Replying to FATE..FOLLETTI..ELFI e GNOMI.... |
"Come tutto cominciò…
Mille e mille anni fa, una lunga schiera di uomini e donne bellissime uscirono dalle fitte nebbie che circondavano il Grande Nord. Erano i Tuatha de Danaan, gli “Uomini della Dea”.
Saggi, forti ed esperti di magia, i Tuatha conquistarono ben presto tutta l’Irlanda. Regnarono indisturbati e felici per secoli, fino a quando arrivò dal Sud un popolo dai capelli rossi: i Gaeli.
I Tuatha nascosero le spiagge dell’isola dietro una grande nuvola nera e scatenarono una tremenda tempesta. I Gaeli furono così ricacciati indietro, non riuscendo ad approdare. Tra le loro fila però, c’era un Druido dotato di grandi poteri magici che comandò alla tempesta di cessare. I Gaeli poterono così sbarcare sulle coste dell’Irlanda, e i Tuatha persero una battaglia dopo l’altra, passando da re e padroni, a miseri servi.
Ma piuttosto che obbedire ai Gaeli, gli orgogliosi Tuatha preferirono scomparire e nascondersi, chiedendo aiuto al grandissimo Mago Manannan, conoscitore di tutti gli incantesimi di questo e dell’Altro Mondo. Manannan esplorò tutta l’Irlanda per cercare le colline e le vallate più verdi e più belle, affinché diventassero la dimora segreta del suo popolo, poi lo circondò fa mura invisibili, che nessuno poteva attraversare.
I Tuatha impararono a rendersi invisibili per entrare ed uscire dal loro Regno. Da allora i Tuatha si trasformarono in creature fatate potentissime, chiamate dagli uomini Sidhe o Piccolo Popolo…"
Leprechaun, il folletto irlandese
... storie raccontate ...
...in letteratura...
« ... piuttosto elegante nel suo vestito, nonostante tutto,
perché indossa un cappotto rosso dal taglio squadrato,
riccamente decorato con oro, un panciotto, e incredibilmente,
un cappello a tricorno, e scarpe con fibbie »
« È in qualche modo un elegantone,
vestito di una giacca rossa con sette file di bottoni,
sette bottoni per fila, e porta un cappello a tricorno,
e nelle regioni del nord-est, secondo McAnally,
si dice che sia solito girare come una trottola sulla punta del cappello
quando ne trova uno della misura adatta »
« ...un elfo barbuto, rugoso e raggrinzito
Occhiali infilati sul naso a punta,
Fibbie d'argento alle braghe,
Grembiale di cuoio - Una scarpa sulle ginocchia »
Le belle fate
dove saranno andate?
Non se ne sente più parlare.
Io dico che sono scappate:
si nascondono in fondo al mare,
oppure sono in viaggio per la luna in cerca di fortuna.
Ma che cosa potevano fare?
Erano disoccupate!
Nessuno le voleva ascoltare.
Tutto il giorno se ne stavano imbronciate
nel castello diroccato ad aspettare
che qualcuno le mandasse a chiamare.
Girava il mondo per loro in cerca di lavoro
una streghina piccina picciò, col naso a becco,
magra come uno stecco,
che tremava di freddo perché era senza paltò.
E quando la vedevano arrivare
si facevano tutte a domandare:
“Ebbene com’è andata? Avremo un impiego?”
“Lasciatemi, vi prego, lasciatemi respirare, sono tutta affannata…”
“Ma com’è andata?”
“Male! C’è una crisi generale.
Ho salito tutte le scale, bussato a tutti i portoni,
mendicato sui bastioni,
e dappertutto mi hanno risposto che per noi non c’è posto.
Vi dico, una cosa seria, altro che storie!
Fame, freddo, miseria…
La gente ha un sacco di guai:
i debiti, le tasse, la pigione, la bolletta del gas,
i nonni aspettano la pensione che non arriva mai…
Chi volete che pensi a noi?
E poi, e poi, c’è sempre per aria la guerra:
ho visto certi generaloni,
con certi speroni, con certi galloni, con certi cannoni
dalla bocca spalancata…figuratevi come sono scappata.
