IL GATTO

...un nostro grande amico...

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  1. gheagabry
     
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    ops dimenticavo di postare leon.........shhh però non diteglielo..



     
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  2. ringo47
     
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    Un grazie grandissimo a Lussy e a chi ha contribuito a fornire informazioni sui gatti dalle quali sono uscite delle cose sorprendenti. Bhe che dire oltre quello che è stato detto per cui mi limito a narrare un episodio aventecome protagonista una gatta randagia.
    I miei genitori, avendo una fattoria, avevano diversi animali compreso numerosi gatti con i quali, al dire il vero, non ho mai avuto una particolare attrazione se non qualche volta quando facevano le fusa dinanzi al camino acceso. E qual particolare rumore mi infondeva un senso di pace.
    Fra i tanti gatti, un maschio e una femmina, si erano allontanati da casa decisi di vivere liberamente in mezzo i boschi. Le rare volte che si avvicinavano, solo la nostra presenza li costringeva a fuggire nuovamente. Li trovavo bellissimi e molto più grandi i rispetto a quelli che vivenano in casa.
    In un inverno successivo, parlo di quegli inverni rigidi dove non si poteva uscire di casa per la tanta neve e ghiaccio, io e mia madre sentivamo miagolare con insistenza fuori nel cortile e attraverso i vetri della finestra abbiamo visto che era uno dei due gatti selvatici. Non abbiamo dato peso al miagolio ma poichè era insistente come se frosse un pianto, mia madre decise di nasconderci e di tenere aperta la porta della cucina ove c'era il camino acceso con il dubbio che volesse riscaldarsi. Il gatto in questione subito si allontava andando dentro il pagliaio e subito dopo uscirne con un gattino in bocca. Mantenebndo sempre la nostra posizione, il gatto, con aria circospetta entrava in cucina e delicatamente adagiava dinanzi al camino il suoi cucciolo per farlo riscaldare leccandolo in tutte le sue parti (probabilmente l'aveva partorito da poco perchè ancora bagnato).
    La commozione mia e di mia madre in quel momento è stata enorme e ho constatato tangibilmente in quella circostanza come l'amore materno non conosca ostacoli e pur di salvare la vita del suo piccolo era decisa a tutto.
     
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    CITAZIONE (ringo47 @ 17/5/2010, 21:49)
    Un grazie grandissimo a Lussy e a chi ha contribuito a fornire informazioni sui gatti dalle quali sono uscite delle cose sorprendenti. Bhe che dire oltre quello che è stato detto per cui mi limito a narrare un episodio aventecome protagonista una gatta randagia.
    I miei genitori, avendo una fattoria, avevano diversi animali compreso numerosi gatti con i quali, al dire il vero, non ho mai avuto una particolare attrazione se non qualche volta quando facevano le fusa dinanzi al camino acceso. E qual particolare rumore mi infondeva un senso di pace.
    Fra i tanti gatti, un maschio e una femmina, si erano allontanati da casa decisi di vivere liberamente in mezzo i boschi. Le rare volte che si avvicinavano, solo la nostra presenza li costringeva a fuggire nuovamente. Li trovavo bellissimi e molto più grandi i rispetto a quelli che vivenano in casa.
    In un inverno successivo, parlo di quegli inverni rigidi dove non si poteva uscire di casa per la tanta neve e ghiaccio, io e mia madre sentivamo miagolare con insistenza fuori nel cortile e attraverso i vetri della finestra abbiamo visto che era uno dei due gatti selvatici. Non abbiamo dato peso al miagolio ma poichè era insistente come se frosse un pianto, mia madre decise di nasconderci e di tenere aperta la porta della cucina ove c'era il camino acceso con il dubbio che volesse riscaldarsi. Il gatto in questione subito si allontava andando dentro il pagliaio e subito dopo uscirne con un gattino in bocca. Mantenebndo sempre la nostra posizione, il gatto, con aria circospetta entrava in cucina e delicatamente adagiava dinanzi al camino il suoi cucciolo per farlo riscaldare leccandolo in tutte le sue parti (probabilmente l'aveva partorito da poco perchè ancora bagnato).
    La commozione mia e di mia madre in quel momento è stata enorme e ho constatato tangibilmente in quella circostanza come l'amore materno non conosca ostacoli e pur di salvare la vita del suo piccolo era decisa a tutto.

    Rino.....
    bellissimo..il tuo racconto..
    grazie amico... :wub: :wub: :wub:
     
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  4. gheagabry
     
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    Solo chi ama i gatti conosce il piacere di quelle borse d'acqua calda musicali ricoperte di pelliccia che non si raffreddano mai.
    (Susanne Millen)







    Burmese
    Atlante delle razze di Gatti
    Classificazione FIFe e cenni storici

