I LUPI e I CANIDI

..conoscere i lupi....volpi...sciacalli e licaoni

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  1. gheagabry
     
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    "Il grado di civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali." (M.Ghandi)

    "Verrà un giorno in cui gli uomini conosceranno l'intimo animo delle bestie,
    quel giorno, un delitto contro una bestia sarà considerato
    come un delitto contro l'umanità" (L. Da Vinci)



    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 11:35
     
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  2. gheagabry
     
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    mitologia


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    Una delle creature presenti da sempre nell'iconografia e mitologia mondiale è il lupo, la cui forma mitologica più diffusa e conosciuta è sicuramente quella del lupo mannaro o licantropo. Il lupo (in particolare il licantropo) è simbolo di ferocia e malvagità, e rappresenta un ritorno alla natura primordiale: difatti, secondo le leggende, un uomo colpito dalla licantropia è, volente o nolente, costretto a tramutarsi, a ogni luna piena, in un orrendo lupo, assetato di sangue e bramoso di carne umana. Esso può essere eliminato esclusivamente con pallottole o pugnali di puro argento, ed è invulnerabile a qualsiasi altro genere di armamento. Il mito del licantropo è presente anche ai giorni nostri: esso è protagonista di innumerevoli film horror (per citarne uno, Un Lupo Mannaro Americano a Londra) e di altrettanti libri dell'orrore, quali piccoli brividi ecc. Le credenze sulla licantropia medioevali erano spesso causate da uomini malati di poriforia (eccessiva crescità di peluria) unità ad atteggiamenti violenti. Ma il lupo è presente anche in mitologie classiche, come quella greca e quella nordica: Licaone, re cannibale dell'arcadia, e Fenrir, lupo colossale, figlio del dio Loki e di una gigantessa, sono solo alcuni esempi. In definitiva, il lupo è da sempre consideratò una creatura assassina, priva di alcun sentimento, e soprattutto malvagia fino all'inverosimile.



    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 11:37
     
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  3. ZIALAILA
     
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    lupi

    Oggi nel Parco Nazionale della Majella si contano 12 branchi di lupi, circa 70-80 esemplari

    Chi non si ricorda delle storie con protagonista il “lupo cattivo”? Chi non ha mai associato questo bellissimo animale alla crudeltà e alla menzogna, come nella favola di cappuccetto rosso? Un’immagine negativa che gli è costata cara. Vittima dell’ostilità delle comunità locali, di persecuzioni illegali e di bracconaggio, questa specie è stata portata sull’orlo dell’estinzione e molte di quelle che sono state le sue prede hanno proliferato, compromettendo l’equilibrio degli ecosistemi.
    Per fortuna, in suo soccorso sta partendo il progetto Life Wolfnet per il coordinamento delle politiche di tutela della specie. Grazie ad alcuni Parchi, come la Majella, il Pollino, le Foreste Casentinesi, ad alcuni enti locali e a Legambiente, sarà tutelata, da un lato, la sopravvivenza della specie, grazie ad interventi contro il bracconaggio e al controllo del territorio. Dall’altro, invece, si cercherà di lavorare sulla convivenza tra uomo e lupo e sul rapporto tra lupi e allevatori, standardizzando le procedure di accertamento dei danni al bestiame e sviluppando attività di supporto e indennizzi economici.
    Inoltre, i lupi verranno dotati di radio collari, che consentiranno di seguire i loro spostamenti fino a 12 volte al giorno e di intervenire in caso di un loro avvicinamento eccessivo alle mandrie o ai centri abitati.

    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 11:39
     
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  4. gheagabry
     
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    fenrir3

    Molte culture popolari presentano credenze secondo cui l'uomo può trasformarsi in animale mediante alcune pratiche magiche o sotto l'influenza di forze di diversa natura.
    L'immaginario collettivo degli europei, quando si tratta di paura e di orrore, privilegia la figura del lupo, l'animale più comunemente conosciuto come feroce e sanguinario nel continente. E' questa la ragione perché il licantropo (dal greco lykos = lupo e anthropos = uomo) rappresenta il mostro più tradizionale e più antico europeo. Ha la stessa origine anche la figura più recente del vampiro: l'antico licantropo associato con la figura reale del conte transilvano Vlad Tepes ( Dracula).

    La leggenda del licantropo nasce in Grecia. Il re d'Arcadia, Licaone fu trasformato in lupo da Zeus per aver sacrificato un bambino sull'altare. Secondo Pausania, ai suoi tempi, gli abitanti dell'Arcadia adoravano il dio lupo e in tutta la regione circolavano storie paurose di licantropi.

    A Roma si venerava la lupa (Romolo e Remo) ma si credeva anche al lupo mannaro. Nel "Satyricon", Petronio racconta infatti, l'episodio della metamorfosi di un soldato. La parola latina per lupo mannaro è "versipellis" = cambiapelle, in quanto si riteneva che all'interno del corpo del licantropo crescesse il pelo della belva, che rivoltata come un guanto, tramutava all'improvviso l'uomo in lupo. Si credeva anche che Romolo e Remo si unissero carnalmente alle lupe dando origine ad esseri in parte umani ed in parte lupi, caratteristica che si manteneva inalterata nelle generazioni successive.


    La mitologia germanica racconta del Ragnarok, "il crepuscolo degli dei", dell'arrivo di "un'era di vento, un'era di lupi" annunciata dal lupo Fenrir (generato da Loki e legato dagli dei per la sua malvagità) che ingoia il Sole e morde la Luna.

    I licantropi, con la loro intrinseca essenza fluida e oscillante tra la condizione di essere umano e quella di lupo, rappresentano l'eterna ambiguità esistenziale che inquieta e sovrasta da sempre la mente umana. La linea di demarcazione tra l'uomo e l'animale è stata rintracciata in modo labile e ambiguo nell'antichità .Ad esempio il mito greco con Licaone, Minotauro, Zeus cigno; le storie romane della lupa capitolina; la mitologia egiziana con le rappresentazioni miste tra animali e esseri umani; le leggende indiane; il Medioevo europeo con la figura delle streghe possedute dal maligno, con forma oscillante tra donna e capro e il fatidico gatto nero a far da catalizzatore. E anche il concetto di diavolo, contiene dentro il suo etimo il senso dell'ambiguità (gr. diavolos da dia - ballo = separare, causare la scissione dell'uno).

    Secondo le credenze popolari, l'uomo si tramuta in lupo in occasione del plenilunio, rimane angosciosamente consapevole degli atti feroci che compie ma è coatto ad agire e non può far nulla per impedire a se stesso ciò che sta facendo.

    La classificazione psichiatrica dei disturbi mentali individua anche una sorta di delirio di quei soggetti che, nelle notti di luna piena, si credono licantropi, si vedono trasformati in lupo e imitano il suo comportamento, le abitudini, ululati compresi.


    I lupi mannari sono “schiavi” dell’influenza della luna, soggiogati dal femminile, dal morbido, dall’inusuale rispetto alla società maschile più solare. Jung, ad esempio, considera la Luna come un simbolo prediletto per rappresentare la parte femminile dell'individuo e l'inconscio. « Se la formula della natura lunare della coscienza femminile è corretta, se ne dovrebbe dedurre che la coscienza sia la qualità oscura, per così dire notturna, e che a causa della sua tenue luminosità essa possa facilmente passar sopra alle differenze, che rischiano di costituire invece un grave punto d'inciampo per la coscienza maschile”.




    Per saperne di più, su questo argomento, suggerisco un libro di Tommaso Landolfi: “Il racconto del lupo mannaro”, oppure tre film niente male: “Wolf” di Mike Nichols, con il bravo Jack Nicholson e la splendida Michelle Pfeiffer. “Un lupo mannaro americano a Londra” di John Landis che merita anche per lo humor e la bella canzone Blue Moon.








    lettera di un lupo

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    Io sono il lupo
    Il mio nome, tra gli umani, da ormai molte lune, è immortale, come la mia storia. Io sono il Lupo di Cappuccetto Rosso, carnivoro senza colpa e preda innocente delle mie prede.
    Non ho mai ucciso gli umani, non ho straziato le loro carni, non mi sono abbeverato del loro sangue, ma nessuno tra loro ha mai levato la voce in mia difesa.

    Il mio ricordo, nella moltitudine dei loro figli, ancora incute timore e terrore, ma i miei morirono ancora cuccioli, la mia compagna con loro, come moltissimi altri tra i nostri simili, a branchi. Ero nato con la mia inclinazione e di questo non avevo colpa. Seguivo il mio istinto e conoscevo quello delle mie prede e con loro correvo e vagavo per il territorio dove, con gli umani e gli altri esseri viventi, dovevano e potevano vivere.

    La vera natura deli umani era ed è ancora per me misteriosa. Io, il Lupo, so bene, così come gli umani, che la reciproca connivenza risale al sorgere ed al tramontare d'innumerevoli lune piene quando, emtrambi cacciatori, lealmente spartivamo lo stesso cibo. I nostri ed i loro padri stabilorono anche un patto; noi entrammo nelle loro tane, calde e piene di cibo e, assoggettando il nostro carattere schivo e solitario, facemmo loro il grande dono del cane domestico.

    I migliori amici degli umani hanno però dimenticato il richiamo della carne e del sangue che li lega ai loro antichi padri. Io il Lupo, non capisco le azioni degli umani, e perché sono così imprevedibili. L'istinto e l'insegnamento di chi ci nutre nei nostri primi anni di vita, ci avvertono che gli umani sono pericolosi, non solo per noi lupi e gli altri esseri viventi, ma anche per loro stessi.

    Distruggono e costruiscono tane calde e piene di cibo per loro, per i loro figli, i loro simili, e per alcuni degli altri esseri viventi, terrestri, acquatici e dell'aria. Si aiutano, ci aiutano, e li aiutano, ma si uccidono, ci uccidono e li uccidono. Eppure sono deboli, non hanno grandi denti, né mandibole possenti per mordere, né artigli affilati per strappare carni, né forti ed agili zampe per correre, fuggire e cacciare.

    Usano solo due zampe e forse la loro forza è nei due piccoli piedi attaccati alle altre due che dallo loro testa scendono sui loro fianchi Sono piccoli i loro piedi, e senza grose unghie, ma li muovono continuamente, rapidi, silenziosi, agili, con essi portano il cibo alla bocca e toccano i loro figli. Dai loro piccoli piedi arriva la fiamma che arde e brucia, e ci tiene lontani, ma anche il tuono assordante che da lontano arriva veloce come il fulmine, colpisce le nostri carni, le brucia ed uccide i nostri corpi.

