LEONI..TIGRI PANTERE GHEPARDI..I FELINI..

felini nel mondo

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  1. gheagabry
     
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    Giaguaro



    giaguaro



    Nome scientifico: panthera onca

    CLASSIFICAZIONE:
    Phylum Chordata
    Classe Mammalia
    Ordine Carnivora
    Famiglia Felidae

    VITA E CARATTERISTICHE:
    Lunghezza: 1,1- 1,9 m
    Coda: 60-80 cm
    Peso: 21-72 kg
    Unità sociale: Solitario/coppia
    Status: vulnerabile
    Habitat: Dall’America centrale al sud America settentrionale

    Il giaguaro (panthera onca), grande felide del nuovo mondo, presenta tutte le caratteristiche dei felidi, e pertanto corpo muscoloso e flessuoso, sensi sviluppati, denti e artigli temibili, riflessi scattanti e colore del mantello mimetico. E’ un cacciatore carnivoro specializzato, come così tutti i felini, che sono provvisti di una robusta mandibola, muso breve ed ampia apertura boccale. I canini affilati trafiggono e serrano la preda; i carnassiali frantumano le ossa e incidono i tendini. Gli arti anteriori di ogni felino hanno 5 dita e quelli posteriori 4: ogni dito ha un artiglio arcuato e retrattile per afferrare la preda. Di solito, gli artigli sono tenuti retratti, ma scattano istintivamente all’occorrenza, ad esempio nel caso occorra maggior stabilità o sia in atto una cattura o una lotta.

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    Il giaguaro assomiglia fisicamente al leopardo (panthera pardus), ma si differenzia da esso per avere le rosette del mantello più larghe e piene, con un marcato centro marron scuro; ha testa più grande e tozza, zampe più corte e muscolose, corpo più robusto. Preferisce le vegetazioni fitte e le zone ricche d’acqua, come le paludi e le foreste che vengono inondate stagionalmente. Ricordiamo che invece l’habitat del leopardo (Asia, Africa) prevede sovente spazi aperti (es. savane, con clima secco), vegetazione non troppo fitta e rigogliosa, e alti alberi nei quali può portare la preda; è infatti agile arrampicatore.

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    Il giaguaro, come tutti i felidi, è dotato di buona visione notturna, e si attiva preferibilmente (ma non esclusivamente) la notte, e caccia soprattutto mammiferi di medie dimensioni come daini, tapiri e pecari, ma non disdegna piccoli mammiferi. E’ cacciatore solitario e territoriale, che lascia secrezioni e segnali vocali per difendere il proprio territorio; nel caso tali avvertimenti vengano ignorati da un suo simile, si arriva ad intimidazioni fisiche o veri e propri conflitti, più frequenti tra maschi adulti. Si unisce al partner del sesso opposto solo nel periodo necessario all’accoppiamento. La femmina ha una gestazione di 93-105 giorni, e resta con i piccoli finchè essi non raggiungono la maturazione e l’autonomia (circa due anni di età) Un giaguaro in buona salute vive circa 20 anni.
    Nonostante la protezione legale e la riduzione della caccia per la pelliccia, la sopravvivenza del giaguaro è sempre più a rischio per la distruzione del suo habitat vitale per le minacce continue, le trappole e lo sterminio da parte degli allevatori di bestiame.
    Il giaguaro è dotato di una bella pelliccia di colore giallo rossa sul dorso, invece sul ventre e nelle parti interne delle zampe è biancastra, tutta la pelliccia è ricoperta da macchie irregolari di colore nero al centro mentre tendono a schiarirsi verso i margini, questo tipo di pelo offre all’animale un ottimo mimetismo nelle foreste che frequenta, possiede una vista superlativa specialmente di notte è stato calcolato che sia sei volte superiore a quella umana. Possiedono anche un udito molto fine, invece l’olfatto non è molto sviluppato. Esiste anche una specie di Giaguaro melanico la cui pelliccia è di un marrone molto scuro quasi nero e non permette più di distinguere le macchie. Il giaguaro è strettamente imparentato con il leopardo con cui ha un antenato in comune, che quando Asia e America erano ancora unite dall’istmo preistorico che univa la Siberia all’Alaska lo attraversò, ma poi quando i continenti si divisero le specie ebbero due evoluzioni diverse. Il sistema di caccia del giaguaro è quello tipico di tutti i felini segue furtivamente le prede nel sottobosco e poi lancia un rapido attacco da molto vicino, nello scatto è un animale molto veloce ma difetta in resistenza, alcune volte preferisce tendere degli agguati stando fermo e ben nascosto e aspettando che qualche animale passi nelle vicinanze, pur essendo in grado di arrampicarsi lo fa raramente quasi sempre solo se è in pericolo. Le prede preferite dei giaguari sono i cervi e i grandi roditori, affrontano anche i tapiri ma con risultati incerti visto la notevole mole e forza di questi animali, gli piace anche nutrirsi di pesci che afferra nell’acqua con gli artigli, a volte assale anche dei piccoli alligatori. La femmina del giaguaro dopo un periodo di gestazione di poco superiore ai tre mesi partorisce generalmente da 2 a 4 cuccioli, molto raramente solo uno, di cui si occuperà per alcuni anni, alla nascita i cuccioli hanno una pelliccia molto scura perché è quasi esclusivamente composta da quelle che poi diventeranno le macchie tipiche del manto. Come negli altri felini il padre non partecipa all’allevamento dei cuccioli. Il nome di questo animale è un derivato di quello con cui lo chiamavano gli indios sudamericani e cioè Yaguar o Yaguara, ma in tutti i luoghi in cui vive viene chiamato con l’appellativo che gli hanno dato gli spagnoli di el tigre di cui non si conosce il significato. I giaguari si trovano frequentemente nelle fitte foreste preferibilmente vicino a corsi d’acqua, solo in Argentina vivono anche in zone più aperte. Sono presenti anche in zone di montagna pur che si siano foreste rigogliose anche a 2500 m sul livello del mare. I giaguari vivono dagli USA alla Patagonia la zona più meridionale dell’America del sud ma ultimamente gli esemplari stanno diminuendo notevolmente sia per la distruzione del loro habitat naturale che per il fatto che sono malvisti dagli allevatori che li accusano di attaccare il bestiame, attualmente è allo studio il progetto di fare un lunghissimo corridoio che attraversi tutte le americhe in cui la specie sia protetta e che congiunga tutte le zone in cui vive.


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    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 17:42
     
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    LA LINCE



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    La Lince (Lynx, Kerr 1792), detta anche Cerviere o Lupo cerviere, è un animale appartenente alla famiglia dei Felini.

    Le linci (genere Lynx) hanno una coda corta, e generalmente dei ciuffi di peli sulle punte delle orecchie. Pesano da 5 a circa 30 kg e hanno un'altezza alla spalla di 55 cm. Frequentano soprattutto gli ambienti forestali variegati (con radure, canaloni di valanga, ecc.) e non troppo fitti, dove si trovano le prede di cui si nutrono (prevalentemente Ungulati, come il Capriolo, e Lagomorfi). La predazione operata dalla lince è tipicamente all'agguato con una distanza media percorsa durante lo scatto per raggiungere la preda di circa 5-20m. Generalmente Le linci aiutano a migliorare le condizioni del territorio eliminando gli individui deboli, malati, e vecchi. Occasionalmente possono attaccare animali domestici. Sono tolleranti nei confronti della presenza umana, purché continuino a trovarsi le sue prede

    Il genere Lynx si suddivide in 4 specie:

    * Lince europea o eurasiatica (Lynx lynx)
    * Lince pardina o spagnola o iberica (Lynx pardinus)
    * Lince rossa, la più diffusa in America, detta anche bobcat (Lynx rufus)
    * Lince canadese (Lynx canadensis)

    Sulle Alpi era un tempo presente la sottospecie Lynx lynx alpina, oggi estinta e in Sardegna viveva la Lynx lynx sardiniae, anche questa ormai scomparsa. In Italia la presenza della lince è ben documentata sulle Alpi Giulie (Provincia di Udine) in particolare nelle Valli del Natisone e Torre, nella Val Resia e Val Canale dove è giunta dalla vicina Slovenia. Dopo un progetto di ripopolamento che ha avuto scarso successo, è presente, in modo estremamente sporadico anche nel Parco Nazionale del Gran Paradiso la Lince europea nella sottospecie Lynx lynx carpathicus. La lince rossa Lynx rufus, più piccola della lince europea, è il felino più diffuso negli USA dove prende il nome di wildcat o bobcat.