    Paese d'origine: Birmania - Stati Uniti

    Le origini della razza Burmese sono misteriose. Documenti scritti anteriori al 1700 menzionano gatti dal mantello lucido e marrone, noti con i nome di Sulapak (o Thon Daeg), che probabilmente sono gli antenati dei Burmesi. Quello che è certo è che, nel 1930, un americano, James Thompson, portò a San Francisco da Rangoon una femmina (chiamata Wong Mau), che aveva un aspetto elegante e un mantello marrone e lucido. Presentata a una mostra felina, non riscosse grande successo, pensando si trattasse di uno strano Siamese marrone. La gatta venne incrociata con un Siamese chocolat point e nella cucciolata vi era anche un gattino marrone come la madre. I due furono incrociati e vennero alla luce cuccioli a loro volta incrociati con Wong Mau. I gattini nati presentavano tre diverse colorazioni: alcuni simili ai siamesi, altri, pur simili alla capostipite nella tonalita', avevano le estremità più scure, altri infine presentavano il color marrone omogeneo su tutto il corpo. Il programma di selezione proseguì, impiegando anche altri gatti importati con le medesime caratteristiche (purtroppo molto pochi, tanto che si rese necessario ricorrere nuovamente ai Siamesi). Dalle selezioni risultò evidente che la colorazione particolare era dovuta a un gene specifico, denominato gene burmese (cb). La razza ebbe il riconoscimento ufficiale al CFA nel 1936, ma la prima ammissione al campionato risale al 1953. Negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo furono importati parecchi esemplari di Burmese in Gran Bretagna da dove la razza si è diffusa in tutto il Mondo. L'iniziale colorazione marrone è stata affiancata in seguito da molte altre (cioccolato, blu, lilla, rosso, crema, tortie, fulvo, cannella). Viene allevata in tutto il Mondo ed è molto popolare.
    Recentemente il Burmese è stato utilizzato per creare la razza Burmilla.
    Aspetto generale

    Il Burmese e' un gatto di media taglia, elegante e muscoloso. Una delle caratteristiche distintive è la distribuzione del colore sul corpo: il colore base varia d'intensità, con sfumature più intense sulle zampe, sul muso e sulla coda. La corporatura non deve essere leggera e snella come quella dei gatti orientali, ma nemmeno troppo robusta come quella di alcuni gatti europei.
    Esiste anche la varieta' a pelo semi-lungo denominata Tiffany.




    Varietà di colore

    Il mantello del Burmese si può presentare in diverse colorazioni: Marrone, Blu, Cioccolato, Lilla, Rosso, Crema, Cannella e Tortie. Recentemente è stata introdotta la sfumatura "silver". In tutte le varietà il mantello presenta sfumature caratteristiche: la parte inferiore del corpo è un po' più chiara della parte dorsale e delle zampe, le punte possono presentare un po' di contrasto ma il colore deve essere uniforme e senza righe nè ombre. Solo i cuccioli possono avere macchie, pelo bianco o striature fino ai sei mesi. Nei cuccioli il colore è molto più chiaro e la colorazione definitiva viene raggiunta anche a due anni. Molto apprezzati sono gli esemplari con occhi giallo-oro, privi di tracce di verde o blu.





    LA GIOIA DI AVERE UN BURMESE
    traduzione da Cat Fancy
    Pòrtati un Burmese in casa, e avrai portato una cucchiaiata di gioia in più nella tua vita. Mentre una folta, splendente pelliccia marrone e grandi occhi dorati potrebbero essere le prime cose che ti attraggono nella razza, e` la personalita` del Burmese che ti stregherà per tutta la vita. Semplicemente, il Burmese ti amera` profondamente, totalmente, con ogni fibra del suo essere. I Burmesi sono i gatti da compagnia definitivi. Amano stare con le persone, giocare con loro, e farle divertire. Desiderano il contatto fisico con le LORO persone- alcuni li chiamano gatti-velcro, perche` sembra che ti si vogliano appiccicare addosso. Odiano le cucce vuote, ti seguiranno di stanza in stanza, e vorranno dormire nel letto con te, preferibilmente raggomitolati sotto le coperte, o al tuo fianco. L'amore di un Burmese non e` cieca devozione, comunque. Sono molto intelligenti e hanno personalita` molto forti, spesso con una considerevole testardaggine. Quando giocano, sembra sempre che stiano cercando di intrattenere gli umani. Si gireranno letteralmente a controllare se stai ammirando le loro acrobazie. Quando si mettono in testa di voler qualcosa, semplicemente non accettano "no" come risposta, e solitamente trovano il modo di ottenere cio` che vogliono. Questo a volte si puo` trasformare in un braccio di ferro tra te e il tuo Burmese. "….." In pratica, quello che un Burmese ti da' e` moltissimo amore, ma non amore insulso o fastidioso. E` come vivere con una piccola persona che e` pienamente consapevole di se`, ma in ogni caso ti ama alla follia. E` una razza da raccomandare, perche` tanta gioia hanno donato questi gatti a quelli tra noi che la allevano e la espongono, e ai numerosi possessori di animali che hanno condiviso la propria vita con queste affascinanti creature.