    Con i loro piccoli piedi poggiano carni succulente e senza vita su gelide trappole che a tradimento, nelle fredde giornate senza prede, imprigionano con la nostra fame, le ossa e le carni delle nostre teste e delle nostre zampe, rompendole, straziandole, fino a toglierci la vita.

    Io, il Lupo di Cappuccetto Rosso, temevo e non amo gli umani. L'uomo che uscì da una delle tane insieme alla ragazza, mentre in quella fredda giornata senza prede, cercavo cibo per me, i miei cuccioli e la mia compagna, con i suoi piccoli piedi lanciò il fulmine assordante che colpì e ferì le mie carni. Prima di cadere vidi la vecchia donna che usciva dall'altra tana e sentii il suo urlo.

    Riaprii gli occhi menre i piccoli piedi dell'uomo, rapidi e senza pietà, penetrarono, freddi e taglienti, nelle mie viscere, laceradole e strozzando in gola il mio dolore ed i miei guaiti, gli ultimi delle mia vita. Non conosco la storia umana di Cappuccetto Rosso, voi umani la conoscete già e posso solo raccontarvi la mia. La prima notte di luna piena dopo la mia morte, la mia fedele e dolce compagna, con tenerezza, ululò a lungo per la mia mancanza che aveva spezzato un'unione lunga, appassionata e felice, e con strazio per la sorte dei nostri cuccioli.

    Prima della seconda notte di luna piena, dopo la mia morte, i miei cuccioli e la mia compagna, morirono per fame e mi raggiunsero qui, nella faccia nascosta della luna, dove si riuniscono e riposano per l'eternità le anime di tutti i lupi. Un privilegio concesso loro affinchè, almeno da morti, non possano più rivedere gli umani.

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    Un canto funebre rumeno, recitato ancora agli inizi di questo secolo, di-ce: «Il lupo apparirà davanti a te... Prendilo come tuo fratello, perché il lupo conosce l'ordine delle foreste... Egli ti condurrà per via piana verso il Paradiso...».
    L'idea che il lupo sia uno psicopompo, cioè una creatura destinata a guidare nell'Aldilà le anime dei morti, è antica quanto la cultura delle stirpi d'origine indo-europea, come testimoniano le urne funerarie in for-ma di testa di lupo nelle quali i primitivi popoli nomadi custodivano le ce-neri dei defunti.
    Per le popolazioni non stanziali, nelle quali la cultura dominante non era anco¬ra quella agricola, ma quella della caccia, il lupo era un rivale, un competitore che, nella medesima nicchia ecologica, perseguiva le stesse prede. Ed era più abile, perché più veloce, dotato di sensi più acuti, capace di vedere di notte e «armato» dalla natura in modo terribile, con zanne e artigli. Per riuscire nella caccia, si doveva perciò ingraziarsene lo spirito: il che - nelle culture sciamaniche - avveniva per via imitativa; vale a dire, facendosi «invasare» dal Dio della Bestia sino ad assumerne i poteri, il comportamento, perfino l'aspetto.
    È nei rituali sciamanici delle culture nomadi paleolitiche che gli antro-pologi rintracciano le radici di quella che, più tardi, venne chiamata - con termine estensivo - «licantropia»: ovvero la capacità, da parte di esseri umani, di trasfor¬marsi in determinate condizioni nell'animale totemico, ovverossia rappresentati¬vo e protettivo della tribù.
    Per i cacciatori nomadi dell'Asia Centrale, questo animale era il lupo (per altri popoli, come vedremo, l'animale sarà diverso): lo Sciamano delle steppe, con l'aiuto dei rituali estatici e con l'assunzione del Fungo Sacro, l'Amanita Muscaria che dilata la coscienza, faceva discendere entro di sé lo Spirito del Lupo. Con indosso una pelle dell'animale totemico, ne assumeva anche l'aspetto: e così, quale Lupo-Dio, guidava le danze propi-ziatorie alla caccia, se non - come sembrerebbero dimostrare certe pitture rupestri - la caccia stessa.
    Della funzione totemica del lupo presso le genti indo-arie si ha traccia nelle infinite leggende che nacquero quando le religioni virili, «solari» e d'impianto sciamanico da loro portate, vennero a scontrarsi e fondersi con le religioni fem¬minili, «lunari», e basate su riti della fertilità adottate dalle popolazioni europee autoctone che subirono l'invasione dei nomadi pro-venienti dalle steppe asiatiche, agli albori dell'Età del Bronzo.
    Molte «leggende degli inizi» (quelle che narrano della nascita di Dèi ed Eroi, o della fondazione di città o luoghi sacri) vedono il lupo come prota-gonista.
    Nel mito greco, Febo e Artemide, le divinità legate a Sole e Luna, cioè gli astri luminiferi, vennero partoriti da Latona trasformatasi in lupa. Licaone, il capostipite dei Pelasgi, fondatore sul Monte Liceo della prima città, Licosura, si iden¬tifica, per via del nome, col lupo (lykos, in greco); e ih lupo vero e proprio verrà trasformato, quando il mito, col mutare delle condizioni culturali, assumerà va¬lenze negative. «Figli del lupo» si pro-clamavano tanto i Celti quanto i Sabini: ed è per questo, forse, che a una lupa venne affidata la protezione dei due divini gemelli, Romolo e Remo, fondatori dell'Urbe. Secondo Diodoro Siculo, Osiride rinasce, dopo la di-visione del suo corpo, sotto forma di lupo. E persino nella cultura mongola il Lupo Celeste è genitore di Eroi, l'ultimo dei quali fu Gengis Khan.
    Lykaion, territorio del lupo, era chiamato il bosco sacro che circondava il tempio di Febo ad Atene; Aristotele usava tenervi le sue lezioni, ed è questa l'origine del termine liceo. L'immagine del lupo viene così connessa a quella della sapienza, peraltro in conformità con le tradizioni che ne fa-cevano un animale iniziatico, ovvero rivelatore di conoscenze occulte. Macrobio, nei Saturnalia, descrive una statua che si trovava nel tempio di Serapide, ad Alessandria; vi era raffigurato il Tempo come mostro tricipi-te: una testa di leone fra due teste di lupo. Il leone è il presente, ovvero ciò che sappiamo; il lupo è passato e avvenire, ovvero le cose che abbiamo dimenticato e quelle che non conosciamo ancora. Flegone descrive un Oracolo nel quale a profetizzare è la testa di un uomo sbranato da un lupo. D'altronde, nel nome del lupo è insita la radice lyk-, che è la stessa da cui deriva il nome luce: la creatura che vede al buio è dunque anche quella che dissipa le tenebre.
    L'antica sovrapposizione fra culti della caccia e culti della fertilità si rivela nei miti che vedono il lupo come animale propiziatore delle feconda-zioni. In Anatolia - ancora oggi - nelle campagne le donne sterili invocano il lupo per avere figli. Nella Kamchatka i contadini, per le Feste Ottobrali, realizzano con il fieno il simulacro d'un lupo, cui recano voti perché entro l'anno si maritino le vergini del villaggio. Nell'antica Roma, il Dìo Luperco era protettore delle greggi; le sue feste, i Lupercali, che si tenevano a metà febbraio, vedevano i sacerdoti correre nudi tra la folla, armati di corregge di pelle di montone: dice Ovidio nei Fasti che le donne in età fer-tile colpite dalla sferza, sarebbero state fecondate entro l'anno.
    Nel corso dei Lupercali, un sacerdote, vestito d'una pelle di lupo, passa-va una lama bagnata di sangue sulla fronte di due adolescenti: riprodu-zione simbolica, evidentemente, di antichi sacrifici umani che venivano tributati al lupo totemico. Questo particolare ci pone a contatto con il lato tenebroso dei culti del lupo.
    di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco



    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 11:53
     
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  5. ZIALAILA
     
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    l'ululato è un modo per comunicare a distanza con il resto del branco
    e i lupi cacciano anche di notte e devono comunicare fra loro (la strategia di caccia dei lupi prevede la cooperazione dei singoli lupi del branco)
    per ululare devono alzare il muso verso l'alto

    Edited by gheagabry1 - 24/7/2019, 12:06
     
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  6. gheagabry
     
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    Il lupo viene posto in relazione, nella tradizione indiana, con la stella Sirio nella costellazione del Leone, dalla quale, secondo la leggenda, provenivano i maestri dell'antichità. Anche il lupo infatti viene considerato un maestro, che dopo un lungo girovagare fa ritorno al suo branco per riferire delle sue osservazioni e delle sue esperienze. Vive strettamente all'interno della famiglia, ma senza rinunciare alla sua indipendenza. Si sceglie una compagna alla quale resterà fedele per tutta la vita. Ululando alla luna si ricongiunge alla forza di questa, alla sua energia spirituale e alla forza dell'inconscio, via d'accesso alla conoscenza.Il lupo ci può dare l'energia per insegnare agli altri, per aiutarli a comprendere meglio la vita e a trovare la loro propria strada.Usando la forza del lupo possiamo riuscire a riprendere contatto con il nostro maestro interiore





    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 11:55
     
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  7. gheagabry
     
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    Da: Il lupo della steppa
    di Herman Hesse

    ……Era un uomo scontento. Ciò dipendeva probabilmente dal fatto che in fondo al cuore sapeva (o credeva di sapere) di non essere veramente un uomo, ma un lupo venuto dalla steppa……
    era molto infelice e rendeva anche infelici gli altri, quando cioè li amava ed essi amavano lui. Infatti tutti coloro che prendevano a volergli bene vedevano soltanto uno dei suoi lati: certuni lo amavano come uomo gentile, savio e singolare e rimanevano atterriti e delusi quando scoprivano in lui improvvisamente il lupo. E non potevano fare a meno di scoprirlo, perché Harry, come tutti gli esseri, voleva esser amato tutto intero e non poteva quindi nascondere o negare il lupo di fronte a coloro al cui affetto teneva paritcolarmente..Ma ce n’erano altri che amavano in lui precisametne il lupo, quella sua libertà selvatica e indomita, il pericolo e la forza, e costoro erano poi a loro volta assai delusi e dolenti quando il lupo cattivo rivelava a un tratto anche l’uomo,quando si struggeva dalla nostalgia di bontà e tenerezza e voleva ascoltare Mozart, leggere poesie e nutrire ideali di umanità…..