    Curiosità

    * Dal termine "Lince" in inglese (lynx) deriva il nome del browser testuale Lynx, per la somiglianza con Links.
    * La lince o lonza nei bestiari medievali simboleggiava la lussuria e Dante riprese questa allegoria nel primo canto dell'Inferno. Probabilmente aveva visto uno di questi felini (o una specie di pantera) in una delle gabbie di leoni che la Repubblica di Firenze era solita allevare vicino a Palazzo Vecchio.

    Cerviere é anche il cognome di una grande famiglia italiana.


    La lince Europea



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    La Lince Europea o eurasiatica (Lynx linx), conosciuta anche con i nomi di gattopardo, cerviere o lupo cerviere, è un felino estremamente schivo e solitario: la stessa difficoltà di osservarlo rende arduo il compito di contare gli individui che ancora esistono in Europa.

    Zampe non molto lunghe, coda corta (20 25 cm di lunghezza), vistosi ciuffi di pelo sulla punta delle orecchie. Queste, assieme al manto maculato che può avere varie gradazioni di colore, sono le caratteristiche più evidenti della Lince.

    La stazza varia molto tra i maschi e le femmine. A grandi linee si può affermare che la lunghezza va dagli 80 ai 130 centimentri, l'altezza alla spalla tra i 60 ed i 75 centimetri, mentre il peso va dai 18 ai 38 kg.

    Il manto, come dicevamo, può assumere varie gradazioni di tono: è un notevole mezzo di mimetismo, quindi assumerà colori chiari al nord, per confondersi con la neve, mentre sarà più scuro negli individui che vivono al sud Europa, per confordersi meglio con il sottobosco. Il pelo è setoso e morbidissimo ha fatto diventare questo animale una preda ambita dall'uomo.

    Altra differenza tra individui di latitudini diverse è la stazza: a nord gli esemplari sono più grossi di quelli che vivono al sud, ma in entrambi i casi la struttura è tale da permettere all'animale dei rapidi "invisibili" spostamenti che lo rendono un temibile predatore.

    L'olfatto è svilupatissimo e serve soprattutto per la comunicazione con i suoi simili.


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    Animale solitario, la vita sociale della Lince si limita soltanto al periodo nel quale le femmine allevano i cuccioli.

    Il suo periodo d'azione, invece, durante la giornata si limita alle ore serali o all'albeggiare.

    Solitamente il territorio di un maschio (contrassegnato con spruzzi d'urina su rocce ed alberi) si sovrappone a quelli di varie femmine, il che rende più facile l'accoppiamento.


    E' un predatore, quindi carnivoro.
    Predilige gli ambieti di foreste variegati da radure e canaloni dove più facilmente trova le sue prede preferite (caprioli, camosci, cervi, marmotte, volpi, lepri, conigli o uccelli come pernici e galli cedroni), anche se, occasionalmente, possono attaccare animali domestici. La presenza dell'uomo non disturba eccessivamente la Lince soprattutto grazie alla sua capacità di rendersi praticamente invisibile.

    Nella caccia la Lince, sebbene dotata di un ottimo olfatto, si affida soprattutto alla vista. L'agguato è la sua tecnica principale, visto che, proprio perchè può raggiungere alte velocità, non riesce a correre per lunghe distanza. La preda viene in parte consumata subito, il resto viene nascosto accuratamente e rappresenterà una riserva di cibo.

    La stagione degli amori va da gennaio a marzo e gli accoppiamenti avvengono solitamente dopo un corteggiamento di circa un paio di giorni.

    La coppia a questo punto si divide e la femmina cerca un riparo dove dare alla luce i piccoli: alberi cavi o caverne sono i preferiti. La gravidanza dura 70 giorni ed il numero dei cuccioli varia da uno a cinque che rimarranno ciechi per due settimane.

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    In breve, però, all'incirca dopo sei settimane, i cuccioli sono in grado di seguire la madre per brevi spostamenti e lo svezzamento termina dopo 3 o 4 mesi dalla nascita. Rimangono con la madre per il primo anno di vita, poi i maschi iniziano a cercare un territorio mentre le femmine di solito si stabiliscono vicino al territorio della madre.

    L'età feconda per le femmine arriva già dopo il primo anno di vita, mentre i maschi saranno pronti all'accoppiamento dopo il secondo anno.

    Si presume che una Lince possa vivere anche 10-12 anni, anche se la vita media è nettamente inferiore

    Predatore fortemente diffuso nei secoli passati nell'Europa continentale, proprio grazie alle condizioni perfette per la sua sopravvivenza, la sopravvivenza della Lince europea oggi è messa in serio pericolo.

    Le cause principali sono soprattutto la deforestazione e la scomparsa o la forte diminuzione di quegli animali che della Lince sono le prede, il tutto unito ad una caccia che è stata davvero spietata sia per l'accaparramento delle splendide pellicce, sia per la "protezione" degli animali domestici.

    Già verso il 1800 la Lince era scomparsa dai bassopiano occidentali e meridionali d'Europa e sopravviveva alle falde delle catene montuose dei Pirenei e del Massiccio Centrale francese, nelle Alepi, nella Selva Bavarese e nelle vaste foreste a settentrione ed a oriente d'Europa.

    Negli anni 70 una intensa opera di ripopolamento a dato buoni risultati tra le montagne della Svizzera, Austria e Germania, anche se la scarsità di prede naturali ha indotto gli esemplari reintrodotti a cacciare greggi ed altri animali domestici. Attualmente sono stati avvistati degli esemplari sul versante italiano delle Alpi, nelle zone più aspre dei Carpazi e delle regioni balcaniche.

    In Italia il programma di ripopolamento sembra aver avuto scarso successo e sono scomparse sia la sottospecie di Lince alpina che quella di Lince sarda, anche se sembra che alcuni esemplari siano stati avvistati tra i monti appenninici.

    Gravissima anche la situazione nel territorio portoghese (dove sembra che il numero di esemplari non sia superiore a 20) e spagnolo.


    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 17:44
     
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  4. gheagabry
     
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    BOBCAT




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    La lince rossa (Lynx rufus), chiamata anche Bobcat, è molto somigliante alla lince canadese, dalla quale differisce per il mantello più colorato, chiazzato di bruno e di grigio, per la coda più lunga, le zampe più corte e i ciuffi all'apice delle orecchie meno lunghi. Il cranio, più arrotondato di quello della lince comune del Canada, differisce pure per la minore capacità. La coda della lince rossa termina con un manicotto di peli bianchi, più o meno appariscente, mentre nella lince canadese questo manicotto è nero.
    Lo zoologo S. Young pubblicò nel 1958 una monografia sulla lince rossa, dalla quale si apprende il peso delle più grandi linci rosse catturate. Esso varia da 18 a 34 kg; quest'ultimo peso è quello di un maschio abbattuto nel Colorado nel 1951. La maggior parte però delle linci rosse uccise pesavano da 4,5 a 13 kg.

    Distribuzione geografica
    La lince rossa vive nella maggior parte degli Stati Uniti, nonché nel Messico settentrionale e centrale, dove abbonda sull'altopiano centrale e sui monti. Il suo limite meridionale coincide con quello delle foreste tropicali. Vive pure nella cordigliera vulcanica del Messico centrale, ma non discende nel bacino del Rio Balsas. A nord la lince rossa arriva fino al Lago Superiore. La troviamo, infine, nelle province canadesi del Quebec, del New Brunswick e della Nuova Scozia. S. Young ha pubblicato la foto di un esemplare albino, completamente bianco e con gli occhi rossi, catturato al laccio e vivente presso il padrone di una fattoria, situata nei pressi di Edna, in California. Vi sono pure linci rosse melaniche cioè completamente nere, ma sono rare.




    Cacciatrice molto discreta
    Grazie al suo modo di vivere, particolarmente discreto, la lince rossa è riuscita a sopravvivere in posti dove tutti gli altri grandi carnivori sono scomparsi. Principalmente notturna, essa non è legata ad alcun particolare biotopo; s'incontra infatti nei più disparati ambienti naturali. Quando non viene disturbata dall'uomo, è attiva anche durante il dì. D'altronde, molto spesso vive nelle vicinanze delle installazioni umane, pur senza destare l'attenzione del suo mortale nemico. Il modo di vivere della lince rossa era praticamente ignorato prima dell'importante studio condotto dallo zoologo americano T. N. Bailey, tra il 1969 e il 1972, nella parte sud-orientale dell'Idaho. Nel corso di questa ricerca furono catturate, e quindi di nuovo lasciate libere, 66 linci rosse; 17 di queste bestie erano state fornite da Bailey di un apparecchio radio trasmittente. Questo apparecchio permise infatti allo studioso di seguire le peregrinazioni delle sue linci attraverso macchie e boschi. La lince rossa vive più volentieri nei terreni rocciosi accidentati, dove le prede sono abbondanti e più facile riesce la caccia alla posta. In Florida e in Louisiana essa si trova nelle foreste di magnolie e nelle giungle paludose. Non teme le elevate altitudini e M. Carry ha notato le sue tracce a 3300 m sul monte Mc Lellan, nel Colorado.