    Da piccoli, i Burmesi sono abbastanza vivaci. Sono spesso buffi quando tentano imprese al di la` delle loro capacita` e atterrano sul di dietro con piccoli tonfi sordi. Saranno giocherelloni anche da grandi. Quando i Burmesi crescono, la loro grande intelligenza si manifesta e le loro personalita` iniziano a svelarsi. Si trasformano in affascinanti, risoluti dittatori che si assestano e impossessano di una casa, facendola girare con efficienza con quegli occhioni e quelle zampe di velluto. Se incoraggiati, molti Burmesi chiacchierano coi loro umani, con voci dolci e gentili (mai forti o sgradevoli). Sono bravi coi bambini, sopporteranno il cane di famiglia, e se ben abituati fin da piccoli, più di ogni cosa ameranno viaggiare in macchina. I Burmesi sono estremamente orientati verso la gente; la loro personalita` si avvicina molto a quella del cane nel voler essere l'ombra del proprio padrone, e nel desiderio di dare e ricevere affetto. Amano essere presi in braccio ed accarezzati e acciambellarsi sul letto, persino sotto le coperte, o semplicemente sopra il loro umano preferito. Si deliziano ad aiutare nelle faccende domestiche. Alcuni dei loro giochi preferiti consistono nel sovrintendere alla lettura o scrittura di un pezzo di carta (sedendosi sopra il suddetto). Per definizione, i Burmesi sono sempre in mezzo alla gente. Le femmine tendono a richiedere una posizione centrale e avere un ruolo attivo nella gestione della casa. I maschi preferiscono tenere tutto sotto controllo dalla loro postazione, stanno più tempo a riposo e sono meno ostinati. Se oltraggiati da un padrone ottuso, i Burmesi possono mettere il broncio, ma mai molto a lungo, fortunatamente. Spesso i Burmesi trasformano la persona che più odia i gatti in un loro fan accanito. Sii avvisato! Possono provocare assuefazione, e, come le patatine, ti potrai accorgere che non puoi prenderne solo uno. Molti pensano che la vita col Burmese sia godibile appieno solo avendo, di ogni sesso, due (o più) colori. I Burmesi non andrebbero mai lasciati uscire perche` sono assolutamente troppo ingenui ed hanno istinto di sopravvivenza in minima, se non nulla, parte. La loro idea di sopravvivenza e` rivolgerti il loro sguardo denso di significato perche` tu pensi ai loro bisogni. E questo non funziona per cacciare, tenere a bada i nemici o evitare le automobili.




    Edited by gheagabry - 16/2/2012, 20:42
     
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  5. gheagabry
     
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    EGYPTIAN MAU, Mau Egiziano





    Rimasto nel suo paese d'origine per millenni, questo gatto interessante è stato visto per la prima volta negli Stati Uniti negli anni 1950. La principessa Trubetzkoy all'inizio degli anni 1950 ne acquistò una coppia, Gepa e Ludol, nata in Egitto. li disegno del loro mantello, simile a quello del Tabby (soriano) maculato, è raffigurato nelle pitture egizie già nel 1400 a.C. Vi era una stretta associazione tra questi gatti e le divinità del tempo. li dio Sole Ra, che lottò contro il serpente Apepi, aveva l'aspetto di un soriano maculato. Ovviamente le marcature dei Mau Egiziano ("mau" significa "gatto") sono considerate molto importanti secondo lo standard della CFA. La fronte deve presentare un caratteristico disegno a M, con strisce che si estendono sul dorso e si scindono poi in singole macchie lungo la colonna vertebrale; si fondono nuovamente sopra le anche per formare una linea continua. La coda presenta anelli scuri e termina in una punta nera. Due linee scure attorno a ciascun occhio si estendono sui lati della faccia. Anche le gambe sono inanellate, mentre sul corpo sono preferite macchie ben distinte. Nelle parti inferiori le macchie devono essere in contrasto coi colore relativamente chiaro del mantello. Sono permessi tre colori, tutti presentati nella stessa classe. La forma Bronzo ha corpo bronzeo con parti inferiori crema e marcature brune. La forma Argento ha colorazione simile con marcature nere, mentre la forma Fumo presenta un disegno sulla colorazione grigio-fumo. Nelle tre forme gli occhi possono essere verdi, gialli o nocciola. li tipo di questi gatti assomiglia a quello dell'Abissino: ricorda nell'aspetto "orientale" il Siamese, nella conformazione il Persiano. EGYPTIAN MAUIl corpo muscoloso ha mantello corto e lucido. Il Mau Egiziano è un gatto tranquillo, piuttosto pigro, affettuoso ma diffidente con gli estranei. Il Mau Egiziano è stato importato per la prima volta in Inghilterra nel 1978. Prima di allora, vi era una razza di aspetto simile ora classificata come Orientai Spotted Tabby (Soriano maculato orientale). Tra queste due razze vi è però una netta differenza nel tipo del corpo; lo Spotted Tabby ha un aspetto più "straniero" (di qui il nome di Stranieri dato in Inghilterra e in Europa a questi gatti), derivato probabilmente da incroci con Siarnesi. Come nel Mau Egiziano, nell'Oriental Spotted Tabby è presente sulla fronte un disegno a forma di scarabeo, animale considerato dagli antichi Egizi simbolo della santità. Nell' Oriental Spotted Tabby è ammessa una più ampia gamma di colori, compresi il Blu, il Cioccolato, il Lilla, che devono avere occhi verdi. Nelle varietà Rossa e Crema la colorazione degli occhi può variare dal rame al verde. Le macchie sul mantello devono essere nette, non estese in linee continue o spezzate, più scure del colore di fondo del mantello.


    Edited by gheagabry - 16/2/2012, 20:44
     
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  7. ZIALAILA
     
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    Lo sapevi che i gatti... ?

    Saltano 2 metri e mezzo e cioè 5 volte la loro altezza

    Il loro campo visivo è di 287° mentre l'uomo è di 210°

    Hanno 244 ossa mentre l'uomo ne ha 198

    Riescono a distinguere gli oggetti con un sesto della luce necessaria all'uomo

    Percepiscono i suoni con una frequenza pari ai 45 kHZ mente l'uomo solo a 17 kHZ

    Per percorrere 100 metri impiegano 9" netti

    Maschi che vivono in campagna riescono a spostarsi su aree che vanno dai 32 ai 93 ettari

    Circa mentre le femmine su aree dai 6 agli 8 ettari. In città posso spostarsi tra 1,5 e 8 km

    Sono sprovvisti delle ghiandole sudoripare e che è infatti grazie all'incessante leccaggio del
    loro mantello che abbassano la loro temepratura corporea dovuta all'evaporazione della saliva durante la stagione calda

