spesso uccide pecore, capre e yak. Alcuni autori riportano anche i cavalli tra le sue prede accidentali, probabilmente puledri.

    Di solito attacca la preda con la tattica dell'agguato; contro animali che riposano o che pascolano usa, invece, la tattica dell'avvicinamento furtivo; giunto a pochi metri dalla sua preda, spicca un balzo piombandole addosso. Il leopardo delle nevi è un saltatore eccezionale. S. I. Ognev, zoologo russo, degno di fede per la sua grande esperienza, racconta di averne visto uno superare con un balzo un crepaccio largo quasi 15 metri.

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    Il leopardo delle nevi è minacciato dalla caccia incontrollata, che ha ridotto la popolazione mondiale a non più di 7 mila esemplari. La strategia per la sopravvivenza del leopardo delle nevi agisce contro i bracconieri, con il coinvolgimento attivo dei villaggi e delle popolazioni locali.

    Il leopardo delle nevi è stato ferocemente cacciato in passato per la sua pelliccia. Negli ultimi anni questo tipo di commercio a livello internazionale è notevolmente diminuito, ma la specie è ancora seriamente minacciata. Una delle minacce principali è rappresentata dal fatto che i mandriani stanno ormai trasferendo le loro greggi nei territori del leopardo. Il bestiame domestico compete con le pecore e le capre selvatiche a causa dalla scarsità di pascoli, e questo spinge le prede selvatiche in altre zone. In assenza delle prede abituali, i leopardi iniziano a predare il bestiamo d’allevamento, provocando la reazione dei pastori che non esitano a uccidere i felini.

    I leopardi delle nevi vengono uccisi anche per le loro ossa, che vengono usate nella medicina tradizionale cinese al posto delle ossa di tigre. Il leopardo delle nevi, insieme agli altri grandi felini, è inserito nell'Appendice I della Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie in Pericolo (CITES), che assicura una maggiore protezione a livello internazionale.

    Il leopardo delle nevi, classificato come specie gravemente minacciata dall’International Union for the Conservation of Nature, ha fatto ritorno, in maniera stabile, nell’area del Parco Nazionale del Sagarmatha (il nome nepalese dell’Everest).



    A dare la notizia è l’équipe di ricerca in ‘Scienze ambientali’ di Ev-K²-Cnr, guidata dal prof. Sandro Lovari dell’Università degli Studi di Siena, che ha avviato un progetto su ‘Conservazione della biodiversità: la comunità di grandi mammiferi e la comunità ornitica’ e che da tempo si occupa della conservazione di questo grande carnivoro attraverso un progetto specifico del Comitato Ev-K²-Cnr ‘Vanishing tracks on the roof of the world’.


    “Negli anni ’60 la specie era sostanzialmente estinta nel parco, a causa dell’attività illegale di ‘protezione’ a difesa degli allevamenti e di quella dei bracconieri”, dice Sandro Lovari. “I primi segni indiretti del ritorno del leopardo datano al 2002, con il rilevamento della forte diminuzione dei piccoli di tahr, particolare specie di capra selvatica che vive sulla catena dell’Himalaya e una delle prede preferite del leopardo delle nevi ‘Uncia uncia’.

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    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 20:59
     
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    TIGRE SIBERIANA



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    La tigre dell'Amur o tigre siberiana (Panthera tigris altaica, Temminck 1844) è una rara sottospecie di tigre, un mammifero carnivoro della famiglia Felidae.
    Al 2008, la sua popolazione - stabile o in modesta ripresa dopo un lungo periodo di declino - conta alcune centinaia di esemplari diffusi prevalentemente nell'Estremo Oriente russo e, in misura minore, nell'area di confine con la Manciuria e la Corea del Nord

    La tigre dell'Amur è ritenuta popolarmente il maggiore rappresentante in natura della famiglia Felidae, ma secondo la letteratura scientifica più recente, le sue dimensioni non differiscono significativamente dalla più comune tigre del Bengala.

    Come affermato da Dale Miquelle - direttore del Siberian Tiger Project - le misure rilevate su un campione di circa cinquanta esemplari suggeriscono che la taglia della tigre dell'Amur sia comparabile con quella della sottospecie indiana (Thapar, 2004). Tipicamente, l'altezza al garrese è inferiore di una decina di centimetri rispetto alla tigre del Bengala - che raggiunge, in media, i 107-110 cm (Matthiessen e Hornocker, 2001) - e la lunghezza media di un maschio anziano è compresa tra i 190 e i 220 cm escludendo la coda che per esemplari di questa età misura circa 1 metro. L'esemplare maschio di maggiori dimensioni di cui abbiamo dati attendibili raggiungeva i 350 cm di lunghezza totale comprensiva della coda (Mazák, 1983).

    Sebbene il peso degli esemplari maschi possa superare facilmente i 280 chilogrammi (Turner e Antón, 1997), il valore medio è inferiore e si aggira attorno ai 230 kg. Sono stati catalogati esemplari dal peso superiore ai 360 kg e, in letteratura, sono menzionati alcuni maschi anziani che raggiungevano i 384 kg, ma queste misure non sono sostenute da fonti attendibili (Mazák, 1983). Le femmine sono usualmente più minute dei maschi e il loro peso oscilla tra i 100 e i 167 kg raggiungendo, talvolta, i 180 kg.

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    Il peso maggiore misurato nell'ambito del Siberian Tiger Project è di soli 215 kg . Il numero di esemplari catalogati dal progetto è ridotto, ma alcuni zoologi ritengono che questo valore discrimini correttamente le massime misure reali dalle stime, spesso esagerate, fornite dai cacciatori

    La tigre dell'Amur si differenzia dalle altre sottospecie di tigre anche per il mantello, dalle tonalità più chiare con strisce di colore marrone scuro invece che nere.
    Il mantello invernale differisce sensibilmente da quello estivo sia nella forma (è più lungo, spesso e folto) sia nel colore (si schiarisce ulteriormente o assume delle tonalità ocra) per offrire alla tigre un migliore mimetismo e una protezione efficace contro le rigide temperature del proprio habitat naturale.