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    Signore di spazi che portano al niente,
    Re della notte dall'ululare possente
    che non si cura del fianco ferito
    e incede al buio, il sentiero smarrito.

    Ora che il passo suo solitario
    scivola incerto su sentiero vario,
    sotto lo sterno un fuoco divampa:
    voglia di lei che la fiera spaventa.

    Voglia di essere un po' meno solo,
    cader con essa nel vuoto del volo
    e ritornare in quel luogo distante
    dove un "per sempre" dilatava l'istante.

    Voglia e Paura,
    immensa e impura...

    Voglia-Paura
    di lei, della luna...

    ...e allora ferma il passo suo stanco
    e nella notte il deserto è oro bianco,
    solo la strada rimane smarrita
    perchè il sentiero si fa via infinita...

    Ma grida amore,
    ulula vita,


    squarcia d'un tratto la notte infiammata,
    dopo si accascia nella volta scurita
    fra una coperta di sabbia dorata.

    Sogna, ed in sogno è Re dell'universo
    e poi diventa un animale diverso,
    il suo ululato diventa una voce
    che in mezzo agli altri ora il lupo conduce...

    ...e si fa luce nella notte stellata:
    timida l'alba è appena arrivata.






    "Il lupo mi piace tantissimo! Mi ha sempre trasmesso forza e

    maestosità... Uno di quegli animali che considerano la libertà il bene

    primario maggiore. Coloro che riescano a farsi rispettare da tutti gli

    altri animali compreso l'uomo."



    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 11:58
     
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  8. gheagabry
     
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    Il sogno che diventa realtà, una fresca mattina di fine estate a Monte Sole

    cuccioli-lupo


    Di Antonio Iannibelli

    Personalmente ho potuto verificare che durante l’estate è molto più difficile rintracciare i lupi e i motivi possono essere diversi. A parte giornali e telegiornali, soprattutto quelli locali, che non avendo molto da dire si accaniscono ad ingigantire le notizie di qualche predazione, gli animali sembrano svaniti nel nulla. E’ sopratutto in questo periodo che vengono scritte le cose più assurde sui lupi, essendo alcuni giornalisti incompetenti in materia.
    Cito solo un esempio; ‘sbranato capriolo in centro’ era il titolo di un noto giornale bolognese, leggendo fino in fondo il centro era quello di un piccolo borgo (Panico) di seconde case spesso chiuse e che la carcassa del presunto capriolo si trovava sulla strada asfaltata vicino ad alcune case rurali.
    Nel sopralluogo che ho potuto fare personalmente ho notato che si trattava di un daino e che non vi erano affatto tracce di lupi, anche se non si può escludere un attacco lupino è invece probabile che il povero daino sia stato investito da un auto e poi trascinato da qualche cane vagante nella strada.
    Ma a molte persone il titolo a grandi lettere ha fatto subito pensare al lupo che arriva in centro del proprio paese e che può sbranare chiunque. Al giorno dopo qualcuno già parlava di lupi in centro a Bologna.

    Per quanto riguarda invece la ricerca sul campo ecco alcune considerazioni, nel periodo estivo il branco è impegnato ad allevare i cuccioli, che restano ancora nella tana, e sono più prudenti del solito.
    Infatti l’accoppiamento dei lupi sulle colline bolognesi avviene verso la fine di febbraio e i primi giorni di marzo e i piccoli nascono dopo circa due mesi a primavera inoltrata. Ma è anche difficoltoso trovare tracce per via del terreno asciutto e per le persone in giro per i boschi che in questa stagione sono più numerose. Anche i giovani dell’anno precedente vengono allontanati dal branco e molti di loro muoiono ancora prima che arrivi il grande caldo.
    Marcare il territorio durante la fase di allevamento dei cuccioli appare poco utile e non si trovano escrementi neanche nelle zone storiche di marcamento, mentre si possono trovare raramente deiezioni in zone inaspettate e mai usate prima. In questa stagione anche gli ululati vengono utilizzati eccezionalmente, il branco è sempre unito intorno alla tana ad accudire i cuccioli. Se aggiungiamo che le grandi prede del lupo si spostano in ambienti più selvaggi e più umidi ci rendiamo conto che le possibilità di incontro si riducono notevolmente.
    E cosi passano mesi interi senza che i lupi si facciano vedere, sembrano addirittura scomparsi. Ma per i più fortunati già alla fine di agosto l’incontro con i nuovi cuccioli può arrivare inaspettato. Vi racconto quello che mi è successo solo un anno fa:

    Sabato 8 settembre 2007 ore 21. 32 con un sms Maurizio Serrazanetti mi scrive: “Monte Sole: ho appena incrociato 2 cuccioli di lupo! Bellissimi!”.



    Con questo breve messaggio finalmente iniziamo ad avere notizie certe dopo che per tutta l’estate il branco sembrava sparito nel nulla. Maurizio mi ha poi spiegato che l’incontro era avvenuto al buio davanti alla macchina, mentre rientrava da una escursione fotografica al bramito del cervo. Aveva notato il muso di un piccolo canide che si affacciava timidamente dalla siepe, lungo la stradina asfaltata che attraversava il parco, ha rallentato pensando ad una volpe ma ha visto uscire uno dopo l’altro i due cuccioli subito rientrati nel bosco dalla parte opposta.
    Questi pochi secondi sono bastati per riempire di gioia i nostri cuori, far riaccendere la speranza di incontrare il branco e ottenere qualche immagine dei cuccioli per documentare il lieto evento.
    Ma soprattutto ci danno la conferma ancora una volta che il branco ormai stabile, si riproduce regolarmente e che gli abitanti di questo storico posto ben accettano la loro presenza.

    Per due lunghi giorni nessuna notizia, salvo aver imparato il giorno 11 che alcune guardie della provincia di Bologna avevano captato un ululato nella stessa zona. Ed è proprio il giorno 11 settembre 2007 (data indimenticabile per gli attacchi terroristici negli Stati Uniti) che al mattino di buon ora esco con la speranza di poter togliere dalla mia mente gli orribili ricordi.


    Appena lasciato l’auto risalgo un pendio per 50 minuti circa, qualche debole bramito attira la mia attenzione cerco di vedere i cervi, ma nel campo incolto dove avevo visto gli ungulati qualche giorno prima osservo alcune sagome di canide che si spostano verso il bosco, sono almeno quattro. Inquadro con il binocolo e posso distinguere due lupi.
    Emozionato preparo la mia attrezzatura fotografica e mi posiziono ben coperto tra i cespugli che separano i campi falciati da poco, riesco a ottenere alcune foto nonostante la scarsa luce, la lontananza e il movimento dei soggetti. Si tratta proprio dei due cuccioli già avvistati con la loro famiglia.
    Poi gli animali scompaiono dalla mia visuale e dopo circa 10 minuti mi accorgo che sono apparsi di nuovo nella radura alle mie spalle. Anche da qui posso fare molte fotografie questa volta con più luce e a distanze anche ravvicinata.


    I due giovani lupi incuriositi della mia presenza si avvicinano fino a fiutare i miei scarponi. Difatti mi accorgo che nel campo ne vedo uno solo e non riesco a capire dove sia finito l’altro finche non sento muovere l’erba sotto al cavalletto, era venuto a fiutarmi da vicino. Se non altro fino alle ore 8 posso godere della loro presenza e fare diversi scatti, poi mi viene il dubbio che i giovanissimi lupi non possono essere soli.
    Penso che gli adulti prima o poi verranno a chiamarli oppure sono poco distanti e controllano che non corrano nessun pericolo, ma la voglia di sapere cosa fanno è più forte di me. L’unico modo per farlo è cercare di comunicare con loro, provo cosi a emettere un ululato con la speranza di ricevere una risposta, infatti al terzo tentativo un coro di canti lupini allietano il mio udito. Si trovano a circa 100 metri da me nel costone di fronte tra la fitta boscaglia e grandi alberi sempreverdi.


    Solo a casa mi rendo conto della magnifica opportunità e per tutta la notte gli ululati sono stati compagni dei miei sogni.



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    12 settembre 2007

    Al mattino seguente ho appuntamento con Maurizio alla stessa ora nello stesso posto, ma purtroppo lui non riesce ad arrivare. Mi sistemo ben nascosto tra gli stessi cespugli del giorno prima e appena la luce del nuovo giorno illumina l’ambiente posso vedere con il binocolo ancora l’intero branco, sono almeno sei ma non riesco ancora a fare nessuna foto per la luce troppo debole.
    Quando finalmente la mia macchina fotografica riesce a scattare però il branco si sta già spostando verso il bosco. Ottengo solo alcune foto con un tempo di scatto molto lento



    L’emozione è forte ma vedere scomparire tra i cespugli anche l’ultimo cucciolo mi fa temere di non poter più ‘giocare’ con loro. Invece dopo pochi minuti riappaiono nel campo alle mie spalle due cuccioli, immobili con lo sguardo rivolto a levante dove le nuvole incominciavano appena a colorarsi di rosa.
    Poi forse spronati dal resto del branco e sicuri di non correre nessun pericolo iniziano un gioco frenetico fatto di corse, guizzi, salti e rotolate sulla schiena. Posso godere di questa esibizione solo in parte con il binocolo, in quanto alcuni grandi alberi coprono la mia visuale e di tanto in tanto entrano nei cespugli.

    Ma quando la luce finalmente mi consente di fotografare i due cuccioli decidono di venire a giocare molto più vicino nel campo falciato da poco. Il divertimento continua per almeno 20 minuti, e quando finalmente si accorgono della mia presenza, forse solo per aver sentito il clic degli scatti, sono già a pochi metri e non riesco più a mettere a fuoco (il mio teleobbiettivo ha una messa a fuoco minima di 4 metri).
    La curiosità è forte anche tra i giovani lupi, hanno tentato di trascinarmi nei loro giochi per capire che razza di strano animale avessero di fronte. Naturalmente sono rimasto immobile, seduto dietro al cavalletto e alla macchina fotografica, coperto dalla rete mimetica a formare un unico corpo.
    Forse a loro apparivo come un cespuglio con un grande occhio e con qualche tic di troppo. Il clic del pulsante di scatto, il debole rumore del sistema di messa a fuoco e gli spostamenti meccanici della testa del cavalletto attiravano la loro attenzione e si sono avvicinati fino a sfiorare i supporti del treppiede.