    Sognano molto di più rispetto a uomini e cani

    Neri porterebbero sfortuna solo in Italia; Nell'Europa settentrionale questi gatti sono invece considerati portafortuna

    Non percepiscono i sapori dolci

    Hanno anche loro dei record? Quello per il micio più pesante spetta ad un gatto di 21 kg

    Non possono muovere la loro mandibola lateralmente
     
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  8. gheagabry
     
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    L'ABISSINO

    Il corpo deve essere di medie dimensioni, slanciato e muscoloso, il mantello aderente, fine ma non soffice, con almeno tre smumature di ticking, e deve presentare bei riflessi lucenti. In generale l’abissino deve apparire un gatto elegante: la testa è tonda, a forma di cuneo; le orecchie grandi e distanziate, con ciuffetti di pelo sulla cima; il collo lungo, e le zampe lunghe e sottili. E la coda, che si assottiglia verso la fine, proporzionale alla lunghezza del corpo, con ticking sulla cima. Gli occhi,a mandorla, circondati da profili scuri, possono essere verdi, ambra o nocciola. Per quanto riguarda il mantello, i colori accettati sono ora diversi: lepre (usual o ruddy, ticking bruno scuro sul fondo di una calda tonalità albicocca), rosso (fondo albicocca con ticking cannella), blu (fondo rosato con ticking blu-grigio), fawn (fondo avorio intenso con ticking beige-rosa), silver (fondo bianco-argento e ticking diversi). Ultimi nati sono il liliac e il chocolate.





    IL GATTO COLOR DEL DESERTO

    Guardate quel pelo, corto e fitto, di un colore solido e cangiante. Non è una meraviglia? Tecnicamente un mantello così si chiama “ticked”, picchiettato. è dovuto alla mutazione del gene “A”, responsabile del classico mantello tigrato. In questa razza, probabilmente originaria dell’oriente (nonostante il nome che la vorrebbe africana), le bande scure del soriano sono sparite, lasciando posto a una colorazione più uniforme. Ma tracce del suo passato sono rilevabili nella “M” sulla fronte, tipica dei gatti tigrati. Se non forse proprio le origini, lo sviluppo e la diffusione dell’Abissino sono indissolubilmente legate al continente africano. Forse portato qui da mercanti e marinai, trovò un ambiente perfetto; il suo manto ha le gradazioni del deserto e delle rocce rosse arroventate dal sole. Molti ritengono che l’abissino sia il vero Gatto delle Piramidi. Tratti come il corpo asciutto e muscoloso, le linee decise, le orecchie grandi sono effettivamente riscontrabili nell’iconografia dell’antico egitto. Ma pronunciarsi su epoche tanto remote è una scommessa...per cui veniamo alla storia più recente. Zula, il primo abissino famoso, giunse in Europa al seguito del suo eccentrico padrone (il capitano Barret-Lennard, ufficiale dell’esercito), nel maggio del 1868, tutto sballottato dal viaggio che l’aveva condotto dall’Abissinia in Gran Bretagna. La guerra era finita e i militari inglesi avevano lasciato le trincee polverose dell’Africa alla volta dell’Europa. Zula, apparentemente ben iserito nel nuovo habitat, fu presentato a una mostra felina nel 1874. Gatti come lui venivano chiamati “bunny cats”, per la somiglianza del loro pelo con quello della lepre e dei conigli. Nel 1882 l’Abissino venne riconosciuto come razza, e nell’83 era ben accolto nella grande esposizione del Crystal Palace, a Londra. All’inizio del Novecento la razza rasentò l’estinzione, per via del conflitto mondiale che interruppe bruscamente la selezione. Solo dopo gli anni Trenta la razza ha ripreso a diffondersi, inizialmente in Francia e in America. Proprio in America l’abissino è oggigiorno molto popolare, anche se gli standard Europei lasciano più spazio alla creatività di quanto non facciano quelli statunitensi. L’abissino è un gatto affascinante, attivo ma silenzioso, agile e curioso. Non ama star solo, ma neppure le case troppo affollate. Ha bisogno del suo spazio. Sfoga le sue interminabili energie nel gioco, e nell’esplorazione, ed è spesso insofferente alle lunghe sedute di coccole.




     
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  9. gheagabry
     
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    A scegliere la Festa internazionale del Gatto sono state, nei primi anni 90, le associazioni animaliste.
    Fissata a febbraio xchè è il mese dominato da Urano, il pianeta degli spiriti indipendenti, del genio e della sregolatezza, come l'indole del gatto. E poi è il mese dell'Acquario, segno zodiacale di chi è libero, intuitivo e anticonformista. Proprio come solo il gatto sa essere.
    La spiegazione del giorno 17 è molto più complicata. L'anagramma di questo numero, a caratteri romani, dà "vixi" E solo il gatto, che ha 7 (o nove) vite può dire, da vivo, "ho vissuto". Altra tesi meno enigmistica: il 17 è un numero scaramantico, si può leggere anche 1 e 7, ossia una vita per sette volte, proprio come le sette vite del gatto, nella sua tipica tradizione popolare.
    Secondo un'antica leggenda la nascita del gatto e del suo eterno nemico, il topo, risale ai tempi dell'arca di Noè, in pieno diluvio. In pratica, il patriarca della Bibbia si accorse che i topi minacciavano la dispensa e chiese aiuto al forte e saggio leone. Questi sbuffò, scosse con vigore la sua folta criniera e fece uscire dalle sue narici 2 gatti, maschio e femmina, che risolsero il problema in un baleno. Le prime notizie del gatto domestico risalgono agli Egizi (e va beh, questo lo sapevo anch'io) che gli attribuirono poteri sacri. Fu onorato anche da arabi e cinesi, mentre greci e romani non lo apprezzavano affatto, nel Medioevo poi subì delle vere e proprie persecuzioni. Il gatto è sempre stato legato alla magia, alla superstizione e alla fortuna.
    Per quanto rguarda i gatti neri altro che porta sfortuna! Proteggono dagli spiriti malvagi, almeno stando alle credenze sicule (? boh!) Ecco perchè in Sicilia molti li tengono in casa, proferendo la magica e prodigiosa formula "gatto nero, amico vero!"...





