CE PIACENO LI POLLI..L’ABBACCHIO E LE GALLINE..PERCHE’ SO SENZA SPINE..LE TRADIZIONI ROMANE ...

Lunedì 15 Marzo 2010

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Lunedì ... inizia una nuova settimana sulla mongolfiera dell’Isola Felice ... nessun luogo più di Roma, che trasuda storia da ogni sua pietra, può raccontare le sue origini attraverso le tradizioni ... come in ogni altro luogo d’Italia oggi racconteremo Roma usando i profumi, i colori della propria storia e della propria tradizione ... mi viene in mente al riguardo una breve storia scritta in dialetto ... La grattachecca ... Vicino a Ponte Garibaldi c'è un grattacheccaro che te prepara certe grattachecche in modo raro. Abbasta che je chiedi che gusto preferisci, te riempie er bicchiere de tutti gusti misti. C'è un giovanotto simpatico e veloce, me sembra che ce sia er gusto de noce. Allora quanno hai sete e te voi rinfrescatte, l'unico posto è questo senza addannatte.Sto chiosco sta qui da quasi cent'anni e ha tirato avanti tra gioie e affanni;ha sempre fatto tanti gusti de granatine, e quanno è estate ce trovi sempre file. Assieme a lui ho visto 'na bella signora, è la nonna da tanto lei lì lavora. Te riempieno er bicchiere de ghiaccio colorato e quanno tu l'assaggi te senti ristorato ... e già la grattachecca ... la granatina ... Buon risveglio amici miei ... oggi Roma ci mostrerà le proprie tradizioni...”

    (Claudio)



    CE PIACENO LI POLLI..L’ABBACCHIO E LE GALLINE..PERCHE’ SO SENZA SPINE..LE TRADIZIONI ROMANE ...



    “A Capena, ogni 13 gennaio, prima dell'alba, viene arso un grosso ciocco di quercia. Quando le fiamme si spengono ed il legno arde di brace, tutti gli abitanti del paese accendono una sigaretta sul tizzone ardente…. questo rito, che ha antichissime radici, ha un valore propiziatorio ed è seguito dalla benedizione degli animali e dalla sfilata dei cavalli della zona, tutti addobbati con colori vivaci…..Sempre a Capena, il 13 ed il 14 agosto avviene un incontro particolare. In questi due giorni i portatori più forti del paese caricano sulle loro possenti spalle le statue della Madonna delle Grazie e di San Salvatore e si muovono lungo le strade del paese, secondo percorsi distinti, puntando verso il luogo dell'incontro. Giunti alla meta, da lati opposti, appena si intravedono iniziano a correre velocemente gli uni contro gli altri, facendo fortemente inclinare le due immagini sacre, finché congiuntisi si sciolgono in un fortissimo abbraccio, tra tripudio generale, applausi, lacrime e fuochi d'artificio.”

    “INFIORATE. La loro origine risale addirittura al 1625 quando il 29 Giugno, per le celebrazioni della festività dei Santi Pietro e Paolo, patroni della Città Eterna, vennero esposte queste magnifiche realizzazioni in Vaticano. Le infiorate sono letteralmente opere d’arte realizzate con petali di fiori sminuzzati, raffigurazioni sacre in cui le parti colorate dei fiori vengono utilizzate al posto dei pennelli e delle tempere….le infiorate vengono generalmente realizzate sul percorso che la processione seguirà, quindi queste vere e proprie opere d’arte fragili ed effimere, poiché in poche ore vengono sfaldate dal vento, hanno il fine di accompagnare il corpo del Signore nel suo cammino tra la folla… bellissime infiorate di Genzano, Bolsena, Genazzano.”

    “Camerata Nuova …Una delle più famose è la “Sagra della Braciola” durante la quale vengono distribuite braciole di castrato arrostite sulla brace con il nobile intento di rievocare nei cuori dei commensali il tragico evento che segnò la vita del borgo vecchio.”

    “Arsoli.. la “Festa della Birra” che ha reso famoso il paese soprattutto agli abitanti delle zone limitrofe… in onore di questa manifestazione che tanto attrae il popolo giovanile, non può non essere citata la frase incisa sulla pietra di una fontana di campagna che dice: “Il tempo ci fucila ogni giorno, l’acqua ogni giorno ci rinnova” che, magari, con qualche “modifica” può ben rappresentare lo spirito goliardico e ludico con il quale viene organizzata e vissuta questa splendida festa di paese.”