Per noi su questa terra non c’è posto.
Ci vogliono cacciare ad ogni costo.
Voi se non mi credete, fate come volete.
Io per me, faccio il bagaglio e me la squaglio”.
E le povere fate ve le immaginate a fare le valige?
Per l’emozione le trecce
della fata turchina son diventate grige.
Il mago nella fretta si scorda la bacchetta
e Cappuccetto perde la berretta.
Che spavento!
Biancaneve ha uno svenimento.
Il castello si vuota in un momento.
A bordo di una nuvola la compagnia se ne va…
Dove, nessuno lo sa.
Forse in qualche paese
dove si sentono sicure, dove anche i generali
vogliono bene alle fate
e le circondano di premure perché sono così delicate.
Allora io mi domando: torneranno? Ma quando?
Nella selva incantata ci crescono le ortiche,
sul naso della Bella Addormentata
ci passeggiano le formiche,
la porta del Castello è sempre chiusa
e quando i bimbi chiedono una storia
i nonni trovano la scusa che hanno perso la memoria…
Ma allora torneranno?
Io dico di sì.
Sapete che si fa?
Si va dai generali con gli stivali
incapricciati di fare la guerra
e si dice così:
“Signori, per cortesia andatevene via da questa terra,
andate sulla luna o anche più lontano
in un posto fuori mano,
dove potrete sparare a tutto spiano
e non si sentirà il baccano.
La mattina vi farete svegliare con un bombardamento
o un cannoneggiamento, a vostro piacimento
e di sera direte la preghiera con la mitragliatrice.
La gente sarà più felice.
Si potrà stare in pace tutti i giorni dell’anno,
e di certo così le fate torneranno”.
(di Gianni Rodari)
ill Arthur Rackham
Spirito di Fata.
Volerò lungo il filo d’argento.
Mi attendono i figli
Laggiù sui campi lontani,
filando sulle loro rocche.
Io sono lo spirito
Della seta.
Vengo da un’arca misteriosa,
vado verso la nebbia.
Che canti il ragno
Nella sua tana;
mediti l’usignolo
la mia leggenda;
che la goccia di pioggia stupisca
scivolando lulle mie ali morte.
Ho filato il mio cuore sulla carne
Per pregare nelle tenebre
E mi ha dato la morte bianche ali
Ma ha accecato la fonte della seta.
Ora comprendo il lamento dell’acqua
Ed il lamento delle stelle
Ed il lamento del vento sui monti
Ed il pungente ronzio dell’ape.
Perché sono la morte e la bellezza.
Quel che dice la neve sul prato
Il fuoco lo ripete;
le canzoni del fumo dei mattini
ripeton le radici sotto terra.
Volerò lungo il filo d’argento;
mi attendono i figli.
Che canti il ragno
Nella sua tana;
mediti l’usignolo
la mia leggenda;
che la goccia di pioggia stupisca
scivolando sulle mie ali morte.
(Garcia Lorca)
...Favole...
Un mondo infantile
d'elfi, di fate, di streghe,
narrato su tronchi di legno
e bevuto dall'innocenza di occhi attoniti.
Ero condotta per mano in luoghi inesistenti,
nei prati ricamati sui lenzuoli
ed il principe azzurro
aspettavo sopra bianchi cavalli...
Grido di civetta sinistro,
latrato di volpe cacciata.
Diventai principessa
milioni di volte in barba
al destino ignoto,
tra lampade magiche,
orchi mostruosi e gnomi burloni.
Sono tempi lontani,
finiti,
coperti di polvere,
ma il c'era una volta
può riaprire la storia!!
FATA DEI FIORI...
ill Cicely Mary Barker
agica Dea della fantasia, ruba dal
libro delle fiabe disegni di folletti e fate, di ghiaccio
e di faville d’oro. Regala mondi colorati d’arcobaleno
e muovi una danza, al suono della tua Musica. Fata
dei Fiori, che affondi scalza orme leggere su candida
neve, innalza fiamme d’amore e mentre avanzi, alita
fiori sull’immacolato manto. Fata di calde carezze di
vento, sciogli la gelida coltre, e vola nella luce
dell’Aurora a infuocare le lingue del sole.
