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Camerano
Camerano (Camburan, in dialetto gallo-marchigiano) è un comune italiano di 7.295 abitanti della provincia di Ancona nelle Marche.
Il comune ha un'area di 19.81 km² e contiene le frazioni Aspio Terme, Colle Lauro e San Germano. Nel 2010 la vecchia stazione ferroviaria di Aspio Terme sulla linea Ancona - Pescara, dismessa molti anni fa, è stata ristrutturata per la riapertura, grazie anche ad alcuni investimenti privati.
L'area del sottosuolo di Camerano è interessata da una fitta serie di gallerie, cave e cunicoli scavati nell'arenaria e spesso con pareti e soffitti decorati con fregi e simboli religiosi. Gli studiosi ne ipotizzano un uso antico abitativo o rituale. Quest'area ipogea è stata utilizzata durante la seconda guerra mondiale come rifugio antiaereo dalla popolazione locale.
Storia
I reperti archeologici hanno riportato notizie di un primo insediamento umano sul colle sin dall’epoca neolitica (III millennio a. C.). In contrada Fontevecchia, alla periferia nord-ovest dell’abitato del paese, gli scavi della Soprintendenza Archeologica di Ancona hanno riportato in luce nel 1968 uno stanziamento con materiali di tipo subappenninico, mentre in contrada S.Giovanni sono stati rinvenuti successivamente resti di insediamenti del neolitico e dell’età del bronzo.
Nonostante questo si potrebbe dire che Camerano nacque come villaggio di capanne sulla sommità di una "gradina" nel periodo Piceno. A testimonianza di questo una necropoli portata alla luce dagli scavi compiuti nei secoli successivi, che hanno restituito più di cento tombe Picene databili dall’XI al III sec. a.C., nella forma tipica della sepoltura ad inumazione distesa. Il materiale rinvenuto è conservato nel Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona; alcuni reperti di origine celtica, greca e picena, invece, sono custoditi in loco presso l’Antiquarium Comunale.
Durante il periodo romano il centro abitato diminuì la sua importanza e la gente si disperse nelle campagne, mentre, in epoca medioevale, si manifestò una rinascita dello stesso, che portò all’attuale configurazione del centro storico.
La più antica fonte documentaria medievale che sembra riguardare Camerano è quella del "Codice Bavaro" (Liber Traditionum Ecclesiae Ravennatis), della seconda metà del X secolo, dove si fa riferimento al monastero femminile di Santa Maria e Sant’Agata, all’interno della diocesi di Numana e che sembrava essere situato a Camerano nella zona circostante all’attuale chiesa di S. Francesco. Altre fonti documentarie importanti sono due privilegi pontifici del 1177 e del 1183 dove viene nominato il paese come «Castro Camurani» , da riconoscere quindi come un vero e proprio castrum medievale. Nel 1198 Camerano figurava, per la prima volta, come comune indipendente e appartenente alla lega di comuni creata per contrastare Marcovaldo inviato da Enrico VI. Nel 1212 a Camerano figuravano anche due consoli: Bernardo Ionathe e Stefano Marchi, chiari segnali di un breve periodo in cui il paese fu libero comune, prima di finire nel periodo successivo sotto il controllo della più grande Città di Ancona, diventando uno dei circa venti castelli di Ancona, ed aveva il compito di difendere l'area del Conero, insieme ai castelli di Varano, Poggio, Massignano, Sirolo. Sulla rupe del "Sassone" sorse probabilmente quello che fu il primo castello o borgo fortificato.
Dal 1797 al 1798 subì l'occupazione dei napoleonici e, in seguito, tra il 1815 e il 1819, il comune affrontò un periodo di grave carestia.
Camerano venne annesso al Regno d'Italia nel 1860 dopo la battaglia di Castelfidardo. Dopo la seconda guerra mondiale e l'occupazione tedesca del 1943, il comune fu liberato dagli alleati nel 1944; è durante questo periodo che le labirintiche grotte furono adibite a rifugio per la popolazione contro i bombardamenti.
L'organizzazione urbanistica rimase pressoché invariata fino agli inizi del secolo XIX il paese quando cominciarono ad espandersi nuove zone abitative come la "Piana" (via Garibaldi) e la "Speranza" (via Loretana), oltre al nucleo storico rappresentato dal "Borgo" (via G. Leopardi e via Cavallotti).
Agli inizi del Novecento incominciò a svilupparsi l'artigianato che caratterizza tutt'ora la vita economica del paese; intorno al 1940 in seguito anche all'incremento demografico l’area urbana si estese lungo via Loretana e nella contrada San Giovanni. Negli anni ‘60, Camerano conobbe un vero e proprio boom economico e si trasformò in centro industriale, con la costituzione di numerose imprese artigiane e industriali soprattutto nel settore degli strumenti musicali e, più tardi, della lavorazione del legno, dei metalli, della plastica, dell'abbigliamento e della produzione di vino, il Rosso Conero, che rendono ancora oggi famoso ovunque il nome di Camerano.
Curiosità
foto:.lifemarche.net
Nel 2012 la trasmissione televisiva Mistero in onda su Italia 1 si è recata a Camerano per mostrare la cripta murata sotto l'altare della chiesa di San Francesco, nonché il noto "buco del diavolo", un lungo cunicolo con volta a botte percorribile per circa 200 metri, probabilmente utilizzato come acquedotto.
fonte:wikipedia.org
foto: marchecitta.it
foto;.panoramio.com
Palazzo Comunale di Camerano
L’attuale Palazzo Comunale, oggi sede del Comune di Camerano, fu ex Convento dei Padri Minori Conventuali. Venne costruito nel 1788, su progetto di fra Domenico Frezzini, in seguito all’ampliamento del preesistente convento annesso alla trecentesca chiesa di S. Francesco dopo il rifacimento della stessa nel 1759.
Con l’avvento della Rivoluzione Francese, l’edificio fu requisito e divenne proprietà dell’Appannaggio del principe di Beauharnais: quindi, dopo il 1815, fu acquistato dal Comune di Camerano.
Gravemente danneggiato dal sisma del 1972, l’edificio fu interamente restaurato e dal 1997 il Comune vi riportò la propria sede. Oggi, il Palazzo, visitabile al pubblico, ospita delle piccole raccolte museali di fisarmoniche d’epoca e di reperti archeologici soprattutto della civiltà picena, un consistente materiale formato da riproduzioni fotografiche del pittore Carlo Maratti, nonché alcuni interessanti dipinti sui santi protettori del paese.
Dalle ampie e luminose vetrate dell’edificio è possibile ammirare un suggestivo panorama che si estende dal Monte Conero fino ai Monti Sibillini.
Civica raccolta museale
All’interno del Palazzo Comunale, è costituita la civica raccolta denominata “Maratti”, che riunisce il materiale esistente, di proprietà comunale, riguardante il suo illustre concittadino: il pittore Carlo Maratti (1625-1713). La raccolta comprende: il ritratto dell’artista, di autore ignoto; alcune incisioni originali del Maratti, parte delle quali reperite sul mercato antiquario newyorkese dalla signora Rinaldina Russell Gaudioso e da questa donate al Comune; riproduzioni fotografiche in bianco e nero di opere dell’artista; lo stemma acquerellato del Cav. Maratti; alcune riproduzioni fotografiche a colori in formato naturale delle tele firmate dal maestro e quelle della sua scuola esistenti nelle Marche; un busto in gesso raffigurante l’artista; il bozzetto in gesso del monumento dedicato al Maratti e poi realizzato nel 1913 a Piazza Roma dall’artista Vittorio Morelli; il sipario del teatro Maratti e il suo bozzetto, ad opera di Ettore Ballarini che li realizzò sempre nel 1913.
Sipario del Teatro Maratti
foto:cronacheanconetane.it/
Il Sipario del teatro “Maratti” è stato realizzato su bozzetto firmato dal pittore Ettore Ballarini (Camerano, 1868 – Roma, 1942) nel 1913 in occasione delle celebrazioni per il bicentenario della morte di Carlo Maratti. Rappresenta l’allegoria dell’Agricoltura e della Pittura. L’Agricoltura, figura femminile ritratta a sinistra, presenta il giovane Maratti alla Pittura, la figura a destra classicamente panneggiata, che gli fa dono di una tavolozza con i colori e di un pennello; strumenti indispensabili allo svolgimento della incipiente attività artistica. Sullo sfondo, visto dalla campagna di San Germano, alto sul colle, è riconoscibile il paese di Camerano, città natale di Maratti.
Raccolta Fisarmoniche d'epoca
All’interno del Palazzo Comunale è costituita, altresì, una piccola raccolta di 14 fisarmoniche d’epoca, databili tra il 1850 e il 1934, realizzate da ditte locali. La pregiata fattura e la raffinatezza degli elementi decorativi in celluloide e madreperla denotano l’elevata qualità realizzativa in modo particolare degli strumenti realizzati dalla Ditta “Scandalli” che, durante gli anni ‘50 e ‘60, portarono il nome di Camerano a primeggiare nel mondo, grazie alle felici intuizioni del suo fondatore Silvio Scandalli, come quella del famoso modello Super VI, a tutt’oggi insuperato per livelli tecnici e fonici.
informazioni tratte da: www.turismocamerano.it/index.php?lingua=it
Foto di Enrico Matteucci
Giardino MANCINFORTE
L’origine dello spazio sembra assai antica (secolo IX) poiché una loggia inserita fra le strutture perimetrali sembra aver fatto parte di un convento dedicato alle Sante Maria e Agata; si può forse supporre che l´origine dello spazio verde sia nell´orto conventuale che doveva sorgere nel complesso.
