Replying to I MALAVOGLIA (VERGA)

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  1. Posted 15/11/2010, 17:57
    I Malavoglia

    G. Verga



    Le vicende si svolgono nei primi anni dell’unità d’Italia, tra il 1863 ed il 1876 ad Acitrezza. Prendono le mosse da una piccola speculazione commerciale che padron ‘Ntoni intraprende per migliorare le condizioni della famiglia, aggravatasi quando il nipote ‘Ntoni va a fare il soldato e viene meno il suo lavoro. Padron ‘Ntoni acquista a credito dallo zio Crocifisso una partita di lupini, che Bastianazzo imbarca sulla "Provvidenza" per andare a venderli. Durante il tragitto una tempesta provoca la perdita del carico di lupini e la morte di Bastianazzo. A questa seguono altre disgrazie: la morte di Luca nella battaglia di Lissa, la morte di Maruzza per il colera, la perdita della casa del Nespolo per l’insolvenza del debito e degli interessi, il traviamento di ‘Ntoni, che, tornato cambiato dal servizio militare, non si adatta alla vita di stenti, si unisce a una compagnia di contrabbandieri e ferisce con una coltellata il brigadiere don Michele, che lo ha sorpreso in flagrante con gli altri. Durante il processo l'avvocato imposta la difesa sostenendo l'attenuante dell'amore per 'Ntoni che sapeva di una relazione della sorella Lia con Don Michele. ‘Ntoni è condannato a cinque anni di carcere e Lia, considerandosi colpevole verso il fratello scappa di casa e si perderà. Il disonore getta nella costernazione i Malavoglia: padron ‘Ntoni, affranto, si ammala e muore all’ospedale. Intanto Alessi, che ha sposato la Nunziata, con la sua laboriosità riscatta la casa del Nespolo, dove torna ad abitare insieme alla sorella Mena la quale rifiuta di sposare compar Alfio, perché si sente anche lei disonorata per la perdizione di Lia. Nei Malavoglia si scontrano due concezioni della vita: la concezione di chi, come padron ‘Ntoni si sente legato alla tradizione e riconosce la saggezza dei valori antichi come il culto della famiglia, il senso dell’onore, la dedizione al lavoro, la rassegnazione al proprio stato; e la concezione di chi, come il nipote ‘Ntoni, si ribella all’immobilismo dell’ambiente in cui vive, ne rifiuta i valori ed aspira ad uscirne con il miraggio di una vita diversa. La simpatia latente del Verga è per padron ‘Ntoni e per il nipote Alessi, che ne riproduce il carattere e ricostruisce il focolare domestico andato distrutto. Attorno alle vicende dei Malavoglia brulica la gente del paese che partecipa coralmente ad esse con commenti ora comprensivi e pietosi, ora ironici e maligni. Lo stesso Verga narratore sembra essere uno del posto che racconta e commenta col distacco impassibile del cronista, vale a dire di un anonimo narratore orale; da ciò nasce l’impressione di un Verga narratore camaleontico, che assume di volta in volta la maschera e l’opinione di tutti coloro che entrano in scena. Anche il paesaggio partecipa alla coralità della narrazione, ora quasi compiangendo, ora restando indifferente alla sorte degli uomini. Per quanto riguarda la lingua, il Verga accettò, per sua stessa confessione, l’ideale manzoniano di una lingua semplice, chiara, antiletteraria. Egli riuscì a creare una prosa parlata, fresca, viva, popolare, che riproduce, nella sintassi e nel lessico, il dialetto siciliano. Nei Malavoglia è rigorosamente applicato il canone dell’imparzialità e dell’obiettività. Nella prefazione al romanzo, Verga sottolinea come lo scrittore di fronte alla propria storia non abbia il diritto di giudicare, ma solo di tirarsi fuori dal campo della lotta per "studiarla senza passione". Nella pratica poetica quest'idea si traduce in una tecnica di grandissima originalità. Abbondano i discorsi indiretti liberi, cioè gli interventi dei personaggi non mediati attraverso la elaborazione del narratore. Anche le parti connettive del romanzo non lasciano mai trasparire la sovrapposizione dell’autore e sembrano uscire dalla bocca di un anonimo paesano, che sia come un portavoce dell’intera comunità di Acitrezza. Per rafforzare questo effetto Verga si avvale di un discorso indiretto tutte le volte che ha bisogno, nel descrivere fatti e luoghi, di far risuonare i modi tipici del linguaggio popolare e di identificarsi con il pensiero della gente del posto. Inoltre utilizza più di 150 proverbi che esprimono in modo pittoresco la mentalità dell'ambiente sociale rappresentato.

    I Malavoglia di Giovanni Verga
    Introduzione

    Questo racconto è lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni le prime irrequietudini pel benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliuola, vissuta sino allora relativamente felice, la vaga bramosìa dell'ignoto, l'accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio.
    Il movente dell'attività umana che produce la fiumana del progresso è preso qui alle sue sorgenti, nelle proporzioni più modeste e materiali. Il meccanismo delle passioni che la determinano in quelle basse sfere è meno complicato, e potrà quindi osservarsi con maggior precisione. Basta lasciare al quadro le sue tinte schiette e tranquille, e il suo disegno semplice. Man mano che cotesta ricerca del meglio di cui l'uomo è travagliato cresce e si dilata, tende anche ad elevarsi e segue il suo moto ascendente nelle classi sociali. Nei Malavoglia non è ancora che la lotta pei bisogni materiali. Soddisfatti questi, la ricerca diviene avidità di ricchezze, e si incarnerà in un tipo borghese, Mastro don Gesualdo, incorniciato nel quadro ancora ristretto di una piccola città di provincia, ma del quale i colori cominceranno ad essere più vivaci, e il disegno a farsi più ampio e variato. Poi diventerà vanità aristocratica nella Duchessa de Leyra; e ambizione nell'Onorevole Scipioni, per arrivare all'Uomo di lusso, il quale riunisce tutte coteste bramosìe, tutte coteste vanità, tutte coteste ambizioni, per comprenderle e soffrirne, se le sente nel sangue, e ne è consunto. A misura che la sfera dell'azione umana si allarga, il congegno della passione va complicandosi; i tipi si disegnano cdrtamente meno originali, ma più curiosi, per la sottile influenza che esercita sui caratteri l'educazione, ed anche tutto quello che ci può essere di artificiale nella civiltà. Persino il linguaggio tende ad individualizzarsi, ad arricchirsi di tutte le mezze tinte dei mezzi sentimenti, di tutti gli artifici della parola onde dar rilievo all'idea, in un'epoca che impone come regola di buon gusto un eguale formalismo per mascherare un'uniformità di sentimenti e d'idee. Perché la produzione artistica di cotesti quadri sia esatta, bisogna seguire scrupolosamente le norme di questa analisi; esser sinceri per dimostrare la verità, giacché la forma è così inerente al soggetto, quanto ogni parte del soggetto stesso è necessaria alla spiegazione dell'argomento generale.
    Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l'umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato, visto nell'insieme, da lontano. Nella luce gloriosa che l'accompagna dileguandosi le irrequietudini, le avidità, l'egoismo, tutte le passioni, tutti i vizi che si trasformano in virtù, tutte le debolezze che aiutano l'immane lavoro, tutte le contraddizioni, dal cui attrito sviluppasi la luce della verità. Il risultato umanitario copre quanto c'è di meschino negli interessi particolari che lo producono; li giustifica quasi come mezzi necessari a stimolare l'attività dell'individuo cooperante inconscio a beneficio di tutti. Ogni movente di cotesto lavorìo universale, dalla ricerca del benessere materiale alle più elevate ambizioni, è legittimato dal solo fatto della sua opportunità a raggiungere lo scopo del movimento incessante; e quando si conosce dove vada quest'immensa corrente dell'attività umana, non si domanda al certo come ci va. Solo l'osservatore, travolto anch'esso dalla fiumana, guardandosi intorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall'onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sovravvegnenti, i vincitori d'oggi, affrettati anch'essi, avidi anch'essi d'arrivare, e che saranno sorpassati domani.
    I Malavoglia, Mastro-don Gesualdo, la Duchessa de Leyra, l'Onorevole Scipioni, l'Uomo di lusso sono altrettanti vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati, ciascuno colle stimate del suo peccato, che avrebbero dovuto essere lo sfolgorare della sua virtù. Ciascuno, dal più umile al più elevato, ha avuta la sua parte nella lotta per l'esistenza, pel benessere, per l'ambizione - dall'umile pescatore al nuovo arricchito - alla intrusa nelle alte classi - all'uomo dall'ingegno e dalle volontà robuste, il quale si sente la forza di dominare gli altri uomini, di prendersi da sé quella parte di considerazione pubblica che il pregiudizio sociale gli nega per la sua nascita illegale; di fare la legge, lui nato fuori della legge - all'artista che crede di seguire il suo ideale seguendo un'altra forma dell'ambizione. Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un'istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realtà com'è stata, o come avrebbe dovuto essere.