    Il territorio dei maschi comprende parecchi territori di femmine, ma gli incontri tra loro sono molto rari, a causa delle marche odorose, urina e deiezioni, che le linci depositano in differenti, importanti punti del loro territorio. Una lince, fiutando una marca fresca, avverte il recente passaggio di un altro simile e, per evitare d'incontrarlo, prende un'altra direzione. L'urina proiettata contro le rocce e i colpi di artigli sui tronchi degli alberi costituiscono degli efficaci segnali «stradali».


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    La lince rossa si sposta molto. La madre però non si allontana più di un paio di chilometri dalla tana, quando alleva i figli piccolini. Il territorio dei maschi può coprire 110 km², mentre quello delle femmine non supera i 10 km². Questo felide si nutre soprattutto di piccoli mammiferi. Nell'Idaho le lepri costituiscono il 90% della sua alimentazione. Questa lince cattura anche gli uccelli e talvolta il cervo mulo soccombe ai suoi attacchi. Tuttavia la lotta tra il predatore e la sua grossa preda spesso si rivela pericolosa anche per l'aggressore, come testimoniano i crani di linci che presentano gravi fratture. È superfluo dire che per un animale come la lince rossa, la cui distribuzione geografica è tanto vasta, il regime alimentare e le prede cambiano da una regione all'altra e secondo le stagioni. S. Young, nel suo studio condotto sull'insieme degli Stati Uniti (3538 stomachi esaminati), ha rilevato la presenza delle seguenti prede, espresse in percentuale in base al numero di stomachi nei quali esse sono state trovate: roditori 45%, lepri 45%, cervidi 4%, piccoli animali 2%, selvaggina da penna 1%, serpenti e lucertole 1%. Nella pianura del Mississippi e del Missouri alcune linci rosse si nutrono regolarmente di gatti domestici. Nel menù della lince rossa figurano anche l'orsacchiotto, l'opossum, la lontra, le donnole, il tacchino selvatico, l'airone, il cane delle praterie, alcuni crostacei, l'antilocapra, il muflone di Dall e le quaglie.

    La lince rossa scopre le prede per mezzo della vista e dell'udito finissimo. Si avvicina con discrezione e attacca sempre di sorpresa. Essa è ritenuta maestra in questa difficile arte, che le permette di catturare le lepri, molto più veloci, le quali riescono a scappar via, quando la lince sbaglia il salto.

    Come gli altri predatori, la lince vede aumentare il suo numero in periodo di abbondanza e, al contrario, diminuire quando le prede diventano rare, in seguito a malattie o ad avverse condizioni atmosferiche.

    La lince rossa non teme affatto l'acqua, anzi ci va molto di buon grado per pescare. È ottima e veloce nuotatrice. Nell'Oregon il naturalista J. Yoakum ha osservato parecchie volte linci rosse che saltavano in acqua per prendere i pesci. Durante l'estate, quando forte è la calura, le linci a volte si bagnano nell'acqua poco profonda dei fiumi e dei laghi. La lince rossa miagola e fa le fusa; la sua voce somiglia a quella del nostro gatto domestico, ma è più sonora.

    Questo felide è un animale solitario. Il maschio si scorge in compagnia della femmina solo durante la stagione della riproduzione.



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    Riproduzione
    La femmina della lince rossa partorisce da febbraio a giugno, in una caverna o sotto blocchi di rocce. A volte si verificano figliate tardive, in agosto. La gestazione dura da 62 a 70 giorni circa. Il numero dei piccoli è di 2-3 per ciascuna figliata; essi pesano alla nascita da 280 a 300 grammi, e aprono gli occhi tra il 6° ed il 9° giorno.

    Bailey ha constatato che le femmine restano fedeli alla loro tana, quando non sono molestate, e che vi tornano ogni anno per partorirvi. All'età di 3 mesi i figli lasciano la tana, in compagnia della madre.

    Su 150 linci rosse catturate con le trappole nel Nuovo Messico, si sono contati 78 maschi e 72 femmine. Il «Fish and Wildlife Service» dell'Arizona ha registrato la proporzione del 55,7% di maschi e del 44,3% di femmine, su 8703 linci rosse uccise dal luglio 1919 al 30 giugno 1944.

    Nemici e longevità
    Se si eccettua l'uomo, la lince rossa ha pochi nemici naturali. Tuttavia, a volte, è attaccata dal puma, come testimoniano parecchie osservazioni fatte da naturalisti degni di fede, nel 1941, nel 1949 e nel luglio 1950, nell'Utah.




    S. Young segnala 11 linci rosse che, in cattività, raggiunsero un'età superiore ai 10 anni. Di esse 4 vissero 15 anni. Nel 1955 Carter pubblicò una nota relativa ad una bella lince rossa maschio, del peso di 15 kg, morta all'età di 25 anni in un giardino zoologico privato americano.


    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 17:52
     
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  5. gheagabry
     
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    È stato fotografato per la prima volta una rara sottospecie di ghepardo asiatico (Acinonyx jubatus venaticus), che vive nelle zone desertiche africane, chiamato anche «cheetah», nome derivato dalla parola sanscrita «chitraka» che significa «macchiato». È stato possibile fotografarlo grazie a «trappole fotografiche» corredate anche di macchine all'infrarosso, in grado di riprendere immagini di notte, piazzate strategicamente sui possibili percorsi battuti dall'animale.


    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 17:55
     
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  6. gheagabry
     
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    CARACAL



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    Il caracal (Caracal caracal) è una lince di piccola grandezza. Alto da 45 a 50 cm, pesa da 8 a 18 kg. È robusto, abbastanza basso sulle zampe ed ha una coda relativamente lunga. La testa, piccola, porta orecchie molto lunghe, appuntite e che terminano con pennelli di peli neri lunghi fino ad 8 cm (al colore di questi pennelli è dovuto anche il suo nome: dal turco Karakulak, „orecchio nero“). È più scuro sul dorso che sui fianchi. Il ventre, il petto, e l'interno delle membra è grigio chiaro, quasi bianco, a volte picchiettato di punti rossastri o bruni. Sulla testa, il caracal è segnato da due strisce scure sotto gli occhi e da una macchia scura che circonda il muso. Come quasi tutti i felidi, il caracal è dicromatico, cioè esiste sotto due varietà: grigio o rosso-bruno. Nel 1970, due piccoli sono stati presi insieme in una grotta, nel sud della Nigeria. Uno era grigio scuro, l'altro bruno. Questi piccoli caracal sono stati allevati nello zoo d'Ibadan. Nel Karamoja, in Uganda, sono stati catturati dei caracal del tutto neri. Come le altre linci, il caracal ha occhi con pupille circolari, che si contraggono in forma di punti rotondi. Il cranio è arrotondato e il secondo premolare superiore manca. Questo solo dettaglio permette di distinguere il cranio del caracal da quello del serval (gattopardo) che gli somiglia del tutto.

    Il caracal ama le regioni secche, aride e semidesertiche. Preferisce i terreni scoperti ai luoghi boscosi. In India lo si trova molto frequentemente in pieno deserto del Rajasthan. Esso va a caccia ugualmente nelle boscaglie spinose e L. Azzaroli afferma che, in Somalia, è stato visto molto lontano dai punti d'acqua. In Africa del sud sta nelle pianure sabbiose, ma lo si trova in tutti gli altri ambienti naturali tranne che nelle foreste. Sembrerebbe che in Asia il caracal sia più amante del deserto che in Africa. Lo zoologo russo Y. Sapozhenkov, che ha studiato la sua biologia nel Transcaspio, scrive che questo felide è caratteristico dei deserti e degli ambienti semidesertici della pianura.



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    Il caracal è principalmente notturno. La sua biologia è ancora conosciuta molto male. È un felide solitario che non si accoppia che nella stagione degli amori. Di giorno si nasconde nelle tane delle volpi e del porcospino. Quando il tempo è coperto il caracal a volte esce in pieno giorno per la caccia. Allora lo si può scorgere camminare trotterellando furtivamente per un sentiero indigeno. Gli autori sono d'accordo nel dire che esso è aggressivo. Edey (1968) afferma che è il solo felide piccolo africano che attacca l'uomo quando è disturbato nel suo riposo. Quando è inseguito dai cani, cerca rifugio su di un albero.