Nel secolo XIX La famiglia Mancinforte Sperelli è venuta in possesso del complesso in seguito alle nozze di Giulio Mancinforte con Teresa Galvani Serafini ultima erede del patrimonio Serafini (famiglia presente nel territorio di Camerano già nel XVI secolo).
Nel 1884 si ha un restauro del palazzo e del giardino, ad opera dell´ing. Sandro De Bosis, con creazione di un romantico complesso di aiuole dalle forme rotondeggianti e sinuose che si dispiegavano sull´intera superficie.
L´aspetto attuale del giardino (di proprietà privata e non visitabile nei percorsi turistici), in pieno stile all´italiana, si deve alla marchesa Gabriella Mancinforte Milesi che nel 1935 diede vita alla composizione secondo forme neostoriche: statue neo-classiche in terracotta a rappresentazione delle stagioni, sono situate in una geometria di aiuole, il tutto circondato da logge e portici coperti da edere e rampicanti fioriti. Il giardino era direttamente collegato con il bosco, un tempo proprietà della famiglia Mancinforte.
Chiesa
DELLA MADONNA DELLA SPERANZA
Secondo le più antiche ed attendibili notizie storiche la chiesetta sarebbe stata costruita dalla Comunità di Camerano in un rendimento di grazie alla Beatissima Vergine Maria per aver liberato il Paese dalla peste nell´anno 1424. Inoltre nella chiesetta sarebbe esistita una campana, oggi scomparsa, con la seguente scritta: «MENTEM SANCTAM. SPONTANEUM HONOREM DEO. 1424. PATRIAE LlBERATIONEM» . Un manoscritto, ora perduto ed un tempo conservato nella Biblioteca dei Padri Conventuali presso la Chiesa di S. Francesco, tra le altre memorie, avrebbe fatto menzione della costruzione di questa chiesa e della peste cessata in Camerano il 2 luglio 1424, dopo alcuni mesi di morbo. A questo evento era collegata la annuale processione che, per pubblico voto, si faceva appunto in quel giorno sino alla chiesa in argomento, ove si cantava un solenne "Te Deum" ed il Comune offriva più libbre di cera. Questa solennità annuale era detta volgarmente "della Visitazione". Da notizie attinte da documenti presso il locale archivio parrocchiale, l’attuale chiesa sarebbe stata ricostruita nel 1872 a destra della strada sulla quale sorgeva, essendo la primitiva molto deteriorata e rimasta sotto il livello della nuova via. La strada, era quella che conduceva da Camerano a Loreto e si chiamava allora via Flaminia. Si tratta di una costruzione ottocentesca in blocchi di arenaria alternati a file di mattoni. La facciata, in mattoni, presenta un portale ed una finestra ottagonale, entrambi in pietra, di fattura più antica ed in stile rinascimentale presumibilmente provenienti dalla primitiva chiesetta del 1424, demolita e ricostruita sul Iato opposto della strada. Sul tetto, spiovente a "capanna" con copertura a coppi, si erge un campanile a vela con una piccola campana. Il locale della sagrestia, ricavato posteriormente all´abside, ha il tetto più basso rispetto a quello della chiesa. L´interno è intonacato a calce ed il soffitto è a botte. Il pavimento è in cotto d´epoca e presenta al centro un ornamento in marmo policromo di forma stella re, contenuto in una figura poligonale. A destra, entrando, è collocata un´acquasantiera in pietra a forma di conchiglia; sulla parete destra una porta cieca dello stesso tipo di quella d´ingresso. L´altare, ottocentesco, è di tipo tradizionale con piedistalli in cotto d´epoca. Sopra l´altare, e addossata al culmine dell´abside semicircolare, sta una riproduzione dell´antico quadro della Madonna della Speranza, ora custodito nella chiesa parrocchiale. E´ racchiuso in una cornice barocca in finto marmo e legno con colonne e capitelli corinzi. Ai lati dell´altare due porticine, chiuse da tende di panno rosso, immettono nel piccolo locale adibito a sagrestia, illuminato da due finestre a forma di mezzaluna. Sulla parete sinistra si apre una porta simmetrica a quella cieca e nello stesso stile. Alle pareti, sopra le tre porte, vi sono altrettanti quadri a stampa, rappresentanti la Madonna del Carmelo con Santi, d´epoca, e una Santa Rita e una Santa Teresa del Bambin Gesù più recenti.
Chiesa DI SAN APOLLINARE
Quest’antichissima chiesa, sorta entro il perimetro del castello originario, esistette intorno al Mille tra i beni della Chiesa ravennate del cosiddetto «fundo Larciniano» , come si evince dai contratti enfiteutici riportati nel Codice Bavaro. Eretta da paolo V ad abbazia laicale agli inizi del XVII secolo, la chiesa, pur rimanendo sotto la giurisdizione del vescovo di Ravenna, fu concessa alla nobile famiglia romana dei principi Borghesi, dai quali passò poi in proprietà dei Marchesi Bruti di Ripatransone. Questi vi tennero per un certo tempo un cappellano di loro nomina e vi fecero celebrare periodicamente delle messe, ma poi l’edificio cominciò a cadere in abbandono.
Divenuta col tempo cadente e minacciando rovina furono, a cura dell’Arciprete Donzelli, ritirati gli oggetti sacri: pietra sacra, alcuni vecchi reliquari, arredi sacri e campana. Di quest’ultima si sa che è finita a varano mentre degli altri arredi, compresa una lapide, non si è trovata più traccia.
Passato in proprietà al Comune e divenuto pericolante, l’edificio fu abbattuto e inopportunamente trasformato in mercato pubblico a metà degli anni ’50 del secolo XX. Dell’antica chiesa oggi non restano visibili che alcune tracce del campanile sulla fiancata dell’attuale sede del mercato comunale.
Secondo una diffusa tradizione orale, S. Apollinare è considerata la chiesa più antica di Camerano. Testimonianze verbali, risalenti all’inizio del secolo scorso, descrivono l’interno di essa decorato da affreschi e con il residuo di antichi abbellimenti di tipo barocco. Molte persone ricordano l’esistenza di una lapide contenente un’epigrafe»
foto:comune.camerano.an.it
Chiesa DI SAN FRANCESCO
Una antica tradizione vuole che sia stata fondata con l´attiguo convento dei Minori dallo stesso San Francesco presente nel 1215 ad Ancona e Sirolo in occasione del suo viaggio in Oriente. Il Bollario Francescano ed altre fonti storiche indicano esistente questa chiesa nel 1292 e menzionano una lapide, ora irreperibile, un tempo visibile sul muro interno dell´edificio «a cornu epistolae» (cioè a destra) con questa epigrafe: + MCCXXX IIII ID VIII. Probabilmente la data del 1230 si riferisce all´anno in cui furono completati i lavori della chiesa originaria. le fonti storiche affermano che la chiesa ed il convento di San Francesco di Camerano sono sorti sull´area già occupata da un più antico monastero di monache presumibilmente lo stesso che, sotto il titolo di Santa Maria e Sant´Agata Martire, è menzionato dal Codice Bavaro relativo alle concessioni enfiteutiche nella zona tra i secoli VII e X. Attualmente all´interno della chiesa è conservata una lapide gotica con la seguente epigrafe: «In nomine domini amen anno domini MCCCXXXI tempore domini Ioannis Papae XXII» . Originariamente collocata sopra la porta dell´ex convento, questa iscrizione si riferisce molto probabilmente alla riedificazione del convento stesso sui resti del precedente monastero di Santa Agata. Da un’antica pergamena rinvenuta sotto l´altare maggiore si conosce che il 14 luglio 1437 la chiesa fu consacrata dal Vescovo Pietro Giustiniani dell´Ordine dei Predicatori con il premesso di mons. Giovanni Caffarelli Vescovo di Ancona.
Nel 1759 la chiesa fu completamente ristrutturata su disegno dell´architetto Francesco Ciaraffoni e dell´edificio originario non rimase che il portale in pietra. Tra il 1763 ed il 1769 fu ampliato il convento su disegno di fra Domenico Frezzini dei Minori di Ancona, assistito dai padri Francesco Marchetti e Andrea Ottaviani. Il nuovo convento ebbe breve vita: chiuso durante l´occupazione francese, i suoi beni passarono al cosiddetto Appannaggio del Vicerè d´Italia Eugenio di Beauharnais e poi al Comune che utilizzò l´edificio come sua sede a partire dalla metà del XIX secolo. Dopo la partenza dei frati Minori da Camerano, la chiesa di San Francesco continuò ad essere officiata, prima da due frati detti "Minimi" rimasti nel paese presso abitazioni private (padre Lucesole e padre Anzelotti) e poi dai sacerdoti della chiesa parrocchiale. Danneggiata dagli eventi bellici del 1944, la chiesa fu riaperta al culto, per interessamento dell´allora parroco Don Giulio Giacconi, il 29 agosto 1959. La cuspide che sovrasta il campanile fu aggiunta nel 1957 a cura del comm. Silvio Scandalli. Attualmente l´edificio, di proprietà del Comune, pur essendo saltuariamente officiato, è sede di periodiche manifestazioni culturali quali mostre e concerti.