    La voglia di mettermi a gattoni ed entrare nei loro giochi era fortissima ma ancora più forte la paura di interrompere l’incantesimo che invece mi tratteneva immobile nascosto nel mio riparo. Ero affascinato da tutto questo e mi sentivo coinvolto al punto da non sentire più il mio corpo, di giocare come in un sogno nel grande prato, rotolando, saltando e ringhiando con i due cuccioli che insieme a paura e piacere si lasciavano andare a giochi ancora più sfrenati.
    Una folata di vento, il rumore di un ramo spezzato e un raggio di sole che entra dai piccoli fori interrompono la lunga suggestione, ma loro ci sono ancora. Poco più in là posso vederli nell’erba alta a fiutare ogni cosa, ignorando completamente la mia presenza, poi il più grande decide di proseguire nel bosco e l’altro ritorna sui suoi passi a fiutare ancora la mia presenza e dirigersi dalla parte opposta.
    Sono quasi le 8 un sms di Maurizio mi avvisa che si trova sulla collina di fronte in buona posizione per vedere cosa accade nei campi vicino a me e controllare un ampio territorio, ma ormai i lupi sono rientrati nel bosco e lui non sa nulla di quello che è accaduto.

    Dopo poco i cuccioli si rifanno vedere al bordo del bosco mentre giocano con una zampa di daino, trascinata nel campo in bella vista, solo pochi minuti e uno dei due si sottrae alla vista, mentre il secondo si accuccia nell’erba a rosicchiare l’osso. Passano lunghi minuti e nulla sembra accadere, con l’aumentare della luce e della temperatura gli animali restano immobili coperti dal fitto del bosco.
    Poi gli ululati del branco richiamano anche l’ultimo giovane che distrattamente era rimasto allo scoperto.

    13 settembre 2007

    Ancora i cuccioli sono nella zona, non ci sono dubbi si tratta di un rendez-vous che il branco usa da diverso tempo. Sono ormai 6 giorni che il branco si trova in questo habitat e certamente anche la loro tana non è distante da qui, visto che i cuccioli nati da circa 5 mesi conoscono perfettamente il territorio e ci giocano spensierati. Penso che ormai anche la mia presenza non rappresenta più un pericolo e che posso permettermi di incontrarli senza difficoltà, almeno spero.
    Fino al 18 settembre i giovani lupi sono in zona, osservati e ripresi con telecamera da Andrea Dal Pian.
    Dopo un intero anno decido finalmente di mettere insieme gli appunti e ordinare le mie foto per questo articolo che rileggendolo mi fa rivivere un evento che dubito mi potrà capitare di nuovo.
    Ma la speranza è sempre l’ultima a morire.

    In allegato una selezione di foto delle diverse centinaia che ho realizzato ai cuccioli del branco di Monte Sole, si tratta di un maschio ‘Sole’ e di una femmina ‘Serana’ che spero di poter rincontrare presto.




    foto dal web

    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 12:07
     
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  9. gheagabry
     
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    Canis lupus hodophilax



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    Il lupo di Honshu (Canis lupus hodophilax), anche detto lupo nano del Giappone (in lingua giapponese 日本狼 o ニホンオオカミ, Nihon Ōkami) o, in lingua Ainu, shamanu, è una sottospecie estinta di lupo che, come il lupo di Hokkaidō (Canis lupus hattai, anch'esso estinto), viveva in Giappone.

    Questo animale è piuttosto diverso dalla sottospecie nominale di lupo, al punto che il naturalista olandese Temminck lo classificò come specie a sé stante, col nome di Canis hodophilax.

    Lo shamanu era il lupo più piccolo del mondo, se di lupo si poteva parlare: misurava 84 cm senza contare la coda, simile a quella di un cane e lunga al massimo 30 cm. L'altezza alla spalle era di soli 39 cm: anche considerando la taglia ridotta dell'animale, le zampe risultavano incredibilmente corte per trattarsi di un vero lupo, ed è infatti in base a questa caratteristica che molti studiosi preferirebbero classificare questo animale come una popolazione rinselvatichita di cane (magari incrociatasi con i lupi locali), piuttosto che come un lupo vero e proprio. Il pelo era corto e folto, in genere di color grigio cenere, con macchie bianche, rossicce o marroni; sono stati visti però anche esemplari dal pelo biancastro, bruno e giallastro.

    Le caratteristiche così peculiari di questi animali sono dovute all'evoluzione nel totale isolamento delle isole di Honshu, Hokkaidō e delle Isole Curili, dove questa specie è vissuta.

    Il "Dio Ululante" degli Ainu

    Nonostante le piccole dimensioni e l'aspetto buffo, il lupo di Honshu era comunque molto temuto: gli Ainu lo chiamavano "il Dio Ululante", poiché aveva l'abitudine di ululare spesso ed a lungo al crepuscolo. Un viaggiatore europeo di nome Henry Faulds, nel 1885, descrisse come tutte le case nel nord del Giappone avessero, oltre a un cartello che segnalasse il numero della via ed il nome della famiglia residente, anche un amuleto per tenere lontani i lupi.


    Nel periodo della restaurazione Meiji, il forzato sviluppo al quale il Giappone andava incontro portò alla deforestazione di ampie porzioni delle isole in cui questi animali erano diffusi, creando numerose occasioni di attrito con l'uomo; l'istituzione di una taglia (7 yen per ogni lupo, da 1878 al 1882, 10 yen dal 1888 in poi) fu un ottimo pretesto per scatenere una scia di massacri che portò all'estinzione entrambe le sottospecie di lupo presenti in Giappone, le cui condizioni erano già precarie a causa di un'estesa epidemia di rabbia.

    Nel 1905, uno shamanu fu ucciso vicino a Wahikaguchi, su Honshu, e la sua pelle fu venduta ad un viaggiatore europeo, un certo N. P. Anderson. Quello fu l'ultimo esemplare che il mondo vide del Dio Ululante, cioè del lupo giapponese.


    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 12:10
     
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  10. gheagabry
     
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    LUPO GRIGIO



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    Il lupo grigio (Canis lupus, Linnaeus 1758), o semplicemente lupo, è un mammifero placentato appartenente alla famiglia dei Canidi.

    Tra i canidi il lupo è il più grande come dimensioni: lunghezza tra i 130 e i 160 cm., altezza tra i 80 e gli 110 cm. Il colore del suo mantello varia dall’età e dalle stagioni; generalmente grigio-giallastro o marrone-rossiccio. Il lupo presenta una dentatura caratterizzata da canini affilati, lunghi e ricurvi verso l’interno. Questo animale raggiunge al massimo i 10 anni di vita in libertà e i 17 in cattività. Il peso del lupo varia geograficamente; in media il peso per il lupo eurasiatico è di 38.5 kg, per il lupo nord americano è di 36Kg, per il lupo indiano e il lupo arabo è di 25Kg, anche se - raramente - sono stati identificati, in Alaska e Canada, alcuni esemplari dal peso superiore ai 77 kg.[2] Un esemplare selvatico, ucciso nel 1939 in Alaska, raggiungeva il peso record di 80 kg.


    La fronte è ampia, le mandibole particolarmente robuste, gli occhi sono chiari, generalmente di colore diverso e dal taglio leggermente obliquo. La mascherina facciale di un lupo adulto si estende intorno alle labbra inferiori e superiori ed è di colore bianco-crema, mentre negli individui giovani può essere incompleta oppure scura in prossimità del muso. Le orecchie hanno generalmente un’attaccatura più laterale e sono più lunghe e larghe. Solitamente non le porta mai flosce e calate lungo i lati della testa, bensì le tiene in posizione eretta lungo il profilo della testa. Il pelo ha sempre una colorazione varia che comprende colori dal marrone antracite al marrone chiaro; ma anche nero, beige, bianco o fulvo. Sul dorso la colorazione è beige con punte nere, sulla parte superiore delle zampe anteriori vi è spesso una vistosa striscia nera e infine il torace è quasi sempre marrone chiaro. Molto vorace,appartiene all’ordine dei carnivori ed è classificato nel genere dei superpredatori.

    La funzione di ogni lupo è organizzata all'interno di un branco, con una struttura sociale fortemente gerarchica.


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    Il branco è guidato da due individui che stanno alla punta della piramide sociale, il maschio alfa e la femmina alfa. La coppia alfa (di cui solo uno dei due componenti può essere il "capo") possiede più libertà rispetto al resto del branco, anche se i due non sono capi nel senso umano del termine: gli individui alfa non impartiscono ordini agli altri lupi; bensì, possiedono la libertà di scegliere cosa fare, quando farlo, dove andare, quando andare. Il resto del branco, che possiede un forte senso della collettività, solitamente li segue.

    Anche se la maggior parte delle coppie alfa è monogama, ci possono essere alcune eccezioni: un individuo alfa può preferire l'accoppiamento con un lupo di importanza minore nella scala sociale, in particolare se possiede legami di parentela molto vicini con l'altro alfa (fratello o sorella, ad esempio). Si è osservato che se un esemplare Alfa muore, il compagno o la compagna spesso non forma una nuova coppia con un altro soggetto, ma rimane da solo a guidare il branco. Tuttavia a volte può succedere che il lupo o la lupa vedova prendano un nuovo compagno.




    Solitamente, solo la coppia alfa è in grado di crescere una cucciolata (gli altri lupi del branco possono allevare, ma, di solito, non possiedono le risorse necessarie a portare i cuccioli alla maturità). Tutti i lupi del branco assistono la crescita dei cuccioli. I piccoli, quando diventano adulti, possono scegliere se rimanere all'interno del branco e aiutare ad allevare i nuovi nati, opzione, di solito scelta da alcune femmine, oppure, disperdersi, scelta presa in considerazione più che altro dai maschi.


    La grandezza del branco può cambiare con il passare del tempo secondo alcuni fattori, come l'habitat, la personalità individuale dei lupi, o la quantità di cibo disponibile. I branchi possono contenere dai 2 ai 20 lupi, sebbene un branco medio contenga circa 6 o 7 lupi. Un nuovo branco si forma quando un esemplare abbandona il suo branco di nascita e rivendica un suo territorio. I lupi solitari possono viaggiare in cerca di altri individui anche per distanze molto lunghe. Gli individui che si disperdono devono evitare i territori di altri lupi perché gli intrusi su territori già occupati vengono cacciati via o uccisi.