    Come per altre sottospecie, sono stati documentati casi di esemplari, soprattutto in cattività, dal mantello bianco a strisce scure (una ipomelanosi diffusa nota anche come albinismo cincillà), una colorazione causata dalla trasmissione, con modalità autosomica recessiva, di una variante del gene che codifica l'enzima monofenolo monoossigenasi (tirosinasi) che regola, a sua volta, la produzione di melanina in molte specie di animali. Questa variante inibisce la pigmentazione gialla del mantello della tigre alterando anche il colore delle striscie e si accompagna, come documentato per la sottospecie del Bengala, ad alcuni disordini come lo strabismo e il sistema immunitario indebolito.

    A dispetto del nome comune di "tigre siberiana" che suggerisce un'ampia distribuzione geografica, questa sottospecie è diffusa esclusivamente nell'estrema parte sudorientale della Siberia ovvero nella regione a sud-est del basso corso del fiume Amur e ad est del suo affluente Ussuri. L'area comprende i territori montuosi del Primorskij e del Chabarovsk centro-meridionale che costituiscono, a livello amministrativo, la porzione sud-orientale del Distretto Federale Estremo-orientale della Russia e, a livello geografico, l'esteso massiccio montuoso costiero del Sichote-Alin. Nel Sichote-Alin vive la gran parte della popolazione di felidi, mentre gruppi molto più esigui sono stati segnalati sulla catena montuosa cino-nordcoreana del Changbai Shan e sulla fascia di confine tra il Primorskij e la provincia cinese di Jilin

    La popolazione russa è distribuita stabilmente nel Sichote-Alin e solo sporadicamente è stata segnalata più a nord del 50° parallelo o più ad ovest - presso il corso del fiume Amur - nella regione dell'Oblast' dell'Amur . I Monti Stanovoj, l'altopiano dell'Aldan e i monti Džugdžur sono situati a latitudini (tra 55° e 60°) che vengono oltrepassate molto raramente.


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    La popolazione cinese sopravvive - in un habitat degradato e frammentato - sul massiccio montuoso del Changbai Shan (in gran parte compreso nella provincia di Jilin), e nella fascia montuosa compresa tra gli affluenti di sinistra del fiume Tumen e il confine con la Corea del Nord, la Russia e la provincia cinese di Heilongjiang . Questa fascia di confine, che include l'area protetta cinese di Huangnihe, si trova direttamente a nord-est del Changbai Shan.
    L'areale di questa popolazione non è stato determinato con precisione, ma la presenza della tigre sulla stretta fascia di confine con la Russia è stata confermata con sufficiente sicurezza sulla base del censimento degli attacchi ai capi di bestiame all'interno della riserva naturale cinese di Hunchun . La riserva è situata circa 50 km a ovest di Vladivostok ed è contigua con l'area naturale protetta federale (in russo: zakaznik) di Barsovy che si estende sulla fascia di confine russo da Ussurijsk a Slavjanka e comprende (a circa 25-30 km a est dal confine) la riserva naturale (zapovednik) di Kedrovya Pad.

    L'entità della popolazione in Corea del Nord non è nota a causa delle condizioni politiche del paese che impediscono l'istituzione di un progetto di monitoraggio internazionale. Un rapporto dell'Istituto di Geografia nordcoreano suggerisce la presenza della tigre sul monte Paektusan, la vetta più alta del massiccio del Changbai Shan

    La tigre è un animale che si è adattato agli ecosistemi più svariati, ma il suo habitat ideale è sempre caratterizzato da tre fattori fondamentali: «una densa copertura vegetativa, un ampio numero di ungulati [ le prede tipiche ] e l'accesso all'acqua»

    L'habitat della tigre siberiana comprende la foresta boreale e la foresta temperata mista che sono i due biomi tipici delle zone montane della Siberia sud-orientale. Si tratta di un ecosistema vegetale misto costituito prevalentemente da foreste di conifere (abeti, larici, pini, betulle) alternate a boschi di piante decidue e zone umide, e caratterizzato da bassa piovosità e temperature molto rigide con medie annuali comprese tra 0° e 5 °C, ma che possono scendere molto sotto lo zero durante l'inverno.

    Alcuni specialisti, tra cui Mel e Fiona Sunquist, Ullas Karanth e Alan Rabinowitz, considerano l'habitat caratteristico come il fattore chiave per la sopravvivenza della tigre; altri invece, come Dale Miquelle, danno un peso alquanto maggiore al complesso delle specie predate e allo loro diffusione. Il dibattito interessa in modo particolare la tigre dell'Amur in quanto la quasi totalità della popolazione rimane confinata all'interno del Sichote-Alin senza che vi siano variazioni determinanti della flora al confine dell'area di diffusione


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    Il Sichote Alin è un massiccio montuoso costiero non molto elevato (la maggior parte delle vette non supera gli 800 metri di quota) situato al margine meridionale della taiga siberiana e dotato di un'ampia copertura forestale costituita dalla combinazione dei due biomi precedentemente descritta.

    La specie vegetale maggioritaria è il pinus koraiensis (pino coreano) associato a diverse specie di latifoglie (quercus mongolica, tilia amurensis, larix dahuricus, betula papyrifera e altre) mentre la parte centro-settentrionale e più elevata del massiccio (tra gli 800 e i 1000 metri di quota) è dominata da foreste miste di abeti (abies nephrolepis e altre) e pini (picea ajanensis e altre). La transizione tra i due biomi è evidenziata non solo dalla diminuzione di quota delle conifere spostandosi verso nord tanto che, all'estremità settentrionale del Sichote-Alin, queste sono presenti a bassa quota presso la costa , ma anche dalla variazione della copertura vegetale dominante che vede il pino coreano cedere gradualmente il passo alla foresta mista di abeti e pini a nord del 47° parallelo, all'incirca in corrispondenza del confine tra il kraj Primorskij e quello di Chabarovsk.

    Un monitoraggio - effettuato tra il 1992 e il 1995 tramite radiocollare su 5 esemplari - evidenzia una moderata preferenza da parte della tigre per le foreste di pino coreano (27,9% del territorio totale frequentato) e di querce (31,5%), seguite dagli habitat di foresta mista di betulle/pioppi (betula papyrifera e populus tremula, 13,2%) e di foreste di abeti e larici (8,4% e 8,8% rispettivamente). Le aree meno frequentate sono le foreste fluviali (2,3%)

    La tigre dell'Amur è un carnivoro ed un abile predatore. Come tutte le tigri predilige cacciare nelle ore di alba e tramonto assalendo le proprie prede alle spalle dopo un breve scatto dal punto di agguato. La preda, se possibile, viene costretta a terra e uccisa per strangolamento serrando le fauci sulla gola o la nuca.