    Il caracal è dotato di un fiuto senza pari nella cattura degli uccelli. Si avvicina strisciando ad un raggruppamento di pernici, di francolini o di piccioni poi salta e abbatte gli uccelli di slancio a colpi di zampe. È stato detto che esso era capace di abbatterne una dozzina per volta, ciò è molto esagerato. Il caracal è soddisfatto quando riesce a procurarsi uno o due, forse tre volatili, ma non di più. Non di meno esso resta un campione di salto in alto, capace di colpire con un colpo di zampa una pernice che vola a tre metri dal suolo.

    Si conoscono pochi dettagli relativi alla riproduzione del caracal in natura. Secondo Roberts, la femmina dà alla luce da due a tre piccoli. In Africa del sud è stata scoperta una figliata di cinque piccoli in un albero cavo. G. C. Shortridge segnala figliate di quattro piccoli, H. Copley scrive che il caracal alleva i suoi nati nelle tane dei facoceri e dei porcospini, oppure in mezzo agli ammassi di rocce.

    Nello zoo del Bronx, S. Kralik ha osservato, dal 1964 al 1966, che le femmine facevano una specie di nido raccogliendo i peli e le penne delle loro prede. L'accoppiamento dura una diecina di minuti. Dopo una gestazione di 69-78 giorni, i piccoli nascono ciechi, ma coperti di pelo simile a quello degli adulti, ma più scuro. Essi aprono gli occhi tra il sesto e il decimo giorno. La maturità sessuale è raggiunta verso i due anni. La longevità del caracal è considerevole. Due caracal, custoditi allo zoo di Dublino, sono morti alla rispettabile età di sedici e diciassette anni.




    Il caracal è stato addomesticato sin dall'antichità. Gli egiziani l'hanno raffigurato negli affreschi di Beni-Hasan in alcune scene di caccia. Alcuni naturalisti affermano tuttavia che i piccoli caracal sono molto difficili se non impossibili da addomesticare; altri, invece, dicono che questi felidi diventano molto docili.

    In India, si ammaestra il caracal per la caccia all'antilope cervicapra. In Iran e nell'Afghanistan lo si ammaestra a volte per la caccia agli uccelli in virtù della sua straordinaria attitudine al salto.




    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 17:58
     
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  7. tomiva57
     
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    bellissimi...
    che enciclopedia!! ci sono tutti ..o ne manca qualcuno.?
    spero di non trovarmeli di fronte...però
     
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  8. gheagabry
     
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    SERVAL



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    Il servalo o serval (Leptailurus serval o Felis serval) è un felino africano di media taglia, strettamente imparentato con il caracal. È diffuso in gran parte dell'Africa sub-sahariana e persino in alcune zone a nord del Sahara. In swahili si chiama mondo o kisongo.

    misura intorno agli 85 cm di lunghezza (più circa 40 cm di coda); ha una corporatura molto snella e lunghe zampe. Le orecchie sono ovali, allungate e ravvicinate. La colorazione del pelo è variabile: in genere, il manto ha grosse macchie nere su un fondo marrone-arancio, ma vi sono casi con macchie più piccole e individui completamente neri per melanismo; solo in cattività, sono stati anche osservati esemplari di colore bianco con macchie grigiastre. Una cucciolata consiste di un numero di piccoli compreso fra 1 e 5 (generalmente 2-3).


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    L'habitat principale dei serval è la savana. Hanno bisogno di corsi d'acqua, e quindi non vivono nelle regioni aride. Cacciano roditori, iraci, piccole antilopi e uccelli. Vengono talvolta attaccati dai leopardi, ma la minaccia principale per questi animali è comunque rappresentata dall'uomo, che li caccia per la pelliccia; per questo motivo sono estinti in tutta la fascia sudoccidentale del Sudafrica (ex Provincia del Capo).

    Sono capaci di arrampicarsi e anche di nuotare, ma lo fanno raramente. Sebbene non siano animali domestici, vengono talvolta tenuti come animali da compagnia, soprattutto negli Stati Uniti.

    L'unione di un serval maschio con un gatto domestico femmina è stato usato per dare origine alla razza felina nota come "savannah". L'incrocio di serval e caracal (due specie molto strettamente imparentate) produce due ibridi chiamati servical e i caraval. Eesiste un raro incrocio con l'ocelot,chiamato servalot anche la specie non e confermata e,potrebbe trattarsi di una bufala.

    Il serval in letteratura

    * Nel romanzo Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, lo stemma di famiglia dei Tomasi è un serval; l'autore vi si riferisce con il termine generico "gattopardo", che indica i grossi gatti selvatici come il serval, il caracal o l'ocelot. Nel caso specifico, l'identificazione con il serval è piuttosto evidente, essendo tale felino l'unico "gattopardo" diffuso sulla costa mediterranea del Nordafrica (incluso il tratto di costa antistante Lampedusa).


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    OCELOT



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    L'ocelot (Leopardus pardalis), il cui nome è stato preso in prestito dagli Aztechi, che lo chiamavano ocelotl, e da noi ancor più conosciuto come gattopardo, è uno dei felidi.

    Più grande del gatto domestico, il suo corpo è lungo da 55 a 80 cm e la coda da 30 a 45 cm. Pesa da 4 a 12 kg, ma alcuni grossi maschi superano i 15 kg. Le femmine sono sempre più piccole dei maschi. Come statura l'ocelot lo si può paragonare al gatto dorato, al gatto di Temminck e al gatto viverrino. Adulto, diventa abbastanza corpulento. È il felide più comune e più popolare dell'America latina.

    Ha zampe corte e coda relativamente corta. Le orecchie, arrotondate e nere, hanno una macchia bianca sul rovescio. Gli occhi, dall'iride marrone, hanno pupilla ovale. I baffi, molto sviluppati, sono bianchi. La tinta di fondo del pelame varia dal grigio-rossiccio al bruno-ocra vivo, sui fianchi e sul dorso; sul dorso però è più scuro. Il ventre, il lato interno degli arti, il petto e la gola sono di colore grigio più o meno chiaro, a volte quasi bianco, con macchie nere. Il pelame, molto caratteristico, è ornato di macchie nere allungate, disposte in file longitudinali più o meno coalescenti, formanti, sui fianchi ocelli oblunghi e irregolari. La nuca e il collo sono segnati da 6-8 strisce nere che si prolungano in avanti, fino in mezzo agli occhi. Le guance sono sbarrate da due linee nere, abbastanza larghe, che vanno dal davanti verso tergo. Il naso è bruno-rossastro, le labbra nere. Nella parte inferiore, le zampe sono punteggiate di piccoli punti neri. Sul collo e sulla schiena i peli sono rivolti in avanti, cosa abbastanza eccezionale tra i piccoli felidi. La coda, nera sopra, più chiara sotto, è ornata di macchie bianche verso la base e di anelli indistinti verso l'estremità.

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    Gli zoologi hanno suddiviso l'ocelot in 10 sottospecie geografiche, stabilite in base alla colorazione del pelame. Una tale classificazione è completamente errata e non serve che ad ingarbugliare inutilmente la sistematica dei felidi, già abbastanza confusa. Fortunatamente i più eminenti studiosi della materia, tra cui I. Weigel nel 1961, hanno dimostrato che la variazione individuale dell'ocelot è tale che nei campionamenti effettuati in una stessa località si ritrovano tutte le tinte possibili e immaginabili e ciò rende inutili i tentativi di classificazione fatti dagli amatori delle sottospecie. È praticamente impossibile trovare due pellicce assolutamente identiche.

    La distribuzione geografica dell'ocelot si estende dal Texas meridionale fino all'Argentina settentrionale, nella provincia di Corrientes. È assente nelle zone di alta montagna e nelle pampas dell'Argentina meridionale. Assente è pure nel versante occidentale delle Ande, fatta eccezione per la Colombia e per l'Ecuador, dove discende fino a sud del Golfo di Guayaquil.

    L'ocelot abita le foreste tropicali e subtropicali. Si ritrova sia nella giungla igrofila della pianura amazzonica che nelle foreste secche del Paraguay. Evita le montagne e le grandi savane erbose, ma non è raro nelle zone dissodate e nelle coltivazioni di banane e di cacao, sulla costa pacifica dell'Ecuador.

    I naturalisti sono d'accordo nel dire che l'ocelot vive sempre a coppie, anche all'infuori della stagione della riproduzione. J. Rengger afferma che esso occupa un territorio abbastanza esteso, al quale resta fedele. Se se ne avvista uno si può essere sicuri di trovarne un secondo negli stessi paraggi. Benché abbiano in comune il territorio, il maschio e la femmina cacciano separatamente e, in caso di pericolo, non si prestano tra loro aiuto.