    La gerarchia (guidata dalla coppia alfa) influisce su tutte le attività del branco. Nei branchi più grandi, si possono trovare, oltre a quella principale, altre due gerarchie separate: la prima viene esercitata sui maschi del branco ed è guidata dal maschio alfa, l'altra sulle femmine del branco, ed è governata dalla femmina alfa. In questo caso, il maschio alfa sarà il componente più importante della coppia alfa, sebbene, in alcuni casi, sono state osservate situazioni in cui la femmina alfa abbia preso il controllo dell'intero branco. Le gerarchie del maschio e della femmina sono interdipendenti, e sono costantemente mantenute da complesse e aggressive manifestazioni di predominio e di sottomissione.
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    Oltre alla coppia alfa, si possono trovare, specialmente nei branchi molto grandi, un lupo o dei lupi beta, un "secondo in comando" rispetto agli alfa. Normalmente, i beta assumono un ruolo più importante nel gruppo aiutando l'allevamento dei nuovi nati, spesso sostituendo i genitori quando la coppia alfa è via.

    La perdita di grado può essere immediata o graduale. Un lupo più vecchio può semplicemente scegliere di lasciare il proprio posto quando gli si presenta un pretendente motivato, evitando spargimenti di sangue o lotte. Dall'altro lato, però, l'individuo sfidato può scegliere la lotta, che può avere diversi gradi di intensità. Mentre la maggior parte delle aggressioni dei lupi è più che altro ritualizzata, e non prevede danni fisici, uno scontro in cui la posta in gioco è cosi importante può facilmente risultare in ferite o danni per uno dei due o anche per entrambi. Colui che esce sconfitto da uno scontro del genere viene molto spesso cacciato via dal branco, o addirittura, seppur molto raramente, viene ucciso dagli altri membri del branco come atto di ribellione. Questo tipo di scontro si verifica principalmente durante la stagione degli accoppiamenti.


    L'ordine gerarchico all'interno del branco è stabilito e mantenuto attraverso una serie di posizioni e di incontri rituali. I lupi preferiscono opporre un'ostilità psicologica anziché fisica, ciò significa che uno stato molto alto nella scala sociale è basato molto più sulla personalità o sull'atteggiamento, che sulla taglia dell'individuo o sulla sua forza fisica. Il grado sociale, chi lo ritiene, e quanto è elevato nella gerarchia varia molto tra branchi e individui. In branchi molto grandi, o in un gruppo di giovani lupi, il grado sociale può mutare costantemente, oppure essere circolare (esempio, lupo A ha il predominio su lupo B, che a sua volta ha predominio su quello C, che ha il controllo su A), o "incrociato" (il lupo A ha il predominio sul lupo B, cha ha il predominio su C, che a sua volta controlla D e quest'ultimo controlla B. Un eventuale E controlla C, e così a seguire....


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    In un branco normale, comunque, solo un lupo assume il ruolo di omega (vale a dire il più basso ruolo nella scala sociale del branco). Questi individui subiscono il maggior numero di aggressioni dal resto del branco , e possono essere soggetti a varie forme di crudeltà (a partire dal costante predominio dagli altri membri del branco fino a continue molestie, anche fisiche). Sebbene, dopo un'affrettata analisi, questa disposizione possa sembrare discutibile, la natura dinamica del branco esige che un lupo sia al gradino più basso della scala sociale. Infatti, tali individui sono forse più felici, pur sopportando continue dimostrazioni di forza e di sottomissione, che vivendo da soli. Per i lupi, il cameratismo, non importa in quale forma, è preferibile alla solitudine, e, invero, i lupi sottomessi tendono a scegliere un basso grado nella gerarchia piuttosto che rischiare di morire di fame. Nonostante ciò spesso gli omega osano sfidare la coppia alfa e se questi vengono sconfitti vengono cacciati dal branco. Questi potranno tornare nel branco originario o entrare in un nuovo in una sola maniera: sfidare e sconfiggere una coppia alfa subentrando a essi.


    I branchi di lupi cacciano in maniera cooperativa qualunque grande erbivoro si trovi nel loro territorio, mentre gli esemplari solitari si limitano alla caccia di prede piccole perché incapaci d'attaccare animali di grandi dimensioni. Le tecniche di caccia del branco vanno dall'attacco a sorpresa alle cacce a lungo termine. Attraverso una meticolosa cooperazione, un branco di lupi è capace di inseguire una grande preda per alcune ore prima di arrendersi, sebbene il tasso di successo di questo tipo di caccia sia molto basso. I lupi solitari, invece, dipendono dalle piccole prede: i lupi le catturano lanciandosi addosso a quest'ultime e bloccandole al terreno con le zampe anteriori, una tecnica condivisa da quasi tutti i canidi come volpi e coyote. Spesso prede dei lupi sono alci, caribù, cervi e altri grandi ungulati. I lupi cacciano anche roditori e piccoli animali, seppure in maniera limitata, poiché un lupo medio necessita per sopravvivere, dai 1,3 ai 4,5 kg di carne al giorno. Ciò non significa che i lupi abbiano la possibilità di mangiare ogni giorno: i lupi di rado mangiano quotidianamente, così, quando ne hanno la possibilità, arrivano ad ingurgitare anche 9 kg di carne.

    Quando cacciano prede molto grandi, i lupi attaccano da tutte le direzioni, puntando specialmente al collo ed alle parti laterali dell'animale. Normalmente, le prede sono animali troppo anziani, feriti, o troppo giovani; tuttavia, anche animali sani possono occasionalmente soccombere.


    L’habitat preferito dal lupo è caratterizzato da aree forestali planiziali (di pianura), foreste montane e radure. Oggi è diffuso soprattutto nelle regioni più remote dell'emisfero boreale.

    Un lupo ha mediamente un territorio di caccia di 100 km².

    Per trovare cibo a sufficienza in un territorio inospitale o deserto, un branco può arrivare ad occupare un territorio di 2500 km².

    Un tempo era diffuso in tutto l'emisfero boreale a nord del 15° parallelo. Ora è drasticamente ridotto di numero negli Stati Uniti e in Europa.

    Negli Stati Uniti il lupo è sopravvissuto soltanto in Minnesota e Alaska (dove però si può cacciare dall'1 ottobre al 30 aprile). Il lupo è tutelato dalle leggi degli Stati Uniti in tutto il territorio (esclusa ovviamente l'Alaska).


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    La specie lupo è suddivisa in 13 sottospecie, differenti a seconda di caratteristiche fenotipiche, genetiche e comportamentali:

    * Lupo europeo (Canis lupus lupus), è la sottospecie più diffusa in Europa e in Asia, presente dalla Scandinavia all'Himalaya.
    * Lupo italiano (Canis lupus italicus), presente nella Penisola italiana e in regime di protezione legale dal 1992, anno in cui è stato dichiarato "specie particolarmente protetta".
    * Lupo della tundra d'Eurasia (Canis lupus albus), presente nel nord della Russia e della Siberia, di colore chiaro.
    * Lupo dei boschi o lupo del Canada (Canis lupus lycaon), presente in Canada e Stati Uniti, fu la prima sottospecie a essere identificata in America Settentrionale.
    * Lupo del Nebraska (Canis lupus nubilus), presente nelle Montagne Rocciose, in Canada e in Alaska, cacciato legalmente in parte del territorio canadese.
    * Lupo del Messico (Canis lupus baileyi), presente in Messico e in parte del Texas e dell'Arizona; è stato reintrodotto in Arizona a partire dal 1998, attualmente la popolazione allo stato selvaggio è di 35-50 individui.
    * Lupo bianco (Canis lupus arctos), presente in Groenlandia e in Canada, dal tipico manto bianco o crema.
    * Canis lupus arabs, con popolazione in declino, presente in Arabia Saudita, Yemen e Oman.
    * Canis lupus cubanensis, con popolazione in declino, presente tra il Mar Caspio e il Mar Nero.
    * Canis lupus lupaster, piccola sottospecie dell'Africa settentrionale.
    * Canis lupus hattai †, estinto dal 1889 nell'isola giapponese di Hokkaido.
    * Canis lupus hodophilax †, estinto dal 1905 nelle isole giapponesi di Honshu, Shikoku e Kyushu.
    * Canis lupus pallipes, presente in Medio Oriente, Afghanistan, Pakistan e India.
    * Canis lupus occidentalis, presente in Alaska e in Canada, è stata la sottospecie oggetto del programma di reintroduzione iniziato nel 1995 nel Parco Nazionale di Yellowstone, è la sottospecie più grande.
    * Canis lupus communis, presente in Russia centrale, in declino ma cacciato legalmente.


    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 12:19
     
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  11. neny64
     
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    grazie mille gabry!!!!
     
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  12. gheagabry
     
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    Dai lupi una lezione di vita per tutti gli uomini. Gli animali considerati fra i più feroci della terra sanno perdonare. Secondo un recente studio di etologia infatti fanno pace entro due o tre minuti al massimo.






    La ricerca - La rivalutazione del Canis lupus è tutta italiana: è il frutto di una ricerca condotta da Giada Cordoni ed Elisabetta Palagi, dottori di ricerca in Biologia evoluzionistica all'Università di Pisa. Lo studio è stato svolto presso il Giardino Zoologico di Pistoia, che ospita la colonia riproduttiva di lupo europeo più numerosa del Belpaese, è composto da nove individui (5 maschi e 4 femmine) che sono stati osservati per 2 anni. Il lavoro sarà pubblicato sulla rivista internazionale Ethology, con il titolo di Reconciliation in wolves:new evidence for a comparative perspective.

    Perdonare per sopravvivere - L'aspetto più interessante di questa scoperta è che la riconciliazione è indispensabile per la sopravvivenza del branco. Poiché la società del lupo è caratterizzata da alti livelli di coesione e cooperazione tra il leader e i subordinati, non sorprende - spiega la dottoressa Palagi - che la riconciliazione entri in gioco per ristabilire tali relazioni tra individui indipendentemente dalla loro posizione gerarchica". Nella società dei lupi è molto più proficuo cooperare che dominare.