    Quello de “i Malavoglia” è solo un soprannome, una ‘ngiuria come si direbbe usando il dialetto siciliano, un epiteto che non rende onore alla famiglia Toscano, da tempo immemorabile «tutta buona e brava gente di mare». Proprio della loro storia si narra qui: storia non di “umili”, come riecheggia dal Manzoni, ma di “umiliati”. Storia di poveri pescatori che sono, oltre che frutto del forte atteggiamento fatalista dell’autore, vittime di un triste scherzo del destino il quale mima, a mo’ di sortilegio, e predicendo, una storia che pareva esser già tutta in quel nomignolo, indossato lungo generazioni diverse.
    I Malavoglia, scritto nel 1881, doveva essere parte di una più articolata intenzione, un grande progetto cui Verga aveva fatto riferimento in una lettera del 21 aprile 1878 a Salvatore Paolo Verdura: «…Ho in mente un lavoro che mi sembra bello e grande, una specie di fantasmagoria della lotta per la vita, che si estende dal cenciaiuolo al ministro all’artista, e assume tutte le forme, dall’ambizione all’avidità del guadagno, e si presta a mille rappresentazioni del grottesco umano». Si riferiva, ovviamente, al ben noto “ciclo dei vinti” al disegno che, comprendendo Mastro Don Gesualdo e La Duchessa di Leyra, avrebbe potuto essere portato a termine, se proprio quest’ultimo non fosse rimasta incompiuto.
    Nella prefazione al romanzo Verga presenta il tema di fondo dello scritto: la rottura di un equilibrio dato dalla tradizione immobile e abitudinaria di una famiglia semplice di Aci Trezza, per l’irrompere di nuove forze, «la fiumana del progresso» scrive Verga, il desiderio di migliorare le condizioni di una vita grama, lasciando risplendere i luccichii di una necessaria modernità nel buio fitto dell’universo arcaico. La prefazione potrebbe leggersi insieme al commento di Luigi Russo, noto recensore dell’opera omnia verghiana: per il critico il testo rappresenta l’esaltazione del mondo primitivo, la «religione della casa» e della famiglia.
    La lotta de “i Malavoglia” non è esclusivo battersi contro la natura geografica incarnata dal mare, bestia famelica che inghiotte la piccola barca dei pescatori, la Provvidenza, portando morte e disperazione, ma anche scontro con la natura umana, rivisitata nelle malelingue degli abitanti di Aci Trezza: gente invidiosa, pettegola e cattiva.
    Quando il giovane ‘Ntoni lascia il focolare domestico perché disgustato dalle condizioni estreme di un’esistenza il cui peso non riesce a sopportare, getta l’intera famiglia nel tormento, lasciando gravare la funerea sensazione che i valori da sempre perseguiti, ormai senz’anima, non abbiano più ragion d’essere. E questi valori sono la casa, in quanto materializzazione della possibilità di sopravvivere, ma anche l’onestà, l’onore. Vessilli in costante estinzione.
    Ne I Malavoglia restano ancora in vita i depositari delle leggi e dei codici esistenziali messi in crisi dal progresso: oltre al vecchio ‘Ntoni, anche Bastianazzo e altri; ma da vicino i loro valori rivelano la natura di ideali ormai incomprensibili ai più, a quella massa che si è sporta ad ammirare i nuovi dei, il denaro, il successo. Il paese, Aci Trezza, è un coro di abbrutiti, di gente avvelenata dai principi avari del materialismo. Verga non descrive gli ambienti, lo stile impersonale glielo impedisce. E allora getta pennellate veloci e poi scrive: racconta del mare che è, tuttavia, metafora infausta dell’onda del progresso che travolge chi è incapace di cavalcarla.
    Il momento storico è la fotografia degli stessi anni in cui Verga narra (1863-1878). E’ la quotidianità dell’Italia post-unitaria, la vita dei nostri predecessori nei suoi risvolti umanamente impoveriti quali il brigantaggio, il lavoro minorile, il servizio militare e le tasse. E’ uno sfondo che, tuttavia, ha dato modo al romanzo verghiano di farsi voce viva e attuale di una storia realmente vissuta, regionale e universale insieme.
    Verga ha un chiaro atteggiamento di premuto pessimismo. D’altronde è ateo e materialista, non si giova dei privilegi donati dallo spirito paraclito della religione, che egli intende come insieme di atteggiamenti di sola pratica abitudinaria senza valore consolatorio alcuno. Non si intromette nella narrazione, affida tutto alla tecnica ben nota dell’impersonalità, del lasciare che sembri, davvero, che l’opera si sia scritta da sé. Nessun filo si percepisce tra il romanzo e il suo autore, nessun collegamento da potersi fare. Tanti sono i proverbi, simbolo della saggezza di una generazione passata, molti i paragoni, mente il flusso gergale è usato solo là dove serve.
    E la vita, nel romanzo, assume un po’ i caratteri dell’immobilismo: nulla evolve o muta. Verga si lascia trascinare indietro e regredisce, quasi risucchiato dalle pagine del romanzo. Si abbassa al livello dei suoi personaggi in modo da poter dire, fare e vedere così come essi dicono, fanno e vedono. La sintassi e il lessico sono di stampo popolare, di un siciliano carico di anacoluti ed errori, che tuttavia, fatta eccezione per quei pochi vocaboli assolutamente intraducibili, non è dialettale. E il discorso è totalmente libero. Diretto, nonostante venga reso indirettamente.
    Dopo il naufragio della Provvidenza, i ripetuti lutti, i debiti dovuti al fallimento del commercio di lupini e l’allontanamento del giovane ‘Ntoni, fuggito alla scoperta della vita nella grande città, Alessi, uno dei nipoti del vecchio ‘Ntoni, troverà il modo di riscattare la “casa del nespolo” e ricomporre un frammento dell’antico nucleo familiare. Dunque, sembrerebbe di ravvisare un lieto fine tra le ultime righe del romanzo, ma la critica recente non è del tutto concorde.
    C’è chi, come Barberi Squarotti, la pensa diversamente: l’uscita di prigione del giovane ‘Ntoni, il ritorno a casa dello stesso e, di nuovo, il suo definitivo allontanarsi nella piena coscienza di una spaccatura insanabile con la propria famiglia, è il simbolo di un commiato ancora più disgregante. E’ il distacco dal mondo arcaico irrimediabilmente sconfitto per l’avvicinarsi dell’era moderna. E’ un passaggio. Il percorso del giovane ‘Ntoni, d’altra parte, sarà ripreso e continuato da Gesualdo che, esponente più tipico del mondo evoluto, avrà il dinamismo e l’intraprendenza di un self made man. (Luperini).

    I Malavoglia

    Questo romanzo è la storia triste di una povera famiglia di Acitrezza (Catania) e il cui capo padron 'Ntoni, capo di una famiglia di pescatori che con ogni mezzo cerca di tenere in piedi la casa del Nespolo e la tranquillità che questa casa rappresenta. Egli ha un debito con lo zio Crocifisso per un carico di lupini, purtroppo perduto in mare nel naufragio della barca provvidenza assieme a suo figlio Bastianozzo. Appunto per questo i Malavoglia fanno enormi sacrifici, ma il nipote 'Ntoni si allontana da Acitrezza perchè vuole conoscere le città ed il mondo; come un pesce affamato se lo inghiotte e con lui suoi molti parenti. I Malavoglia saranno costretti a vendere la casa del Nespolo, che alla fine il nipote più giovane, Alessi, riuscirà sì a ricomprare, ma il nonno, finito in ospedale, è già morto, solo, e purtroppo la famiglia è disperata e distrutta. I personaggi principali sono: 'Ntoni, che uscito dal carcere lascerà il paese; Mena innamorata del carrettiere Alfio; Lia che si allontanerà dal paese e si perderà; Alessi che ricomprerà la casa. Concludendo, il tema fondamentale dei Malavoglia è la religione della casa, l'ideale dell'ostrica, cioè l'attaccamento della povera gente alla casa, che come uno scoglio nel quale è tutta la sua fortuna. In questo romanzo abbiamo spesso i proverbi che sono molto importanti perchè, per esempio, detti da padron 'Ntoni non esprimono veri dolori; così i proverbi sono usati al posto dei giudizi dell'autore, come se il fatto si commenti da se con le parole della gente, che questo fatto vive e soffre. Tutti i personaggi hanno la stessa importanza per cui in questo romanzo c'è un'armonia e un equilibrio che ricorda la coralità delle tragedie greche. Il linguaggio è conciso, facile a capirsi fatto tutto di cose concrete e di verità. Il valore morale dei Malavoglia si può vedere nell'ultima parte del romanzo in cui vediamo che il piccolo mondo di Acitrezza non è cambiato e l'episodio dei Malavoglia fa parte della triste storia di sempre, simbolo della condizione degli umili ma anche di tutto il genere umano. 'Ntoni, che dopo la triste esperienza del carcere cerca di farsi una nuova vita, ci fa capire che la sventura è utile se ci insegna qualcosa.

    Prima prova - tipologia A

    Analisi del testo

    - CONTENUTI
    La prova è strutturata in tre sezioni:
    a) Comprensione complessiva
    b) Analisi e commento del testo
    c) Approfondimenti

    a) Comprensione complessiva
    Il brano proposto costituisce l'inizio del romanzo di G. Verga "I Malavoglia" pubblicato nel 1881, riassumi il contenuto.