La chiesa è a pianta rettangolare con abside ellittica dietro l´altare maggiore, presenta quattro altari laterali, due su ciascuna navata. La volta è a botte e l´interno decorato con stucchi a scagliola, colonne sormontate da capitelli corinzi e motivi ornamentali tipici dello stile settecentesco.
Quadri contenuti all´interno della Chiesa:
Adorazione dei Pastori - E. Van Schayck, 1600.
Sant´Antonio - della scuola del Pomarancio, 1628.
San Francesco - Marco Vannetti, XVIII sec.
Traslazione della S. Casa – Francesco Fasolilli, XVIII sec.
Crocifissione – anonimo, scuola romana del XVIII sec.
fonte:.turismocamerano.it
Osimo
« [...] quei tramonti, quei culori
del celo, de la tera fino a Ancona
Che è un bucchè stracarico de fiori
Quant'è i paesi che je fa curona.
Quessa è l'Osimo nostra. E no' saremo
Senza Testa, a sentì quelli de fora?
Làsseli dì! Se qui ce rimanemo,
È segno che ce l'émo più de lora! »
(Monsignor Carlo Grillantini dal sonetto Osimo è bello...)
Osimo è un comune italiano di 34.715 abitanti della provincia di Ancona nelle Marche.
Comune di superficie medio-grande, Osimo si estende su un territorio collinare. Il suo centro storico sorge su due colline affiancate, la più alta delle quali, su cui sorge il Duomo della città, si chiama Gòmero. L'avvallamento fra le due colline, un tempo visibile nella linea del centro storico, è stato pareggiato sempre più ad ogni rifacimento del manto.
Il terreno è abbastanza fertile e favorisce l'agricoltura. A circa 3 km scorre il fiume Musone. A poca distanza si trova anche la costa adriatica, con Portonovo ed i comuni di Sirolo e Numana. Le stazioni sciistiche più vicine si trovano a circa 100 km nel comune di Ussita.
Appena fuori le mura del centro storico di Osimo sono riconoscibili due quartieri:
Borgo San Giacomo, a nord-ovest di Osimo;
Borgo Guarnieri (prima detto Filello): situato a sud del centro storico, appena fuori porta Musone. Il Borgo è costituito da una serie di casette un tempo tutte uguali, fatte costruire nel Cinquecento dalla nobile famiglia Guarnieri per le persone addette al suo servizio.
Le origini del nome
Attualmente esistono due ipotesi sull'origine del toponimo "Osimo". Alcuni storici, tra i quali il Grillantini, sostengono che il nome derivi dal termine greco "αὑξάνω", confermato poi dal latino "augeo" e poiché i due verbi hanno il signioficato di accrescere, gli studiosi ritengono che Osimo debba significare "accrescimento", intendendo così quel fenomeno per cui una località, grazie alla sua favorevole posizione geografica, subisce nel tempo uno sviluppo dal punto di vista urbanistico, economico, sociale e culturale.
Secondo l'altra ipotesi, sostenuta da storici quali il tedesco Radke e Gino Vinicio Gentili[5], il toponimo avrebbe un'origine umbro-sabina (quindi legata alle genti picene), analoga al celtico "Uxama", che significa "alta", "elevata": il nome starebbe pertanto ad indicare la posizione geografica su cui sorge l'abitato, che un tempo si presentava molto più scoscesa e di difficile accesso rispetto ad oggi.
Nel dialetto locale di campagna la città si chiama Òsemo (o Òsemu); oggi gli osimani e gli abitanti della zona la chiamano comunemente Òsimo.
Le testimonianze archeologiche più antiche attestate nel territorio di Osimo provengono dalla bassa valle del fiume Musone e del suo affluente di destra Fiumicello: si tratta di numerosi oggetti di selce scheggiati, ritrovati unitamente con ossa di animali e corna di cervo, che si datano al Paleolitico superiore (40.000-12.000 anni fa). Nel IX secolo a.C. sul colle di Osimo e sull'altura di Monte S. Pietro si stanziarono i Piceni, che diedero vita a due insediamenti distinti con relative necropoli.
Con la battaglia di Sentinum (odierna Sassoferrato) del 295 a.C., i Romani iniziarono la conquista del Piceno, coinvolgendo anche Osimo: nel 174 a.C. si ha testimonianza, attraverso un passo dello storico Livio, che i censori Q. Fulvius Flaccus e A. Postumius Albinus appaltarono le mura urbiche e decisero la costruzione di tabernae (botteghe) attorno al foro. Considerata l'inespugnabilità dell'abitato e la sua posizione centrale rispetto l'area picena, i Romani decisero inoltre, nel 157 a.C., di dedurvi una colonia, iscrivendone i cittadini nella tribù Velina.
In età altomedievale, la città continuò a rivestire grande importanza all'interno del Piceno. il suo ruolo strategico è messo in evidenzia dal fatto che vi si svolsero alcuni momenti importanti della guerra detta "greco-gotica" (535-553), ovvero quella parte della complessa campagna militare attraverso cui l'imperatore romano d'Oriente Giustiniano volle riaffermare la presenza imperiale nel Mediterraneo occidentale. Nel 727-728 la città fu conquistata dai Longobardi guidati dal re Liutprando, che ne fece, insieme ad Ancona, due ducati direttamente alle sue dipendenze, e poli nevralgici per il controllo delle mire espansionistiche del Duca di Spoleto.
Sacrario dei partigiani (Cimitero maggiore)
Nel 774 il re longobardo Desiderio minaccia papa Adriano I, che chiede aiuto al re dei Franchi Carlo Magno, il quale sconfigge il nemico ed annette i territori longobardi al regno franco: inoltre, tenendo fede alla promessa del padre Pipino, dona l'Esarcato e la Pentapoli (al cui interno rientra Osimo) al papa, territori che andranno poi a formare il nucleo del nascente Stato della Chiesa.
Agli inizi del XII secolo la città fu una della prime a diventare libero comune, acquisendo grande importanza all'interno della Marca: durante il lungo periodo di lotta tra Guelfi e Ghibellini, Osimo si trovò spesso a parteggiare per i secondi, gesto che gli costò caro visto che perse la cattedra vescovile per ben due volte: la prima intorno alla metà del Duecento e la seconda nella prima metà del XIV secolo, a seguito della rivolta dei fratelli Lippaccio e Andrea Gozzolini, in occasione della quale fu anche privata del titolo di città. Questo indebolì molto Osimo, che andò incontro ad un lungo periodo di instabilità, durante il quale fu sottoposta al dominio di signorie straniere: i Malatesta di Rimini (1399-1430), inviati direttamente dal papa, e poi il condottiero Francesco Sforza (1433-1443), mandato da Filippo Maria Visconti, duca di Milano, per indebolire il potere papale. Negli anni 1486 e 1487 la città fu presa dal capitano di ventura Boccolino di Guzzone, che la dovette poi cedere alle truppe alleate del papa.
Dal 1500 circa, la città tornò definitivamente sotto lo Stato Pontificio, godendo di un lungo periodo di pace e prosperità che ha lasciato molte tracce, come i meravigliosi palazzi che abbelliscono il centro storico. Fu anche fervente centro culturale, grazie all'istituzione del Collegio Campana, che richiamò illustri insegnanti ed allievi, divenuti poi famosi, come i papi Leone XII e Pio VIII.
Durante l'occupazione napoleonica, Osimo fu sottomessa dai francesi ed entrò a far parte del Dipartimento del Musone: venne poi restaurato il Governo Pontificio, che ebbe vita breve perché ben presto molti abitanti, guidati dal conte Francesco Fiorenzi, imbracciarono le armi e combatterono per l'indipendenza dell'Italia nella famosa battaglia di Castelfidardo (18 settembre 1860).
Dopo i bombardamenti di Ancona dell'ottobre 1943, Osimo assunse il ruolo di capoluogo di regione in quanto tutti gli uffici statali vennero trasferiti in città fino alla sua capitolazione. Osimo venne liberata dai partigiani della V div. Garibaldi Marche il 6 luglio 1944 ma la dura Battaglia del Musone durò fino al 18 luglio successivo. Secondo il generale polacco Anders la battaglia che dipanò nelle campagne tra Osimo e Filottrano fu la più cruenta per l'esercito polacco dopo quella di Montecassino. L'abbattimento della Linea difensiva tedesca "Edith" lungo il fiume Musone permise l'occupazione del porto di Ancona, cosa questa che accelerò l'assalto alla Linea Gotica trovandola impreparata.
Il 10 novembre 1975 vi fu firmato il cosiddetto Trattato di Osimo che sanciva la cessione della Zona B dell'ex Territorio libero di Trieste, ovvero dell'Istria nord-occidentale alla Jugoslavia; oggi in parte alla Slovenia e in parte alla Croazia.
Il 16 settembre 2006 Osimo ed alcuni comuni limitrofi, in particolare le frazioni di Aspio ed Osimo Stazione sono stati colpiti da una alluvione che ha causato ingenti danni alle industrie del luogo.
Nel 2014 Osimo è stato sede della mostra "Da Rubens a Maratta" a cura di Vittorio Sgarbi.
Monumenti e luoghi d'interesse
Duomo di San Leopardo. Dalla piazza del Comune, salendo per la via dell'Antica Rocca (conosciuta ad Osimo come la Costa del Domo), si arriva sulla sommità del colle Gòmero, sul quale sorge la Cattedrale di San Leopardo (più semplicemente chiamata Duomo), uno degli esempi più belli di architettura romanico-gotica delle Marche.