    Una pace senza gerarchie - Dallo studio emerge un dato interessante e contrastante rispetto alle credenze comuni: i lupi si riconciliano, utilizzando comportamenti come il gioco o leccandosi reciprocamente indipendentemente dal loro grado di dominanza all'interno del gruppo. Insomma, a differenza di molti umani, per il terribile della fiaba di Cappuccetto Rosso quando si deve far pace non importa se sei capo o subalterno, per il bene di tutto il gruppo l'importante è solo riconciliarsi.


    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 12:28
     
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  13. gheagabry
     
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    Canis lupus lupus



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    Lupo Eurasiatico (Canis lupus lupus) Si tratta in assoluto della più diffusa sottospecie di lupo la si può reperire tuttora, benché in popolazioni a volte frammentarie quasi dappertutto in: Francia, Germania, Danimarca, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ucraina, Romania, Bulgaria, Russia, Moldavia, Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia, Regno Unito, Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Svezia, Norvegia, Bielorussia, Liechtenstein.







    Canis lupus hattai



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    Il lupo di Hokkaido (Canis lupus hattai (蝦夷狼, Ezo-ōkami?)), noto anche come lupo ezo, è una delle due sottospecie estinte di lupo grigio che erano state chiamate lupo giapponese. L'altra è il lupo di Honshū.

    Questo lupo endemico del Giappone viveva sull'isola di Hokkaidō. Il lupo di Hokkaido era più grande del lupo di Honshū, avvicinandosi più strettamente alle dimensioni di un normale lupo grigio.

    Il lupo di Hokkaido si estinse durante il periodo della restaurazione Meiji. Il lupo venne dichiarato una minaccia per l'allevamento (incoraggiato in quel periodo dal governo Meiji) e divenne il bersaglio dei cacciatori di taglie, oltre a subire una campagna di diretto sterminio chimico. Durante questo periodo Hokkaido conobbe un certo sviluppo e il lupo di Hokkaido soffrì inoltre a causa della seguente distruzione ambientale[1].

    Il lupo ha giocato un ruolo benigno, piuttosto che maligno, nella mitologia e nella religione giapponesi: il capo clan Fujiwara no Hidehira si diceva che fosse stato allevato dai lupi e nello shintoismo il lupo viene spesso collegato simbolicamente con i kami di montagna (l'esempio più famoso è il kami lupo del sacrario di Mitsumine nella città di Chichibu, nella prefettura di Saitama) dell'isola di Honshū.

    Dal periodo dell'estinzione fino ai giorni nostri sono stati riferiti numerosi avvistamenti, ma nessuno di questi è stato verificato


    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 12:37
     
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  14. gheagabry
     
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    Lupi e uomini nel regno della paura, la realtà storica delle due specie e poi di quella che è davvero da temere, le fiabe avvertono che NON era solo roba del Medioevo...



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    Quest'immagine fa paura, per lo sguardo dell'animale e per i denti che mostra. Questo è stato uno dei demoni più temuti dagli uomini e l'uomo era il demone più temuto dai lupi.

    In questo articolo si tratterà di uno degli animali che il Medioevo ha fatto demone, demonizzato, cacciato, perseguitato, fattolo nemico anche nelle fiabe.

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    Il lupo è un animale che ha le proprie radici agli albori del tempo, quando i suoi antenati non avevano ancora avuto modo di confrontarsi con una creatura che nei secoli sarebbe stata il nemico peggiore: l'uomo. Le due linee di sangue, andando indietro nel tempo, dicono chiaramente che tra i due, il primo a padroneggiare fu l'antenato più antico del lupo, poi 2,5 milioni di anni fa l'uomo.

    Nel Medioevo sicuramente tutte queste cose non le sapevano, a loro non importava, loro avevano ereditato solo questa guerra...questa paura l'uno dell'altro...però non sapevano quanto avessero di simile tra loro. Ebbene sì perchè se da un lato un lupo può avere l'indifferenza pietosa sul genere umano, evitandolo, dall'altro lato l'uomo ha imparato nel corso dei secoli ad avere il pelo dentro...lupo dentro...

    E' la loro natura, non la loro età a renderli nemici e fratelli al tempo stesso.



    Il branco: uomini e lupi nella società



    Normalmente quando si parla di uomini non si pensa ad un gruppo di persone come ad un branco di bestie, ma ad un gruppo sociale dove gli individui convivono tra loro e cooperano per il bene sociale, lo dicono anche i vari testi costituzionali, parole nere su bianca carta. Ma sono solo queste: PAROLE. Quando si parla invece di un gruppo di animali sono state appositamente coniate dall'uomo delle parole che fanno la differenza tra lui e le bestie, infatti c'è il gregge, la mandria, il branco...però si sente spesso anche parlare di branco di uomini. Perchè?

    Il branco di uomini? Che parola strana...eppure i nostri telegiornali non fanno che parlarne ogni giorno, puntando giustamente il dito contro questi mostri che agiscono in gruppo ma poi a lungo andare esasperando sempre con quegli eventi che divengono un fenomeno mediatico.


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    Nel Medioevo mica c'erano però i telegiornali, nè la stampa. C'era il pettegolezzo e questo lo sanno tutti, c'è sempre stato, nessun mezzo migliore che rende ogni portatore un piccolo protagonista e cronista della notizia che va diffondendosi. Così mentre oggi si è costretti ad attenersi di più ai fatti che non dilungarsi in leggende e superstioni, nel Medioevo, il lupo che aveva scannato una pecora diveniva il demone mandato dal diavolo in persona a scannare tutti i greggi...i contadini allora dovevano sacrificare l'agnello più giovane e appenderne la pelle fuori dalla stalla o a volte si agghindavano come alberi di mille talismani e oggetti scaramantici. Però mentre il pastorello povero ed ignorante si agghindava, si barrava in casa guardando tremante dall'angolo della finestra, per timore del demone nero che viene dai boschi, il nobile signore si alzava dal suo scranno, si stiracchiava, guardava intorno a sè e diceva "oh, che bella giornata oggi, ho voglia di una pelliccia...mi manca la pelle di lupo..." e così con i suoi amici andava a caccia e con arco e frecce e armi facevano prede di selvaggina e poi eccolo là, il demone temuto dai pastori che scappa vigliacco dal nobile signore che ne vuole la pelle...vigliacco lupo dove andavi che la tua pelle volevano e tu volevi quella del pastorello e del suo gregge?


    E poi c'era anche la volta che il ricco signore chiamava gli amici e diceva "oggi ho voglia di divertirmi", si muovevano allora in gruppo e si recavano presso la casa del contadino che faceva al caso loro. Forse il ricco signore era bello e giovane, stupido e viziato, però era lui che comandava. Andava coi suoi nella casa, bussava e poi voleva quanto non gli spettava, il grano, il frutto della terra, il frutto pià bello e prezioso del contadino: la figlia. Ma allora l'onore e la dignità umana che non hanno mai perdonato nulla a niente e nessuno si ribellavano e così la figliola diveniva anche l'oggetto di desiderio sfrenato non solo del signore, ma anche degli amici e così ecco lo spettacolo del branco per sè stesso, uno scempio, una vergogna che la storia imputa crimine ad ogni periodo storico che ha visto tali episodi. Erano uomini però, non erano lupi...o meglio erano uomini-lupi...col pelo dentro...

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    Tanto ti hanno maledetto, lupo, ma tu non c'eri nel branco degli uomini...eri col tuo a caccia o dietro la casa del pastore a meditare il crimine cui la fame e l'istinto ti hanno costretto...Tanto hanno maledetto questa creatura che ha in sè solo l'istinto della distruzione figlia della Fame, che non gli uomini che in branco hanno ucciso la famiglia del contadino...
    Nel Medioevo chi aveva paura e di cosa o di chi?

    Il contadino che si vedeva privare della sua frazione di frutto della terra e deturpare la figlia chi doveva temere di più? Il ricco signore o il lupo che faceva la guardia alle sue pecore?

    Quesito difficile da risolvere, ma non sterile! Perchè mentre per un lupo si avevano i mezzi per avvelenarlo e tolgierlo di mezzo, magari sperando che nessun altra creatura volesse far la guardia al gregge...il ricco signore difficilmente si eliminava...quel lupo a due zampe, dotato di crudeltà umana, cattiveria, intelletto...bramosia sfrenata!

    Un elemento che sembra accumunare il branco degli uomini e quello dei lupi prescinde proprio da un fatto non tanto di attrazione sessuale quanto un bisogno che mentre nel lupo è legato ad un fattore puramente naturale e quindi giustificabile, nell'uomo è legato ad una bramosia e d un egoismo e l'uomo che è la creatura superiore a tutte proprio perchè dotato del raziocinio non è giustificabile.

    Sia nel branco dei lupi sia nel branco degli uomini si ha una struttura fortemente gerarchica. Poichè il branco del lupo è formato da individui di ambi i sessi alcune teorie sostengono che l'origine del branco andrebbe ricercata nel contesto della necessità di avere più successo durante la riproduzione che non nella caccia. Tale teoria ovviamente non può essere applicata in un contesto dove esseri umani dotati di raziocinio, in una situazione normale, si legano ad un esemplare del sesso opposto per affetto e non solo per quel fattore istintivo tipico dell'uomo che è l'attrazione sessuale. I lupi non la provano, gli uomini sì e questo perchè sono creature dotate di sentimento e raziocinio, non solo di istinto che è quello che gioca il ruolo nel corteggiamento. Così il branco degli uomini è formato solo da maschi, legati tra loro non tanto da legami di sangue (parentela) quanto da patti, amicizia, ricerca di un'identità propria negli altri. Proprio questa ricerca che si trasforma in tutto fuorchè qualcosa di buono è quello che porta il branco umano a ragionare nel modo del capo.

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    Nel Medioevo anche se non abbiamo nomi e cognomi e quando li abbiamo non ne siamo poi così sicuri, più per l'incertezza delle fonti che non per il crimine in sè, si sa che il branco era quello che bruciava la terra del contadino anche solo per divertirsi, non c'è nella cattiveria una ragione per cui una cosa debba essere fatta o no, il branco era quello che sfogava la sua lussuria sulla figliola del contadino e quando la figlia non bastava si passava alla moglie, alle serve...Il lupo dalle due zampe, non doveva essere necessariamente un nobile o ricco signore, poteva essere anche un contadino che faceva del male ad altri contadini, ai loro figli, il guazzabuglio nella gerarchia umana era tale in alcuni casi che non c'era uomo che non temesse lupo e uomo.