    Lo studente è invitato a fare un breve riassunto del contenuto del testo in prosa proposto; questa prima operazione richiede una prima e una seconda lettura del testo proposto a cui lavorare con sottolineature, individuazioni e segnalazioni a matita di parole-chiave, nuclei narrativi, sequenze che permetteranno, rapidamente e acutamente, di individuare argomento e temi; l'individuazione di questi ultimi consentirà la stesura discorsiva di un riassunto significativo e sicuro;
    esempio:
    le tre sequenze appresso individuate descrivono rispettivamente la storia dei Toscano-Malavoglia e il loro radicamento nella terra siciliana, la famiglia Toscano-Malavoglia di Padron 'Ntoni di Aci Trezza e infine la figura di Padron 'Ntoni
    I)"Un tempo i Malavoglia...."
    II) "E la famigliuola di padron 'Ntoni...."
    III) "Padron 'Ntoni sapeva anche certi motti...."
    La narrazione procede dunque con una descrizione che va dal generale al particolare focalizzando in maniera sempre più ravvicinata i protagonisti del romanzo di Verga che avrà per titolo appunto "I Malavoglia": la famiglia Toscano -Malavoglia.
    L'argomento sarà allora la presentazione della famiglia Malavoglia; esso sarà sviluppato per temi: uno scorcio del contesto socio ambientale di Aci Trezza e i valori familiari (I sequenza); i caratteri dei componenti della famiglia (II sequenza), il carattere e i valori di padron 'Ntoni (III sequenza).
    Questi elementi così schematicamente rilevati, anche più sommariamente nella forma di annotazioni al margine della copia a disposizione, andranno elaborati in forma discorsiva e breve.

    Breve riassunto individuazione di argomento e temi.

    b) Analisi e commento del Testo
    In questa sezione vengono proposte una serie di quesiti guidati per l'analisi; le domande entrano nello specifico del testo attraverso la richiesta di analisi di brani particolarmente significativi, attraverso la richiesta di rilevamento di figure retoriche, valori simbolici di parole o espressioni, elementi di analisi narratologica (sequenze, il narratore, il punto di vista, la focalizzazione, il personaggio, lo spazio, il tempo, il destinatario etc.).
    L'analisi è volta quindi a una scomposizione del testo nelle sue parti costitutive e a una sua interpretazione che equivale al commento.
    In questa fase è importante individuare precisamente la richiesta della domanda/consegna, la forma della risposta deve essere discorsiva e non schematica, di lunghezza media: mediamente 10 righe a foglio intero, la risposta sarà schematica se la richiesta è di rilevare, evidenziare termini, verbi, parole etc.
    Nel costruire la risposta è bene rimandare al testo con riferimenti ai versi o riportare in forma di citazione brevi porzioni del testo che avvalorino la risposta/argomentazione.
    Dal momento che l'analisi che vi si propone è un'analisi guidata, lo sforzo si deve concentrare in una rilettura del brano alla luce di una lettura attenta dei quesiti che la sezione Analisi del testo e commento vi propone, così la rilettura sarà mirata, selettiva e finalizzata all'individuazione di elementi e dati richiesti.
    esempio:
    1) Evidenzia e analizza le sequenze del brano proposto
    le tre sequenze di carattere prevalentemente descrittivo appresso individuate "fotografano" rispettivamente la storia dei Toscano-Malavoglia e il loro radicamento nella terra siciliana, la famiglia Toscano-Malavoglia di Padron 'Ntoni di Aci Trezza e infine la figura di Padron 'Ntoni
    I) Un tempo i Malavoglia....
    II) E la famigliuola di padron 'Ntoni....
    III)Padron 'Ntoni sapeva anche certi motti....
    l'analisi delle sequenze rilevate potrebbe consistere non tanto nel rilevamento del livello contenutistico già espresso nel riassunto quanto della tecnica rappresentativa e dello stile: la descrizione del contesto e le caratterizzazioni dei personaggi sono realizzate attraverso il principio dell'impersonalità ma alla maniera verghiana cioè attraverso la voce del narratore che "entra nella pelle dei personaggi" in essi si eclissa e pensa e parla come essi o il popolo, il "coro", avrebbero pensato e parlato:
    esempio : "Veramente nel libro della parrocchia si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poichè da che il mondo era mondo, all'Ognina, a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull'acqua....."
    un tentativo di discorso indiretto libero (sottolineato), cioé la riproduzione del parlato popolare (anacoluto); etc.
    Altri esempi: la descrizione di Bastianazzo, la Longa, 'Ntoni il nipote , non semplicemente descritti ma caratterizzati con i nomignoli, soprannomi che racchiudono l'opinione e il giudizio della comunità familiare e del paese etc.

    2) Evidenzia i proverbi e le similitudini del brano e spiega la loro funzione, i valori e l'ideologia che essi propongono.
    Il brano sin dalla fine della I sequenza propone una serie di similitudini ("Gli uomini son fatti come le dita di una mano...") e di proverbi o motti , come li chiama il narratore, pronunciati soprattutto da padron 'Ntoni ( nella III sequenza sono elencati: "senza pilota la barca non cammina" etc.) ma anche dalla voce narrante ( II sequenza "donna di telaio, gallina di pollaio, e triglia di gennaio", etc.) essi svolgono la funzione di rappresentare delle espressioni di senso del parlato e del linguaggio popolare necessari al narratore che vuole rappresentare oggettivamente i suoi personaggi e il mondo in cui essi si muovono; inoltre essi propongono una "verità" come dirà Padron 'Ntoni( "perchè il motto degli antichi mai mentì" III sequenza) che ha radici salde in chi lo ha preceduto. L'uso allora dei proverbi rimanda a dei valori di conservazione necessari per il mantenimento e rafforzamento della struttura familiare e che si incarnano nella figura di padron 'Ntoni , ma sembra volerci dire il narratore, il conservatorismo di Padron 'Ntoni non è quello reazionario e politico dei borbonici del sud ( fine III sequenza) perchè la Storia non entra nella comunità familiare e quando questo accade( partenza di 'Ntoni nipote per la leva, Luca che muore a Lissa etc.) ne determina la disgregazione.

    3) Procedi ad un confronto tra i personaggi: Padron 'Ntoni di "I Malavoglia" e Mastro don Gesualdo dell'omonimo romanzo di Verga pubblicato nel 1889.( cfr. i brani tratti dal Mastro Don Gesualdo Parte I, cap. IV, parte III, cap. I)
    La consegna che viene qui proposta rimanda ad un lavoro di confronto intertestuale, in cui è possibile mettere in gioco parte nelle considerazioni del quesito precedente circa il personaggio protagonista del brano proposto e il carattere e i valori che animano il protagonista del secondo romanzo del ciclo dei Vinti: Mastro don Gesualdo. Quest'ultimo è mosso da un'unica forza: accumulare ricchezze e titolo nobiliare per poter scalare la gerarchia sociale e acquisire uno posizione socialmente rispettabile; egli incarna il ruolo del self made man con la consapevolezza amara del proverbio che verrà ripetendo nel secondo brano citato "il pesco non s'innesta all'ulivo", cioé l'unione fallimentare dal punto di vista umano e affettivo con Bianca Trao. Il confronto allora potrebbe essere impostato a partire dalla prospettiva familiare dei due personaggi, entrambi sconfitti socialmente, ma portatori rispettivamente di un pessimismo verghiano di differente radicalità.

    c) Approfondimenti
    Questa terza sezione è costituita di solito da un quesito di contestualizzazione del brano e dell'autore rispetto a una corrente letteraria o movimento e alla relazione con altri autori o testi che hanno affrontato gli stessi temi, appartenenti alla stessa corrente etc.
    In questa fase sicuramente il possesso di prerequisiti (conoscenze dalla storia della letteratura e dalla lettura diretta di brani antologici etc. dell'autore, delle correnti letterarie, di altri autori delle letterature europee) si rivela necessaria per poter argomentare e formulare una risposta di carattere discorsivo esauriente.

    Il ciclo dei vinti, espressione originale e matura del verismo italiano, propone un confronto con il coevo Naturalismo e le coeve teorie positiviste, illustra

    - METODOLOGIA
    Il tempo a disposizione- La lettura- la scrittura funzionale.

    Consigli: è importante prima di avviare la lettura del testo proposto, leggere e capire i quesiti/consegne di ciascuna sezione:
    Sezione a) parafrasare e riassumere non sono la stessa cosa, e se nella consegna viene richiesto di procedere prima all'una e poi all'altra è utile seguire queste indicazioni e funzionalizzare anche la propria scrittura: nel primo caso si adotta una riscrittura dei versi (non proprio una versione in prosa!), nel secondo caso si procederà con una scrittura sintetica volta ad evidenziare temi ed argomenti badando che questa operazione non può occupare la metà del tempo a disposizione, come di solito accade nelle verifiche in classe, perché un congruo tempo richiederà l'analisi, il commento e l'approfondimento.
    Sezione b) Cosa rappresenta....., spiega il significato..., quale è il significato simbolico..., evidenzia....., rileva i mezzi espressivi, analizza le tecniche narrative .......etc , è possibile trovare queste richieste nei quesiti della seconda sezione, è necessario pertanto fare attenzione a cosa viene richiesto, spiegare il significato di un verso o di una frase non significa riassumere ma proporre un'interpretazione/commento in cui produrre un'argomentazione in forma discorsiva e coerente.
    Sezione c) Gli approfondimenti richiedono un tipo di scrittura argomentativa.