    Il complesso delle prede tipiche è vario e rappresentato da specie che vivono in entrambi i biomi precedentemente descritti come il cervo nobile, il cinghiale, il capriolo, il sika, il goral e il cervo muschiato. Tra questi ungulati, solo il cervo nobile e il cinghiale sono diffusi anche nel Changbai e nella Manciuria nord-orientale. La distribuzione e l'habitat combinato di queste due specie è largamente sovrapponibile (per il 67-68%) a quello della tigre siberiana fornendo una chiara indicazione del livello di associazione predatore/preda, anche se va tenuto presente che la tigre può effettuare ampi spostamenti al di fuori del proprio areale tipico.


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    Cinghiali e cervi nobili sono le prede principali e costituiscono il 65-90% della sua dieta in Russia, seguiti da caprioli, sika e goral. I cervi muschiati, diffusi nel nord del Sichote Alin o alle altitudini più elevate, costituiscono una preda secondaria e solo in certe condizioni di habitat. Prede occasionali sono animali di piccola taglia come lagomorfi (lepri, conigli e pika) o pesci come i salmoni.
    Costituiscono parte della dieta, per una percentuale compresa tra il 5 e l'8% , anche l'orso nero asiatico e l'orso bruno, sebbene gli esemplari adulti di orso possano costituire una minaccia per la tigre.

    Come le altre sottospecie e con l'eccezione delle femmine con prole, la tigre dell'Amur è un animale generalmente solitario che non forma coppie stabili né divide l'areale abituale di attività (homerange) con i propri simili o con altri predatori. Occasionalmente le tigri siberiane uccidono anche i lupi in quanto loro competitori alimentari, ed è stata verificata una correlazione geografica e numerica tra l'aumento della densità di popolazione dei lupi e il decremento di quella della tigre.

    L'areale abituale di attività della tigre dell'Amur può variare notevolmente in posizione ed estensione su base stagionale (dai 100-400 km2 per le femmine agli 800-1000 km2 per i maschi) in quanto l'animale tende a seguire la migrazione degli ungulati, sue prede tipiche .
    L'ampiezza degli spostamenti è evidenziata dalla massima latitudine raggiunta: oltre 60° N, quasi mille chilometri a nord dell'usuale area di distribuzione.




    Come per le altre sottospecie, l'età di prima riproduzione si aggira sui 3-4 anni e il periodo riproduttivo copre l'intero arco dell'anno. Le femmine vanno in estro per circa 7 giorni ogni 20 o 30 e mostrano la loro disponibilità marcando con urina e graffi i tronchi d'albero . Dopo un periodo di gestazione di circa 103 giorni , la femmina partorisce in una tana riparata in media da 1 a 4 cuccioli con un picco delle nascite nella tarda estate.

    La densità di popolazione delle prede svolge un ruolo determinante anche nel successo riproduttivo: una bassa densità di prede - inferiore a 2-5 ungulati per km2 - rende più difficoltoso per la femmina condurre a termine la gravidanza e provvedere al mantenimento della prole

    Agli inizi del novecento la tigre siberiana era diffusa su un territorio più vasto dell'attuale che comprendeva, oltre ai territori prima menzionati, anche l'intera penisola coreana, la Manciuria e la Mongolia nordorientale.

    Il declino della tigre siberiana ebbe inizio con la metà del XIX secolo soprattutto in Cina e Corea per effetto della caccia intensiva per la pelliccia e le ossa, per divertimento o perché considerata dalla popolazione locale un animale dannoso per il bestiame o la propria sicurezza. Negli anni quaranta del XX secolo, la popolazione totale si era ridotta ad una cinquantina di esemplari in Russia e ad alcune centinaia in Cina (in Corea del Sud si sarebbe estinta all'inizio degli anni cinquanta durante la guerra di Corea.
    Dopo che il governo russo, nel 1947, ne bandì la caccia, si osservò una lenta ripresa demografica che avrebbe portato a censire, alla metà degli anni ottanta, una popolazione di tigri compresa tra i 250 e 430 esemplari .
    I censimenti annuali effettuati a partire dagli anni '50 nella "riserva naturale del Sichote-Alin" (in russo Сихотэ-Алинь заповедник, Sikhote Alin Zapovednik) sono stati utilizzati come indicatori delle variazioni della popolazione globale in Russia... nel 1948, stimava non più di 10-12 tigri all'interno della riserva, un numero che - suggeriva questo autore - poteva rappresentare la metà della popolazione totale russa.

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    Il trend demografico si invertì nel 1966. Da quel momento si osservò un incremento relativamente costante sia nel numero (da 3-4 esemplari senza distinzione d'età, nel 1966, a 25-31 nel 1993) che nel tasso riproduttivo. Le ragioni, secondo Smirnov e Miquelle, sono da individuare nel più efficace controllo della caccia di frodo e nella chiusura dei confini con la Cina che azzerava di fatto il commercio internazione di pelli e ossa.
    Questo commercio costituiva, tuttavia, una minaccia costante per la sopravvivenza della tigre in Russia e in Cina e, nel 1987, il CITES spostava la tigre siberiana dall'Appendice II all'Appendice I della Convenzione proibendone, di conseguenza, qualunque tipo di commercio.

    Lo sviluppo economico e infrastrutturale della regione siberiana negli anni novanta e l'apertura delle frontiere dopo il crollo dell'Unione Sovietica, favorirono, nuovamente, un aumento della pressione venatoria da parte dei bracconieri, peggiorando la già critica situazione della sottospecie. Le migliorate infrastrutture stradali rendevano, di contro, più efficace anche il contrasto della caccia di frodo da parte dell'amministrazione russa e delle ONG ambientaliste internazionali .