    L'ocelot è un ottimo arrampicatore, senza essere però per questo più arboricolo degli altri felidi. Nuota benissimo e non ha paura dell'acqua. J. Rengger ne vide uno attraversare il Rio Paraguay, vicino alla città di Asuncion. Schauenberg osservò due casi simili in Ecuador. Inseguito dai cani, l'ocelot si getta in acqua, se non trova un albero alla sua portata.

    Nel corso della sua missione di studio nel Panama, l'americano E. Goldman osservò diversi ocelot che, durante la giornata, si riposavano tra i rami degli alberi. Appena un ocelot si sente scoperto, si arrampica lentamente di ramo in ramo, fino a raggiungere la cima dell'albero, dove resta completamente nascosto dal fogliame. In altre circostanze, l'animale discende velocemente dal ramo dov'è posato e, in pochi balzi, scompare nella giungla.

    E. Goldman ha scorto qualche ocelot attraversare di giorno i sentieri della foresta. Ma l'ocelot è principalmente di abitudini notturne e raramente lo s'incontra durante il giorno. Intraprende lunghi giri alla ricerca delle prede, costituite da aguti, paca, tatù, opossum, piccoli pecari e piccoli cervidi selvatici. Quando se ne offre l'occasione, si ciba anche di uccelli: hocco e agami. Nel Paraguay i cacciatori lo considerano grande distruttore di tinami e penelopi. A volte si spinge fino a visitare i dintorni dei villaggi, da dove porta via qualche pollo.


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    Secondo J. Rengger, gli ocelot nel Paraguay si accoppiano da ottobre alla fine di novembre. Nella parte meridionale del Texas, Bailey nel mese di novembre trovò parecchie figliate di ocelot, nati da poco. Il 14 aprile 1950 vicino a Brownsville, nel Texas, fu uccisa una femmina contenente due feti, prossimi alla nascita. Nello Yucatan l'accoppiamento avviene in ottobre e i piccoli nascono in gennaio. La gestazione dura circa 70 giorni. Generalmente la femmina partorisce 1-2 piccoli, ma si è a conoscenza di figliate di 3 e perfino di 4 piccoli.

    La madre nasconde i figlioletti nel cavo di un albero, in fondo a qualche piccola grotta o in una tana, preparata nel più folto della foresta. J. Rengger, parecchie volte, trovò resti di ossa e di piume vicino alle tane degli ocelot. In Ecuador Schauenberg, in ottobre, raccolse un ocelot, nato da poco, in una tana nascosta in un cespuglio spinoso, sul limitare di un bananeto; il terreno era stato accuratamente ripulito dalla madre e il gattino riposava sulla terra nuda.

    Preso in tenera età, l'ocelot si addomestica con facilità e può diventare molto docile. Tuttavia, man mano che cresce, riprende la sua naturale selvatichezza e, per lo più, da adulto diventa intrattabile.

    In Ecuador Schauenberg ebbe l'occasione di allevarne uno, trovato quando ancora aveva gli occhi chiusi. Questo ocelot faceva le fusa come un gatto e seguiva il padrone a passeggio nella foresta.

    L'ocelot è oggetto di un importante commercio, in quanto animale di compagnia; negli Stati Uniti vi sono club di amatori d'ocelot. L'acquisto di un ocelot è sconsigliabile, perché riesce difficile tenerlo in un appartamento. La sconsideratezza assume proporzioni preoccupanti dal momento che alcune persone, preoccupate di preservare le tappezzerie e i mobili dai danni del loro ocelot, non esitano a mutilare crudelmente la bestia facendone recidere gli artigli, col bisturi, da un veterinario poco scrupoloso. L'ocelot, così privato dei suoi indispensabili artigli, non può nemmeno più grattarsi, né procedere alla sua toletta giornaliera.

    Come avviene per altre specie di felidi, e anche per il nostro gatto domestico, la carne dell'ocelot viene consumata in parecchie regioni. M. de Wied segnalò che gli Indiani e le popolazioni rurali nere del Brasile se ne cibano. Nel 1959 A. S. Leopold riferì che un buon numero di cacciatori messicani usavano consumare carne di ocelot, che affermavano essere succulenta e fortificante. Vicino a Coyutla, nella provincia di Veracruz, gli uomini bevono il sangue caldo dell'animale, ucciso di fresco. In tutte le regioni del Messico, la gente attribuisce virtù magiche e medicinali alla carne e al sangue di ocelot.




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    FELIS MARGARITA, il gatto delle sabbie



    Il gatto delle sabbie (Felis margarita) è un mammifero carnivoro appartenente alla famiglia dei Felidae.

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    La lunghezza si aggira intorno ai 50 cm, con una coda di circa 30 cm, ed un peso medio di 2.7 kg. La testa è piatta e le orecchie sono larghe ed appuntite. Il pelo è di colore giallo sabbia, con pallide strisce. Le zampe sono coperte di lunghi peli che proteggono la pelle dal calore della sabbia. Il gatto delle sabbie può sopravvivere a temperature che variano dai −5 °C ai 52 °C.

    Si trova generalmente nelle regioni aride, soprattutto nei deserti rocciosi e/o sabbiosi. Il gatto delle sabbie vive in alcune zone del Sahara settentrionale, nel deserto arabico e nei deserti di Pakistan ed Iran.

    Dopo la gestazione, che dura circa 66 giorni, nascono dai 2 ai 4 cuccioli. Durante il giorno il gatto si nasconde sotto le rocce, mentre caccia di notte roditori, lucertole ed insetti.

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    Sottospecie

    * Felis margarita margarita
    * Felis margarita airensis
    * Felis margarita harrisoni
    * Felis margarita meinertzhageni
    * Felis margarita thinobia
    * Felis margarita scheffeli


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    LEOPARDO NEBULOSO



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    Il leopardo nebuloso, Neofelis nebulosa (Griffith, 1821), è un felino di medie dimensioni diffuso nel Sud-est asiatico. Presenta un mantello color marrone rossiccio o fulvo, ricoperto in modo caratteristico da grandi ellissi di forma irregolare e dai margini scuri che si dice ricordino delle nuvole. Questa caratteristica dà a tale mammifero sia il nome comune che quello scientifico (nebulosus in latino vuol dire «nuvoloso»). Il leopardo nebuloso ha creato grande confusione negli scienziati per un lungo periodo di tempo a causa del suo aspetto e dello scheletro. A prima vista sembra infatti un incrocio tra un grande e un piccolo felino. Il nome scientifico del genere, Neofelis, deriva da neo, «nuovo», e felis, «piccolo felino»; letteralmente, quindi, «nuova sorta di piccolo felino».

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    In media un leopardo nebuloso pesa tra i 15 ed i 23 kg ed è alto al garrese dai 25 ai 40 cm. Questo felino di medie dimensioni presenta grossi denti canini, in proporzione i più lunghi tra quelli di ogni felino attuale (cinque cm, circa le stesse dimensioni di quelli della tigre). Questa caratteristica spinse i primi ricercatori a supporre che predasse grandi mammiferi terricoli. Tuttavia, nonostante si conosca ancora molto poco della storia naturale e delle abitudini comportamentali di questa specie in natura, oggi si ritiene che le sue prede fondamentali siano costituite da mammiferi arboricoli e terricoli, specialmente gibboni, macachi e civette, ai quali si aggiungono talvolta altri piccoli mammiferi, cervi, uccelli, istrici e bestiame domestico. Gli esemplari tenuti in cattività si nutrono anche di uova e di qualche vegetale.


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    Come si può facilmente intendere, dato che gran parte delle sue prede vivono sugli alberi, il leopardo nebuloso è un eccellente arrampicatore. La combinazione di zampe corte e flessibili, grandi piante ed artigli affilati lo rende in grado di muoversi sulla volta della foresta con passo sicuro. La coda, che può essere lunga quanto il corpo, costituisce un ulteriore aiuto nel bilanciamento, tanto che questo felino può muoversi alla stessa maniera degli scoiattoli, in modo simile al margay del Sudamerica. Sorprendentemente, questa creatura arboricola è in grado di arrampicarsi stando appeso ai rami a testa in giù, così come di scendere sempre tenendo la testa verso il basso. In cattività, il leopardo nebuloso si appende regolarmente con le zampe posteriori usando la lunga coda come bilanciere e corre a testa in giù sui tronchi degli alberi. Conosciamo poco sulle sue abitudini in natura, ma da tale comportamento si suppone che catturi le prede balzando giù dagli alberi.