    “Riofreddo … la festa del vino denominata “In Vino Veritas” che si svolge nel mese di settembre e durante la quale, grazie all’apertura di molti stand eno-gastronomici, si ha la possibilità di degustare sei tipologie diverse dei vini della regione laziale e, grazie alle band spesso invitate dagli abitanti del borgo, si può ascoltare dell’ottima musica all’aria aperta, sotto uno splendido cielo stellato.”

    “Ariccia.. attenzione: l’atmosfera decisamente bucolica è un’arma a doppio taglio per chi intende perdere peso. Dovrete fare i conti con ciò che vi aspetta a tavola per il pranzo nelle caratteristiche fiaschette…il piatto tipico di Ariccia è la mitica porchetta… ci sono piccole trattorie in cui abbuffarsi con la cucina tipica laziale, annaffiando il tutto “cor vino de li Castelli”, come recita il celebre stornello popolare.”

    “Dovete dimostrare a qualcuno di essere perfettamente sinceri?..Allora recatevi presso la chiesa di Santa Maria in Cosmedin, in piazza della Bocca della Verità, infilate una mano nella bocca della verità, sulla sinistra del portico, e ripetete quello per cui vi accusano di mentire. Se direte menzogne la vostra mano verrà tranciata di netto, altrimenti avrete dato un'inconfutabile prova della vostra buona fede…Si narra che nel medioevo la bocca della verità venisse usata realmente per dissuadere i bugiardi, che erano puniti da un boia nascosto dietro la parete forata…. si racconta che al giudizio della bocca della verità fu sottoposta una nobildonna accusata d'adulterio dal marito. Accadde che mentre ella, affranta dallo sdegno, si avvicinava tra due ali di folla al mascherone di pietra, d'improvviso un ragazzo le si lanciò contro baciandola caldamente….Di fronte all'indignazione generale, lui si giustificò dicendo di non aver resistito dal porgere cristianamente un tributo ad una povera fanciulla sicuramente innocente; la donna, dal canto suo, infilata la mano nella fessura della roccia, dichiarò: "Giuro che nessun uomo, tranne mio marito ed il giovane che or ora mi ha baciato, mi ha mai toccato!". Riconosciuta innocente per aver avuto la mano salva venne quindi scagionata. Furbezza e malizia della donna romana che davanti a tutti era stata baciata dal suo amante!”

    “…. in via dei Portoghesi, vicino piazza Navona, sotto l'antico Palazzo Scappucci…Narra la leggenda che a palazzo il padrone di casa tenesse come animale da compagnia e a mo' di vezzo una scimmia ammaestrata. Un giorno questa, forse gelosa del neonato figlio del nobile, rapì dalla culla il pargolo e lo portò piangente in cima alla torre, rifugiandosi nella zona più inaccessibile. La balia e la servitù provarono in tutti i modi a recuperare il bambino, ma ogni tentativo andò fallito e alla povera gente non rimase che invocare disperatamente l'aiuto della Vergine. Arrivato che fu, il papà del piccolo richiamò la scimmia col fischio usuale e questa, docilmente, riportò giù, sano e salvo, l'infante. Da quel giorno il palazzo è definito "palazzo della scimmia" e sulla torre un lume splende sempre dinanzi a un'edicola dedicata alla Madonna.”

    “Dietro piazza Navona, nella piazzetta omonima del rione Parione, all'angolo di Palazzo Braschi, sta ritorta e consunta dalle chiacchiere e dal tempo la statua di Pasquino…era la voce dello sberleffo e della satira, crudele e spietatissimo, pronto a mettere alla berlina potenti e porporati! All'antico torso greco, trovato nell'area in cui attualmente sorge palazzo Braschi, il nome Pasquino venne dato casualmente e fin dal 1500 invalse l'uso, frutto della necessità popolare di dare sfogo al risentimento contro i soprusi, d'attaccarvi biglietti satirici e provocatori alla base…Nonostante l'origine delle pasquinate fosse questa, la fantasia popolare, alimentata da tanti scrittori che costruirono sull'origine di Pasquino un'epopea di storie, diede vita ad una serie di leggende, tra le quali si impose quella di un Pasquino sarto, bottegaio di Parione, dalla lingua tagliente e puntuta come le sue forbici e i suoi aghi, che, a lavorare le vesti papali, veniva a conoscenza delle sozzure della corte e non riusciva proprio a tenerle per sé! A Pasquino diedero voce, nei secoli, grandi e piccoli spiriti caustici, non ultimo il poeta Trilussa…………"Quel che non fecero i barbari fecero i Barberini". La celebre pasquinata si diffuse sotto Urbano VIII in seguito alla decisione del papa di rimuovere il rivestimento di bronzo del Pantheon per realizzare le quattro colonne tortili del baldacchino di San Pietro e per fortificare Castel Sant'Angelo con 80 cannoni, in occasione del Giubileo del 1625.”