(Filodiseta)
FATE & FOLLETTI
by DandDDigitalDelights
La mia mente
si tinge di sogno oggi,
alberi azzurri,
prati rosa,
girasoli verdi.
L'aria si colora di nebbia felice.
Fate si rincorrono in volo,
in lontananza odo
i loro gridolini di gioia,
hanno nomi incomprensibili,
un linguaggio da burla.
La mia mente
si tinge di sogno oggi,
cielo viola,
nuvole magenta,
cespugli arancioni.
Pensieri gialli.
Folletti birbanti
fanno capolino
da tronchi nodosi,
sorridono felici,
inseguono scherzosi i loro compagni.
La mia mente
si tinge di sogno oggi.
Colori vivi
donano l'irrealtà,
donano la pazzia più dolce
a questa mente
così confusa…
Fate e folletti.
Si nascondono
nelle stanze più buie e inaccessibili,
sono come bimbi indifesi…
ignari di tutto.
LE FATE DELLA MUSICA
C’era una volta (ma in realtà c’è ancora!) una magica Valle, nascosta agli esseri umani, che può essere raggiunta solo da persone capaci di guardare con il cuore oltre che con gli occhi; è una Valle speciale, nella quale è possibile udire migliaia di belle melodie, che aleggiano nell’aria come foglie portate dal vento. È la Valle della Musica.
Questa Valle meravigliosa è abitata da migliaia di minuscole fate colorate dalle ali di farfalla. Ogni volta che una fatina si sposta volando sbatte le ali, e questo movimento produce una melodia dolce e delicata, oppure vivace e frizzante, o ancora calma e rilassante. Proprio così: ogni fata è accompagnata da una musica che la caratterizza, prodotta dal suo frenetico batter d’ali, che la rende riconoscibile in mezzo a tante altre fate. Ogni fatina è unica, e unica e speciale è la musica che l’accompagna.
Puoi quindi immaginare quanto sia meraviglioso passeggiare nella Valle della Musica, immersi tra fiori, colori e fantastiche melodie.
Ogni primavera la Valle della Musica è attraversata da un’ondata di eccitazione: bisogna organizzare la Grande Festa di Primavera, durante la quale nascono le nuove fate della musica, che escono dai fiori appena sbocciati; inoltre viene scelta la fata la cui musica accompagnerà l’arrivo della bella stagione sulla Terra! Tutte le fate desiderano essere la Fata Prescelta, poiché si tratta di un grande onore: la Prescelta deve volare per il mondo insieme alle fate della Primavera, e risvegliare con la melodia prodotta dal suo batter d’ali tutti i fiori, le piante e gli animali.
Tutte le fate si esercitano con impegno in vista della Grande Festa, e nel frattempo si danno un gran daffare per preparare i festeggiamenti.
Anche quell’anno la Valle della Musica era in gran fermento! Fate che svolazzavano qua e là, fate che trasportavano bacche e nocciole, fate che trascinavano vasi ricolmi di succo di more e miele.
In mezzo a tanto viavai quasi nessuno si accorgeva di una piccola fata dall’aria piuttosto triste, che anziché volare si limitava a camminare, senza mai battere le ali. Come mai? Eppure aveva due belle alucce argentate, brillanti di polvere fatata, che è un po’ come la polverina speciale che si trova sulle ali delle farfalle.
Si trattava di Cora, nata l’anno precedente da una magnifica margherita, che appena uscita dal suo fiore aveva messo in subbuglio l’intera Valle! Come mai? È presto detto: il suo battito d’ali non generava una bella melodia, ma un rumore inaudito! Tutte le fate erano costrette a tapparsi le orecchie quando lei passava loro accanto, per questo Cora aveva smesso di volare: non voleva disturbare nessuno con tutto il chiasso che riusciva a produrre. Piano piano si era ritrovata da sola, un po’ perché non era in grado di stare dietro alle sue compagne, che grazie al volo riuscivano a spostarsi molto più velocemente di lei, un po’ perché non aveva una musica che la distinguesse. Cora si sentiva sola, ma non sapeva davvero che cosa fare.