L'originaria struttura, edificata a cavallo tra XII e XIII secolo, subì varie modifiche nel corso del tempo, senza mai perdere l'antica austerità, che si riflette ancora oggi nell'esterno (arricchito dal grande rosone e dai pregevoli portali in pietra) e nel maestoso interno a tre navate. All'interno della cattedrale è visitabile anche la cripta, costruita nel 1191 da Mastro Filippo, in cui sono custoditi i sarcofagi con le reliquie dei primi martiri (Sisinnio, Fiorenzo e Diocleziano, lapidati l'11 maggio 304 d.C. sotto l'imperatore Diocleziano) e dei santi vescovi osimani. Sempre all'interno è conservato presso la seconda Cappella a sinistra, Il Cristo in Pietà del Guido Reni. Nella prima cappella a destra, realizzata dall'architetto Costantini (autore della chiesa neogotica di Campocavallo), vi è un grande crocifisso ligneo del XII secolo, probabilmente gnostico, con la singolare caratteristica del Cristo di apparire a seconda della luce in forma maschile (faretto diretto) o in quella femminile (senza faretto con il lucernario a mezzogiorno). Adiacente alla cattedrale si trova il Battistero: l'edificio, di origine quattrocentesca, venne sottoposto a restauri agli inizi del Seicento per volere del vescovo Galamini. Degni di nota il pregevole soffitto a cassettoni lignei, opera dell'artista Antonio Sarti di Jesi, e il fonte battesimale in bronzo creato dai fratelli Pier Paolo e Tarquinio Jacometti di Recanati nella prima metà del XVII secolo.
Basilica di San Giuseppe da Copertino.
La basilica, situata dietro la principale piazza del centro, conserva al suo interno le spoglie di San Giuseppe da Copertino, patrono di Osimo e santo protettore degli studenti. La chiesa era inizialmente intitolata a San Francesco d'Assisi; venne costruita, infatti, poco dopo la visita del santo in città, avvenuta nel 1220. Solo nella seconda metà del XVIII secolo, in occasione della canonizzazione di frate Giuseppe, si è cambiata la titolazione della chiesa. L'interno della struttura è stato allora totalmente rinnovato, conservando solo all'esterno l'austera semplicità dell'originario stile romanico-gotico. All'interno della basilica è possibile visitare la cripta (dove è custodito il corpo del santo) e le stanze, oggi adibite a museo, dove San Giuseppe trascorse gli ultimi anni di vita.
Inoltre, nel secondo altare di sinistra si conserva una mirabile Madonna col Bambino e Santi di Antonio Solario (1503).
foto:luoghimisteriosi.it
Chiesa di San Marco, situata nei pressi della Porta Vaccaro (accesso orientale al centro storico), è l'unica testimonianza di un complesso conventuale edificato agli inizi del XIV secolo, poi modificato nel corso del XV secolo dai frati domenicani. Il fastoso interno barocco, a navata unica, custodisce una solenne pala d'altare raffigurante la Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina da Siena, opera del Guercino. Sul secondo altare della parete sinistra si conserva l'unico frammento della chiesa antica: uno stupendo affresco rappresentante la Madonna col Bambino tra San Domenico e San Pietro martire, realizzato negli anni venti del Quattrocento da Pietro di Domenico da Montepulciano.
Chiesa di San Filippo. Nei pressi dei giardini pubblici di Piazza Nuova si trova la piazza San Filippo, dove sorgono l'omonima chiesa in stile barocco ed il Palazzo della nobile famiglia Acqua.
foto:santuariocampocavallo.com
Il Santuario della Vergine Addolorata di Campocavallo è situato a circa tre chilometri da Osimo in direzione sud, nella frazione omonima; la chiesa, in laterizio, di stile neo-rinascimentale lombardo, fu costruita nel 1893 per volere di Don Giovanni Sorbellini su progetto di Costantino Costantini e venne consacrata nel 1905. Venne dedicata alla Vergine Addolorata in seguito ad un prodigio avvenuto nel 1892.
Architetture
Palazzo Comunale. Il complesso del palazzo comunale è costituito da tre corpi distinti, edificati in varie epoche. L'edificio principale, che si affaccia sulla Piazza del Comune, presenta una facciata in cotto rosso movimentata da tre piani di finestre incorniciate entro elementi in pietra (opera dell'architetto militare Pompeo Floriani di Macerata). I lavori per la costruzione durarono a lungo: una delibera dell'8 agosto 1457 evidenzia la volontà dell'amministrazione di voler realizzare una nuova sede, ma verrà completata solo nel 1678.
Torre Civica comunale
Accanto al lato orientale del palazzo svetta la torre civica, di epoca duecentesca e acquistata dal Comune nel 1366: l'altezza attuale risale ad una modifica del 1538. Alla base, costituita da uno zoccolo in pietra che riutilizza materiale lapideo preso da precedenti costruzioni, si apre una porticina sopra la quale sono visibili le misure in ferro del braccio, del coppo e del mattone, affisse nel XVIII secolo. L'ultimo corpo ad essere realizzato è quello rivolto verso Piazza Boccolino: la struttura venne costruita in seguito alla demolizione del Palazzo del Governatore e della chiesa di Santa Maria della Piazza, detta della Morte perché vi aveva sede la confraternita omonima, che aveva il compito di accompagnare in chiesa le salme di coloro che morivano in città e di assistere i condannati a morte nelle ultime ore di vita. La parte più interessante del complesso comunale è senz'altro l'atrio, dove ha sede il Lapidarium: la raccolta comprende statue, epigrafi, bassorilievi di epoca romana ed elementi architettonici provenienti da edifici medievali e rinascimentali. Le sculture, che rappresentano personaggi romani in toga e in seminudità eroica, hanno tutte la particolarità di essere acefale: questa loro caratteristica ha dato luogo ad un nomignolo attribuito agli abitanti di Osimo, chiamati appunto "i Senza Testa". All'interno dell'atrio sono conservati anche pezzi d'artiglieria, tra cui una bombarda quattrocentesca, varie palle in pietra ed un carro militare della prima guerra mondiale: la bombarda, il cui originale è conservato oggi al Museo Storico Nazionale dell'Artiglieria di Torino, è chiamata "Misbaba", mentre in dialetto "Cannò de Figo".
Palazzo Campana
Palazzo Campana. L'imponente edificio, un tempo di proprietà della nobile famiglia Campana (estintasi alla fine del XVII secolo), nel 1718 venne destinato a sede di Collegio e Seminario, comportando una serie di modifiche alla struttura originaria. La notevole fama raggiunta dall'Istituto (vi studiarono anche i futuri papi Leone XII e Pio VIII e il triumviro della Repubblica Romana Aurelio Saffi), costrinse la curia a prendere in esame progetti di ampliamento, che furono affidati ad Andrea Vici, allievo di Luigi Vanvitelli. Nel nuovo corpo di fabbrica, edificato sul lato occidentale dell'originario edificio, il Vici ideò ed eseguì su tre piani il teatrino, il refettorio e la cappella, seguendo un identico disegno di forma ellittica.
Oggi il palazzo è sede dell'Istituto Campana per l'Istruzione Permanente; nell'ala ovest sono inoltre ospitati la Biblioteca Comunale "Francesco Cini" e l'Archivio Storico Comunale. Nell'ala orientale dell'edificio, in locali già adibiti a granaio e forno, è situato il Museo Civico (inaugurato nel 2000), ampliamento dell'originaria Civica Raccolta d'Arte del 1980. Nel 2002, all'interno di alcune sale attigue alla cappella ideata dal Vici, è stata inaugurata la Sezione Archeologica del Museo Civico.
Palazzo Gallo
Palazzo Gallo. L'edificio, situato lungo il corso principale della città, venne fatto costruire come residenza privata da Antonio Maria Gallo, vescovo della diocesi di Osimo, nel primo ventennio del XVII secolo. La facciata si presenta a tre piani, contrassegnati ognuno da undici grandi finestre ornate da cornici in pietra d'Istria e alla cui base corre una fascia di pietra con funzione di marcapiano. Il piano nobile si compone di varie sale, tra le quali spicca il salone dei ricevimenti, il cui soffitto è stato affrescato da Cristoforo Roncalli (detto il Pomarancio) nel 1614. L'affresco, che copre l'intera superficie della volta, è suddiviso in riquadri incorniciati in stucco bianco e oro zecchino, ornati da candelabri con teste di putti a rilievo: nello spazio centrale è raffigurato il Giudizio di Salomone, compreso tra due grandi figure allegoriche (la Sapienza Umana e la Sapienza Divina). Oggi il palazzo è sede dell'Unicredit.
Fonte Magna, il cui nome è attribuito al passaggio di Pompeo Magno ad Osimo durante la guerra civile contro Cesare, in realtà deve il suo appellativo al fatto di essere una delle più importanti fonti di approvvigionamento idrico della città. La fonte riveste grande importanza nel panorama archeologico marchigiano, in quanto è uno dei pochi monumenti citati da fonti storiche: Procopio di Cesarea nel suo De Bello Gothico[8] ne dà un'accurata descrizione, narrando come l'architettura fosse al centro della tattica utilizzata da Belisario (comandante dei Bizantini) che voleva espugnare la città allora in mano ai Goti.