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    Nonostante il nome, il leopardo nebuloso non è un parente stretto del leopardo. Generalmente viene suddiviso in tre sottospecie:

    * Neofelis nebulosa macrosceloides: diffusa dal Nepal al Myanmar (Birmania)
    * Neofelis nebulosa nebulosa: diffusa dalla Cina meridionale al Myanmar orientale
    * Neofelis nebulosa brachyura: diffusa a Taiwan (estinta)

    Il leopardo nebuloso del Borneo (Neofelis diardi) è una specie separata diffusa a Sumatra, nel Borneo e sulle Isole Batu. A causa della particolare struttura del cranio, queste due specie sono ritenute sufficientemente diverse dagli altri felini per giustificarne la classificazione in un genere a parte.


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    Il leopardo nebuloso vive soltanto nel Sud-est asiatico ed è diffuso in Cina meridionale (spingendosi a nord almeno fino a Wuyi Shan), nell'Himalaya orientale, in Malaysia occidentale, Nepal, India nord-orientale, Bangladesh ed Indocina. A Taiwan si pensa che sia ormai estinto. L'ultimo avvistamento confermato sull'isola risale al 1989, quando fu rinvenuta la pelle di un piccolo esemplare nell'area di Taroko. Questa sottospecie era caratterizzata dalla coda relativamente più corta.

    I suoi habitat prediletti sono le foreste tropicali e subtropicali fino ad altitudini di 2000 metri; tuttavia si incontra talvolta anche nelle paludi di mangrovie e nelle praterie. Vive in aree con temperatura di 18 - 49 °C.

    A causa della natura elusiva dell'animale e tralasciando le ricerche ed i filmati del Dr. Robert C. Martin, il comportamento in natura del leopardo nebuloso è sconosciuto. Non essendovi alcuna prova dell'esistenza di branchi o di una struttura sociale come quella dei leoni, si ritiene che sia generalmente una creatura solitaria.

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    Le femmine mettono alla luce cucciolate composte da 2 a 4 piccoli dopo una gestazione di 85 - 93 giorni. Inizialmente, i piccoli sono ciechi ed inetti, come quelli di molti altri felini. Diversamente dagli adulti, hanno macchie «piene» - cioè completamente scure, invece di essere circondate da una sorta di anello. Diventano in grado di vedere a circa 10 giorni dalla nascita e si fanno attivi intorno alle 5 settimane, divenendo indipendenti probabilmente a 10 mesi d'età. Il leopardo nebuloso raggiunge la maturità sessuale a due anni e le femmine possono partorire una cucciolata ogni anno. In cattività gli adulti hanno raggiunto l'età di 17 anni, ma in natura la durata di vita si aggira sugli 11.

    Dato che le abitudini del leopardo nebuloso rendono questa specie piuttosto difficile da studiare, non esistono stime esatte della sua popolazione. L'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura stima che ne rimangano in tutto meno di 10.000 esemplari, destinati inoltre a diminuire sempre più. La distruzione dell'habitat dovuta alla sempre più crescente deforestazione, la richiesta della sua stupenda pelliccia e la caccia per l'utilizzo di alcune sue parti nella medicina tradizionale cinese si ritiene che siano i principali motivi che hanno portato al declino il leopardo nebulos. In tutto solamente sei esemplari, tutti viventi in Thailandia, sono stati muniti di radiocollare; i loro spostamenti sono stati studiati e registrati dagli studiosi con l'utilizzo della radiotelemetria. Quasi tutto ciò che sappiamo su questo felino deriva da studi su esemplari in cattività. Tralasciando varie testimonianze aneddotiche, non sappiamo quasi nulla sulla storia naturale, ecologia e comportamento di questo animale in libertà.



    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 19:43
     
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    GATTO DELLE ANDE



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    l gatto delle Ande (Leopardus jacobita, Cornalia 1865) ha delle dimensioni superiori a quelle di un comune gatto domestico: lunghezza 70-75 cm a cui si aggiungo 45 cm della coda.

    Classificata nel Red Data Book dell'IUCN come specie rara, essendo annoverato nell'Appendice I, il commercio è vietato ed è specie protetta dalla legge nel Perù.

    Predilige vette elevate che diventano il suo habitat naturale e lo si trova nelle montagne del Cile settentrionale, del Perù meridionale, della Bolivia sud-occidentale e dell'Argentina nord-occidentale.




    Puma yaguarondi




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    Il jaguarondi (Puma yagouaroundi, Geoffroy 1803) è un felide di medie dimensioni diffuso in America Centrale e Sudamerica. Assieme al coguaro, costituisce il genere Puma.

    Lungo 65 cm, ha una coda di 45 cm e orecchie corte e arrotondate.
    Il pelo è solitamente di colore marrone, ma in certi casi può variare dal grigio al bruno scuro. Le macchie sono presenti solo alla nascita.
    Come evidenziato dagli studi genetici, il jaguarondi è più strettamente imparentato con il puma rispetto alle altre specie, più piccole, di felidi americani.

    Si tratta di animali fortemente territoriali, crepuscolari e notturni. Buoni arrampicatori, i jaguarondi preferiscono tuttavia cacciare a terra. Le loro prede abituali sono pesci, piccoli mammiferi, rettili e uccelli.


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    La femmina dà alla luce da uno a quattro cuccioli dopo una gestazione di 70 giorni. La maturità si ha intorno ai 2 anni.

    Il jaguarondi non viene solitamente cacciato per la sua pelliccia, tuttavia la popolazione è in declino a causa della scomparsa del suo habitat.
    È diffuso in America centrale e Sudamerica.
    L'habitat di questi animali è formato dalle boscaglie situate presso i fiumi e i ruscelli, dove i jaguarondi si recano per pescare. Occasionalmente sconfinano nelle foreste tropicali.
    Alcuni jaguarondi vivono nei dintorni della base spaziale della Guiana Francese


    Esistono diverse sottospecie di jaguarondi:

    * Puma yagouaroundi armeghinoi, Argentina occidentale
    * Puma yagouaroundi cacomitli, Texas meridionale e Messico
    * Puma yagouaroundi eyra, Brasile, Paraguay e Argentina
    * Puma yagouaroundi fossata, Messico e Honduras
    * Puma yagouaroundi melantho, Perù e Brasile
    * Puma yagouaroundi panamensis, dal Nicaragua all'Ecuador
    * Puma yagouaroundi tolteca, Arizona e Messico
    * Puma yagouaroundi yagouaroundi, Guyana e foresta amazzonica


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    COGUARO



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    Il puma (Puma dal 1993, prima Felis ), chiamato anche coguaro o leone di montagna, è un carnivoro appartenente alla famiglia dei Felidi presente in America settentrionale, centrale e meridionale. Tra i felini è la specie più vicina come parentela ai gatti, insieme al caracal e l'ocellotto.

    La parola "puma" viene dalla lingua quechua. Nella lingua inglese esistono più di 40 nomi differenti per indicare il puma, spesso usati solo a livello regionale, come cougar, mountain lion, panther, catamount, e painted cat. In Brasile il puma viene chiamato suçuarana, dalla lingua tupi.

    Nell'America del Nord, in particolare negli Stati Uniti, la parola panther ("pantera") da sola si riferisce al puma, sebbene il termine black panther ("pantera nera") sia correttamente associato solo con le varianti affette da melanismo di leopardi o di giaguari, piuttosto che di puma. In Europa e in Asia, "pantera" significa "leopardo" e si può riferire sia al leopardo maculato sia a quello nero. Nell'America meridionale, "pantera" si riferisce solo al giaguaro, sia quello maculato, sia quello nero. Il gene del melanismo si può trovare in una grande varietà di felini, compresi il leone, la tigre, il leopardo, il giaguaro, il caracal, il jaguarondi, il serval, l'ocelot, il margay, la lince rossa; non sono mai stati documentati, tuttavia, casi di melanismo nell'America settentrionale in Puma concolor, anche se persistono leggende metropolitane di "pantere nere". Tali resoconti aneddotici hanno particolare vigore sugli Appalachi degli Stati Uniti orientali, una regione dove è comunemente accettato il fatto che il Puma concolor sia stato interamente estirpato prima della fine del XIX secolo, e dove non sono state documentate presenze ristabilite di popolazioni in propagazione fino al 2005.


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    Recenti studi sui geni suggeriscono che il puma sia imparentato in modo relativamente vicino al ghepardo nordamericano estinto Miracinonyx, che tuttavia non appartiene alla sottofamiglia degli Acinonychinae, nella quale vengono classificati i ghepardi odierni. Il puma non è certamente imparentato in modo vicino con i veri grandi felini (il leone, la tigre ecc.), e viene tassonomicamente classificato con i piccoli felini, ma, fra questi ultimi, è uno dei più grossi.

    I puma che vivono più vicino all'equatore sono i più piccoli, e crescono in grandezza nelle popolazioni più vicine ai poli.