Quella mattina la piccola Cora stava passeggiando sconsolata nei pressi di un ruscello: era molto annoiata, perché non riusciva a rendersi utile nei preparativi per la Grande festa di Primavera, e si sentiva un po’ triste perché era esclusa dalla gara per diventare Fata Prescelta. Era tanto assorta che quasi non si accorse dell’arrivo di una delle fate più importanti della Valle: Pitia, la Fata della Parola.
Il compito di Pitia era molto importante: sceglieva le giuste parole da accompagnare alla musica della Fata Prescelta, cosicché tutte le Fate della Primavera, incaricate di portare la nuova stagione sulla Terra, potessero cantare sulla sua melodia. Un lavoro piuttosto difficile, a dire il vero, ma che Pitia portava a compimento ogni anno con precisione… e con un sorriso.
Quando Pitia vide Cora, triste e sconsolata, le si avvicinò e le disse:
“Ciao, se non sbaglio tu sei Cora, vero?”
La fatina sobbalzò, colta di sorpresa, e poi sgranò gli occhi rendendosi conto che la Fata della Parola si ricordava di lei. Incredibile!
“Sai chi sono?”
“Certo! Ricordo anche che tu possiedi una capacità molto particolare…”
Cora fece spallucce e rispose:
“Altro che particolare! Sono la fata più rumorosa che esista, non posso volare senza produrre una serie di suoni fastidiosi e chiassosi! In effetti, finisco per rimanere sempre da sola.”
“Capisco…”
“Davvero?”
“Certo! Non è piacevole essere soli. Eppure… fammi pensare…”
Pitia aggrottò le sopracciglia e picchiettò il piedino sull’erba, riflettendo. Le dispiaceva vedere le fate tristi o di cattivo umore, e in questo caso in particolare desiderava restituire a quella fatina sconsolata un po’ di gioia. Cora la fissava intimorita, senza osare aprire bocca: era già incredibile che la mitica Fata della Parola si ricordasse di lei, anche solo sperare che potesse aiutarla le pareva troppo!
Tutto ad un tratto Pitia esclamò:
“Trovato! Vieni con me!” e spiccò il volo. Subito Cora le gridò:
“Aspetta, dimentichi che io non posso volare!”
L’altra si voltò e le rispose:
“Ma certo che puoi! Coraggio, per una volta le altre fate potranno sopportare un po’ di baccano! Andiamo!”
Cora fece un profondo respiro e via! Si alzò in volo, accompagnata dal solito rumore. Molte fate si voltarono a guardarla, alcune con disapprovazione, ma lei cercò di non notarle e tirò dritto per la sua strada, seguendo Pitia.
Giunsero in poco tempo ad una grande quercia, forse la più antica della Valle, i cui rami appena mossi dal vento producevano un fruscìo tanto dolce da sembrare una canzone. Atterrarono ai piedi dell’albero, e Cora quasi sospirò di sollievo nel momento in cui il chiasso prodotto dalle sue ali cessò. Le due fate camminarono svelte per un breve tratto, e giunsero ad una piccola casetta seminascosta tra le radici nodose. Pitia chiamò dolcemente:
“Siria, ci sei?”
Dopo pochi secondi una graziosissima fata si affacciò alla porta, quasi stupita di ricevere visite.
“Ciao Pitia! Come mai da queste parti?”
“Ti ho portato qualcuno: Siria, lei è Cora.”
Le due fatine si guardarono incuriosite, e si salutarono educatamente. Poi però si voltarono verso Pitia, senza capire: perché la Fata della Parola aveva voluto farle incontrare?
“Sentite, mi è venuta un’idea: Cora non può volare perché appena batte le ali produce un gran rumore, per lo più fastidioso per le altre fate; Siria invece non può volare, perché è nata senza ali, e quindi anche lei non ha una musica che la contraddistingue.”