    In entrambi i branchi c'è un capo, ma nel caso del lupo la situazione è diversa. Il branco del lupo è guidato da due individui che stanno alla punta della piramide sociale, il maschio alfa e la femmina alfa. La coppia alfa (di cui solo uno dei due componenti può essere il "capo") possiede più libertà rispetto al resto del branco, anche se i due non sono capi nel senso umano del termine: gli individui alfa non impartiscono ordini agli altri lupi; bensì, possiedono la libertà di scegliere cosa fare, quando farlo, dove andare, quando andare. Il resto del branco, che possiede un forte senso della collettività, solitamente li segue.


    In un branco umano il capo è uno solo, il più forte, quello che per conquista o per nascita sta all'apice della piramide sociale. Non c'è in questo caso la femmina alfa dell'uomo alfa. Però come il capo del branco dei lupi, il capo branco degli uomini è quello che rispetto a coloro che gli stanno sottomessi ha più libertà, può IMPARTIRE ORDINI e gli altri non hanno la libertà dei lupi nel branco, DEVONO INFATTI OBBEDIRE agli ordini, la ribellione scatena la lotta, anche quando nei casi più rari sono tutti sullo stesso rango o livello sociale. E mentre nel branco dei lupi la lotta si può scatenare per avere la stessa femmina, nel branco degli uomini questa non è la sola ragione, più spesso c'è politica, economia, invidia, desiderio di essere a propria volta capi.

    Malgrado siano poche le cronache medievali, in netta inferiorità rispetto a quelle odierne, si sa che non erano rari gli svaghi-rapina alle cascine contadine da parte del signore e degli amici. In fin dei conti era terra del signore, coltivata dai manovali e quindi il signore poteva decidere se distruggerla o no, anche per un semplice capriccio.

    Poteva accadere che in un branco di soldati ci fosse la coppia alfa che era quella dove uno era il capo supremo e l'altro il diletto con i privilegi del rango.

    Ma il Medioevo e la storia umana non ci hanno lasciato solo il branco degli uomini, quanto ancora il lupo umano solitario, quello che si mescola tra la folla e che la Fiaba di Cappuccetto rosso ha celato nella sua trama.
    Il lupo dall'umana pelle dal Medioevo ai giorni nostri, Cappuccetto Rosso dal Medioevo svela...


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    Cappuccetto Rosso è una fiaba popolare europea di cui esistono numerose varianti; è stata trascritta, tra gli altri, da Charles Perrault (col titolo Le Petit Chaperon Rouge) e dai fratelli Grimm (Rotkäppchen). Pur essendo generalmente considerata adatta a essere raccontata ai bambini, contiene riferimenti non troppo celati ad argomenti come violenza e cannibalismo. La storia è incentrata sul contrasto fra il mondo luminoso sicuro del villaggio e quello oscuro e insidioso della foresta, un'antitesi tipicamente medievale.

    La storia di Cappuccetto Rosso può essere fatta risalire alla tradizione orale di diverse regioni europee. Si sa che la fiaba era narrata già nel XIV secolo in Francia. "La finta nonna" è il titolo di una antica versione italiana della fiaba, in cui Cappuccetto Rosso riesce a sconfiggere il lupo basandosi esclusivamente sulla propria astuzia. Alcuni sostengono che questa versione sia più vicina all'originale, e che il personaggio del taglialegna sia stato aggiunto successivamente per suggerire l'idea maschilista che nonna e nipote non potessero salvarsi senza l'aiuto di un uomo.

    In ogni caso, la versione scritta più antica della fiaba è Le Petit Chaperon Rouge, apparsa nella raccolta di fiabe I racconti di Mamma Oca di Charles Perrault nel 1697. La versione di Perrault è più sinistra di quella successiva (e meglio nota) dei Grimm. In questa versione Cappuccetto Rosso è "una ragazza attraente e di buona famiglia" che finisce mangiata dal lupo insieme alla nonna, senza alcun lieto fine. Al termine del racconto, Perrault fornisce una spiegazione esplicita della morale, dalla quale non è difficile estrarre l'evidente contenuto sessuale:

    " Da questa storia si impara che i bambini, e specialmente le giovanette carine, cortesi e di buona famiglia, fanno molto male a dare ascolto agli sconosciuti; e non è cosa strana se poi il Lupo ottiene la sua cena. Dico Lupo, perché non tutti i lupi sono della stessa sorta; ce n'è un tipo dall'apparenza encomiabile, che non è rumoroso, né odioso, né arrabbiato, ma mite, servizievole e gentile, che segue le giovani ragazze per strada e fino a casa loro. Guai! a chi non sa che questi lupi gentili sono, fra tali creature, le più pericolose!"

    (Le Petit Chaperon Rouge, Charles Perrault, 1697)


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    Le versioni successive della fiaba non furono tanto diverse e sicuramente se vogliamo fare una buona interpretazione che ci stacca un po' dal lupo medievale detto nel titolo, dobbiamo sicuramente tenere conto che l'autore del commento, Perrault viene dall'epoca che rappresenta le braci dell'Illuminismo, l'età della ragione, quella che determinerà poi con la caduta dell'Ancient Regime, la vera morte del Medioevo facendo divampare le fiamme della conoscenza, i veri lumi del sapere. Il Medioevo non morì con una semplice scoperta dell'America, ma morì nel sangue del re di Francia nel 1789. Così Perrault si trovava in una società che per quanto migliore del Medioevo doveva aver preservato anche quelle spiacevoli situazioni, madri della cronaca nera, da cui dedusse la sua versione della fiaba e a cui diede la sua interpretazione.

    Perrault sicuramente ha fatto riferimento a due fenomeni che la società andava sempre più esasperando e divulgando, portando la popolazione ad uno sbaraglio peggiore di quello medievale: la prostituzione e la maturità sessuale.

    Nel Medioevo la prostituzione si sa che era praticata, esistevano già i bordelli e le ragazze erano molto spesso anche serve di locanda o ragazze che prendevano quella decisione da sole, spesso orfane e prive di ogni fondamento morale alle proprie spalle, talvolta nel contesto urbano era persino tollerata ma limitata da delle leggi che se venivano trasgredite la punizione era pesantissima, talvolta si pagava anche con la vita. Sicuramente anche ai tempi di Perrault la prostituzione era un fenomeno che funzionava nel modo simile, ma qualcosa di troppo grave, anche se nel contesto urbano era tollerato, cominciava a non andare se uno scrittore di fiabe era arrivato a doverne far riferimento in una fiaba per bambini. Le ragazze erano sempre più giovani e questo significava che la visione della maturità sessuale era cambiata troppo rispetto al medioevo, il diventare donna era divenuto in alcuni casi un vanto per alcune, era il passo da cui iniziava la corsa frenata, senza ritorno, verso il piacere assoluto. Il colore rosso del cappuccio è il colore della passione, della sessualità, un colore che accende anche il desiderio, che stimola, che simboleggia però anche il sangue, il sangue del menarca, ma anche il sangue della violenza.

    Infatti nelle sue parole Perrault esprime chiaramente che al di là dei bambini, le ragazze farebbero bene a stare in casa con la vecchia, la mamma o la nonna perchè là fuori c'è il lupo che le vuole mangiare, che ne vuole la dignità e per questo si farebbe bene a non cedere troppo alle lusinghiere offerte e promesse di saccenti corteggiatori perchè è un attimo poi sparire nel nulla, nella sua tana da cui non si torna più indietro. Nel Medioevo il corteggiamento esplicito in pubblico era proibito anche dall'amor cortese che prevedeva tutti dei sotterfugi, dei giri a non finire di parole e che aveva come sede un castello e persone di rango diverso, mai la strada, il borgo o una via. Ai tempi di Perrault invece l'amore cortese erano metodi dimenticati, antichi, scomodi, meglio qualcosa di diretto pensava la gente e così i colli ed i decolletè femminili si scoprivano a mostrare parte di grazia e sensualità oltre che sessualità femminile. I volti delle donne divenivano volti di porcellana, truccate con la parrucca dal capello bianco, sotto le crinoline i primi vestiti intimi, le calze, e via dicendo e il corteggiatore individuava la preda e così iniziava il corteggiamento ad una bella ragazza senza quel pudore pubblico che invece avrebbe fatto scandalo nel Medioevo. Tra questi corteggiatori c'erano sicuramenti anche i lupi detti da Perrault perchè erano veramente disposti a tutto, anche di andare a casa della preda...

    Perrault condanna così anche il cattivo costume sociale ammonendo ad una riservatezza pubblica più vicina a quella medievale, ad una confidenza minore, ad un'educazione migliore perchè quella del suo tempo è sempre peggiore, anche se ovviamente anche il Medioevo ha i suoi di peccati in merito, ma andiamo per gradi. Libri del XVII e XVIII secoli ne parlano chiaramente ed apertamente di questo sbagliato costume del libertinismo, di un'ascesa sessuale sempre più precoce così nel cuore dell'illuminismo De Sade conferma quale sia il livello del costume quotidiano, il romanzo Juliette nè una conferma spaventosa dove il lupo cattivo assume anche le vesti non più del semplice cliente della prostituta o di colui che attira la ragazza per iniziarla al sesso, un maniaco perverso capace di tutto.

    E quel maniaco perverso capace di tutto, il lupo umano, il lupo dalle due gambe che va a casa della ragazza e la tira fuori con le buone (la seduce lentamente, la corteccia in pubblico fino a convincerla che non c'è più sole o luce senza di lui e poi ne fa quello che vuole) o con le cattive e ne viola la vita privata, la schiavizza, le rovina la vita, l'esistenza (lo stupro). Sicuramente quando parlava di lupi l'autore di fiabe doveva pensare a mettere in guardia anche da queste situazioni, quella del cattivo costume e quella dei pervertiti e dei maniaci.