    Dopo aver realizzato cosa viene richiesto in ciascuna consegna è necessario procedere a una prima lettura tutta d'un fiato e ad una seconda lettura attenta del testo proposto, finalizzando quest'ultima alla prima operazione di comprensione complessiva ( individuando temi, argomenti, personaggi, spazio etc.) e lavorando a matita anche sulla copia in cui vi è stato proposto il testo; già in questa fase la segnalazione e individuazione di parole chiave, ripetute, metafore, immagini, figure retoriche, rime, verbi significativi, il titolo etc., l'annotazione ai margini di rimandi ad altre letture fatte, a conoscenze pregresse personali o avvenute in classe di testi e autori altri, potrà essere utile e velocizzare risposte a domande proposte successivamente.
    L'utilità di una prima e almeno una seconda lettura così orientata e poi l'avvio del processo di scrittura sta nel fatto che i quesiti delle altre sezioni potranno essere affrontati più speditamente perché il testo risuonerà nella memoria e già si saprà dove cercare cosa.

    Importantissimo infine è la scansione del tempo: è utile attribuire a ciascuna sezione almeno programmaticamente un eguale tempo; lasciando almeno 45 minuti finali per una rilettura dell'intero elaborato e stesura in bella copia.

    - OBIETTIVI
    - L'elaborato dovrà mostrare un uso corretto e appropriato della lingua e proporsi in una forma di discorso coerente e organico( non lesinare nell'uso del dizionario; rileggere i periodi evitando quelli lunghi, non cadere in contraddizioni di contenuto, dosare la punteggiatura etc.)
    - l'elaborato dovrà mostrare conoscenze dell'argomento e del contesto di riferimento;
    - l'elaborato dovrà mostrare il possesso di conoscenze della natura e struttura formale del testo.

    Introduzione a 'I Malavoglia' di Giovanni Verga

    Accesso al testo

    Il testo nasce, nei progetti dell'autore, come uno dei cinque romanzi (Padron 'Ntoni, Mastro Don Gesualdo, La Duchessa delle Gargantasù, L'On. Scipioni, L'uomo di lusso) che dovevano costituire il ciclo narrativo della "Marea", poi intitolato "Ciclo dei Vinti". Il carteggio dell'autore con l'editore Treves testimonia che, a partire dal 1875 Verga elabora l'idea di scrivere un «bozzetto marinaresco» intitolato appunto Padron 'Ntoni e solo alla fine, quando il volume viene pubblicato (Milano, Treves, 1881), il titolo diventa I Malavoglia. L'opera annuncia attraverso una importante Prefazione dell'autore le posizioni teoriche che presiedono alla scrittura del testo che si presenta come uno «studio sincero e spassionato». Verga infatti compì un vero e proprio studio per ricostruire il tessuto economico, sociale, linguistico e culturale attraverso una documentazione delle tradizioni, dei costumi, dei proverbi della località di Aci-Trezza, il villaggio di pescatori vicino Catania nel quale è ambientato il romanzo. Il testo narra la storia della famiglia Toscano, soprannominata appunto, come dice il titolo, i Malavoglia, cioè «la famigliola di padron 'Ntoni» che «era realmente disposta come le dita della mano: prima veniva lui, il dito grosso, che comandava le feste e le quarant'ore; poi suo figlio Bastiano, Bastianazzo, perché era grande e grosso [...] Poi veniva la Longa [la moglie di Bastiano], una piccina che badava a tessere, salare le acciughe , e far figliuoli, da buona massaia; infine i nipoti, in ordine di anzianità: 'Ntoni, il maggiore, un bighellone di vent'anni [...]; Luca [...]; Mena (Filomena) [...]; Alessi [...] e Lia (Rosalia) ancora né carne né pesce». I beni della famiglia consistono in una casa, la «casa del nespolo» e in una barca, la «Provvidenza» che – carica di lupini, acquistati da Padron 'Ntoni con un debito contratto con l'usuraio zio Crocifisso, per rivenderli e ricavare un notevole guadagno - viene colta da una tempesta per cui la barca naufraga e Bastianazzo muore. Prende avvio così la vita difficoltosa dei Malavoglia i quali, per pagare il debito, si trovano costretti a vendere la casa del nespolo, riconquistata solo a distanza di un periodo di tempo durante il quale si verificano lutti e disgrazie familiari, da Alessi e Mena. Il romanzo si conclude con il ritorno di 'Ntoni, uscito dal carcere, che ritornato nei luoghi dei suoi affetti si accorge che quello non è più il suo posto e riparte subito dopo aver guardato per un'ultima volta il suo amato paese. La vita della famiglia ruota intorno, dunque, a due oggetti fisici che assumono una forte valenza simbolica: la casa del nespolo è il luogo che garantisce l'unità della famiglia; la Provvidenza è la garanzia della sopravvivenza. Il romanzo è fortemente sperimentale sia dal punto di vista della struttura narrativa che si avvale della tecnica del distanziamento, della pluralità di punti di vista rappresentata attraverso una molteplicità di personaggi, sia dal punto di vista linguistico, adottando registri colloquiali che si mescolano nel tessuto di una lingua letteraria.

    I Malavoglia di Giovanni Verga
    Data della pubblicazione: 1989
    Data della prima edizione: 1881
    Genere: Romanzo sociale
    Fascia d'età': 15-18 anni
    Lessico: ricercato ma non specialistico
    Sintassi: semplice o poco articolata
    Linguaggio: arcaico e letterario

    Argomento:

    Il romanzo narra le vicende di una famiglia di Aci Trezza, i Malavoglia, che cercando di migliorare la propria condizione economica finisce invece per indebitarsi. La nave con il carico di lupini infatti affonda, i nipoti partono per la leva militare, 'Ntoni finisce in prigione, la famiglia si disgrega e la "casa del nespolo" viene venduta. Solo dopo la morte del patriarca e di sua nuora Maruzza i nipoti riescono nuovamente a risacattare la casa e a ricostruire un piccolo nucleo famigliare, dal quale rimangono esclusi però Lia, diventata una prostituta, e 'Ntoni, che non ritornerà a casa nemmeno dopo essere uscito di prigione.

    Commento:

    «Questo racconto è lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni le prime irrequietudini pel benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliuola, vissuta sino allora relativamente felice, la vaga bramosìa dell'ignoto, l'accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe stare meglio» G. Verga.

    I Malavoglia

    Questo romanzo è la storia triste di una povera famiglia di Acitrezza (Catania) e il cui capo padron 'Ntoni, capo di una famiglia di pescatori che con ogni mezzo cerca di tenere in piedi la casa del Nespolo e la tranquillità che questa casa rappresenta. Egli ha un debito con lo zio Crocifisso per un carico di lupini, purtroppo perduto in mare nel naufragio della barca provvidenza assieme a suo figlio Bastianozzo. Appunto per questo i Malavoglia fanno enormi sacrifici, ma il nipote 'Ntoni si allontana da Acitrezza perchè vuole conoscere le città ed il mondo; come un pesce affamato se lo inghiotte e con lui suoi molti parenti. I Malavoglia saranno costretti a vendere la casa del Nespolo, che alla fine il nipote più giovane, Alessi, riuscirà sì a ricomprare, ma il nonno, finito in ospedale, è già morto, solo, e purtroppo la famiglia è disperata e distrutta. I personaggi principali sono: 'Ntoni, che uscito dal carcere lascerà il paese; Mena innamorata del carrettiere Alfio; Lia che si allontanerà dal paese e si perderà; Alessi che ricomprerà la casa. Concludendo, il tema fondamentale dei Malavoglia è la religione della casa, l'ideale dell'ostrica, cioè l'attaccamento della povera gente alla casa, che come uno scoglio nel quale è tutta la sua fortuna. In questo romanzo abbiamo spesso i proverbi che sono molto importanti perchè, per esempio, detti da padron 'Ntoni non esprimono veri dolori; così i proverbi sono usati al posto dei giudizi dell'autore, come se il fatto si commenti da se con le parole della gente, che questo fatto vive e soffre. Tutti i personaggi hanno la stessa importanza per cui in questo romanzo c'è un'armonia e un equilibrio che ricorda la coralità delle tragedie greche. Il linguaggio è conciso, facile a capirsi fatto tutto di cose concrete e di verità. Il valore morale dei Malavoglia si può vedere nell'ultima parte del romanzo in cui vediamo che il piccolo mondo di Acitrezza non è cambiato e l'episodio dei Malavoglia fa parte della triste storia di sempre, simbolo della condizione degli umili ma anche di tutto il genere umano. 'Ntoni, che dopo la triste esperienza del carcere cerca di farsi una nuova vita, ci fa capire che la sventura è utile se ci insegna qualcosa.