Solo in quel momento Cora notò che Siria effettivamente non aveva ali. Si dispiacque moltissimo per lei, e le lanciò uno sguardo carico di simpatia, cui lei rispose con un timido sorriso.
“Mi è venuta in mente un’antica formula magica capace di legare gli opposti per creare un’ Unione Perfetta. Vorrei provarla con voi! Non capite? Se tu, Cora, produci rumore, e tu, Siria, non sei in grado di emettere nessun suono, insieme potreste creare qualcosa di unico e perfetto!”
Le due fatine parvero riflettere per un attimo, ma appena capirono le intenzioni di Pitia i loro visini s’illuminarono all’istante! Si presero per mano e dichiararono:
“Siamo pronte!”
Pitia si schiarì la voce, sollevò le braccia ed esclamò solenne:
“Ciò che è chiaro non è scuro,
ciò che è grande non è piccolo,
ciò che è alto non è basso;
ma se guardi con il cuore
scoprirai senza timore
che non c’è ombra senza luce
e non c’è Luna senza Sole.”
Ci fu un gran bagliore, che avvolse le due fatine, e poi svanì, senza lasciare traccia. Cora e Siria si guardarono incerte, poi fissarono Pitia. Siria chiese titubante:
“Dovrebbe capitare qualcosa?”
La Fata della Parola sorrise e rispose:
“Perché non provate a volare?”
“Ma io non ho ali!”
“E io faccio troppo rumore!”
Pitia scosse una mano con noncuranza ed esclamò:
“Vi basterà tenervi per mano. Coraggio!”
Cora e Siria si strinsero la mano, saltarono… e riuscirono a spiccare il volo! Cora notò con gioia che il suo rumore, regolato dal silenzio di Siria, non era più così assordante, era anzi quasi piacevole, e Siria si accorse che grazie alle ali di Cora poteva volare anche lei! Un’unione perfetta!
Così anche Cora e Siria poterono prendere parte ai preparativi per la Grande Festa, e poterono volare a piacere in giro per la Valle, senza disturbare nessuno. Pitia le osservava felice, soddisfatta di essere stata utile alle due piccole, dolcissime fate. Lei, che era una Fata della Parola, riusciva a sentire nel rumore di Cora e nel silenzio di Siria ciò che per le altre fate era impossibile udire: la musica dell’amicizia.
Quell’anno ci fu una Festa di Primavera grandiosa, come non se ne vedevano da anni! Perché finalmente nella Valle della Musica c’era spazio per tutti: per la musica, come per il rumore e il silenzio.
Antonella Arietano
LO GNOMO LUCILLO
Lo gnomo Lucillo è originario dell'Inghilterra. Fa parte della famiglia degli Gnomi contadini, è molto riservato e solitario, ama prendersi cura dei bambini e fare scherzi innocenti. Lucillo diventa invisibile, conosce i pensieri degli uomini e si trasforma in zucca. Vive nei solai pieni di ragnatele, tra vecchi libri, oppure nei campi dove si coltivano le zucche e in dimore sotterranee.
Nei mesi che precedono la festa di Halloween, questo piccolo Gnomo non ha un attimo di sosta: fa arrivare dai giardini e dai campi di tutto il mondo le zucche più strane e grandi e studia nuovi disegni e decorazioni con cui intagliarle. Lucillo è riconoscibile per il grande cappello arancione decorato alla sommità con una foglia. Il suo portafortuna è una piccola zucca che porta sempre con sè. Lo Gnomo si fa aiutare dagli amici Elfi per realizzare addobbi per la festa.
Talvolta capita che Lucillo si diverta ad imitare le api, diventa piccolo piccolo e vola con loro di fiore in fiore. Lo Gnomo regala enormi mazzi di fiori rossi, alle fanciulle più belle che partecipano alla festa. Anche quando dorme Lucillo lascia sempre accesa sul comodino una candela. Porta sempre con sè una campanella, si dice che ogni volta che se ne senta il suono si potrà vedere esaudito un desiderio. Sembra che questo strano Gnomo si faccia vedere solamente nei giorni precedenti o immediatamente successivi alla festa di Halloween, per poi scomparire misteriosamente. Si dice, però, che i bambini che hanno paura del buio possano chiedere aiuto allo Gnomo che provvederà a portare loro un po' di rassicurante luce.