La struttura, come si presenta oggi, è composta da un tratto di muro in calcestruzzo, che presenta a varie altezze incavi probabilmente destinati all'alloggio della decorazione o del sistema portante della copertura; a fianco due vasche, una più alta ed una più bassa con la parte sommitale inclinata come lavatoio, probabilmente realizzate nel XIV secolo. A lato delle vasche sono collocati sei gradini, affiancati, in posizione più elevata, da una struttura interpretata come pozzo. Fonta Magna appartiene ad una delle tipologie più frequenti di fontane monumentali: quelle ad esedra semicircolare; con ogni probabilità aveva una copertura a volta e decorazioni architettoniche all'interno. Dallo studio del tipo di opera cementizia utilizzata nella realizzazione, la fonte si può datare tra I secolo a.C. e il I secolo d.C.
foto:comune.osimo.an.it/
Il Teatro la nuova Fenice fu costruito tra il 1773 e il 1785 su progetto di Cosimo Morelli (1733-1812). Abbattuto nel 1885 per ragioni statiche, venne rifatto tra il 1887 e il 1892, su disegno di Gaetano Canedi (1836-1889). Sede di importanti stagioni liriche e di prosa, rappresentazioni di concerti, balletti, oggi il teatro splende come un tempo.
Le Grotte. Il sottosuolo di Osimo è percorso da una fitta rete di gallerie, cunicoli ed ambienti sotterranei scavati a più livelli, spesso collegati tra loro verticalmente mediante pozzi o camini percorribili tramite tacche o pedarole. Scarse sono le fonti scritte e rari i documenti che contengono notizie di tali grotte che pure costituiscono una notevole realtà storica. Questo incomprensibile silenzio si deve probabilmente a ragioni di segretezza derivanti dalla necessità di salvaguardare nascondigli e vie di fuga indispensabili alla difesa e alla sopravvivenza di un'intera comunità in situazioni di pericolo e di emergenza.
L'uso di queste cavità è comunque riconducibile a quattro principali tipologie individuate secondo le loro diverse caratteristiche: si riconoscono infatti grotte realizzate per scopi difensivi riconoscibili lungo tutta la rete ipogea, cunicoli idraulici a servizio di cisterne e fonti, ambienti particolari costituiti da sale circolari presumibilmente frequentate per scopi rituali o come luoghi di riunione, ed infine grotte che rivelano tracce di uso abitativo presenti soprattutto nel versante meridionale del colle nei pressi di Porta Musone. Molteplici e differenti sono le rappresentazioni che si ritrovano all'interno delle grotte: dai bassorilievi di carattere religioso custoditi all'interno delle Grotte del Cantinone, ai simboli legati alla presenza dei cavalieri Templari e del Sovrano Militare Ordine di Malta, come la "triplice cinta" e la croce a otto punte, visibili all'interno delle Grotte Simonetti. Un caso a sé costituiscono le grotte sottostanti Palazzo Campana: all'interno si trovano infatti due gallerie le cui pareti e volte sono piene di bassorilievi con allegorie di significato esoterico.
Antica precettoria templare di SAN FILIPPO DE PLANO (fraz. Casenuove). Il sito è attualmente adibito ad agriturist. Nel Medioevo, l'Ordine Templare vi si stanziò nel 1167 e lo tenne fino al 1317, anno in cui passò in proprietà all'Ordine di Malta (cfr. "Cabreo dei beni della Commanderia di San Filippo e Giacomo di Osimo"). Fu il più importante stanziamento templare della Marca Anconitana (cfr. Gabriele Petromilli: "I Templari della Marca Centrale. Storia, Mito, Iniziazione". Edizioni Aratron, 1983)
La Gironda è una scultura collocata al centro della rotatoria Mindolo; è alta più di 9 metri ed è lavorata in bronzo e ferro corten. Venne realizzata dallo scultore ed ex avvocato Franco Torcianti tra il 2006 e il 2007. Presenta alla sommità due figure femminili che sembrano aprire in volo un portale decorato con cuspidi e sbalzi.
Architetture miliari
foto:http://members.xoom.virgilio.it/
Porta San Giacomo era l'ingresso settentrionale alla città. La struttura, incorporata nella Rocca Pontelliana (fatta realizzare da papa Innocenzo VIII nel 1487), presenta sui conci dell'arco la scritta "Vetus Auximum".
Porta Musone
Porta Musone. Situata lungo il tratto meridionale delle mura, in età medievale era denominata "Caldararia" per la presenza nella zona di alcune botteghe di calderai e stagnai. La struttura alla base presenta elementi romani (grandi blocchi di arenaria, con cui sono state realizzate anche le mura urbiche), su cui in epoca medievale è stato appoggiato un torrione di difesa. L'arco, anticamente, costituiva l'ingresso in città dalla diramazione della via Flaminia (la strada consolare che collegava Roma a Rimini attraverso Fano) che, staccandosi dal percorso principale all'altezza di Nuceria Camellaria (Nocera Umbra), conduceva fino ad Ancona passando proprio per Osimo.
Porta Vaccaro si apre sul lato orientale della cinta muraria. Probabilmente il nome deriva dal fatto che, in un luogo poco distante, si svolgeva un tempo il mercato bovino. In origine la struttura era formata da un solo fornice, poi nel 1937 venne ampliata con l'aggiunta ai lati di due passaggi pedonali: per questo motivo oggi la porta è comunemente detta "Tre archi".
Ville d'epoca
Il territorio osimano è incredibilmente ricco di ville patrizie, casini di caccia e residenze estive nobiliari. Fra queste le principali sono villa Briganti-Bellini, villa Bigatti (già Frampolli), villa Blasi, villa Borromei, villa Leopardi-Dittaiuti (a Monte Santo Pietro), villa Egidi, villa Fiorenzi (a Monte Cerno), villa Frampolli, villa Gallo, villa Honorati, villa Montegallo, villa Nappi, villa Orsi Fagioli (Cont'Orsi), villa Santa Paolina, villa Simonetti, villa Sinibaldi e villa ex Zoppi.
foto:comune.osimo.an.it
LA VILLA DI MONTEGALLO
Un altro nucleo importante della frazione San Biagio attorno al quale si sono svolti alcuni dei momenti più significativi della vita sociale e religiosa della comunità è stato quello della Villa di Montegallo, da cui prende il nome una buona parte del territorio della frazione.
La Villa, di grande valore architettonico, situata lungo la strada che porta ad Offagna, è sicuramente una delle più rinomate del territorio provinciale di Ancona.
Da circa trent'anni è proprietà del Conti Bonaccorsi di Macerata, dopo essere appartenuta ai Conti Soderini e ancor prima ai Carafa D'Adria.
Fin dall'inizio del XIII secolo sul luogo della Villa sorgeva una casa, appartenuta anche al bellicoso Capitano di ventura Boccollno di Guzzone, che partecipò alla famosa "Battaglia del porco."
Attraverso varie vicende, l'edificio passò poi in proprietà agli Armellini di Perugia, ai Bentivoglio di Gubbio e ai Franciolini di Jesi, finchè nel 1592 fu venduta al Cardinale Antonio Maria Gallo, che diede il nome alla Villa, elevata poi a Contea nel 1759 da Papa Clemente XIII.
I discendenti del Cardinale, già a partire dal 1750, diedero, inizio ad ampi lavori di restauro e abbellimento che si intensificarono tra il 1784 e il 1789.
Tali trasformazioni, consistenti nell'aggiunta di quattro ali avanzate a forma leggermente concava e perfettamente uguali, permisero, sul fronte della dimora, lo snodarsi di una ricca scalinata, prospiciente una graziosa aiuola circolare, mentre sul retro, la costruzione di una ampia terrazza con loggiato sottostante, che si affaccia su un giardino all'italiana.
A ricordo del completamento del detti lavori, venne posta sul frontone della Villa una lapide con questa scritta: "Comes Bernardinus Gallus A.D. MDCCXCII" cioè: "il conte Bernardino Gallo nell'anno del Signore 1792."
Lo stile architettonico è di gusto barocco e qualcuno ha avanzato l'ipotesi che si tratti di una prova effettuata da allievi del celebre Vanvitelli.
Nell'ambito della Villa c'è una chiesetta di stile settecentesco, attorno alla quale per tanti anni si è svolta la vita religiosa del contadini abitanti la zona.
In detta cappella, vennero, con grande partecipazione di popolo, ripetute tutte le feste più significative già celebrate nella chiesa parrocchiale di San Biagio, inoltre vi fu celebrata tutte le domeniche la Santa Messa.
La piccola chiesa, dedicata al monaco benedettino San Gallo Abate, (morto a San Gallo, in Svizzera, città fondata dal suddetto il 16 ottobre 646) è di forma circolare, con un unico altare e venne costruita a spese del conte Gallo, verso la fine del secolo XVIII, su disegno di Andrea Vici (1744 - 1815).
La scelta del Santo abate come titolare di questa chiesetta non si deve alla devozione dei fedeli, poichè in quelle parti San Gallo è sconosciuto, ma ad una combinazione di parole. Cosi abbiamo: Gallo il monte, Gallo il proprietario della villa e chiesa, Gallo il Santo titolare del piccolo tempio.
fonte: comune.osimo.an.it
VILLA SINIBALDI
- L'impianto dell'edificio risale al Settecento
- Nei primi anni del Novecento Giuseppe Sinibaldi in occasione delle suo nozze fa delle modifiche al corpo centrali e fa costruire due nuove ali laterali adibite rispettivamente a limonaia e scuderia insieme alle due torrette.