    Il puma è alto 70 cm circa dalla spalla. La sua lunghezza, esclusa la coda, è in media di 130 cm per i maschi e 110 cm per le femmine, cui si aggiungono tra i 66 e i 78 cm di coda. Il suo peso varia dai 50 ai 70 kg circa per i maschi (ma alcuni esemplari possono arrivare anche a 120 kg) e dai 35 ai 50 kg circa per le femmine. Il pelo è corto, morbido, folto e dal colore uniforme e molto variabile.

    Le zampe anteriori hanno 5 dita, mentre quelle posteriori 4, con unghie retrattili. I puma sono tra gli animali più agili, potendo fare salti alti 4 metri e lunghi 10.

    La loro testa è piccola e tondeggiante. Nella bocca hanno 4 grandi canini e vari incisivi più piccoli. I puma emettono numerosi richiami, che si differenziano da maschio e femmina, ma, a differenza dei grandi felini, nessun ruggito. Ricercatori nordamericani come Truman Everts descrivono il grido del puma come simile a quello dell'uomo.

    In libertà, i puma possono raggiungere dai 18 ai 20 anni d'età, sebbene la loro vita duri di solito un decennio; in cattività arrivano ai 25 anni o più. Possono anche essere addomesticati.


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    Il più delle volte i puma sono bruno fulvo, biondo rossiccio, o grigio argento; il mento ed il petto, comunque, sono sempre biancastri. I puma appena nati sono di colore beige, pezzati, ed hanno degli anelli sulla coda; la pezzatura sbiadisce durante i primi anni di vita. Esistono anche puma anormalmente pallidi e persino bianchi. Sono stati descritti pure puma di colore marrone anormalmente scuro con addomi bianchi, soprattutto nell'America meridionale e centrale, chiamati couguar noire da Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon. Non ci sono resoconti autenticati di puma affetti da vero melanismo nell'America settentrionale

    I puma cacciano mammiferi di quasi tutte le taglie. Nel Nordamerica si annoverano cervi e renne fra le prede del puma, ma anche topi, ratti, puzzole, procioni, castori ed opossum, come pure pecore e giovani bovini. Anche altri predatori come i coyote e le linci rosse possono essere sopraffatti dal puma. Oltre ai mammiferi, il puma si nutre anche di uccelli e, in alcune regioni, di pesci. Non mangia, però, carogne ed evita anche i rettili.

    Per abbattere una preda più grossa, il puma inizialmente le si avvicina di soppiatto. Da una distanza più breve le salta addosso sul dorso e le rompe l'osso del collo con un forte morso alla gola. Ha una fortissima potenza muscolare nelle gambe ed è il felino che riesce a spiccare i balzi maggiori, fino a 13,5 m in lunghezza e 4,5 in altezza (inufficialmente sono stati riportati salti di 18 metri). Arriva alla velocità di 80 km/h in corsa, ma occasionalmente può raggiungere 96 km/h, rendendolo perciò il felino più veloce dopo il ghepardo. A differenza di quest'ultimo però è molto forte: riesce a gettare a terra con l'aiuto della corsa prede 8 volte il suo peso (puma femmine di 45 kg hanno atterrato caribu di 360 kg) ed è diverse volte più forte di un uomo (le stime vanno da 5 a 8 volte per esemplari di 70-80 kg).

    Il puma è un felino timido, che evita solitamente gli insediamenti umani. Occasionalmente, tuttavia, può attaccare l'uomo. Negli Stati Uniti si verificano, di solito, circa quattro avvenimenti del genere ogni anno; vittime degli attacchi sono perlopiù bambini.

    Il puma stesso, oltre all'uomo, ha pochi nemici da temere. Solo lupi ed orsi possono ogni tanto predare puma giovani o malati.


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    Essendo solitari, i puma si incontrano solo durante il periodo dell'accoppiamento, che spesso, anche se non esclusivamente, va da novembre a giugno, per sei giorni al massimo, prima che il maschio abbandoni di nuovo la femmina alcune settimane prima del parto. Il periodo di gestazione dura circa tre mesi. Una figliata può essere composta da uno a sette cuccioli, di norma due o tre. Ogni piccolo pesa dai 230 ai 450 grammi, ed è grande da 20 a 30 centimetri. I cuccioli assumono cibo solido dopo circa 6-7 settimane e si separano dalla madre dopo circa 20 mesi.

    Si distinguono tradizionalmente tra le 24 e le 32 sottospecie di puma. Nell'America del Nord, due vengono considerate estinte. Come particolarmente minacciata è classificata la pantera della Florida (Puma concolor coryi), che nelle regioni paludose delle Everglades è sopravvissuta agli stermini. Ne esistono soltanto meno di 80 esemplari (secondo altre fonti tra 25 e 50) non in cattività. La salvezza di questa piccola sottospecie di puma, dal colore rosso intenso, è pertanto uno degli obiettivi principali delle organizzazioni locali per la salvaguardia dell'ambiente. Per proteggerli ed analizzarli, ogni animale è dotato di un collare elettronico per l'identificazione e la determinazione dell'ubicazione.

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    La pantera della Florida è l'unica sottospecie che sopravvive a est del Mississippi, da dove scomparve a causa della caccia abusiva dei coloni europei durante i secoli XIX e XX. L'altra sottospecie occidentale, il coguaro del Wisconsin (Puma concolor schorgeri) fu sterminata ufficialmente nel 1925, sebbene da allora si siano registrati avvistamenti non verificati. È possibile che anche il puma orientale (Puma concolor cougar) sia attualmente estinto.

    Altre sottospecie esistenti sono:

    * Puma del Mato Grosso (Puma concolor acrocodia)
    * Puma del Venezuela meridionale (Puma concolor anthonyi)
    * Puma del sud (Puma concolor araucanus)
    * Puma messicano (Puma concolor azteca)
    * Puma della Colombia (Puma concolor bangsi)
    * Leone di Yuma (Puma concolor browni)
    * Puma della California (Puma concolor californica)
    * Puma brasiliano (Puma concolor concolor)
    * Puma dell'America centrale (Puma concolor costaricensis)
    * Puma amazzonico (Puma concolor discolor)
    * Coguaro del Colorado (Puma concolor hippolestes)
    * Puma della Bassa California (Puma concolor improcera)
    * Puma del Perù (Puma concolor incarum)
    * Coguaro dell'Arizona (Puma concolor kaibabensis)
    * Puma maya (Puma concolor mayensis)
    * Coguaro del Montana (Puma concolor missoulensis)
    * Coguaro dell'Oregon (Puma concolor oregonensis)
    * Puma della Bolivia (Puma concolor osgoodi)
    * Puma della Patagonia (Puma concolor patagonica)
    * Puma argentino (Puma concolor pearsoni)
    * Puma cileno (Puma concolor puma)
    * Puma dell'Ecuador (Puma concolor soderstromi)
    * Puma del Texas (Puma concolor stanleyana)
    * Coguaro di Vancouver (Puma concolor vancouverensis)

    Recenti studi di genetica molecolare (M. Culver e altri) suggeriscono tuttavia che in realtà esistono solo sei sottospecie:

    * Puma concolor couguar: America del Nord e America centrale fino al nord del Nicaragua
    * Puma concolor costaricensis: dal Nicaragua a Panama
    * Puma concolor concolor: nord dell'America del Sud
    * Puma concolor capricornis: est dell'America del Sud (Brasile)
    * Puma concolor puma: sud dell'America del Sud (Cile e sud dell'Argentina)
    * Puma concolor cabrerae: centro dell'America del Sud (Bolivia, Paraguay e nord dell'Argentina)

    e che la differenziazione di più sottospecie è priva di fondamento scientifico. Con l'eccezione di una popolazione del nordovest degli Stati Uniti, i puma rappresentano tutti una popolazione omogenea. Nell'America centrale e meridionale si trova maggiore variabilità. Queste conclusioni sono state più tardi riviste, scoprendo che lo spazio vitale del puma durante l'ultima era glaciale fu limitato al Sudamerica, con l'eccezione di una piccola area circoscritta nel nordovest degli Stati Uniti. A questo studio si accompagna anche una rivalutazione delle sottospecie estinte e minacciate.


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    Il puma era precedentemente diffuso in tutta l'America del Nord e del Sud. Nessun altro mammifero del continente aveva una diffusione così vasta; si estendeva dal sud del Canada attraverso l'America centrale fino alla Patagonia meridionale. Al giorno d'oggi la sua diffusione è fortemente limitata e ridotta ad aree disabitate o poco popolate dall'uomo. Negli Stati Uniti i puma sono sopravvissuti alle ondate di sterminio solo sulle Montagne Rocciose, nei deserti e semideserti del sudovest e nelle regioni paludose delle Everglades in Florida. Attraverso dei provvedimenti protezionistici, il suo territorio si è nuovamente esteso, ed in alcune regione a ovest degli Stati Uniti i puma non evitano più nemmeno i dintorni delle città.