    Mastro Don Gesualdo

    Questo romanzo si basa sulla religione della "Roba" e parla di un capomastro, Don Gesualdo, che col suo sudato lavoro raggiunge la ricchezza, riesce ad entrare fra la nobiltà di Vizzini (Catania) e a sposare una nobile decaduta, Bianca Trao, per cui diventa il padrone del paese. Ma anche se ricco, nella vita proverà sempre delusioni e solitudine; crolla pure un ponte che aveva in appalto e altre disgrazie fanno diminuire le sue ricchezze mentre la famiglia si disperde. La moglie muore di tubercolosi, la figlia Isabella sposa, senza amarlo, il Duca di Leyra il quale non pensa ad altro che a spendere i soldi del suocero e Don Gesualdo, vecchio e ammalato, morirà di cancro in una stanza della figlia a Palermo, solo, mentre i servi lo prendono in giro. Gli è accanto solo l'umile Diodata, che stava sempre con lui, per dimostrare che l'affetto si può avere anche senza denaro. In questo romanzo è ovunque presente il più totale pessimismo, mentre nei Malavoglia vi era sempre un po' di speranza. Per esempio, l'educazione di Isabella in collegio ci ricorda quella di Gertrude, i ritratti di famiglia di casa Trao ci fanno pensare a quelli del Palazzotto di Don Rodrigo. Questo romanzo è meno autoritario dei Malavoglia. Il motivo principale di questo romanzo è il culto della "roba" che in questo mondo può riuscire a trasformare un semplice muratore in una persona ricca e invidiata. Ma per contrasto il Verga ci parla pure di sentimenti semplici e disinteressati (come quelli della serva affezionata di Don Gesualdo, Diodata) i quali ci fanno capire, invece, che la roba è spesso causa di male e di dolore e che il denaro non fa diventare nobili. Ma in questo romanzo il bene non è mai premiato, per cui non si può vedere una vera legge morale, per questo si può parlare di un amaro pessimismo. Nei romanzi del Verga anche se l'autore voleva essere impersonale, il paesaggio è sempre legato ai fatti, quindi Verga non fotografa ma, quando descrive i paesaggi, mette in questi il dramma umano. Il vero protagonista dei romanzi veristi del Verga è il popolo anche se le figure maggiori dei romanzi sono il vecchio e il giovane: 'Ntoni e Mastro Don Gesualdo. Padron 'Ntoni è un semplice pescatore ma ci appare rude, triste e solenne nella sua naturale saggezza, basata su alcune massime che ha ascoltato sin dalla nascita e per cui lotta come un eroe: mantenere la roba, tenere unita la famiglia, rispettare la parola data. (Russo). Anche se il destino è contro di lui egli resiste sino alla fine. Il giovane 'Ntoni con la sua mania di allontanarsi dal paese rappresenta quasi l'antagonista del nonno.
    Lo scrittore che dobbiamo ricordare prima del Verga è Nievo. Il Verga è pessimista perchè vivendo nell'età del Positivismo non crede nella Provvidenza e non c'è Dio nei suoi libri, ma Verga non crede neanche in un avvenire migliore, conquistato in terra con la forza degli uomini, non è, cioè, un socialista che crede nella vittoria finale del IV stato (proletariato), vittoria ottenuta con l'unione e la lotta. A Verga interessano solo i vinti. Verga scrisse opere teatrali con argomenti presi dai racconti stessi: Cavalleria rusticana, (dalla novella dello stesso nome) e La Lupa.

    La lirica del secondo Ottocento

    Nel secondo Ottocento anche nella poesia vi fu la tendenza al vero e abbiamo, ora una poesia facile, vicino alla prosa, ora una poesia più artistica in cui il poeta si chiudeva per l'insoddisfazione della realtà. Questo secondo aspetto si ha soprattutto in Francia, dove si era molto sviluppata la società capitalistica; in Italia, invece, il poeta cerca di inserirsi nel mondo borghese, perchè in Italia ci fu l'influenza dei grandi poeti che in altri paesi avevano iniziato il decadentismo (Baudelaire, Mallarmè, Verlaine).








    Riassunto de “I Malavoglia”

    Il romanzo parla della storia (1863 – 1875) di una famiglia di pescatori di Aci-Trezza,i Toscano,detti Malavoglia:il capo famiglia,padron ‘Ntoni,è costretto a partire per la leva e la famiglia cade nel disagio economico.
    Per rimediare,’Ntoni compra a credito dei lupini da rivendere nel porto vicino,ma durante il trasposto la Provvidenza affonda con tutto il carico e la famiglia cade nella miseria più nera.
    Dopo la morte di Maruzza per colera,‘Ndoni,entrato in un giro di contrabbandieri,viene scoperto,ferisce un finanziere e viene arrestato; Lia,sua sorella,si prostituisce e Mena deve rinunciare al suo matrimonio.
    ‘Ndoni muore anni dopo in solitudine e Alessi,il più giovane,sceglie di continuare il mestiere del nonno e riscatta la casa del nespolo,pignorata anni prima.

    Pubblicato nel 1881,questo romanzo facente parte del” ciclo dei vinti” non ebbe successo a causa del linguaggio troppo innovativo e dei contenuti polemici contrari alla fiducia nel progresso.
    Il tema centrale è la contrapposizione tra l’etica borghese del profitto e la religione della famiglia Malavoglia che finisce per prevalere su quella ufficiale: la famiglia è destinata ad essere vittima del benessere economico dilagante,che li porta ad una rovina ancora più amara:basti pensare al naufragio della Provvidenza e all’incarcerazione di ‘Ndoni,dovuta al fatto di essersi allontanato dagli obblighi morali derivanti dalla sua famiglia.

    Questo tema rispecchia le convinzioni di Verga,secondo il quale il progresso economico verificatosi all’indomani dell’Unità d’Italia non faceva altro che danneggiare le popolazioni meridionali provocando la scomparsa degli antichi valori e dei rapporti umani.
    Il lieto fine della storia è solo ingannevole: il ricostituirsi del nucleo familiare nella casa del nespolo non è altro che l’epilogo di una successione di tragici eventi e la nostalgia per quei valori umani ormai destinati a scomparire per sempre.

    Linguaggio: troviamo la prevalenza del discorso diretto,indiretto e indiretto libero e l’utilizzo delle espressioni popolari tipiche della popolazione di Aci Trezza attraverso le quali è possibile evincere l’intreccio degli avvenimenti e che rendono la storia più realistica.
    Il risultato è una voce popolare che esprime il punto di vista dell’intera comunità,soprattutto in merito all’innovativa logica del profitto diffusasi in paese:il lettore ha quindi la possibilità di osservare la vita dell’intero paese,immerso nelle sue vicende e nei suoi drammi.
    Il narratore verghiano condivide la mentalità dell’ambiente rappresentato ed esprime giudizi che sono diversi da quelli dell’autore,che finisce quindi per rinunciare al suo punto di vista per far prevalere i giudizi del narratore e il linguaggio dei protagonisti: questa tecnica si chiama “artificio della regressione” e presenta una netta differenza tra autore,narratore e personaggi.
    Il linguaggio consiste in espressioni dialettali,ripetizioni,proverbi,similitudini popolari e periodi brevi,il tutto ulteriormente accentuato dall’uso del discorso indiretto ed indiretto libero.
    Quest’ultima tecnica,tipicamente verista,è stata studiata dal critico Leo Spitzer (che parla di “discorso rivissuto”):consiste nell’assenza di espressioni che segnano il passaggio dal discorso del narratore a quello del personaggio:il narratore riporta le espressioni dei personaggi come se fossero sue,ma il linguaggio adottato appartiene palesemente ai personaggi,per cui è talmente calato che non se ne avverte nemmeno la presenza.
    È un procedimento finalizzato a dare al racconto un maggiore realismo e una maggiore impersonalità di narrazione (“eclissi dell’autore”).


    I Malavoglia di Giovanni Verga, scheda libro

    Breve riassunto

    Il libro narra il progressivo declino dei Toscano, detti Malavoglia, una famiglia di pescatori di Aci Trezza.
    I loro problemi iniziano nel dicembre 1863, quando il figlio maggiore, 'Ntoni, parte per il servizio militare, e la famiglia perde così forza lavorativa e quindi guadagni. Accettano dunque l'incarico di trasportare un carico di lupini fino a un paese vicino, ma nel viaggio la barca di famiglia, la Provvidenza, affonda, trascinando con sé Bastianazzo, il padre di 'Ntoni. La famiglia resta quindi fortemente indebitata con il committente del trasporto, Compare Crocifisso, che poi cederà il credito a Compare Piedipapera, che sarà molto più intransigente.
    Per qualche anno i Malavoglia non fanno altro che racimolare a poco a poco il denaro, ma la serie di disgrazie si allunga: Luca, il secondogenito, muore in guerra, la Longa, moglie di Bastianazzo, muore di colera, 'Ntoni, ritornato dal servizio militare, va a cercar fortuna altrove, ma dopo essere tornato senza risultati si dà al contrabbando e viene arrestato e l'ultima nata, Lia, impazzita all'arresto di 'Ntoni, fugge da casa, e nessuno la rivedrà più. Infine, anche Padron 'Ntoni, il vecchio padre di Bastianazzo, il vero punto di riferimento della casa durante tutti quegli anni, muore, lasciando soli i due nipoti rimanenti, Alessi e la sorella Mena. 'Ntoni nel frattempo ha scontato la sua pena, e torna al paese
    solo per dire addio ai fratelli, dal momento che ormai non può più continuare a vivere nel luogo di origine, poiché aveva disonorato il suo nome e non avrebbe più trovato alcun lavoro.

    Sullo sfondo di questa vicenda, si trascina lenta la normale vita di paese: le chiacchiere delle comari, le fintamente importanti, in realtà vane discussioni politiche sui cambiamenti in corso nel neonato regno d'Italia, gli amori dei ragazzi,
    il lavoro, il denaro, senza per questo scadere in un puro romanzo di folklore, ma usando con sapienza l'ambientazione per dare quanto più realismo possibile alla vicenda.

    Personaggi principali.