- Nel 1819 Gaetano Sinibaldi acquista per 11.000 scudi dal Conte Nappi Manuele la casa utilizzata come casino di caccia e circa cinquanta ettari di terreno.
fonte: beniculturali.marche.it
Villa Fiorenzi
L'edificio sorge ove in origine vi era il Castello di Castelbaldo, distrutto nel 1203. Nel maggio 1571 mons. Teodosio Fiorenzi provvide ad ampliare la residenza pastorale eseguendo notevoli lavori che lo videro per questo premiato da papa Pio V, di cui era segretario, con il titolo di conte di Montecerno ed abate di San Ubado, con diritto esclusivo di proprietà della zona.; intero bene - costruzione - secolo XVI - XVI ; L'edificio viene ristrutturato ed ampliato nella parte a mezzogiorno attorno al 1780/85, tali lavori compresero anche le stalle e le dipendenze.; intero bene - ristrutturazione - secolo XVIII - XVIII ; L'edificio attorno al 1935 venne ristrutturato, venne realizzata la loggia posteriore collegata alla sala della biblioteca, anch'essa modificata. I lavori furono commissionati dal conte Dino Fiorenzi.; intero bene - ristrutturazione - secolo XX - XX
fonte: http://sirpac.cultura.marche.it/
Musei
Museo diocesano
Il Museo diocesano, allestito all'interno degli antichi appartamenti episcopali, raccoglie una serie di testimonianze che ben illustrano la storia della comunità osimana dall'epoca romana fino ai giorni nostri. Sono esposte opere di vario genere: dai manufatti marmorei di epoca medievale (come la lastra tombale di San Vitaliano dell'VIII secolo e il meraviglioso schienale di cattedra episcopale del XIII secolo) a dipinti di varie epoche, tra cui il polittico del 1418 attribuito a Pietro di Domenico da Montepulciano e una Madonna con Bambino e Santi realizzata nel 1585 da Simone De Magistris. Una sezione a parte è dedicata al cosiddetto "tesoro" della cattedrale, che raccoglie paramenti liturgici e argenti appartenuti ai vari vescovi: una menzione particolare merita il Reliquiario della Santa Croce attribuito a Gian Lorenzo Bernini, che secondo la tradizione conterrebbe una scheggia della Croce del Signore.
Museo civico
Nel 1980 venne inaugurata la Civica Raccolta d'Arte che, solo venti anni dopo, nel 2000, verrà implementata e collocata definitivamente nell'ex granaio di Palazzo Campana, andando a costituire l'attuale Museo Civico. Molte opere provengono dalla civica raccolta, altre sono state recuperate da chiese in cattivo stato di conservazione, altre ancora (per lo più appartenenti alla sezione moderna) sono state donate da privati: coprono un arco temporale molto vasto, che va dal XIII secolo (come la scultura della Madonna con Bambino ed Angeli) fino al XX secolo, con le tele degli osimani Giovan Battista Gallo ed Elmo Cappannari, i disegni di Luigi Bartolini e le incisioni di Bruno Marsili (detto "Bruno da Osimo"). Tra le opere più importanti ci sono: L'Incoronazione della Vergine e Santi, polittico di Antonio e Bartolomeo Vivarini (1464), gli affreschi del XIV secolo di Andrea di Deolao de' Bruni (detto Andrea da Bologna), i dipinti di Claudio Ridolfi e un S. Francesco d'Assisi attribuito da Vittorio Sgarbi al Guercino.
Sezione Archeologica del Museo Civico
La raccolta, allestita all'interno di alcune sale di Palazzo Campana, conserva diversi reperti fondamentali per far luce sulle tappe cronologiche che scandiscono la storia millenaria della città. Le testimonianze più antiche sono costituite da una serie di manufatti litici ascritti al Paleolitico superiore; al periodo piceno risalgono le fibule, l'interessante morso di cavallo in bronzo (VIII secolo a.C.) e vari materiali ceramici tra cui una coppa di provenienza attica a figure rosse del 460 a.C. La sezione più interessante riguarda l'età romana, durante la quale il centro visse un periodo di grande splendore: ne sono prova la testa di vecchio, esemplare di un realismo estremo, la stele funeraria con coppia maritale (primi decenni del I secolo d.C., e la gran quantità di reperti provenienti sia dalla colonia che dall'area archeologica di Monte Torto, come lucerne, monete e ceramiche da mensa.
fonte ove non indicato : wikipedia.org
Terme di Sarnano
Sarnano è un Comune della Provincia di Macerata da cui dista 38 Km, è riconosciuta stazione climatica, di cura e di soggiorno nonché centro di sports invernali con tante peculiarità dal punto di vista storico, artistico e soprattutto ambientale.
Il centro abitato è diviso con evidenza tra l’antico borgo medievale ottimamente restaurato e ben conservato, posto su una collina e la nuova cittadina, in espansione sulla collina opposta.
L’altezza sul livello del mare è di 539 metri, ed il territorio comunale esteso per ben 64 kmq vanta altitudine diversa dai 400 metri della frazione Schito fino ai quasi 2000 di Castel Manardo.
Il numero degli abitanti è di 3400 circa, con incrementi evidentissimi nelle varie stagioni turistiche che si condensano in un'unica stagione turistica (estiva: luglio e agosto; termale: la mezza stagione; invernale: da Natale a marzo) e dura quasi un anno.
Importante la storia del paese che ha segnato momenti esaltanti ed ha lasciato un patrimonio unico per le Marche, come la Biblioteca che unitamente alla Pinacoteca può vantare reperti di assoluta rarità e pregevolezza. Importanti sono i ricordi lasciati da personaggi illustri tra i quali spicca in assoluto San Francesco che ha vissuto alcuni giorni sul territorio dimorando a Roccabruna e Soffiano ed incontrando i Brunforte a Campanotico.
Molteplici sono i beni naturali di cui dispone il territorio come le fresche e salutari acque minerali, il territorio ricco di boschi e di corsi d'acqua, le montagne generose di sentieri panoramici e di versanti acclivi per potervi svolgere nelle stagioni appropriate le molteplici attività di sports invernali. A ciò si aggiunga la possibilità di visitare località di notevole interesse artistico, storico, culturale e religioso situate nel circondario, escursioni in ambienti naturali particolarmente suggestivi: come ad esempio al Lago di Pilato, alle Gole dell'Infernaccio e alle grotte di Frasassi.
LE ACQUE
Acqua oligominerale S.Giacomo. Bicarbonato calcica
Utilizzata nella cura idropinica è indicata per calcolosi delle vie urinarie e renella, infiammazioni acute e croniche delle vie urinarie (pieliti, cistiti, uretriti, ecc.) esiti di glomeerulofreniti, manifestazioni iperucemiche (gotta tipica ed atipica), atonia gastro-intestinale, stitichezza abituale, colecistipatie calcolose e non, malattie del ricambio.
Acqua oligominerale Tre Santi. Bicarbonato calcica
Utilizzata nella cura idropinica è indicata per calcolosi delle vie urinarie, malattie dell’apparato urinario in
genere, malattie del ricambio e gastrointestinali. Utilizzata nella Balneotearpia è indicata per affezioni del circolo venoso ed arterioso (fragilità capillare, incipiente insufficienza venosa degli arti con o senza alterazioni trofiche cutanee, postumi di flebiti, linfangite, arteriopatie periferiche), malattie artroreumatiche (artrosi ed artrite cronica, postumi di traumi articolari, fratture ossee e reumatismi extraarticolari) e osteoporosi.
Acqua minerale Terro. Sulfureo-salsa
Utilizzata nella cura idropinica è indicata per malattie croniche dell’apparato respiratorio (broncopneumopatia cronica ostruttiva, bronchiti croniche catarrali, bronchite asmatica, enfisema polmonare, ecc.) malattie otorinolaringoiatriche (riniti croniche, riniti ipertrofiche ed atrofiche, faringiti croniche, tonsilliti croniche, laringiti croniche, disfonie dei fumatori, tracheiti recidivanti, sordità rinogena ed otiti dell’orecchio medio. Utilizzata nella Balneoterapia è indicata per malattie artroreumatiche (artrosi ed artrite cronica, postumi di traumi articolari, fratture ossee e reumatismi extraarticolari), malattie cutanee (acne giovanile, iperseborrea, eritemi di natura allergica, eczemi, ecc.). Utilizzata nelle cure ginecologiche è indicata per: vaginiti, craurosi vulvare, annessiti, cerviciti catarrali di vario genere, sterilità secondaria.
Fango vulcanico
E’ indicato per malattie artroreumatiche (artrosi ed artrite cronica, postumi di traumi articolari, fratture ossee e reumatismi extraarticolari), malattie dermatologiche (acne giovanile, eritemi, eczemi, micosi, psoriasi, iperseborrea).
IDROPINICHE
L’idropinoterapia, o cura idropinica, consiste nella somministrazione di acqua termale per bibita a scopo terapeutico.
L’acqua viene bevuta lentamente lontano dai pasti, dopo una visita e relativa prescrizione medica, in una quantità che varia da 1 a 4 litri/giorno.
Ha un’azione stimolante sull’apparato intestinale ed epatico favorendo la secrezione biliare e quindi migliorando al digestione.