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    Nel 1992, la Wildlife Conservation Society (WCS) avviò - in collaborazione con il parco naturale russo del Sichote-Alin - il Siberian Tiger Project (Progetto tigre siberiana), il più importante progetto di conservazione e di studio della tigre siberiana operante nel massiccio montuoso dell'Sichote-Alin. Nonostante l'avvio di programmi specifici di conservazione come questo, la popolazione totale della tigre dell'Amur in Russia si era tuttavia ridotta, nel 1994, a soli 150-200 esemplari

    Nel 1996, lo IUCN ne determinò lo stato di conservazione classificando la sottospecie a "rischio critico" di estinzione e stimando la sua popolazione non superiore ai 250 esemplari adulti con un trend demografico in diminuzione (IUCN, 2007). Un censimento compiuto, sempre nello stesso anno, stimava una popolazione di esemplari adulti leggermente superiore (tra i 330 e i 371 esemplari) a cui si aggiungevano tra gli 85 e 105 cuccioli. Sempre nel 1996, sulla base dell'analisi della diversità genetica di alcuni esemplari in libertà si stimava una popolazione teorica di 500-600 esemplari adulti

    Nel 1996, la Cina prese finalmente concreti provvedimenti per arginare il disastro ecologico provocato dall'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali che aveva decimato la fauna della provincia dello Jilin e minacciava di provocare l'estinzione delle minuscole popolazioni locali di tigre e leopardo dell'Amur costrette nelle aree boschive più isolate delle contee cinesi dell'Hunchun settentrionale, del Wangqing e dell'Antu.

    Nel 1996 il governo provinciale di Jilin bandì totalmente la caccia per un periodo di cinque anni, reiterando nuovamente il bando - per altri cinque anni - nel 2001 e ancora - per dieci anni - nel 2006. Inoltre, furono istituite negli anni, nove riserve naturali con il risultato positivo, nel 2006, di mettere sotto tutela l'11,6% del territorio provinciale e ottenere un aumento del densità di cervidi e cinghiali - le prede abituali della tigre - rispettivamente del 44% e dell'80% . La bassa densità di ungulati nel Jilin è considerata, infatti, il principale ostacolo al ripopolamento della tigre.Due anni dopo, la popolazione di felidi non si era ancora ripresa.



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    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 21:20
     
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    CURIOSITA'



    BENOZZO GOZZOLI - 1460- CAPPELLA DEL PALAZZO MEDICI-RICCARDI




    La caccia con il felino ebbe origine in europa nel Medioevo; risulta che i ghepardi e i leopardi, fossero presenti in alcune delle corti italiane come quella dei Visconti, degli Sforza, degli Estensi e dei Gonzaga. Essi divennero dei simboli di lusso come il decorare i propri cavalli con monili d'oro e ogni nobile famiglia li fece pervenire dall'Africa per esibire la propria ricchezza.

    Addestrati per la cattura di lepri e cervi, i felini venivano incappucciati e tenuti al guinzaglio finchè non si avvicinavano alla preda e solo allora, venivano liberati dalle bende e lasciati liberi.
    Nulla di strano quindi che tali animali apparissero in scene pittoriche di caccia .

    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 21:22
     
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    Anna Guaita - NEW YORK (21 giugno) - E pensare che solo 40 anni fa era di moda indossarne la pelliccia. Grandi star di Hollywood e donne influenti del jet-set giravano coperte di pelli di tigre come se nulla fosse, eppure uno solo di quei cappotti costava la vita di sei tigri. E infatti la caccia spietata è stata la prima causa a segnare il destino di questi felini regali e imponenti.

    Oggi nel mondo la tigre va scomparendo, e le Nazioni si stanno organizzando per cercare di salvarla. Lo scorso aprile a Washington il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, ha presentato il progetto Tx2, che ha come scopo di raddoppiarne la popolazione entro il 2022. L’anno non è stato scelto a caso: nell’oroscopo cinese il 2010 è l’anno della tigre, e il prossimo cadrà appunto nel 2022. I lavori verranno lanciati a settembre, sotto l’egida dell’Onu e della Banca Mondiale. Il primo convegno internazionale per il salvataggio della tigre si terrà a San Pietroburgo. Oltre cento Paesi manderanno delegazioni nella città russa, e ci saranno anche vip e attori: Leonardo di Caprio, ad esempio, si è mobilitato per raccogliere più di cento milioni di dollari per contribuire al progetto.

    Ma proprio i russi, che da tempo hanno creato un piano di studio e protezione della loro tigre, la Siberiana, dovrannno presentare cattive notizie: la Siberiana sta male, anzi malissimo. Da quel poco che si è capito finora, la tigre - che in realtà dovrebbe essere chiamata Amur-Ussuri, dalla regione che realmente abita - è stata colpita da una malatttia che la rende incapace di cacciare. Diciotto anni fa, il governo di Mosca aveva messo sotto osservazione 60 esemplari, ai quali aveva applicato un collare con tanto di microchip. Nessuna di queste tigri è sopravvissuta. L’ultima è stata abbattuta perché la malattia l’aveva resa pazza al punto di aggredire gli esseri umani, cosa che questo animale fa solo in casi rarissimi. Dopo l’abbattimento di questa femmina, le guardie forestali hanno trovato anche la sua tana, nella quale c’erano due cuccioli, già morti: sia la madre che i cuccioli avevano lo stomaco totalmente vuoto, segno che da tempo non si cibavano. La madre pesava la metà del normale peso di una tigre della sua età, e i cuccioli erano pelle e ossa. Cosa sia questa malattia rimane un mistero, anche perché adesso i russi non hanno più nessun esemplare sotto controllo. Ma qualche scienziato ha avanzato l’ipotesi che si tratti di un trasferimento di cimurro dalla popolazione canina selvatica alla tigre. Di conseguenza, i russi lanceranno un piano di vaccinazione delle tigri.