    “Festa di Pasquino…Roma ha molte statue “parlanti” ossia statue sulle quali di notte il popolo romano era solito affiggere lettere di proteste contro i soprusi e le immoralità del Papa. Ricordiamo le statue di Marforio, Babuino, Abate Luigi, Madama Lucrezia ma quella che è festeggiata ancora oggi con grande entusiasmo è la statua di Pasquino. La festa si svolse per la prima volta il 25 aprile del 1508 in occasione della festa di San Marco Evangelista. I giovani studenti ed i docenti dell’Archiginnasio della Sapienza ogni anno erano soliti addobbare la statua di Pasquino con una maschera mitologica che si addiceva al tema sul quale vertevano gli epigrammi composti per la festa. In quel periodo gli epigrammi erano ben accetti dal Pontefice perché non veniva denigrato, negli anni successivi ( fino al 1870, anno della caduta del potere pontificio) però i versi divennero mordaci e quindi temuti soprattutto dal clero”

    “Nel '400 a Roma si diffuse la festa del Carnevale romano, introdotto dal Papa Paolo II Barbo.La festa ogni anno vede la partecipazione di tutto il popolo romano, grandi e piccini, pieni di colori, che con giochi e tante maschere che ricordano i personaggi famosi del passato e dell'oggi….Le maschere romanesche … Cassandrino, Meo Patacca, Rugantino “
    “Nei pressi di piazzale Flaminio, in quel tratto delle mura definito "muro Torto", un cedimento strutturale nel V secolo d.C. diede origine ad una breccia…L'apertura nel secolo successivo non fu mai chiusa perché la tradizione popolare voleva che fosse difesa da San Pietro e per questo gli operai si rifiutavano di lavorarvi. ..Di fatto, quando i Goti tentarono di penetrare dentro Roma, non provarono mai a passare dalla famosa breccia e la fede nella leggenda si fece ancor più forte nel cuore della gente.”

    “Il biglietto da visita di michelangelo…Mentre eseguiva i suoi famosissimi affreschi nella villa della Farnesina, Raffaello, notoriamente assai geloso del proprio lavoro, aveva impartito severe disposizioni affinché nessun estraneo si avvicinasse. Ma un giorno, durante una temporanea assenza del "focoso" Urbinate, che si doveva "incontrare" con una delle sue preferite ammiratrici, il furbo Michelangelo, venuto a conoscenza della "tresca" e dell'orario abituale, eludendo la sorveglianza del custode, salì sull'impalcatura e riuscì ad ammirare con tutta tranquillità il lavoro del rivale. Poi, preso un pezzo di carbone, disegnò in una lunetta una bellissima testa di putto ed uscì senza esser visto. Al suo rientro Raffaello notò ovviamente il piccolo capolavoro e vi riconobbe subito la mano di Michelangelo; ma anziché rimproverare il custode e cancellare il prezioso disegno, come qualcuno gli suggeriva, riconoscendone onestamente l'alto valore, decise di lasciarlo intatto. Fin qui la leggenda. E' certo, comunque, che un disegno a carbone, di chiaro stile michelangiolesco, esiste e ancor oggi si ammira nella nona lunetta della parete sinistra di una delle sale più artisticamente importanti della Farnesina (e forse proprio la più preziosa): la stanza detta della Galatea. Ma l'opera non appartiene al genio di Michelangelo. Gli studiosi hanno riconosciuto che si tratta di una magnifica prova d'affresco dovuta all'arte di Baldassarre Peruzzi.”

    “Una strana e anacronistica leggenda narra che un giorno il duca Mattei, avendo perduto al gioco l'intero patrimonio, volle stupire il suo futuro suocero, il quale, venuto a conoscenza della cosa, rifiutava di dargli in moglie la sua bella e ricca figliola. E volle stupirlo dimostrandogli di essere, nonostante tutto, sempre un gran signore. Fece quindi realizzare nello spazio di una sola notte (!) quel magnifico gioiello che è la fontana delle Tartarughe che si ammira, appunto, in piazza Mattei.
    Il giorno successivo, convocati a palazzo padre e figlia per un "chiarimento", li fece ambedue affacciare ad una finestra da cui si poteva godere il meraviglioso spettacolo della fontana perfettamente funzionante, dicendo loro: "Ecco che cosa è capace di realizzare in poche ore uno squattrinato Mattei!". Seguirono naturalmente le scuse e la conferma del matrimonio. Ma perché nessuno potesse più affacciarvisi e a ricordo di quel giorno memorabile, il giovane duca ordinò di murare la finestra. E così è rimasta fino ai nostri giorni…Il fatto strano è che la fontana venne eseguita nel 1585 su disegno di Giacomo della Porta (gli efebi in bronzo sono dello scultore fiorentino Taddeo Landini), mentre il palazzo Mattei fu costruito, su progetto di Carlo Maderno, solo nel 1616. E qui la leggenda si arricchisce del particolare: la bellissima fontana, allora sconosciuta, sarebbe stata realizzata per il giardino privato di un palazzo principesco; il duca Mattei si sarebbe quindi limitato a chiederla in prestito ad un amico. E il trasferimento provvisorio, divenuto misteriosamente definitivo, avvenne proprio in quella fatidica notte.”