Consigliata per:
gastriti ed esofagiti croniche
ernie iatali
coliti
colon irritabili
diverticolosi
dispepsie
calcolosi biliari
epatomegalie
stipsi croniche
osteoporosi.
Le cure inalatorie
Areosol
L'acqua sulfurea viene utilizzata per le affezioni otoiatriche e malattie croniche dell’apparato respiratorio in virtù dell'azione fluidificante e stimolante della secrezione catarrale con relativa detersione delle mucose, oltre all’essenziale caratteristica antimicrobica e antinfiammatoria.
Le terapie utilizzano metodi diversi nelle molteplici applicazioni.
Alcune cure inalatorie possono essere impiegate molto efficacemente nei bambini.
Inalazioni a getto diretto: l’acqua sulfurea, riscaldata, viene polverizzata in gocce vapore di circa 100 u di diametro, che si arrestano nelle prime vie aeree.
Aerosol: nell' apparecchio ad acqua fluente l'acqua viene micronizzata in particelle di 1 - 2 u e quindi si diffonde fino al livello degli alveoli polmonari.
La durata di tali terapie e di circa dodici minuti ognuna per ogni seduta.
Insufflazioni-politzer: il gas sulfureo viene inoltre utilizzato,a diverse pressioni, nella cura per la sordità rinogena.
Aattraverso il cateterismo tubarico con sonda il gas viene insufflato direttamente sia nella Tuba di Eustachio che nella cavità dell’orecchio medio, dove esplica la sua azione anticatarrale ed anti infiammatoria con relativa rielasticizzazione della membrana timpanica, riventilazione dell’orecchio medio e conseguente miglioramento della facoltà uditiva.
Nebulizzazione: utilizzata nelle affezioni respiratorie medio basse e viene effettuata collettivamente in ampio ambiente speciale con degli erogatori dai quali fuoriesce l’acqua sulfurea micronizzata sotto forma di goccioline di 50 - 60 u.
L’esposizione nella stanza di nebulizzazione varia, a seconda dei casi, dai 15 ai 30 minuti.
Docce nasali: sotto forma di acqua non vaporizzata, l’acqua sulfurea è particolarmente indicate nelle ipertrofie dei turbinati ben evidenti nelle riniti ipertrofiche, allergiche e spesso nelle sinusiti.
Humage: trattamento con gas sulfureo prodotto dal gorgogliamento dell’acqua sulfurea sotto pressione che provoca la liberazione dell’acido solfidrico nell’aria.
L'humage può essere praticato in ambiente singolo o collettivamente e costituisce una delle più valide terapie inalatorie nelle affezioni dell’apparato respiratorio, soprattutto di quelle bronco-polmonari.
La balneoterapia termale, utilizzando acque minerali terapeuticamente attive, associa alle proprietà fisiche (aspecifiche) gli effetti biologici e terapeutici esercitati dai mineralizzatori che rendono ogni acqua minerale una soluzione a composizione chimico-fisica peculiare.
La tecnica del bagno segue dei principi generali anche se sono possibili variazioni nelle modalità di applicazione (durata, temperatura, etc.) secondo l'acqua minerale utilizzata e la
patologia da trattare.
La balneoterapia generale con acqua minerale calda o riscaldata viene effettuata in apposite vasche singole.
Consigliata per:
malattie osteoarticolari
malattie vascolari
malattie dermatologiche
trattamento di cicatrici da ustioni
cure ginecologiche
estetica
Per la fangoterapia si utilizza un fango parassitario,prodotto residuo di feldspati delle rocce trachitiche, combinate con resti amorfi fi silicati di alluminio, materie ferrose e calcaree, sali
alcalini e cloruro di sodio.
L’acqua satura di materiale minerale, circolando a diverse profondità, trova sbocco sulle superficie terrestre. La massa fangosa, preparata in blocchi solidi, viene essiccata e unita a
paraffina.
Consigliata per:
reumatologia,nelle forme infiammatorie croniche degli organi della digestione, delle vie urinarie, degli organi genitali e nella psoriasi e in altre patologie della pelle.
Un centro diventato libero comune nel 1265, caratterizzato architettonicamente da piccoli edifici arroccati attorno ai beni dei poteri di quell'epoca: la chiesa di S.Maria di Piazza, il Palazzo del Popolo, il Palazzo del Podestà ed il Palazzo dei Priori.
Piccoli edifici ma di grande importanza storica, come la biblioteca francescana, tramandataci dai padri Filippini, assolutamente di grande pregio per tutte le Marche.
Importanti sono le chiese e gli edifici pubblici come la sede comunale (ex Convento di San Francesco) con l'attigua chiesa dedicata proprio a quel Santo che divise con i Sarnanesi del 1214-15 circa un breve periodo di soggiorno.
Il cotto è l'elemento caratterizzante e predominante del paese; e solo con tale materiale fu edificato l'antico borgo: dalle murature portanti alle coperture con volte, dalle colonne ai pilastri, capitelli e lesene, dalla pavimentazione esterna dell'intero abitato a tutti quegli elementi decorativi necessari per dare a questa architettura la semplicità e la purezza del calore umano. Della nostra epoca sono invece i sapienti interventi di restauro e di conservazione, in perfetta armonia con la bellezza delle strutture esistenti.
L'ARTE
Nella Piazza Alta del paese s'innalza la chiesa di S.Maria Assunta, edificata nella seconda metà del sec. XIII, sovrastata da un massiccio campanile. La facciata è abbellita da un bel portale di pietra bianca riccamente scolpito nella cui lunetta è raffigurato il Transito della Madonna.
All'interno diverse opere di notevole pregio come la Madonna degli Angeli di Lorenzo D' Alessandro (1483) e una Crocifissione di Girolamo di Giovanni (sec.XV).
Oltre alla chiesa, si affacciano sulla piazza anche altri edifici pubblici: il Palazzo del Popolo, trasformato nel 1831 in Teatro, il Palazzo dei Priori ed il Palazzo dei Podestà.
Poco più in basso, la chiesa di San Francesco del sec. XIV, rimaneggiata. Accanto la Pinacoteca che conserva opere di eccezionale interesse tra le quali la Madonna con Bambino ed Angeli di Vittore Crivelli. Inoltre dipinti di significativi rappresentanti della pittura marchigiana, quali Stefano Folchetti "Crocefissione" sec. XVI, Simone De Magistris "Ultima Cena" sec. XVII e Vincenzo Pagani del quale si conservano cinque magnifiche tavole del sec. XVI.
I MUSEI
Particolare interesse storico-culturale suscitano il Museo delle Armi Antiche e Moderne, il Museo dell'Avifauna e Flora degli Appennini, il Museo del Martello.
MOSTRA PERMANENTE DI MARIANO GAVASCI
Pittore del XX secolo, oriundo di Sarnano.
Opere presenti in molte collezioni private e pubbliche.
fonte: termedisarnano.it/
foto:turismocongusto.it
-hotelsinmarche.com
- museosarnano.it/
-macerataitinerari.it
- bellemarche.co.uk
- anellodeicrinali.it
- http://win.cmdcm.it/
(Ivana)
SERRAPETRONA
Serrapetrona si erge in posizione assolata a 500 mt di altezza tra le colline e le montagne dell'alto maceratese. Capoluogo di comune e piccolo centro agricolo specializzato nella coltivazione di vini pregiati è situato sulla strada che unisce la Valle del Potenza con quella del Chienti snodandosi sulle colline ricche di uliveti, vigneti e macchie di vegetazione. L'economia serrana si è sempre sostenuta sui prodotti della terra, sul taglio dei boschi, sulla produzione del carbone, sulla pastorizia e sull'allevamento del baco da seta. Sono motivo di richiamo le numerose proprietà curative delle acque leggerissime, che sgorgano dalle antiche fontane del paese. Abitata fin dall'Età del ferro vive per il passaggio prima dei Piceni, poi dei Romani e infine dei Longobardi. Lo stemma del Comune indica chiaramente che la fortificazione fu edificata per serrare l'antichissima strada montana per Camerino. Per avere notizie certe dell'abitato di Serrapetrona bisogna comunque attendere ancora 400 anni, è infatti in un documento del 1132 che appare il nome di "Serra". Risalgono a questo periodo la Cinta Muraria, il Palazzo Del Feudatario Petrone e la Chiesa di S. Clemente. Alla seconda Cinta Muraria del XIV sec. appartengono la Porta Arcata, le Mura con le feritoie e la strada coperta con la caratteristica loggetta. La vita politica dei suoi abitanti fu regolata dagli statuti dei quali ammiriamo un'unica raccolta risalente al 1473 custodita nell'archivio comunale. Assoggettata prima alla Signoria dei Varano di Camerino passò poi alle dipendenze della Sede Apostolica fino al 1861 quando entrò a far parte del Regno d'Italia. La viticultura a Serrapetrona ha storia secolare avvantaggiata dal clima e dal terreno ricco di sostanze nutritive. Nel secolo scorso tutta la zona si distingueva per la qualità dei suoi vini, ma è da 70 anni che il suo nome è legato con la vernaccia. Diverse case vinicole puntando sulla qualità, infatti coltivano, producono e commerciano vernaccia D.O.C. Numerose sono le cantine, gli agriturismi e i ristoranti tipici che sorgono sia nelle vicinanze del rinomato Lago di Caccamo che nell'entroterra comunale di Serrapatrona nei quali si possono gustare specialità locali e godere della tranquillità dei paesaggi.
da: marchecittà.it
Patrimonio artistico e culturale della città
chiesa e castello
- Chiesa di S. Elena (loc.tà Villa D'Aria), costruita nel XIII Secolo.