    Ma anche questo piano sarà difficile da eseguire. Nei tredici Paesi dell’Asia che ospitano quel che resta della popolazione mondiale delle tigri (i Paesi sono noti come Tiger Range Countries, o meglio TRC) le tigri sono in via di estinzione per vari motivi: la caccia incontrollata, l’avanzare degli insediamenti umani, la distruzione dei loro habitat, l’inquinamento. Cento anni fa c’erano almeno 100mila tigri nel mondo. Oggi ce ne sono circa 3200. E varie specie sono scomparse, come la tigre di Bali, la tigre di Giava e la tigre del Caspio. Tutte le altre sono a rischio: la tigre dell’Indocina, della Malesia, di Sumatra, della Manciuria, del Bengala (nota anche come Tigre Reale), e infine la Siberiana, la più grossa di tutte. Ognuna di queste sottospecie vive in spazi ridottissimi, il 7 per cento dello spazio che occupavano 100 anni fa. E se gli uomini non concederanno loro un po’ più di terra, per meglio cacciare e crescere i loro piccoli, presto tutte faranno la fine delle tre già scomparse.



    da "Il messaggero"

    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 21:28
     
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  8. gheagabry
     
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    LEONI BIANCHI



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    Sebbene siano rari, leoni bianchi si incontrano occasionalmente a Timbavati, in Sudafrica. Il loro insolito colore è dovuto alla presenza di un gene recessivo. In particolare non si può parlare di una sottospecie distinta, ma di un caso di polimorfismo genetico legato ad una condizione di leucismo, che causa una colorazione pallida e simile a quella delle tigri bianche. La condizione è simile inoltre analoga, anche se con effetti opposti, al melanismo tipico della pantera nera. Non si tratta invece di una variante dell'albinismo, in quanto la pigmentazione degli occhi e della pelle è normale.

    Un leone bianco incontra comunque degli svantaggi quando va a caccia: la sua presenza può essere tradita dal suo colore, diversamente da quanto avviene per la versione classica del felino che si immerge quasi perfettamente nell'ambiente circostante. I leoni bianchi nascono quasi completamente di quel colore, senza le normali macchie di camuffamento che si trovano generalmente nei cuccioli di leone. Il loro colore si iscurisce gradualmente fino a diventare crema o avorio (colore noto con il nome di biondo).

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    La sottospecie in cui più frequentemente viene osservata questa caratteristica è la Panthera leo krugeri, in particolare all'interno e nei pressi del Parco nazionale Kruger e dell'adiacente Riserva di Timbavati, che si trovano nel Sudafrica orientale. La peculiarità è comunque molto più frequente in cattività, grazie alla selezione effettuata dagli allevatori. Questi leoni sono stati infatti allevati per anni in Sudafrica in modo da poter essere usati come trofei per battute di caccia sportiva.

    Le prime conferme dell'esistenza di questi animali sono arrivati soltanto nel tardo Ventesimo Secolo. Per centinaia di anni, si credeva che essi fossero solo i protagonisti di un ciclo di leggende sudafricane, e che il loro manto candido simboleggiasse la bontà presente in tutte le creature. I primi avvistamenti attendibili all'inizio del 1900 tuttavia, sono stati seguiti da molti altri, anche se non frequenti, sino al 1975, quando una cucciolata di leoni bianchi è stata ritrovata nella Riserva Timbavati.


    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 21:32
     
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  9. gheagabry
     
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    TIGRI BIANCHE



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    Le tigri bianche sono conosciute da molto tempo, infatti il primo di questi felini bianchi fu scoperto verso il 1820.[43]
    Queste tigri non sono considerate delle vere albine e sono caratterizzate da strisce nere o marroni ed occhi azzurri/blu con il naso color rosa. Infatti, questi esemplari, sono affetti da leucismo. Questa variazione di colore è considerata una mutazione causata da un gene recessivo chiamato chinchilla oppure color inhibitor, presente in altri mammiferi, tra i quali i gatti domestici e i conigli.



    Questa particolare colorazione è presente solo nella sottospecie Panthera tigris tigris (tigre del Bengala), l'unica ad avere il gene recessivo che può dare il colore bianco. Anche se, nel Como zoo in Minnesota, una coppia di Panthera tigris altaica (tigri siberiane / dell'Amur) fratelli tra loro, ha dato alla luce un cucciolo che presentava una colorazione bianca a strisce nere. Le due tigri, catturate in natura, sono state classificate da alcuni esperti come due esemplari di Panthera tigris altaica, per altri invece come incroci tra tigri di razza del Bengala e Siberiana. Questi esemplari e la loro prole sono stati fatti accoppiare con altre tigri di pura razza Siberiana, dando alla luce cuccioli con la tipica colorazione della tigre, ma anche esemplari di color bianco, tipico delle tigri bianche.


    Tigri bianche senza strisce



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    Denominate anche (Stripeless / senza strisce) (snow white tigers / tigri neve bianca) derivano da un'ulteriore modifica genetica che ha "rimosso" la maggior parte delle strisce che normalemnte caratterizzano la tigre bianca, rendendo l'animale di un colore somigliante al bianco puro, ciò però non le rende delle vere albine.
    I primi avvistamenti di tali esemplari privi di strisce o perlomeno molto poco visibili, sono avvenuti nel 1820 e descritti da scrittori e naturalisti, quali: Georges Cuvier, Richard Lydekker, Hamilton Smith, Edwin Landseer e John George Wood



    Tigri golden



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    Le tigri "Golden" (Panthera tigris tigris) (chiamata anche Tiger Golden Tabby o strawberry tiger) sono una variazione di colore estremamente rara della tigre del Bengala, causata da un gene recessivo. Attualmente tali tigri si trovano solo stato di cattività all'interno di Zoo o Riserve Naturali. Come per la tigre bianca, la sua differente colorazione non genera una nuova specie. La colorazione è dovuta al gene "wide band", mentre per la tigre bianca è dovuto al colore inibitore (gene chinchilla albinistic).

    Le Tigri Golden tabby hanno pelliccia color oro molto chiaro, gambe di un bianco pallido e strisce di color arancio debole. La loro pelliccia tende ad essere molto più spessa del normale rispetto ad altre tigri.

    Come le loro "cugine" tigri bianche, tutte le tigri dorate hanno una parentela principalmente con quelle del Bengala, ma sono geneticamente "incrociate" con i geni della tigre dell'Amur o di altre sottospecie.