    Preghiera dei gatti

    Signore,
    sono il gatto di casa
    e un amico sincero
    vicino vorrei.
    Ricco o povero,
    bianco o nero,
    anche un po' strano,
    ma Umano "umano"!
    Non ti scordar di mio fratello,
    il gatto libero.
    Fagli trovare un angolino
    perché possa ripararsi
    e un buon bocconcino
    perché possa sfamarsi.
    Non far mancare il solleone
    perché possa riscaldarsi
    e nemmeno l'acquazzone
    perché possa dissetarsi.
    Bastano ogni giorno un bel topino
    e ogni sera un caldo camino
    al gatto di campagna, mio cugino!
    Grazie, infine,
    da tutti quanti noi,
    micetti e micine.
    (Anna Maria Ghibaudo)

     
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  10. gheagabry
     
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    leggenda




    Le nove vite del gatto

    Un vecchio gatto, emerito matematico ma molto distratto e incredibilmente pigro, sonnecchiava all'entrata del tempio. Ogni tanto, socchiudeva un occhio per contare le mosche dei dintorni e ripiombava quasi subito nella sua dolce letargia.
    Shiva passò di là per caso. Meravigliato dalla grazia tutta naturale che l'animale aveva comunque conservato, malgrado la pinguedine accumulata durante i lunghi ozi, il Signore del Mondo gli chiese:
    «Chi sei e che cosa sai fare?».

    Senza nemmeno socchiudere le palpebre, il felino borbottò:
    «Sono un vecchio gatto, molto sapiente, e so contare alla perfezione».
    «Magnifico! E fino a che numero riesci a contare?»
    «Vediamo un po' ... posso contare fino all'infinito!»
    «In questo caso, fammi un piacere. Conta per me, amico mio, conta ... »
    Il gatto si stirò, sbadigliò, poi, con fare scontroso, cominciò:
    «Uno ... due ... tre ... quattro ... ».
    Ogni numero veniva pronunciato con una voce sempre più fioca e vaga. Al sette, il vecchio gatto era quasi addormentato. Al nove, ormai russava, immerso in un sonno beato.
    «Poiché sei capace di contare soltanto fino al nove» decretò il grande Shiva, sovrano delle Sfere celesti, «io ti concedo nove esistenze.» E fu da quel giorno che i gatti ebbero nove vite.
    Ma Shiva, che era anche un raffinato filosofo, meditò a lungo. Il vecchio gatto saggio gli aveva assicurato che sarebbe stato in grado di 'contare fino all'infinito. Certo, si era fermato al numero nove e poi si era addormentato profondamente. Ebbene, il sonno, senza nome, senza forma e senza pensiero logico, non era forse una prefigurazione dell'infinito?
    Allora Shiva completò il suo decreto: al termine delle nove vite, il gatto avrebbe avuto accesso direttamente alla felicità suprema.