    I puma si possono trovare in quasi tutti gli habitat; la prateria, le foreste boreali, temperate e tropicali, i semideserti e l'alta montagna fanno tutti parte degli spazi vitali di questo felino.


    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 20:09
     
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  14. Ispa
     
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    BELLISSIME FOTO GABRY..........MA SOPRATTUTTO STUPENDI ANIMALI..............GRAZIE UN POST MOLTO BELLO E COMPLETO.
     
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  15. gheagabry
     
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    Leopardus wiedii



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    Il margay (Leopardus wiedii), chiamato anche gatto di Wied, ha, in tedesco, parecchi nomi: «Langschwanzkatze» (= gatto dalla coda lunga), «Baumozelot» (= ocellotto degli alberi), «Bergozelot» (= ocellotto delle montagne), ecc. Più grande del gatto domestico, oltre che per il bel mantello, chiazzato e disseminato di ocelli lunghi e irregolari, esso si distingue per la figura slanciata. Il corpo sottile, le lunghe zampe, la testa arrotondata e la coda, lunga e folta, lo rendono caratteristico. I suoi grandi occhi, dall'iride marrone scuro, hanno pupilla ovale. Appena nati, e finché sono piccoli, questi felidi hanno pelame lanoso e morbidissimo, molto più pigmentato di quello degli adulti. L'amatore non iniziato spesso confonde il margay con l'ocellotto, per la colorazione e per l'ornamento, molto somiglianti, della loro pelliccia.




    In entrambe le specie, i peli della nuca e del collo sono stranamente rivolti in avanti. I piedi del margay, molto grandi, sono forniti di artigli aguzzi e lunghi. Se a volte riesce difficile, in base ai caratteri esterni, distinguere un margay da un ocellotto, l'esame del cranio permette però di identificare con certezza il margay adulto. Infatti nel margay il cranio è tondeggiante e sempre più corto che nell'ocellotto; misura da 8,2 a 10,5 cm, mentre quello dell'ocellotto varia da 10,7 a 14,9 cm. L'esattezza di questo metodo è stata verificata da Schauenberg su 105 crani, nel 1972.

    La distribuzione geografica del margay è legata a quella della foresta tropicale umida del Nuovo Mondo. Vive dal Paraguay al Venezuela e nella Guyana. Nell'America Centrale, risale fino al Messico settentrionale. Si trova pure in Colombia e in Ecuador, nelle giungle che si estendono tra l'Oceano Pacifico e i contrafforti delle Ande occidentali. Rarissimo è nel Messico. Gli zoologi americani E. Goldman e E. Nelson, che nel corso di 12 anni hanno raccolto 15.000 mammiferi in tutte le province messicane, di margay ne hanno catturati solo due. S. Leopold, grande studioso della fauna messicana, in 25 anni ha potuto procurarsi solo due margay, uccisi uno nella provincia di San Luis Potosi, l'altro a Chiapas. Una sola volta, nel 1860, il margay è stato trovato negli Stati Uniti, nel Texas. Si trattava certamente di un individuo erratico, smarritosi lontano dal suo habitat tropicale.


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    Nella sua opera sulla Storia Naturale del Brasile, il principe Massimiliano di Wied, scopritore del margay, fornì la seguente descrizione del «gatto tigre dalla coda lunga»: «Questa bella specie di gatto tigre somiglia molto all'ocellotto, ma il gatto tigre dalla coda lunga è più slanciato, ha la testa meno grossa, le orecchie più lunghe e la coda molto più lunga. Vive nei boschi e si arrampica sugli alberi». Infatti, si dovette arrivare al 1963 per saperne di più su questo strano «gatto tigre che si arrampica sugli alberi». È vero che tutti i felidi, anche le specie più grandi, sanno perfettamente scalare gli alberi e ridiscenderne, ma il margay è il felide arboricolo per eccellenza. P. Leyhausen che ha condotto uno studio particolareggiato sul comportamento del margay in cattività, ha potuto mettere in evidenza l'incredibile agilità e l'incomparabile abilità del margay, quale acrobata funambolo. Gli zoologi del XIX secolo avevano affermato il vero. Il margay non solo si arrampica sugli alberi, ma vi vive e vi si muove con l'abilità di una scimmia. Grazie ad una particolare conformazione anatomica delle ossa del metatarso, questo gatto può effettuare movimenti di supinazione e imprimere ai suoi piedi una rotazione di 180° verso l'interno, cosa di cui non sono capaci gli altri felidi.

    Questa facoltà gli permette di scendere lungo il tronco dell'albero con la testa in avanti, come uno scoiattolo. Tra tutti i felidi, il margay è il solo a poterlo fare; infatti le altre specie si lasciano scivolare all'indietro, con la testa verso l'alto, in maniera impacciata e con espressione chiaramente timorosa. Leyhausen osservò i suoi due margay lanciarsi nel vuoto, a gambe distese, e attaccarsi saldamente con una zampa al primo oggetto incontrato sulla loro traiettoria. Questa tecnica, propria dei primati, è assolutamente unica tra i felidi e denota un animale che si è particolarmente adattato alla vita tra l'alto fogliame.

    I margay fanno ancora di più: sono capaci di sospendersi ad un ramo con i piedi posteriori facendo oscillare il corpo nel vuoto. In questa posizione giocano tra loro oppure con spaghi e cordicelle, proprio come farebbero ateli e cappuccini; riescono poi, senza difficoltà, a raddrizzarsi e a ristabilirsi sul ramo. P. Leyhausen vide pure i suoi margay spostarsi, restando sospesi per le quattro zampe a un ramo, alla maniera dei bradipi. L'acrobazia più straordinaria, di cui fu testimone P. Leyhausen, fu quella di un margay che saltò da un ramo più alto ad un altro, aggrappandosi all'ultimo istante con gli artigli delle zampe posteriori, rivolte all'indietro, e dondolandosi poi di volata sotto il ramo. Si tratta di un'esibizione del tutto eccezionale per un felide.





    Non conosciamo proprio nulla circa le abitudini del margay nel suo habitat naturale e sconosciuta ci è la sua biologia. Nel 1967 A. L. Gardner catturò tre margay nella zona forestale e nel subparamos delle alte montagne di San José, nella Costa Rica, a 3200 m di altitudine. Uno dei margay aveva divorato dei piccoli roditori terrestri Peromyscus e Heteromys, mentre lo stomaco di un altro conteneva i resti di un uccellino.

    In cattività, una coppia di margay ha generato 2 gattini, ma non si conosce la durata della gestazione.





    MANUL





    Il gatto di Pallas (Felis manul), detto anche manul o gatto delle steppe, è un piccolo rappresentante dei Felidae diffuso in Asia centrale.
    Il manul è lungo circa 60 centimetri, a cui se ne aggiungono altri 25 per la coda. Il pelo è di color ocra con delle strisce verticali, a volte non visibili essendo la pelliccia molto spessa. Il colore, comunque, cambia al variare delle stagioni: d'inverno, infatti, è più tendente al grigio e più uniforme.

    Il gatto di Pallas possiede molte caratteristiche che lo distinguono dagli altri Felini. Le zampe sono corte, la parte posteriore è piuttosto pronunciata e il pelo è molto lungo e spesso. Le orecchie, tonde e basse, fanno sì che il gatto di Pallas abbia un aspetto che, in qualche modo, ricorda quello di un gufo. Del resto, per via del suo muso piatto, il manul un tempo era creduto essere l'antenato del gatto persiano.

    Il gatto di Pallas vive nelle steppe asiatiche fino a 4.000 metri di altitudine. Si tratta di un predatore notturno, che si ciba di roditori, pika e uccelli.

    A lungo cacciato per la sua pelliccia, attualmente è protetto in gran parte delle zone ove è diffuso. Dal momento che si ciba di animali spesso dannosi per l'agricoltura, è ritenuto un animale benefico. Tuttavia, i pesticidi utilizzati per i pika e i ratti possono risultare pericolosi anche per il manul.


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    Sottospecie

    * Felis manul manul, Mongolia, Cina occidentale
    * Felis manul ferruginea, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Afganistan, Pakistan
    * Felis manul nigripecta, Kashmir, Nepal, Tibet


    Edited by gheagabry1 - 29/1/2023, 20:21
     
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84 replies since 22/5/2010, 12:37   139875 views
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