    Attualmente le tigri Golden, vengono "utilizzate" anche per la riproduzione e perpetrazione della Tigre Bianca, infatti incrociando una tigre gold con una tigre bianca, i cuccioli saranno di tigre bianca. Nel 1970 una coppia di tigri arancioni eterozigoti, di nome Sashi e Ravi, hanno avuto 13 cuccioli (Alipore Zoological Gardens), di cui 3 erano bianchi a strisce nere


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    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 21:42
     
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  10. gheagabry
     
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    Oggi mi sento così assorta ascolto

    come un animale annuso nell'aria il prossimo presagio

    ho paura di scoprire quello che non voglio

    un'altra prigione con cui convivere

    Vorrei con un balzo felino

    annullare la stretta

    e correre libera fino all'ultimo fiato



    dal web

    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 21:49
     
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  11. gheagabry
     
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    LIGABUE Antonio soleva ritrarre molti animali fra cui i felini




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    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 21:53
     
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  12. gheagabry
     
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    Fare il bagno con la Tigre? Si può.
    In un “bioparco” americano sperimentato un nuovo modo per fare amicizia con le tigri. In piscina.



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    Qual’è l’immagine della Tigre nell’immaginario popolare? Difficile a dirsi, tanto questo maestoso e bellissimo felino è stato “celebrato” in tutte le possibili espressioni di arte e di letteratura prodotte, da secoli, da esseri umani di tutte le razze e di tutti i Paesi. La Tigre, possente “gattone” a strisce, lungo due metri e pesante più di cento chili è stata, ed è presente, dappertutto. Nei romanzi d’avventura, nei libri per ragazzi, nei film e nei cartoni animati ambientati nella jungla, negli spot pubblicitari, nei circhi, negli zoo: parchi nazionali sono stati creati appositamente per proteggerla (è bene ricordare che tutte le specie di Tigre sono seriamente minacciate di estinzione) e per diversi anni è stata per questo al centro di una apposita campagna internazionale promossa dal WWF.

    Della Tigre, presente anche sui divani di molte case sotto forma di pupazzo di peluche, dunque è stato detto tutto, tranne che sia un animale “amichevole”, che la sua vicinanza agli esseri umani sia esente da problemi e, meno che mai è stato detto che può essere portata a fare il “bagnetto”, come si può fare con un animale da compagnia.


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    Come ogni protagonista che si rispetti, la Tigre però è capace di riservarci ancora sorprese. In un “bioparco” della Florida sono stati sperimentati percorsi di addestramento volti a creare un legame più facile tra esseri umani e tigri: non in un recinto o in un gabbia, ma nell’acqua, in piscina. Vicino Miami, il “TIGER” (che non vuol dire “tigre” in inglese, ma che è l’acronimo ricavato dalle iniziali di The Institute of Greatly Endangered Species -Istituto per le specie fortemente minacciate) ha sperimentato con successo un nuovo metodo per accorciare le distanze tra esseri umani che le addestrano e felini, contatto che, nel caso specifico, oltre che dall’indole dell’animale è sempre reso più pericoloso dalla sua mole e dalla potenza dei suoi muscoli, capace di trasformare una zampata “affettuosa” data per gioco in un colpo tremendo,anche mortale. Le tigri sono note per essere i migliori nuotatori tra i felini -e questo è dovuto anche al fatto che il pelame tra le dita delle loro zampe si intreccia creando una specie di “rete”, che le rende idonee a funzionare da “remi” quando questi animali si spostano nell’acqua- ma non era mai successo che tigri in cattività facessero il bagno con i loro addestratori umani. Nel parco zoo di Miami cuccioli di tigre sono stati invece abituati, fin da piccoli, a nuotare in una vasca, accompagnati ognuno da una persona, sempre la stessa, la quale ha svolto nei confronti del proprio animale il ruolo di “assistente” (personal trainer, si direbbe oggi). Così facendo, grazie alla riduzione di peso specifico che si ha quando si è immersi nell’acqua e alla resistenza che essa pone ai movimenti, che li rende meno agili e meno imprevedibili, ma anche alla situazione sicuramente non usuale per la “macchina tigre”, perfettamente adattata a muoversi con leggerezza sulla terraferma, persone e animali, forse “distratti” dall’impegno che la permanenza nell’acqua richiede, possono essere più vicini, i loro movimenti più leggeri e, quelli della tigre, non pericolosi. Le immagini che vedete sono state pubblicate dal britannico Weekly Telegraph e sono le prime realizzate al mondo.

    Secondo il direttore del parco zoo, che ha trasformato questo esperimento in un’attrazione, con la costruzione di una piscina con una parete di vetro, attraverso la quale il pubblico può ammirare le evoluzioni delle tigri e delle loro “assistenti”, questi esercizi sono possibili in tutta sicurezza anche quando le tigri non sono più cuccioli. Personalmente egli ha sguazzato con esemplari anche di 15 anni di età, ma poiché le dimensioni ed il peso di animali adulti potrebbero creare qualche problema, preferisce non sottoporre i propri collaboratori a rischi e permette che nuotino con le tigri solo fino a quando queste hanno poco più di un anno.




    dal web

    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 21:57
     
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    Nei giorni in cui tutto ebbe inizio, il Leopardo abitava in un luogo chiamato «Prateria Alta». Ricorda, non la «Prateria Bassa» o la «Prateria Selvaggia» e nemmeno la «Prateria Brulla», ma la calda, spoglia e luminosa Prateria Alta, dove vi era esclusivamente sabbia, roccia color della sabbia e ciuffi di erba giallognola-rossiccia. Lì vivevano anche la Giraffa, la Zebra, l'Antilope, il Cudù e l'Antilope sudafricana. Ed erano tutti dello stesso colore marroncino-giallo-rossiccio. Ma il più marroncino-giallognolo-rossiccio di tutti era il Leopardo: un grande felino il cui pelo si mimetizzava perfettamente con l'unico colore marroncino-giallognolo-grigiastro della Prateria Alta. E questo era un bel guaio per la Giraffa, la Zebra e tutti gli altri, perché il Leopardo si appostava dietro a una roccia o a un ciuffo d'erba marroncino-giallognolo-grigiastro e, non appena la Giraffa o la Zebra o l'Antilope o il Cudù o il Cervo o il Camoscio passavano nei pressi, li sorprendeva con un balzo e li azzannava. E non c'era proprio via di scampo! C'era anche un Etiope con archi e frecce (allora era un uomo dal colorito giallognolo-marroncino-grigiastro), che viveva nella Prateria Alta col Leopardo. I due andavano sempre a caccia insieme, l'Etiope con i suoi archi e le sue frecce, e il Leopardo unicamente con i suoi artigli e i suoi denti ... tanto che la Giraffa, l'Antilope, il Cudù, la Quagga e tutti gli altri animali non sapevano più dove rifugiarsi, Tesoro Mio. Proprio non lo sapevano!