    Nel corso della sua prima vita, il gatto deve dedicarsi essenzialmente alla caccia per rendere i suoi denti aguzzi e i suoi artigli ben affilati, deve imparare a correre veloce, ad arrampicarsi sugli alberi più alti e a tenersi in equilibrio su una grondaia. Deve inoltre sviluppare alcune qualità quali 1'astuzia e la malizia, oltre all' arte dell'inganno e della truffa.
    La sua seconda vita è interamente consacrata al riposo: sbadiglia, si stira, sonnecchia, interrompendo le sue abituali attività solo per divorare in un boccone un merlo presuntuoso, un sorcio distratto o un topo malaticcio.
    La sua terza incarnazione è scandita dal rispetto di determinati rituali. Ogni giorno il gatto deve compiere gesti precisi e ripetere pause ben determinate. Deve scegliere il posto che occuperà nel corso del mattino, della sera e poi della notte. Imparare a girare più volte su se stesso, per rendere omaggio ai quattro punti cardinali. Iniziarsi al tracciato degli itinerari che percorrerà. E poi, sopra ogni cosa, deve dedicarsi al rito sofisticato del gioco con le sue prede: dopo averle azzannate, deve far finta di lasciarle scappare, per riacciuffarle in extremis, lasciarle di nuovo libere, il tempo di una fuggevole speranza, per poi riagguantarle, ghermirle ancora ansimanti, tenerle nelle fauci, allargare la stretta, gettarle lontano con un tocco della zampa per balzare subito su di loro e divorarle golosamente - becco, piume, peli, ossa, coda, in un boccone.
    Nella sua quarta esistenza, il gatto fa voto di povertà. Libero e solitario, batte la campagna ed esplora la città, osservando con occhio critico gli uomini, i loro strani costumi, i loro modi aberranti, la loro follia molto spesso suicida. Generalmente, è costretto a mendicare il cibo. In questa vita, pratica assiduamente lo yoga dei gatti, le cui posizioni più note sono: lo stiramento, con zampe in avanti, posteriore alzato e coda in verticale; la schiena ad arco; e l'attesa, con le zampe ripiegate, le pupille semichiuse e un' espressione perfidamente innocente e falsamente indifferente.
    La sua quinta vita si svolge in comunità. Vivendo tra orde di gattacci, più o meno selvatici, elegge il suo domicilio tra le rovine, nei giardini pubblici o nei sotterranei. Questa esperienza di gruppo gli permette di identificarsi in un essere assai singolare, unico e assai poco adatto a frequentare altre creature.
    Nella sua sesta incarnazione; il gatto può essere ormai considerato un saggio, un guru perfetto. Deve allora cercarsi un discepolo tra gli umani. Abitualmente mette gli occhi su un intellettuale, un artista, un bibliotecario oppure su un animo assai romantico e sensibile. Ma a volte, preferisce una nonna ben paffuta e golosa che gli prepara con cura ottimi bocconcini, in una vecchia casa, piena di morbidi cuscini e di angoli bui.
    La settima vita è il momento dei grandi interrogativi. Per esempio, da dove vengono tutti i riflessi che nel corso dell' estate danzano sui muri e come agguantarli? A quale insolente e curiosa creatura appartengono quei fili di lana o quei pezzi di corda che spesso si attorcigliano sul pavimento o sulla moquette? Perché le mosche si accaniscono così tanto a voler passare attraverso i vetri? Perché, a volte, il cielo si mette a tuonare, a tossire e a ruggire come una grossa bestia feroce a cui hanno pestato la coda? Simili enigmi e prodigi finiscono per turbare anche le menti meglio temprate, da cui derivano alcuni brevi eccessi di follia, nel corso dei quali il gatto si mette a saltare sul posto, con il pelo tutto dritto e poi si lancia in una corsa frenetica e caotica. Conclude questa settima vita in uno stato di profonda prostrazione.
    Nel corso dell' ottava esistenza, si avvicina ai simboli fondamentali. Come quello del cerchio formato dal suo cesto. O quello della verticalità, grazie a tutti i soprammobili e a tutti quei piccoli oggetti che si esercita a far cadere dal tavolo o dalla credenza. li simbolo dell' orizzontalità entra in lui grazie a tutte quelle bestiole che spia per intere ore, ventre a terra. E, soprattutto, il simbolo del passaggio da un livello normale della coscienza a un livello superiore: la preziosa gattaiola.
    Nella nona e ultima tappa, il gatto percepisce chiaramente la vanità di tutte le cose e l'irrilevanza di ogni grande interrogativo. Solo allora niente gli sembrerà più importante o più urgente di un buon sonnellino. In pratica, trascorre il suo tempo dormendo e accede così all'illuminazione definitiva.
    Taluni gatti, segnatamente tibetani, scelgono per compassione di continuare il ciclo delle incarnazioni, per poter prodigare i loro insegnamenti a quegli imbecilli degli umani. Vengono chiamati «bodhi-gatti-sattva».




    Da "Racconti che fanno le fusa"
    di Julia Deuley
     
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  11. ZIALAILA
     
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    i poeti subiscono molto il fascino degli animali, in particolare quello dei gatti dai quali traggono spunto e ispirazione. In effetti è molto stretto il legame tra la poesia e i piccoli felini: incantati dalle loro movenze eleganti, dal carattere indipendente, dall'affetto che riescono ad esprimere, grandi poeti di tutti i tempi hanno dedicato versi innamorati al loro animale. Forse anche per via dell'antica credenza che vuole un manoscritto morso da un gatto destinato al successo. Il poeta Aldous Huxley disse ai suoi allievi che gli avevano chiesto il segreto per avere successo in letteratura: "Se volete scrivere, tenete con voi dei gatti". Il nostro Torquato Tasso, grande poeta del '500, scrisse Sonetto per i miei gatti, in cui chiedeva alla sua micia di prestargli gli occhi per poter scrivere anche di notte. Charles Baudelaire, il sulfureo poeta francese autore de I Fiori del male, era un grande amante dei gatti e a questi animali misteriosi e affascinanti ha dedicato molti versi, tutti contenuti nella raccolta Spleen e Ideale



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  12. gheagabry
     
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    Il gatto, uno dei migliori amici dell'uomo

    Dolce ma riservato, intelligente ma non obbediente, autonomo ma bisognoso di cure e di affetto, ama la casa ma anche stare fuori. Domestico ma anche selvatico. Forse per questo spesso non lo capiamo, così continuano a girare sul piccolo felino, dicerie e luoghi comuni che non hanno fondamento scientifico, ecco perché..



    È solitario

    Il gatto, Felis catus, viene definito un animale solitario dagli etologi, gli studiosi del comportamento animale. Questo significa che per sopravvivere non ha bisogno di stare in società, cioè in un gruppo organizzato. Insomma, il gatto selvatico (parente stretto del nostro micio di casa) caccia e vive da solo. A parte il momento dell’accoppiamento. Ma questo, anche in natura, vale soprattutto per i maschi, perché la gatta ha invece dei lunghi periodi di socialità: quali la nascita, l’allevamento e l’educazione dei piccoli.
    I gatti che abitano in città invece, maschi e femmine, vivono in colonie e tra loro hanno rapporti diversificati di amicizia, indifferenza, antipatia, proprio come avviene tra gli esseri umani. Le gatte inoltre, allevano e custodiscono insieme i loro piccoli, in una sorta di asilo nido.
    Il gatto ha quindi bisogno di socialità, di rapporti e di affetto. Per questo se ne parla come di un animale di tipo “relazionale” (ossia bisognoso di rapportarsi agli altri).
    Ci sono naturalmente differenze anche tra loro: esistono gatti più o meno estroversi e più o meno interessati ai propri simili e agli esseri umani. Un po’ dipende dall’”indole” ma molto deriva dalle esperienze che hanno fatto nei primi tempi di vita. In particolare i primi due mesi sono fondamentali, ma in realtà il gatto impara fino al primo anno di vita, quando diventa “maggiorenne”, un giovane adulto. Se in questa fase ha avuto delle buone esperienze, sarà più disponibile a situazioni nuove. Viceversa sarà più “scontroso” e timoroso.
    Ma ci sono anche differenze tra gli esseri umani: alcune persone sono più capaci di relazionarsi ai gatti. Non dimentichiamo che è sempre un rapporto a due.