    Sicuramente la fiaba di cappuccetto rosso è molto indirizzata al sesso femminile, ma anche al mondo dell'infanzia e degli adulti per ammonire i bambini a non essere troppo ingenui che la cattiveria nel mondo è nascosta dietro ad ogni angolo, in ogni buco, anche nelle fogne, pronta ad approfittare della loro ingenuità. I bambini non hanno quella malizia che serve a mettere in guardia, non ci vedono nulla di male in uno sconosciuto che amorevolmente li prende per mano, gli offre qualcosa da mangiare, lo ospita a casa dicendo di essere un amico dei genitori. Fin da bambini ci hanno raccontato questa storia, di non accettare nullà, nè cibo nè aiuto da chi non abbiamo mai visto perchè è pericoloso e se questa fiaba di cappuccetto è stata rivolta ai bambini, così come tante altre fiabe che da piccoli non potevamo interpretare nel vero ammonimomento per la vita adulta, è perchè anche ai tempi di Perrault e molto prima il fenomeno delle scomparse di bambini e di reati a sfondo sessuale su minori esisteva e quello dell'autore è un allarme che più che mai è valido oggigiorno.

    La fiaba di cappuccetto vede una bambina con un mantellino rosso che deve portare una cosa alla nonna, è sola e la mamma le dice di non dare ascolto a nessuno, ma la bambina cederà alle lusinghe del lupo e ingenua gli indicherà anche la strada facendone una lunga ingannata dal lupo. La bambina dovrà attraversare tutta la foresta prima di arrivare dalla nonna che però, diciamocelo, è leggermente cambiata dall'ultima volta che l'aveva vista...aveva denti aguzzi, peli dappertutto, artigli, la coda! Santo Cielo, cosa è successo alla nonna? Non era un effetto collaterale delle medicine nè qualche ormone preso per errore al posto della medicina per il cuore, piuttosto quella persona, quell'essere infido, crudele, bugiardo, immondo di cui si era fidata, a cui aveva addirittura consegnato le chiavi di casa..e alla frase fatidica "ma che bocca grande che hai...nonna!"

    Beh, queste frasi le pensò, povera cappuccetto, quando era già nello stomaco del lupo e non venne nessun cacciatore, nella realtà dei fatti, se la storia è ispirata a qualcosa di realmente accaduto, a tagliargli la pancia e salvare le due disgraziate, ingegnue. Il lupo fece la sua vita a caccia di altre ingenue...come sempre! La foresta che come dicevamo sopra ha un che che ricorda molto il medioevo rappresenta anche la realtà, in cui questa ragazza dalla casa natia esce per vivere da sola, ma che vuole fare come tanti, di testa sua senza ascoltare il consiglio di qualcuno più vecchio e un po' più saggio. La simbologia di Perrault che fa riferimento a siutazioni reali e che bisogna combattere tutt'ora, ricorda anche proprio il Medioevo ed episodi simili avvenuti in quell'epoca che senz'altro la storia non ha dimenticato e qualche riga l'ha scritta.

    Dopo la morte di Giovanna d'Arco uno dei suoi compagni perse completamente la ragione, ma non per la morte della pulzella, quanto per l'egoismo e la sete di potere sfrenati che forse da sempre avevano fatto parte di lui, Gilles de Rais, che fu accusato di lesa maestà e di aver commesso crimini a sfondo sessuale su dei ragazzini misteriosamente scomparsi.

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    Gilles de Rais, il lupo francese e la sua ombra nella fiaba di Perrault

    Gilles de Montmorency-Laval barrone di Rais, detto Barbablù (Machecoul, 10 settembre 1404 – 26 ottobre 1440) è stato un militare e serial killer francese.

    Venne accusato e condannato a morte per la tortura, lo stupro e l'uccisione di un gran numero di bambini, verosimilmente circa duecento.

    Gilles de Rais fu un bambino di brillante intelligenza, con spiccate capacità nell'apprendimento del latino. A soli undici anni rimase orfano di entrambi i genitori e fu affidato al nonno materno, Jean de Craòn. Nel 1420 visse alla corte del Delfino Carlo, futuro Carlo VII. Jean de Craòn provò a farlo sposare con Jeanne de Paynol, una ricca ereditiera, ma senza successo; fu un fallimento anche il tentativo di matrimonio con Beatrice de Rohan, nipote del duca di Bretagna. Infine riuscì nell'intento di accrescere le ricchezze di Rais facendogli sposare un'altra ereditiera, Catherine de Thouars, dopo averla rapita.

    Dal 1427 al 1435, de Rais fu comandante nell'esercito reale e prestò servizio anche durante le campagne di Giovanna d'Arco contro gli inglesi. Nel 1429, appena venticinquenne, si guadagnò il titolo di Maresciallo di Francia in seguito alla strepitosa vittoria riportata dai francesi nella battaglia di Patay contro le truppe inglesi.

    Morto il nonno, nel 1432 ereditò un'immensa fortuna, accumulata dal suo avo con estrema rapacità e destrezza, cui si aggiungevano le ricchezze dei de Rais e quelle della moglie, ritrovandosi così ad essere uno degli uomini più ricchi del suo tempo. Ritiratosi dal servizio militare, iniziò a spostarsi da un castello all'altro nei suoi domini, dandosi ad una vita opulenta e raffinata, finanziando spettacoli teatrali e dissipando il suo notevole patrimonio, fino ad essere costretto ad intaccare la sua ricchezza svendendo alcuni possedimenti. Fu in quel periodo che, per cercare di ritrovare la fortuna, pare cominciasse ad interessarsi all'occulto, motivo per cui affidò al suo cappellano, Eustache Blanchet, il compito di procacciargli alchimisti ed evocatori di demoni. Fu proprio questi a recarsi in Toscana, terra a quell'epoca di grandi innovazioni, e ad incontrare a Firenze Francesco Prelati, un giovane monaco spretato aretino dedito all'occultismo, che assoldò e portò con sé in Francia nel 1439. Nel frattempo Gilles de Rais, ingannato più volte da lestofanti ed imbonitori che ne mettevano a nudo l'ingenuità e la credulità, aveva continuato a sperperare forti somme di denaro nel tentativo di ottenere la pietra filosofale per recuperare le proprie ricchezze. Prelati, invece, convinse de Rais che avrebbe potuto mantenere ricchezze e potere solo sacrificando esseri innocenti ad un demone chiamato "Barron", nome inventato dallo stesso Prelati giocando sul titolo nobiliare dei de Rais. Gilles de Rais, in effetti, non era nuovo all'uccisione di bambini ed adolescenti maschi, pratica che aveva iniziato nel 1432 per soddisfare il suo sadico piacere sessuale. In questa attività era sempre stato aiutato dal fedele valletto Étienne Corillaut, detto "Poitou", che gli procurava i ragazzini spesso comprandoli per un tozzo di pane da famiglie di disperati.

    Il 15 maggio 1440, Rais rapì un giovane prelato di nome Jean le Ferron, fatto che indusse il vescovo di Nantes ad indagare sui suoi crimini passati. Dopo la liberazione di Le Ferron, nell'autunno dello stesso anno Rais fu arrestato ed il 13 ottobre cominciò il processo, basato su quarantanove capi d'accusa.

    Il de Rais, con arroganza e violenza inizialmente accusò i propri inquisitori di volerlo processare per sottrargli le sue ricchezze, quindi, sotto minaccia di tortura, confessò tutto. La confessione dei suoi misfatti, una volta trascritta, fece inorridire a tal punto i giudici, che i passi più espliciti non furono contemplati tra le prove. Secondo la confessione, de Rais avrebbe più volte mutilato, violentato ed ucciso dei ragazzi; avrebbe poi mozzato loro le membra e la testa insieme ai suoi complici, per poi giudicare quale fosse "la più bella" ed offrirla al diavolo. Quante siano state le sue vittime non si sa esattamente, essendo stata bruciata la maggior parte dei cadaveri, ma il numero dovrebbe aggirarsi tra le 80 e le 200; egli preferiva comunque gli individui maschi che avessero tra i sei ed i diciotto anni. Il 26 ottobre de Rais, insieme ai due servitori e complici, Henriet Griart e Poitou, fu giustiziato mediante l'impiccagione e il rogo, ma non prima di ricevere l'assoluzione dai peccati commessi da parte di un sacerdote: il nobile, infatti, era riuscito a commuovere la curia con la sua profonda contrizione.

    Il personaggio doveva essere noto alla gente ancora fisso fantasma nella memoria collettiva ai tempi di Perrault, ma non abbastanza da non aver ancora fatto capire che mostri simili ne esistevano ancora e ne sarebbero venuti altri. Perrault sicuramente si era riferito anche a questo mostro nella sua fiaba, raffigurandolo come un lupo, in modo che i bambini cogliessero attraverso quella figura l'insegnamento della morale della fiaba di Cappuccetto rosso, cioè di non dare retta agli sconosciuti e ai genitori di tenersi stretti i figli e di educarli, le ragazze soprattutto.

    I bambini che ascoltavano le fiabe allora non sentirono mai il nome di Gilles de Rais nè dei crimini orribili da lui commessi, ma impararono che da quel lupo cattivo a due gambe ci si deve guardare. La fiaba era nota anche prima della venuta di Gilles de Rais e questo significa che il fenomeno per cui la fiaba veniva raccontata, per mettere in guardia, era già diffuso da tempo.

    Erroneamente si pensa che il personaggio di Barbablu ideato da Perrault corrisponda al personaggio di Rais, ma invece è semplicemente ispirato alla vita di Enrico VIII Tudor che come Barbablu cambiava spesso moglie, ogni tanto facendone uccidere qualcuna.

    Altre fiabe che al di là dell'ambientazione medievale richiamano la simbologia del cattivo rapitore di bambini è senz'altro quella di Hansel e Gretel, creata però successivamente e più o meno con lo stesso avviso, ammonimento. Fiabe simili che non usano il lupo ma l'orco sono quelle di Pollicino e anche qui l'insegnamento non è tanto diverso. Ma forse il lupo cattivo rappresenta un po' il male di tutte le fiabe così come è una sorta di lupo col pelo dentro il cattivo di ogni storia che, diciamocelo, forse a volte è arrabbiato e digrigna i denti come un cane, altre volte è bello e servizievole, ma molto poco paziente e allora ci sarà da qualche parte una cappuccetto rosso, una principessa indifesa che nell'ingenuità lo seguirà e allora spetterà al narratore di fiabe o allo scrittore decidere se quella storia dovrà avere o no un lieto fine, cosa che nella realtà è puramente casuale e non si può decidere nè con la fantasia nè con la piuma in mano.

    Fonti

    www.wikipedia.org


    da Vivere nel medioevo

    Edited by gheagabry1 - 24/10/2019, 13:15
     
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  15. gheagabry
     
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