    Molto tempo dopo - allora le cose restavano immutate per lungo tempo - gli animali trovarono il modo per sfuggire a tutto ciò che somigliava a un Leopardo o a un Etiope. E uno alla volta, la Giraffa per prima perché aveva le zampe più lunghe, abbandonarono la Prateria Alta. Fuggirono per giorni e giorni, finché non giunsero a una grande foresta, ricca di alberi, cespugli e strane ombre a quadri, a righe e a macchie, e lì si nascosero. Col trascorrere dei giorni, chi esponendosi per metà alla luce del sole e per metà all'ombra, chi lasciandosi scivolare addosso le ombre proiettate dagli alberi, i nostri animali si trasformarono. E così la Giraffa divenne a chiazze, la Zebra a strisce, il manto dell'Antilope e del Cudù si scurì e si coprì di piccole linee ondulate sul dorso, come quelle della corteccia su un tronco di albero. In questo modo, anche se si poteva udirli e fiutarli, difficilmente li si riusciva a vedere, e solo se si sapeva con precisione in che punto guardare. Essi vivevano felici e beati nelle ombre a chiazze e strisce della foresta, mentre il Leopardo e l'Etiope continuavano a correre di qua e di là nella loro rossiccia-giallognola-oro-rossiccia-giallognola-grigiastra Prateria Alta, domandandosi dove fossero finite tutte le loro colazioni, i loro pranzi e le loro merende. Erano a tal punto affamati che finirono col mangiare ratti, scarafaggi e iraci; e così venne a tutti e due il grande Mal-di-Pancia. Fu allora che incontrarono Baviaan, il Babbuino dalla testa di cane, che abbaia, e che è considerato l'Animale Più Saggio di tutto il Sudafrica. Il Leopardo chiese a Baviaan (ed era una giornata davvero calda!): "Dov'è andata tutta la selvaggina?" Baviaan sogghignò, poiché lui lo sapeva. Allora l'Etiope domandò: "Mi sai dire qual' è l'attuale habitat della Fauna aborigena?" (che era la stessa cosa, ma l'Etiope usava sempre gran paroloni, era un adulto lui!) E Baviaan ghignò di nuovo: lui sì che lo sapeva. Poi rispose: "La selvaggina si è data alla macchia e, se vuoi un consiglio, Leopardo, datti alla macchia anche tu senza indugio". "Tutto ciò è molto interessante," replicò l'Etiope "ma io vorrei sapere dove è migrata la Fauna aborigena." Allora Baviaan spiegò: "La Fauna aborigena ha raggiunto la Flora aborigena perché era giunta l'ora di un cambiamento e, se vuoi un consiglio, Etiope, fa in modo di cambiare anche tu quanto prima." La risposta di Baviaan lasciò il Leopardo e l'Etiope piuttosto perplessi; tuttavia decisero di partire alla ricerca della Flora aborigena.

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    Finalmente, dopo lunghi giorni, avvistarono una grande e fitta foresta, i cui alberi erano tutti immersi in strane ombre a chiazze, a pallini, a spruzzi, a strisce, a righe e a diagonali. (Prova a ripeterlo ad alta voce e vedrai come doveva essere piena di ombre quella foresta!) "Che razza di posto è questo, tutto buio e allo stesso tempo inondato di fasci di luce?", disse il Leopardo. "Non lo so, disse l'Etiope, ma dev'essere la Flora aborigena. Sento l'odore della Giraffa e la sento muoversi, ma non riesco a vederla." "È curioso", - replicò il Leopardo - "suppongo che sia dovuto al fatto che veniamo dalla luce abbagliante del sole. Io sento l'odore della Zebra e la sento muoversi, ma non riesco a vederla." "Aspetta un attimo," - disse l'Etiope - "forse ci siamo scordati come sono fatte, è da tanto tempo che non diamo loro la caccia!" "Sciocchezze!" - disse il Leopardo - "me le ricordo perfettamente, come erano nella Prateria Alta, e soprattutto ricordo bene il sapore delle loro ossa. La Giraffa è alta circa cinque metri e ha un pelo tutto giallo-oro-fulvo, dalla testa ai piedi, e la Zebra è alta circa un metro e trenta ed è tutta ricoperta di un manto grigio-fulvo." "Hmm," - disse l'Etiope guardando le ombre a chiazze della foresta aborigena - "se così fosse, in un posto così buio, le si dovrebbe vedere come banane mature in un affumicatoio". Ma non si vedevano affatto. Il Leopardo e l'Etiope cacciarono tutto il giorno e, benché sentissero il rumore e l'odore degli animali, non riuscirono a vederne nessuno. "Per l'amor di Dio" - disse il Leopardo all'ora di merenda - "è proprio una vergogna: abbiamo cacciato tutto il giorno senza alcun risultato. Proviamo ad aspettare che faccia buio!" Così attesero pazienti il calare della notte e, a un certo punto, il Leopardo udì accanto a sé un respirare profondo e vide, nel chiarore stellare, qualcosa tutto a strisce precipitare in mezzo ai rami. Il rumore lo fece sobbalzare: sentì l'odore della Zebra, ebbe l'impressione di toccare la Zebra e, quando la atterrò, riconobbe i calci della Zebra, ma non riusciva a vederla. Allora disse: "Non ti muovere, corpo senza forma! Starò seduto sulla tua testa fin quando farà giorno, perché qui c'è qualcosa che non mi convince."