    E' un opportunista

    Si affeziona alla casa e non al padrone. Questo poteva essere vero quando i gatti venivano impiegati come cacciatori di topi, senza instaurare con essi un legame affettivo. Una volta, come succede ancora in campagna, i gatti vivevano “per i fatti loro”, tornavano a casa di tanto in tanto e occasionalmente venivano nutriti dai proprietari. In questa situazione, il gatto conosceva bene il territorio, l’habitat in cui riusciva a trovare le risorse per sopravvivere, e ovviamente a questo si legava.
    Ma c’è di più, all’idea che il gatto sia opportunista e affezionato solo alla casa, perché lì trova cibo e riparo, hanno contribuito anche gli studi dell’entomologo francese Jean Henri Fabre (1823 – 1915). Nonostante fosse soprattutto uno studioso di insetti, nei suoi libri ha parlato anche di gatti. In alcuni suoi esperimenti – che oggi sarebbero considerati maltrattamenti - portava un gatto lontano da casa, in un’altra abitazione, oppure in mezzo a un bosco. Poi per fargli perdere l’orientamento, lo metteva in un sacco che faceva roteare. E, ogni volta i gatti riuscivano a tornare a casa loro. Ma non certo dal proprietario, secondo qualcuno.
    In realtà, se il gatto è amato e ben trattato, si affeziona tantissimo al suo proprietario e affronta con lui anche viaggi e traslochi (non infilato in un sacco!).



    Non obbedisce

    Certo non si può dire al gatto: “Vai a prendere la pallina” sperando che lo faccia. Come si è detto, in natura il gatto non vive in un gruppo gerarchicamente strutturato, dunque, come specie, non è abituato ad avere dei capi a cui obbedire. Ma questo non significa che non possa imparare a rispondere ad alcune esortazioni. Il “trucco” sta nella relazione, nel dialogo che si è creato con il padrone, nella comprensione reciproca. Per esempio, tutti i gatti capiscono il proprio nome. E, se c’è una buona relazione, dire “Vieni micio, andiamo in camera” diventa un suggerimento a cui il gatto risponde positivamente. Anche suggerirgli “Dai, micio, bravo, scendi di lì”, può ottenere un risultato, mentre non bisogna mai urlargli “Bestiaccia, viene giù”. Può anche obbedire al richiamo “Pss pss, mmcc mmccc”, ma se non lo si chiama continuamente e senza motivo. Un altro “comando”
    importante è “Attento!”, da usare nelle situazioni di pericolo.



    Si cura da solo

    Che fosse capace di autocurarsi forse era vero fino a 40-50 anni fa, nel senso che non c’erano altre possibilità e il gatto o si “curava da solo” o moriva. Ma negli ultimi dieci anni la medicina veterinaria ha fatto passi da gigante, in particolare nei riguardi dei piccoli felini di casa. Ora esistono strumenti diagnostici, farmaci, operazioni chirurgiche, integratori alimentari, per risolvere moltissimi problemi di salute. Anche molte patologie una volta imputate alla vecchiaia sono curabili (il che non significa guaribili).



    Cade sempre in piedi e non si fa male

    Il gatto è un carnivoro predatore molto efficiente, ma anche lui ha dei limiti. È vero che quando precipita dall’alto ha la tendenza a riequilibrarsi in modo da cadere sulle quattro zampe, anche grazie alla coda che funziona da “timone”, ma purtroppo questa abilità non sempre è sufficiente a evitare cadute rovinose e conseguenti traumi. Curiosi e audaci spesso cadono da balconi e finestre. E, se atterrano su superfici dure, come sul cemento, si possono far male, anche molto, per esempio si possono fratturare le ossa (gambe, bacino). Bisogna dunque recuperarli - di solito si spaventano e si nascondono - e portarli dal veterinario per curarli. Molta attenzione bisogna fare quando sono piccoli, se cadono da una balcone o da una finestra è difficile che riescano a sopravvivere.



    Fa le fusa quando è contento

    Il gatto fa le fusa per comunicare uno stato di benessere, di soddisfazione, è vero. Si tratta di un comportamento precocissimo, i micini già da neonati con le fusa dicono alla madre di stare bene, e la gatta contraccambia, in un concerto di “ron ron”. Questo sistema di comunicazione infantile permane per tutta la vita, il gatto quando è contento fa le fusa, che non sono sempre uguali, hanno sfumature e vibrazioni diverse a seconda degli individui e delle situazioni. Tuttavia non sono sempre segno di contentezza. In momenti tragici, di forte sofferenza o persino prima di morire, il gatto fa le fusa. Come per consolarsi, per attenuare il dolore e rilassarsi. Gli amanti dei gatti e gli studiosi ipotizzano che alle fusa sia collegato un rilascio di endorfine, molecole organiche che producono una sensazione di benessere. Una sorta di antidolorifico naturale. Che comunque non esclude assolutamente l’uso di farmaci contro il dolore, prescritti dal veterinario.