- Chiesa di S. Francesco, costruita nel XIV Secolo in Stile Gotico.
- Chiesa di S. Giovanni Battista (loc.tà Collina), costruita nel 1199.
- Chiesa di S. Lorenzo (loc.tà Castel S. Venanzo), costruita nel XV Secolo circa.
- Chiesa di S. Maria di Piazza, costruita nel XVI Secolo in Stile Romanico.
- Chiesa di S.Giacomo (loc.tà Caccamo), costruita nel XIV Secolo circa.
- Chiesa S.Paolo (loc.tà Borgiano), costruita nel XIII - XIV Secolo.
- Madonna del Ponte (loc.tà San Venanzo).
- Madonna della Croce (loc.tà Colli), costruita nel XVI Secolo.
- S. Maria delle Grazie, costruita nel 200 in Stile Romanico.
- San Giuseppe.
- Sant'Angelo in Collina, di Proprietá Privata (famiglia Botta).
- Santuario Madonna Della Neve (loc.tà Madonna del Monte), costruita nel XVIII Secolo.
Il Santuario Madonna della Neve nasce nel 1714 grazie alle offerte donate dagli abitanti del paese di Serrapetrona in provincia di Macerata, più precisamente da quelli che vivevano nelle frazioni di Villa D’Aria e di Castel S. Venanzio.
La costruzione è avvenuta sopra il monte che porta lo stesso nome della frazione di Villa D’Aria e proprio qua, il santuario si vide edificare in pochi anni.
Proprio in questa zona montuosa molti contadini vi si recavano per far pascolare il proprio gregge e a causa di tutto ciò, molte furono le fiere a tema dove merci e animali venivano venduti e scambiati.
La struttura non ha nulla di caratteristico, è a forma di capanna e vuole sicuramente richiamare la semplicità dei fedeli costruttori e di come basti così poco per pregare la Madonna e il Signore.
La ristrutturazione del santuario avvenne nel 1965 e da allora continua ad avere frequentazioni di pellegrini che scalano la montagna per arrivare in vetta alla piccola chiesa.
Tutti gli anni, la prima domenica di Agosto, si festeggia la festa della Madonna della Neve.
- Fonte delle Conce.
L'abbondanza di acqua è sempre stata una delle maggiori risorse di Serrapetrona.
La Fonte si presenta con l'aspetto caratteristico di tutte le fonti a due fornici, presenti in tutti gli antichi borghi del territorio. Ma questa di Serrapetrona, nel pilastro in mezzo alle due vasche, proprio nel punto da cui si dipartono i due archi, reca ancora visibile la l'incavo della nicchia rettangolare che ospitava l'affresco di una Madonna e Bambino, quasi copia dell'affresco di S. Maria delle Grazie, che ora si trova al sicuro nella chiesa di S.Francesco.
In passato la Madonna fu ospitata nell'edicola di viale Umberto I, sotto la lussureggiante galleria di ippocastani che, uscendo dall'abitato, conduce alla strada per Sanseverino.
L'edicola si chiama Edicola delle Conce e, posizionata sulla seconda cornice del monte, è allineata alla Fonte delle Conce.
Esternamente alla parete destra dell'edicola è incisa una lapide che riassume le vicende dell'affresco:
LA SACRA IMMAGINE
CHE LA PIETA' DEGLI AVI POSE A ORNAMENTO E TUTELA
DELLA FONTE DELLE CONCE
LUNGO L'ANTICA STRADA COMUNALE
E CHE COL MUTARE DI QUESTA FU PIU' VOLTE SPOSTATA
EBBE STABILE E DECOROSO ASILO
NEL 1895
PER INIZIATIVA E CURA DI ELVIRA CONFORTI FABRINI
COL CONCORSO DEI FEDELI
Fonti
Giacomo BOCCANERA, Serrapetrona
- Museo Pinacoteca d'Arte Sacra Contemporanea.
- Museo dell'Uomo.
Nell'anno 1995 l'amministrazione comunale istruttura una antica torre di guardia con le rispettive buche dove uscivano le canne di cannone. All'interno della torre, grazie all'opera di Rinaldo Antolini, volontario locale, e' stato messo a punto un piccolo museo con tutti gli strumenti serviti all'uomo prima dell'evento della piu' sofisticata tecnologia. Gli oggetti sono stati donati dalle famiglie del circondario e guardandole si ha la sensazione di ripercorrere lo sviluppo socio - economico della collettivita' di Serrapetrona. E' collocato sulla piazza principale in via Castello ed e' visitabile con apposita guida.
- Archivio storico.
La Vernaccia di Serrapetrona
La Vernaccia D.O.C.G. di Serrapetrona proviene dalle uve del vitigno omonimo, coltivato fin dagli antichi tempi. Il Conti, nella Storia di Camerino e dintorni, riferisce che nel Medio Evo, un polacco al soldo di truppe mercenarie, attratto dalla Vernaccia prodotta nella zona esclamasse: "Domine, Domine quare non Borgianasti regiones nostras" (Signore, Signore, perchè non hai fatto le nostre terre come Borgiano?) E Borgiano, naturalmente, è una frazione del Comune di Serrapetrona.
Certo è che nel 1893 la produzione era tanto piccola che si diede per estinto il suo vitigno, la Vernaccia nera, anche se nel 1876 un documento ufficiale del Ministero dell'Agricoltura, il "Bollettino Ampelografico", sottolineava come "fin dal 1872 la Vernaccia venne dichiarata la prima delle uve colorate per fornire eccellenti vini da pasto".
Vino raro ma molto apprezzato: scrittori di fama, come Mario Soldati, e gastronomi illustri hanno celebrato le sue virtù. L'eccellenza di questo spumante rosso naturale, derivato da una vendemmia particolare dove meta' dell'uva viene messa ad essiccare su graticci prima di essere spremuta, non impedì che la produzione rimanesse sempre molto limitata. Ancora oggi, dopo lo sviluppo produttivo seguito al riconoscimento della D.O.C. nel 1971 e D.O.C.G. nel 2003, la superficie vitata è di solo 45 ettari! Alla preparazione di questo vino concorre generalmente l'uva omonima per l'85%, il restante 15% è rappresentato dal Sangiovese e dal Montepulciano o Ciliegiolo. Una parte delle uve di Vernaccia (circa il 40%) viene fatta appassire leggermente.
Museo Tattile Statale Omero
LE GROTTE DI CAMERANO
Museo della Tessitura-Macerata
un particolare del telaio
Il saltarello
La cucina del territorio
"A morte la minestra"
Metti, o canora musa, in moto l'Elicona
e la tua cetra cinga d'alloro una corona.
Non già d'Eroi tu devi, o degli Dei cantare
ma solo la Minestra d'ingiurie caricare.
Ora tu sei, Minestra, dei versi miei l'oggetto,
e dirti abominevole mi porta gran diletto.
O cibo, invan gradito dal gener nostro umano!
Cibo negletto e vile, degno d'umil villano!
Si dice, che resusciti, quando sei buona, i morti;
ma il diletto è degno d'uomini invero poco accorti!
Or dunque esser bisogna morti per goder poi
di questi benefici, che sol si dicon tuoi?
Non v'è niente pei vivi? Si! Mi risponde ognuno;
or via su me lo mostri, se puote qualcheduno;
ma zitti! Che incomincia furioso un tale a dire;
ma presto restiamo attenti, e cheti per sentire:
"Chi potrà dire vile un cibo delicato,
che spesso è il sol ristoro di un povero malato?"
E' ver, ma chi desideri, grazie al cielo, esser sano
deve lasciar tal cibo a un povero malsano!
Piccola seccatura vi sembra ogni mattina
dover trangugiare la "cara minestrina"?
Giacomo Leopardi
San Severino Marche
Palazzo Comunale
Piazza del Popolo
Stile Neoclassico
Proprietá privata
Castello di Aliforni
Castello di Carpignano
Castello di Colleluce
Castello di Elcito
Castello di Isola
Castello di Pitino
Castello di Serralta e Rocca di Monte Acuto
Rocca di Schito o Rocchetta
Torre civica
Torre dell'Orologio
Piazza del Popolo
Abbazia di Val Fucina
(Loc.tà Elcito)
Data costruzione X-XI Secolo
Chiesa della Maestà
(Loc.tà Parolito)
Chiesa di S. Maria di Cesello
Chiesa di S. Maria di Valdiola
(Loc.tà Valdiola)
Chiesa di San Domenico
Chiesa di San Lorenzo in Doliolo
Chiesa di Sant'Agostino
Chiesa di Santa Maria della Pieve
Duomo Antico
Madonnetta di Gaglianvecchio
(Loc.tà di Gaglianvecchio)
Monastero delle Clarisse
Santuario della Madonna dei Lumi
Via Madonna dei Lumi
Santuario di San Pacifico
Via San Pacifico Divini
Data costruzione XII-XIV sec.
Santuario di Santa Maria del Glorioso
Santuario SS. Salvatore in Colpersito
Viale dei Cappuccini
PALIO DEI CASTELLI
Grotte di S. Eustachio
chiesa di s. apollinare
palazzo Servanzi Confidati
piazza del popolo
panorama S. Severino marche