    Padron 'Ntoni: è il fulcro della famiglia dei Malavoglia, anzi, per usare una sua metafora, è il dito grosso, in una famiglia che deve essere come il pugno che mena il remo: le cinque dita si devono aiutare l'un l'altro.
    Lo si ricorda principalmente per le perle di saggezza popolare che usa elargire a ogni pie' sospinto, che consistono in proverbi riguardanti più o meno ogni argomento, dalla morale alla meteorologia. E' fiero di essere un Malavoglia,
    e in tutto il libro ci sono vari riferimenti all'importanza e alla dignità di appartenere a quella famiglia, specialmente quando rimprovera il nipote 'Ntoni, che esprime l'insofferenza per quello stile di vita. Anche lui, come tutti gli altri, ci viene presentato sotto un'altra luce man mano che il declino familiare peggiora: da grande figura di riferimento e di disciplina all'inizio dell'opera, al povero, fragile vecchio, slegato dalla realtà delle cose, fissato su vane speranze di risalita che ci appare alla fine, subito prima di morire in ospedale.
    Maruzza la Longa: la nuora di Padron 'Ntoni e moglie del subito defunto Bastianazzo. È l'altra figura centrale della famiglia, assieme a Padron 'Ntoni. Non ha, in effetti, un grande ruolo nell'azione del romanzo, ma la
    sicurezza che la presenza della madre garantisce ai cinque figli, diventa evidente solo quando la poveretta muore di colera, lasciando un vuoto difficilmente colmabile al centro della casa.
    'Ntoni: è il vero simbolo, assieme al nonno, del declino della famiglia. Ci viene inizialmente presentato come un bighellone di circa vent'anni, che si buscava tutt'ora qualche scappellotto dal nonno, e qualche pedata più giù
    per rimettere l'equilibrio, quando lo scappellotto era stato troppo forte (pag. 46), quindi con una certa severità mista ad ironia, come a dire che adesso è ancora giovane, ma col tempo , come ci viene detto altrove, risponderà alle
    speranze che tutti hanno in lui, il primogenito, la base per il futuro della famiglia. Invece, proprio da lui parte la lunga caduta. Con la sua partenza, i Malavoglia si impegolano nell'affare dei lupini, da cui nascono tutte le loro disgrazie. Quando torna da militare, 'Ntoni comincia a dimostrarsi insofferente verso la vita del paese, e a manifestare il desiderio di cercar fortuna altrove, ma viene sempre trattenuto dal nonno e dalla madre.
    Quando poi la Longa muore, il giovane si decide, e parte, promettendo di tornare ricco abbastanza da risollevare le sorti della famiglia. Ma questa resterà solo una speranza, e quando il ragazzo ritorna a mani vuote, scende ancora più giù nel baratro: diventa apatico, lavora svogliato, comincia ad ubriacarsi tutte le sere e ad imbarcarsi in affari equivoci, oltre che a litigare con il brigadiere, don Michele, che sospetta di lui. Quando poi verrà arrestato per contrabbando, 'Ntoni lo accoltella, viene condannato, e lascia la famiglia in problemi ancora maggiori.
    Quando verrà scarcerato, dopo che la famiglia, in un crescendo quasi shakespeariano di tragedie, si ridurrà solo ad Alessi e a Mena, tornerà al paese, solo per dire addio, e partire per luoghi dove non sia conosciuto per
    cercare ancora una volta lavoro (Per altro qui non posso starci, ché tutti mi conoscono, e perciò son venuto di sera. Andrò lontano, dove troverò da buscarmi il pane, e nessuno saprà chi sono, pag. 289).
    Mena: detta Sant'Agata per il suo continuo stare al telaio, è una bella ragazza, ammirata e stimata in tutto il paese, e considerata da tutti un ottimo partito per i figli, all'inizio del libro. Anche lei, però, cade nel vortice discendente dei Malavoglia, e quando l'uomo di cui è innamorata, Alfio Mosca, la chiede in sposa, alla fine del romanzo, è costretta a rifiutare, perché ormai i Malavoglia, in paese, non sono più considerati gente onesta, ora che hanno perso tutti i beni di famiglia e vivono in povertà, e il loro nome è disonorato (giacché nessuno oserebbe prendersela una Malavoglia, dopo quello che è successo. pag. 287-8). È anch'essa simbolo della mala sorte che ha accompagnato la famiglia durante la vicenda.

    Riflessioni sul tempo, luogo, azione del racconto.

    La vicenda narrata si svolge a partire dal dicembre 1863 per circa otto anni, in Sicilia. L'ambiente è dunque quello del recentemente nato Regno d'Italia, nascita, questa, che porta grandi e poco graditi cambiamenti nel Sud Italia ex-borbonico, come tasse più pesanti, e soprattutto la leva obbligatoria, che è alla base di tutte le tragedie del romanzo, con la partenza di 'Ntoni, e quella successiva di Luca.

    Riflessioni sul registro stilistico utilizzato, sulla lingua e sul lessico.

    Le poche parti di narrazione vera e propria sono in lingua italiana, le parti di discorso diretto sono anch'esse generalmente in italiano, con qualche parola, espressioni e proverbi siciliani. Il lessico è quello che si usa abitualmente nella vita di un piccolo paese: non ci sono espressioni complicate o eccessivamente formali, oltre al voi usato comunque con tutti. I discorsi si svolgono prevalentemente con un registro molto informale, e gli argomenti sono tutti riguardanti la vita monotona e ripetitiva del paese, e il libro stesso, alla lunga, ingenera un senso di monotonia e ripetitività. Questo uso eccessivo del dialogo, comunque, è un'espressione del realismo del Verga, del suo tentativo di trasporsi nei personaggi del romanzo, che vengono colti come sono realmente attraverso le loro frasi, molto più efficacemente di quanto avverrebbe con una descrizione.
    Dai dialoghi, man mano che si procede nella lettura, si arriva a conoscere un personaggio nella sua psicologia, che comunque è scarna, senza sfumature e morbidezze, come richiede la condizione stessa di vita, vita nella quale non si ha tempo di pensare davvero.

    Commento generale.

    Il libro è interessante per vicenda e ambiente, si fa leggere ed è molto ben scritto: se lo scopo del Verga era quello di farci immedesimare negli abitanti di questo paese siciliano, il risultato è stato ottenuto in pieno.
    Verso la fine, il racconto comincia a diventare ripetitivo, ma questo è un modo per descriverci la vita stessa del paese, anch'essa ripetitiva e monotona, piena di pregiudizi, stereotipi e menzogneri pettegolezzi, sempre sugli stessi argomenti
    (amore, denaro, lavoro). È anche un modo per ricordarci che la vicenda dei Malavoglia non può essere considerata da sola, ma deve essere sempre inserita nel contesto sociale della cittadina: infatti la triste storia della famiglia ha dirette
    conseguenze sociali, leggibili nel cambiamento del giudizio della voce comune popolare tra l'inizio e la fine del loro declino.




    L'AMBIENTE E IL PAESAGGIO


    La dimensione spaziale e temporale del romanzo è in funzione della sua struttura "corale". Riprendendo la definizione del critico russo M. Backtin, "I Malavoglia" può essere considerato un perfetto modello di "romanzo polifonico", dove ogni personaggio è insieme oggetto della parola del narratore e soggetto della propria parola.
    Qui il dialogo diventa azione, strumento dinamico che costituisce il racconto sottoponendolo a più punti di vista.
    Lo spazio non si definisce mai nella sua oggettività, ma nel modo in cui appare ai personaggi. Esso coincide con il villaggio di Acitrezza, ordinato in una serie di piccoli frammenti di mondo, compiuti in se stessi: la casa del nespolo e il mare, l'osteria di Santuzza e la bottega dello speziale, la piazza e la spiaggia, gli scalini della chiesa e il negozio del barbiere, la casa del beccaio e gli scogli del Rotolo.
    Acitrezza diventa così il luogo dove ciascuno vede esente i gesti e le parole degli altri, attua e subisce giudizi e commenti sulle persone e sugli eventi.
    Solo saltuariamente la scena si sposta ai paesi vicini o alla città (Catania); essa diventa, per i "poveri diavoli" di Acitrezza, il luogo infernale della rovina e della catastrofe: qui Lia andrà a perdersi come prostituta e padron 'Ntoni andrà a morire all'ospedale, lontano dai suoi familiari e dal suo mondo.
    Il paesaggio non è mai descritto, ma sempre raccontato; questo rende l'idea della simbiosi esistente tra l'ambiente e i personaggi. Lo spazio del villaggio è dominato dalla presenza costante del mare, che sembra accompagnare come un sottofondo musicale le speranze e i dolori dei pescatori. Il mare è, nello stesso tempo, ragione di vita e di sopravvivenza economica e causa di sventura e di morte. Esso assume anche connotazioni antropomorfe, tipiche delle suggestioni e delle credenze popolari; il mare sembra, a tratti, una presenza quasi umana: sensibile alle condizioni meteorologiche, dorme, russa, muggisce e urla.
    La casa e la barca, i due simboli della sopravvivenza economica dei Malavoglia e quindi della tradizione familiare, s'identificano soprattutto nei momenti di sventura e di miseria.
    Per quanto riguarda il tempo, ne "I Malavoglia" esso procede secondo la cronologia dei fatti in sequenze parallele, per cui la narrazione acquista la stessa percezione che si ha della realtà. Lo sguardo dei personaggi crea l'unità temporale tra le sequenze: è lo sguardo che si sposta dai vicoli di Acitrezza al mare e dal mare alla casa del nespolo la tragica notte del naufragio della Provvidenza.
    Per annullare la sensazione, da parte del lettore, di salti spaziali nel proporsi della vicenda, Verga usa la tecnica della concatenazione, cioè la ripetizione della frase da una sequenza ad un'altra. Questo è ancora più evidente nei passaggi da un capitolo ad un altro: -"Che disgrazia!" dicevano sulla via "E la barca era carica! Più di quarant'onze di lupini!"-[fine cap. III]-"Il peggio era che i lupini li avevano presi a credenza"- [inizio cap. IV]; oppure "Mio fratello Luca ci sta meglio di me a fare il soldato!" brontolò 'Ntoni nell'andarsene- [fine cap. VII]- "Luca poveretto non ci stava né peggio né meglio"- [inizio cap. VIII].
    La vicenda sembra collocata in un non definito intervallo storico, della durata di quindici anni circa, anche se è presente qualche riferimento cronologico. I fatti storici di cui si parla nel romanzo; la battaglia di Lissa, la cacciata dei Borboni, l'impresa garibaldina, non hanno funzione di cronaca o sfondo, ma sono citati perché costituiscono motivo di guai per i Malavoglia o sono argomenti di conversazione o di polemica per la gente del villaggio; inoltre danno al racconto un sapore di "remota attualità" che rende i personaggi e le vicende ancora più vive nel ricordo.