    Di lì a poco udì un grugnito, uno schianto e un parapiglia, e poi sentì l'Etiope gridare: "Ho acchiappato qualcosa che non vedo: ha l'odore della Giraffa e mena calci come la Giraffa, ma non ha alcuna forma." "Non fidarti!" - lo ammonì il Leopardo - "Fa come me. Siediti sulla sua testa finché non farà giorno. Sono tutti senza forma, questi strani esseri!" E così si tennero saldamente seduti sulle loro prede fino a che non fu giorno fatto. Allora il Leopardo disse: "Allora, cosa hai lì sotto, Fratello?" L'Etiope si grattò la testa e rispose: "Sembrerebbe un essere dal folto pelo fulvo-arancio, dalla testa ai piedi, e sembrerebbe essere la Giraffa, ma è tutta coperta di macchie castane. E tu, cos'hai sotto i tuoi artigli?" Il Leopardo si grattò la testa e disse: "Ha l'aria di essere qualcosa completamente fulvo-grigiastro e dovrebbe essere la Zebra, ma è tutta coperta di strisce nere e violacee. Che cosa diavolo ti sei combinata, Zebra? Lo sai che nella Prateria Alta potevo avvistarti a dieci miglia di distanza? Ora sei completamente senza forma." "Lo so," - rispose la Zebra - "ma qui non siamo nella Prateria Alta, non capisci?" "Ora sì che ho capito, ma tutto ieri ho faticato a raccapezzarmi. Come hai fatto?" "Lascia la presa," - disse la Zebra - "e te lo mostreremo." I due liberarono la Zebra e la Giraffa. Allora la Zebra andò verso dei cespugli spinosi, dove la luce filtrava tutta a strisce e la Giraffa si avvicinò a degli alberi piuttosto alti, le cui ombre ricadevano a chiazze. "Adesso guarda come si fa." - dissero la Zebra e la Giraffa - "Un-due-tre! La vostra colazione dov'è?" Il Leopardo sgranò gli occhi, e l'Etiope pure, ma non riuscivano a vedere altro che ombre a chiazze e a strisce nella foresta. Della Zebra e della Giraffa nessuna traccia. Se l'erano svignata e si erano nascoste nelle ombre della foresta. "Ehi, ehi!" - disse l'Etiope - "questo sì che è un bello scherzo. Impara la lezione, Leopardo. In questo buio ti si vede come un pezzo di sapone dentro a una secchia per il carbone." "Oh, oh!" - disse il Leopardo - "Ti sorprenderebbe alquanto sapere che in questa oscurità sembri un semino di senape in mezzo a tanti pezzi di carbone?" "Basta, insultandoci non ci procureremo da mangiare. Il problema è che non siamo affatto intonati a questo sfondo. Seguirò il consiglio di Baviaan. Mi ha detto che devo cambiare e, poiché l'unica cosa che posso cambiare è il colore della mia pelle, cambierò quella." "Come?" - chiese il Leopardo con grande eccitazione. "Mi farò di un bel colore marroncino-nerastro, con un po' di porpora e qualche tocco di blu ardesia. Sarà proprio quello che ci vuole per nascondersi dentro le cavità e dietro agli alberi". E così, in un attimo, si cambiò il colore della pelle.

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    Il Leopardo era più che mai eccitato, perché non gli era mai capitato prima di allora di vedere un uomo cambiar colore. "E io che faccio?" - disse infine, una volta che l'Etiope ebbe completato la sua opera, trasformando il suo ultimo mignolo in un beldito nero. "Segui anche tu il consiglio di Baviaan. Ti ha suggerito di darti allamacchia." "Ma l'ho già fatto, mi sono messo in cammino senza indugio. Sono venuto fin qui insieme a te, e guarda cosa ci ho guadagnato." "Oh, ma cos'hai capito?" - l'Etiope scosse la testa - "Baviaan non intendeva dire di rifugiarti in qualche altra regione del Sudafrica. Con 'darti alla macchia' intendeva dire procurarti le macchie sul tuo manto." "E a cosa mi servono?" chiese il Leopardo. "Pensa alla Giraffa," - disse l'Etiope - "oppure, se preferisci le strisce, pensa alla Zebra. Loro sembrano perfettamente soddisfatte delle loro macchie e delle loro strisce" "Hmm..." - disse il Leopardo - "non vorrei proprio somigliare a una Giraffa, per nulla al mondo!" "Beh, deciditi!" - disse l'Etiope - "perché mi seccherebbe andare a caccia senza di te, ma sarò costretto a farlo se tu insisti nel voler sembrare un girasole sullo sfondo di uno steccato spalmato di catrame." "D'accordo, allora mi farò le macchie" - disse il Leopardo - "ma non farmele troppo grossolane. Non voglio proprio somigliare a una giraffa." "Te le farò con la punta delle mie dita." - soggiunse l'Etiope - "C'è rimasto ancora abbastanza nero sulla mia pelle. Non muoverti!" Così l'Etiope avvicinò le sue cinque dita (c'era rimasto ancora nero a sufficienza sulla sua nuova pelle) e le premette su tutto il manto del Leopardo e là dove le cinque dita si appoggiavano lasciavano cinque piccole impronte nere, una vicina all'altra. Puoi vederle chiaramente sul manto di qualsiasi Leopardo, Tesoro Mio. A volte le dita scivolavano un po' e allora le macchie erano un pò sbavate; ma se tu ora guardi bene da vicino qualsiasi Leopardo, vedrai che ci sono sempre cinque macchie, il segno di cinque grossi polpastrelli neri. "Ora sei una meraviglia!" - esclamò l'Etiope - "Puoi startene sdraiato sul nudo terreno e sembrare un mucchio di sassi. Puoi sdraiarti sulle rocce spoglie e sembrare un ciottolo multicolore. Puoi stenderti su un ramo frondoso e sembrare la luce del sole che filtra in mezzo alle foglie. Oppure puoi sdraiarti proprio nel mezzo di un sentiero e non sembrare proprio niente. Pensa a tutto questo e fai le fusa!" "Ma se io sono tutte queste cose," - dichiarò il Leopardo - "perché non ti sei fatto anche tu le macchie?" "Oh, il semplice nero è la cosa migliore per un uomo di colore." - rispose l'Etiope - "E adesso muoviti, vediamo se possiamo saldare i conti con il signor Un-Due-Tre-La-Vostra-Colazione-Dov'è!" Così se ne andarono e da quel momento vissero felici e contenti

    Rudyard Kipling



    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 23:35
     
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