    Il gatto panettiere

    Molti gatti “fanno la pasta” sul padrone o sui suoi maglioni. Premono e stantuffano ritmicamente con le zampine anteriori, anche quando pesano otto chili e le zampe sono diventate enormi e piene di unghie. Più raramente, alcuni, nello stesso tempo, succhiano la lana indossata dal proprietario o il suo lobo auricolare come se fosse un capezzolo. È un comportamento che arriva dalla prima infanzia, il micino fa questo gesto sulle mammelle della madre per sollecitare l’arrivo del latte. Spesso sono i gatti tolti troppo precocemente dalla madre ad avere questo atteggiamento, ma non è così automatico. Ci sono anche gatti che hanno avuto un rapporto normale ed equilibrato con la madre ma continuano a “impastare” tutta la vita.




    I gatti preferiscono le donne (e viceversa)

    Per il gatto, il rapporto fondamentale è quello con la madre. Si potrebbe dire che questo è valido per tutti i mammiferi. Ma i gatti, nel seguito della loro vita, non avranno un branco organizzato con le sue regole e non andranno a scuola. È dalla madre che ricevono cibo, affetto ed educazione. È la gatta che insegna come comportarsi, come cacciare, cosa mangiare e chi considerare amico. Insomma, i micini apprendono dalla madre quelle che saranno poi le loro “tradizioni culturali”. E a questo rapporto primario, torna il gatto quando chiede qualcosa agli umani. Torna ad essere il bambino che fa le richieste alla mamma, un cucciolo affamato che chiede cibo e affetto (e le due cose non sono poi così diverse) e a questo richiamo è molto più facile che risponda una femmina piuttosto che un maschio. Dall'altra parte abbiamo la donna, indiscutibilmente sensibile ai richiami infantili, alla richiesta di cibo e di accudimento. Ed ecco che le due esigenze si incontrano: un eterno bambino che chiede, anche se pesa otto chili ed ha la forza di una tigre e una "mamma" pronta a nutrire e accudire.

    Anna Mannucci
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  13. ZIALAILA
     
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    Il gatto - Di Apollinaire

    Io mi auguro di avere in casa mia:
    una donna provvista di prudenza,
    un gatto a passeggio fra i libri,
    e in tutte le stagioni amici
    di cui non posso far senza.


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  14. ZIALAILA
     
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    Il Gatto nell'arte


    Pittura

    La prima rappresentazione pittorica non poteva non risalire agli egizi, che con i loro dipinti funerari dedicati al gatto ci hanno messo a conoscenza di quanta importanza aveva quest'ultimo per loro.




    Con i greci invece non andò benissimo, dato che la loro fierezza non si conciliava con l'istinto ribelle del gatto. Di conseguenza, le rappresentazioni feline scarseggiano.

    Al contrario, i romani raffiguravano il gatto su scudi e stendardi proprio per il suo carattere indipendente e predatorio.

    Anche sotto il cristianesimo le rappresentazioni furono numerose, ma questa volta in senso negativo visto che tendevano a far apparire il gatto come un essere diabolico, malvagio, simbolo del peccato.

    La rivalutazione giunse insieme al genio di Leonardo da Vinci che arrivò a definire "un capolavoro" il piccolo felino. A lui dedicò studi in cui lo raffigura nei suoi atteggiamenti abituali: di lotta, di gioco, di caccia, di pulizia personale.
    Alla fine del 1500 il gatto era totalmente riabilitato, era tornato ad essere un animale domestico e casalingo. La caratteristica più sfruttata a livello pittorico fu quella di essere ladro.

    L'ingresso nell'arte moderna fu un trionfo: Manet, Toulouse-Lautrec, Renoir, Gouguin, dedicarono al gatto uno spazio sulle loro tele. Anche un grande esponente dell'arte contemporanea come Andy Warhol non si dimenticò del nostro felino.



    Letteratura

    Con il suo fascino il gatto è da sempre fonte di ispirazione per letterati di ogni genere: Esopo, Fedro, Cicerone, Plinio il Vecchio, Erodoto, solo per citare i primi.
    Ma come non raccontare di Petrarca, il quale pretese che alla sua morte il suo gatto fosse soppresso, imbalsamato e tumulato in una preziosa nicchia sulla quale si può leggere:"secondo solo a Laura"!
    Torquato Tasso non fu da meno dedicando, ormai cieco e morente, un sonetto alla sua gattina chiedendogli di illuminare il foglio con i suoi luminosi occhi.
    Victor Hugo era talmente grato al suo gatto che arrivò a costruire, per lui, un comodo trono.
    Gattofili illustri furono anche Sartre, Prèvert, Dickens, Neruda, Hemingway; è il gatto il migliore amico dello scrittore.

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    IL GATTO DI MANET


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    DONNA CON GATTO DI RENOIR

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    MIMI E IL SUO GATTO DI GAUGUIN
     
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  15. ZIALAILA
     
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    Per i gattofili cattolici e anche per curiosità, segnaliamo la Santa protettrice dei felini e dei viaggiatori, ma soprattutto anti-topi e ratti ...sarà per questo che la leggenda la vuole pro-gatti? Si tratta di Santa Gertrude di Nivelles, badessa mistica e visionaria belga morta nel 659, a 33 anni. Il culto di Gertrude è diffuso soprattutto nei Paesi Bassi e in Inghilterra. La sua festa si avvicina, è il 17 marzo.



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94 replies since 16/5/2010, 17:01   42655 views
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