    I PERSONAGGI


    I personaggi ne "I Malavoglia" sono delle voci narranti all'interno del "coro" di Acitrezza. Le indicazioni sull'aspetto fisico dei personaggi sono estremamente limitate e vengono fornite non al primo apparire delle varie figure, ma quando esse sono già familiari al lettore, filtrate quasi sempre da interventi del personaggio stesso, o, più di frequente, di altri personaggi.
    Della Longa sappiamo solo che era " una piccina che badava a tessere, salare le acciughe e far figlioli, da buona massaia"; anche dell'aspetto di Mena, "soprannominata Sant'Agata " perché stava sempre al telaio, non sappiamo assolutamente nulla. Di Lia e di Nunziata si sa solo che sono bambine, e che crescono nel corso del romanzo fino a divenire delle giovani donne.
    Anche gli altri personaggi femminili del romanzo sono caratterizzati da scarsi particolari fisici, per lo più attraverso le battute schiette e pungenti di altri personaggi: la Zuppidda, la Vespa, la Santuzza.
    Sono donne umili, ma anche seducenti e maliziose, c'è chi dedica la sua vita al lavoro e alla famiglia e chi preferisce farsi corteggiare dagli scapoli agiati del paese. Ad Acitrezza Verga fa rivivere un'ampia gamma di caratteri e personalità, conferendo naturalezza e realismo ai suoi personaggi.
    Quasi nulla viene detto dell'aspetto fisico dei personaggi maschili, fatta eccezione per Bastianazzo, "grande e grosso quanto il S. Cristoforo che c'era dipinto sotto l'arco della pescheria della città".
    La dimensione psicologica dei personaggi non è mai univoca, ma sempre sfaccettata e rifranta attraverso il gioco dei diversi punti di vista, che ne evidenziano la costante stabilità.
    I personaggi de "I Malavoglia" si costruiscono nel gioco intrecciato delle relazioni interpersonali. E' il linguaggio a funzionare da filtro trasparente delle idee, degli affetti, degli atteggiamenti e quasi sempre cristallizza l'azione e le persone in una fissità stereotipata, che rimane impressa nella memoria del lettore.
    Il romanzo sembra articolarsi in un sistema di "coppie di opposti"; ogni coppia esprime l'antitesi tra due tendenze ideologiche di per sé contrastanti: il legame con l'ideale etico e le leggi patriarcali della tradizione, e la ricerca egoistica dell'utile o la ribellione al mondo statico e ripetitivo del borgo.
    Nella famiglia Malavoglia, tra i nipoti di padron 'Ntoni si possono identificare le coppie 'Ntoni-Alessi e Lia-Mena. Alessi somiglia al nonno e al padre, sarà lui a perpetuare il codice di comportamento della famiglia laboriosa ed onesta. 'Ntoni invece sarà ribelle alle norme etiche della tradizione e si allontanerà sempre di più dalla famiglia e dagli affetti.
    Allo stesso modo, Mena rispetta il codice dell'onore familiare e sceglie la strada della rinuncia e dell'accettazione del destino, mentre Lia infrange tale codice e sceglie la via della fuga e della perdizione. Da un lato emerge la saggezza del nonno, che ha una visione statica della gerarchia sociale, dall'altro l'irrequietudine del nipote ('Ntoni) alla ricerca della libertà e del guadagno fuori dal mondo di Acitrezza.
    La decisione finale di 'Ntoni di partire nasce dalla presa di coscienza di un mutamento irreversibile, del distacco da una visione del mondo in cui legge morale e codice dell'onore coincidono.
    Il pensiero politico della gente e la funzione dello stato sono rappresentati dalla disputa tra il prelato don Giammaria, reazionario e filoborbonico e don Franco, lo speziale repubblicano e anticlericale. Come emerge dalla rivolte per il dazio sulla pece, trasformatasi in una bega di comari pettegole, Verga non crede nella rivoluzione, perché tanto il mondo non cambierà mai, e ci saranno sempre i deboli e i forti, governanti e governati, e prevarrà sempre la legge della violenza e dell'interesse.
    Il mondo di Acitrezza sfugge, comunque, alla logica dello stato e si isola come comunità a se stante.
    La famiglia Malavoglia difende i valori autentici: la "religione" della casa e della famiglia, il lavoro, l'onore, la solidarietà e l'altruismo. E in questa lotta soccombe, precipitando nella rovina e nella catastrofe della miseria. Sono loro i "vinti" del Verga, non perché sopraffatti dal destino, ma perché sconfitti dai più forti, dominati dal meccanismo crudele di chi conosce e pratica solo la legge della forza e dell'utile personale.


    TEMI PRINCIPALI AFFRONTATI


    La qualità principale di Verga non è l'immaginazione cara ai romantici, ma la capacità di esprimere il senso del reale: come afferma lo stesso Zola, "Far muovere personaggi reali in un ambiente reale, offrire al lettore un brandello di vita umana; il romanzo naturalista è tutto qui".
    Legata all'importanza della TRADIZIONE è sicuramente la presenza di circa centocinquanta PROVERBI, hanno un valore simbolico, esprimono angosce, desideri e concezioni di un mondo che non trova altro modo di manifestarsi.
    I proverbi contengono la sintesi del pensiero della povera gente che "I Malavoglia" intendevano esprimere, inoltre rimangono tali nel tempo ,immersi in una sfera di fissità ideologica e morale che li rende sempre attuali.
    La concezione patriarcale della famiglia è espressa completamente nei proverbi di padron 'Ntoni: "Gli uomini sono fatti come le dita di una mano, il dito grosso deve fare da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo", "Per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro", "Fa il mestiere che sai, se non t'arricchisci, camperai".
    "Boia" della tradizione, il PROGRESSO diventa, agli occhi di Verga, la macina impietosa della storia che calpesta i più deboli, quelli che non sanno subordinare la purezza dei valori all'egoismo dell'utile senza scrupoli. Verga non crede nel progresso e nelle rivoluzioni, la sua visione del mondo esclude sia la speranza in un miglioramento futuro della società, sia il rimpianto di un ritorno al passato, ma si traduce in un'analisi lucida e oggettiva del reale. Il suo avvilente pessimismo offre solo una tragica panoramica di quella che è la quotidianità: le sofferenze prodotte dalla lotta per l'esistenza, l'oppressione che rende schiavi in casa propria, la miseria che soffoca la povera gente e non lascia spazio a nessuna rivincita sul destino.
    Anche la rovina dei Malavoglia sembra segnata dal destino, da un FATO cupo e crudele, in realtà dipende da un complesso gioco di intrighi in cui l'usuraio, il sensale e il segretario comunale si muovono da maestri. Non è il fato a determinare vinti e vincitori, ma la legge del guadagno che fa perdere alle persone il rispetto dei valori.
    Concludendo quest'analisi vorrei riproporre l'epilogo del romanzo, in cui 'Ntoni coglie il senso del suo viaggio:
    "Anch'io allora non sapevo nulla, e qui non volevo starci, ma ora che so ogni cosa devo andarmene!".
    Prima non conosceva il valore delle radici familiari e della tradizione dei padri, e voleva partire alla ricerca di una felicità utopica, nascosta tra i veli dell'ozio e del benessere; ora che ha capito, invece, riconosce di aver perso le sue radici, di dover morire per rinascere diverso.
    Il mondo continua la sua corsa senza sosta, sta soltanto alla caparbietà di ciascuno fare in modo che non si dimentichi del nostro passaggio.
    Verga, con "I Malavoglia", ha assolto questo arduo compito, e certamente ci rimarrà, ascoltando il suo nome, il rumore di un mare in tempesta e la luce di una casa che aspetta nel tramonto.