    “Sempre allo stesso tavolo d'angolo della medesima trattoria di via Sardegna, sedeva quasi tutte le sere, negli anni Cinquanta, un "barbone" straniero che parlava discretamente l'italiano e al quale l'oste non proponeva mai vini in bottiglia né piatti speciali; lo accontentava, cioè, soltanto con povere cose; ed anzi, poiché si trattava di cliente abituale assai modestamente vestito, gli faceva anche un po' di sconto…Una sera un giornalista romano notando nell'osteria la presenza del "barbone" e sembrandogli assurdo come egli fosse sistematicamente ignorato dal personale, si avvicinò all'oste, suo amico, e gli disse: "Ma tu sai chi hai l'onore di avere in sala? Ernest Hemingway, un grande scrittore americano, autore di "Addio alle armi" e di tanti altri libri, un milionario… premio Nobel per la letteratura…"…L'oste si precipitò al tavolino d'angolo e così si rivolse allo straniero: "Lo sa che lei mi deve almeno centomila lire?". "E perché?", fece lo scrittore. "Perché io non l'avevo riconosciuto e le facevo i prezzi ridotti perché credevo che fosse un poveraccio… Invece lei è Hemingway… te ne freghi!…". E l'americano calmo e tranquillo: "Ti preco, amico, non cretere favola miei milioni. Portami invece altro quirtino…".Fino a qualche decennio addietro l'oste mostrava ancora orgogliosamente il tavolino d'angolo dove negli anni Cinquanta sedeva con molta modestia il grande scrittore americano.”

    “Assaporare i piatti tipici di una città come Roma è immedesimarsi del tutto, anche se per poco tempo, nello stile e nella tradizione culinaria romana…Ricette storiche e famose in tutto il mondo si potranno così conoscere appieno, gustare nella loro essenza. Ed il ricordo di un viaggio a Roma sarà più completo, più reale, poiché ai piaceri della vista dovuti alle magnificienze dei monumenti si aggiungono quelli del palato, grazie a piatti indimenticabili come gli spaghetti alla carbonara, i bucatini all'amatriciana, la coda alla vaccinara, i carciofi alla romana, le fave col pecorino, senza contare i ben noti vini dei Castelli Romani ad innaffiare primi e secondi piatti degni del migliore degli appetiti.”

    “… una cucina che nasce "povera" … sono le frattaglie alla base dei famosissimi "rigatoni alla pajata”…tra i piatti di carne …i "saltimbocca alla romana", la "trippa" e il pollo con pomodori e peperoni… l'abbacchio al forno accompagnato dalle "puntarelle con acciughe” ..o è l'abbacchio "allo scottadito" …. i "carciofi alla giudia", che derivano dalla cucina di tradizione ebraica… i pomodori ripieni di riso…Gli "gnocchi alla romana" - tipici del giovedì -, fatti con il semolino, e la "pasta e ceci"… gli "spaghetti alla carrettiera" che derivano il nome dal fatto che erano il piatto tipico dei carrettieri che portavano a Roma l'altrettanto oggi famoso "vino dei Castelli", vino che fa da ingrediente fondamentale per la cottura di molti secondi piatti come, ad esempio, lo "stufatino alla romana"….. le "lumache alla romana", che si preparano nella notte di San Giovanni…..i formaggi sono tutti derivati dal latte di pecora ed accanto alla caciotta romana, alla ricotta romana e al canestrato, abbiamo il famosissimo "pecorino", dal sapore piccante, usato per i primi piatti, ma anche come formaggio da tavola accompagnato dalle fave…..Tra i dolci tipici della tradizione culinaria romana, oltre al Pangiallo, le frappe, le castagnole, non si può dimenticare il "maritozzo" accompagnato da panna fresca.”







    Edited by loveoverall - 11/3/2011, 03:06
     
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