    LA VITA


    Giovanni Verga,
    scrittore italiano (Catania 1840-1922). Di formazione romantico-risorgimentale, esordì con romanzi storici e patriottici ispirati a Dumas (Amore e patria, rimasto inedito; I carbonari della montagna, 1861-62; Sulle lagune, 1863), occupandosi nel contempo di giornalismo politico. Trasferitosi a Firenze nel 1865, frequentò i salotti letterari e, a Milano dal 1872, entrò in contatto con gli ambienti della Scapigliatura e aderì al Verismo. Non ebbe grande successo presso il pubblico, più sensibile alla problematica di Fogazzaro o all'estetismo di D'Annunzio. Ritornato a Catania (1893), abbandonò l'attività di scrittore, vivendo i suoi ultimi anni in modo schivo e riservato. Il tema dello scontro con la società appare già in Una peccatrice (1865), dove è affermato il valore assoluto della passione amorosa, con eccessive compiacenze per i motivi tetri e macabri, che fanno di questo romanzo, ripudiato dallo stesso autore, un "museo degli orrori romantici" (L. Russo). Una vicenda d'amore è anche Storia di una capinera (1871), che piacque per il motivo sociale della monacazione forzata e per il languido romanticismo; ma nella parte finale del romanzo appaiono motivi di gusto già scapigliato, che sono sviluppati in Eva (1873): questo primo romanzo milanese segna il passaggio di Verga dall'ingenua mitologia romantica a un moralismo ribelle contro una società dominata dal feticcio del denaro, alla quale viene contrapposto il ritorno ai valori tradizionali della famiglia. Questo tema domina anche in Tigre reale (1873), notevole per il primo apparire del motivo della rinuncia all'amore, che avrà ampio sviluppo nei capolavori e in Eros (1875), incentrato sul cinismo disilluso, come fulcro di una vita sbagliata, inesorabilmente chiusa dal suicidio del protagonista. Dopo questo romanzo, Verga abbandona anche il moralismo scapigliato e ogni polemica contro la società aristocratico-borghese per ripiegare nel vagheggiamento di una società contadina e preindustriale. Tale svolta, che coincide con l'adesione al Verismo, non si manifesta, nonostante l'argomento rusticano, in Nedda (1874), dove manca ancora l'impersonalità e troppo scoperto è il vittimismo tardo-romantico, e neppure in Primavera e altri racconti (1876), ma nei racconti di Vita dei campi (1880), centrati su un mondo elementare e arcaico, dove l'unica difesa contro la spietata legge dell'interesse economico è la famiglia. Vertici narrativi di Vita dei campi sono due racconti di emarginati: Jeli il pastore che, muovendo dalla struggente evocazione della campagna siciliana, narra il tragico impatto di un giovane "primitivo" con un contesto sociale fondato sulla proprietà privata come unico valore, e Rosso Malpelo, storia di un ragazzo che accetta e nel contempo denuncia con estrema lucidità, il sistema di violenza su cui è strutturata la società. Il contrasto tra mondo borghese e società arcaico-rurale si traduce, nei Malavoglia (1881), nell'opposizione tra gli abitanti di Aci Trezza, guidati dalla legge dell'egoismo e dall'interesse e i Malavoglia, fedeli al mito della famiglia ma destinati a essere travolti e a sentirsi isolati e "vinti". L'originalità del romanzo, sul piano stilistico, è nel "discorso rivissuto", con il quale Verga filtra il racconto attraverso i pensieri e i discorsi dei paesani, raggiungendo un esito altissimo di coralità. Dopo Il marito di Elena (1882), di ambiente cittadino e piccolo-borghese, Verga pubblicò le Novelle rusticane (1883), dove crollano i miti della famiglia e dell'onore, mentre diventa più spietata e più dura la logica economica (Pane nero, La roba) e si scatena la violenza di classe (Libertà). Dopo le novelle di Per le vie (1883) e Vagabondaggio (1887), dove è rappresentato il mondo popolare milanese e siciliano, appare il secondo romanzo del ciclo dei "vinti", Mastro don Gesualdo (1889), dramma dell'ascesa sociale di un ex manovale, il cui benessere economico, raggiunto dopo tante fatiche, rende ancora più tragica la morte, in una solitudine squallida e disperata. L'abisso tra natura e storia, che caratterizzava i Malavoglia, appare colmato in Mastro don Gesualdo non perché Verga abbia modificato il suo pessimismo, che, anzi, si è incupito, ma perché la vicenda storico-politica, che nell'episodio malavogliesco della battaglia di Lissa era una realtà estranea e lontana, ora è vista dall'interno, e Verga dà voce alla delusione storica nei confronti del Risorgimento tradito. Dopo Mastro don Gesualdo comincia il lungo crepuscolo dello scrittore, la cui esperienza teatrale si riduce a una trasposizione più o meno riuscita della sua narrativa sulla scena (Cavalleria rusticana, 1884; In portineria, 1885; La Lupa, 1896; Caccia al lupo e Caccia alla volpe, 1902; Dal tuo al mio, 1903; Rose caduche 1918). Tra le altre opere narrative, ricordiamo il racconto di Caccia al lupo (1897), di efficace taglio drammatico, e il romanzo Dal tuo al mio (1905), che, come l'incompiuta Duchessa di Leyra, contiene pagine di notevole potenza artistica.
    L'opera più acclamata e considerata di Verga è sicuramente "I Malavoglia", di cui abbiamo già approfondito i tratti principali.
    Un altro tra i sui capolavori è "Mastro don Gesualdo"; in quest'opera, Gesualdo Motta, un manovale, diventa, a furia di lavorare, un ricco borghese e vuole imparentarsi con la nobiltà: sposa Bianca Trao, costretta al matrimonio per rimediare a una precedente relazione, il cui frutto è la figlia Isabella. Isolato nella famiglia, ricattato dalla famiglia d'origine, Gesualdo deve abbandonare Diodata, la serva fedele che egli ha reso più volte madre. Isabella sposa un duca squattrinato che disperde le sostanze accumulate con tanta fatica da Gesualdo; questi, ammalatosi nel palazzo palermitano del genero, tenta invano di comunicare le sue ultime intenzioni alla figlia e si spegne solo, tra l'indifferenza e i pettegolezzi dei servi.

    I MALAVOGLIA:

    La vicenda del romanzo abbraccia un periodo compreso tra il 1863 e il 1878. Protagonisti sono i Toscano, una famiglia di pescatori del paesello di Aci Trezza, da lungo tempo soprannominati I Malavoglia. La famiglia, che vive nella "casa del nespolo", è composta dal vecchio patriarca Padron 'Ntoni, da suo figlio Bastianazzo sposato con Maruzza, e dai cinque nipoti: 'Ntoni, Luca, Mena, Lia, Alessi.
    La chiamata di leva per il giovane 'Ntoni è il primo colpo per i Malavoglia, quello che determina il dramma successivo. Infatti Padron 'Ntoni, per guadagnare qualcosa mentre il nipote è assente, decide di comprare un partita di lupini a credito, che suo figlio Bastianazzo dovrà andare a vendere. L'affare si rivela un tragico, fatale errore. La barca dei Malavoglia, la "Provvidenza", su cui Bastianazzo trasporta il carico, fa naufragio: Bastianazzo muore, i lupini vanno perduti.
    La serie delle disgrazie non si ferma qui: la casa deve essere venduta per pagare i debiti; Luca, partito soldato per sostituire il fratello 'Ntoni, muore nella battaglia navale di Lissa. 'Ntoni, tornato in paese, comincia a frequentare cattive compagnie e finisce in galera per contrabbando; scontata la pena, lascia per sempre il paese. Lia, sulla quale corrono voci malevoli, fugge e diventa prostituta in città. Anche Maruzza e il nonno muoiono, l'una di colera, l'altro provato dai colpi della "malasorte".
    Svanito il fidanzamento con Brasi, imposto dal nonno, Mena rinuncia di sua volontà a sposare il carrettiere Alfio Mosca, del quale è innamorata: vivrà insieme ad Alessi e a sua moglie Nunziata, curando i nipotini, quando il fratello, impegnatosi con tutte le sue forze per rispettare il volere del nonno, sarà riuscito a riscattare la "casa del nespolo".
    Il vero protagonista dei Malavoglia è probabilmente il villaggio di Aci Trezza, all'interno del quale inizia e si svolge il dramma della famiglia Toscano. È senza dubbio la gente di questo paese (l'usuraio Zio Crocifisso, il calafato mastro Turi Zuppiddu, il segretario comunale don Silvestro) che sa sempre tutto e che ha un compito importantissimo, tanto che è stata suggerita non a caso, la definizione dei Malavoglia come opera "corale". Ad ogni modo, l'indiscutibile importanza della "coralità" nel romanzo non esclude né diminuisce il rilievo di alcuni personaggi, tra i quali spiccano il vecchio Padron 'Ntoni e il giovane 'Ntoni.
    Nonno e nipote infatti, occupano un posto centrale nella dinamica dei Malavoglia e sono quasi l'uno specchio dell'altro, poiché ognuno di loro rappresenta uno dei cardini della visione verghiana. Padron 'Ntoni è il simbolo dei valori fondati sulla tradizione, di quella "religione della casa e della famiglia", che rappresenta uno dei punti fondamentali del romanzo. Egli era solito mostrare "il pugno chiuso", emblema di una salda unione familiare e nel parlare, ricorre di continuo ai proverbi e ai motti, che racchiudono la saggezza degli antichi.
    'Ntoni invece, incarna la ricerca del nuovo e del diverso che, sempre secondo l'ideologia verghiana, è implicita nello scorrere inarrestabile della "fiumana del progresso", una ricerca che in lui, si traduce in una costante irrequietezza.
    Nel romanzo si possono cogliere molti elementi tipici del verismo, come l'impressione dell'opera che si fa da sé, grazie anche al sapiente uso del discorso indiretto libero di colorite espressioni popolari e dell'almeno apparente invisibilità dell'autore, nel pieno rispetto del pensiero di Flaubert. Il ritmo è lento e prevalgono le sequenze narrative, alternate con dialoghi. Nel complesso uno splendido specchio della società siciliana del tempo, con un'intelligente analisi dei problemi sociali, non ultima la completa ignoranza del popolo.

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