I guriùz
(provincia di Udine )
Sono gli spiritelli curiosi e molto spesso molesti che da sempre abitano i luoghi meno accessibili della Valle di Paularo. Il nome degli stranissimi personaggi, forniti della facoltà di rendersi invisibili, deriva dal latino: curiosus. Dedicano il loro tempo libero nel seguire ogni attività dei laboriosi abitanti della lussureggiante vallata, molto spesso intralciando il loro lavoro, organizzando dispetti e furti a danno degli ignari valligiani. Vivono in piccoli gruppi in strette e profonde grotte, celate lungo i dirupi che affiancano i rii: Turriee, Tamôsjas, Malinfièr, il Pic di Pala, La Busja di Cacèl, Cjarandauàrc, tra le forre delle Cjaràndas, delle Ruvisjàtas, di Strangois, negli anfratti inaccessibili del Monte Serenâ (Monte Sernio), del Monte Salincjee ed in altri siti della Vallata del Chiarsò.
Il loro aspetto è tutt'altro che gradevole; gli adulti non superano i sessanta centimetri d'altezza e la descrizione che gli anziani di Paularo fanno delle loro membra sgraziate, invoglia i bambini in ascolto a deridere queste loro caratteristiche fisiche: attenti che spesso la reazione di questi esseri evanescenti può diventare pericolosa, introducendo nei sogni di questi fanciulli spaventose figure di "orcolàts" ed orribili "streghe".
I guriùz si alimentano con i prodotti spontanei del territorio: fragole, lamponi, mirtilli, noccioline e svariate verdure che, molto spesso, rubano nei campi coltivati dagli abitanti del luogo. Le persone più anziane di Ravinis, il panoramico villaggio che sovrasta il Capoluogo, assicurano che i capienti magazzini dei guriùz, sistemati nei punti più asciutti delle loro caverne, conservano abbondanti scorte d'ogni specie di sementi per il loro fabbisogno, ma anche a garanzia del patrimonio genetico a disposizione dell'umanità e di tutte le specie viventi, in caso di grosse carestie. I nostri simpatici personaggi non si cibano mai di carne, neppure durante i rigidi inverni. Sono profondi conoscitori della natura che li circonda, fanno largo uso d'erbe officinali e di prodotti naturali per curare ogni loro malanno. Nelle loro dimore si dedicano all'alchimia e a riti propiziatori che dedicano al dio Beleno, protettore dei boschi e della selvaggina.
Si racconta che la grappa, un pregiato distillato nell'Incarojo, è una loro scoperta e che. durante le celebrazioni folcloristiche della "Femenàta" e delle "Cidulas" la loro presenza invisibile porti grande scompiglio tra la gente festante, a causa delle loro sonore sbronze di grappa. I piccoli esseri, presi da un'incontenibile euforia, inciampano sovente, urtando gli ignari spettatori che finiscono a terra per una causa a loro sconosciuta; spesso tra il pubblico c'è chi, scherzosamente, invita gli sfortunati spettatori a prestare attenzione ai guriùz!
I minuscoli ambientalisti della Valle di Paularo sono in continua lotta con un altro mitologico personaggio del luogo: il "Maltòn", uno scontroso dannato costretto a scavare per l'eternità i fianchi franosi dell'irruente Rio Orteglàs. I nostri minuscoli ecologisti intervengono quotidianamente al ripristino dei danni provocati dal furibondo demolitore.
I nostri guriùz amano profondamente la musica e si racconta che "La Stajare", un famoso saltarello friulano, sia il loro ballo preferito.
Tutti gli sposalizi celebrati nei religiosi villaggi del Chiarsò fruiscono della loro invisibile presenza e: guai se la coppia di sposi non organizza, a proprie spese, il "Ballo Nuziale", con accesso libero a tutti gli abitanti del Canale; se la regola non viene rispettata "Gli sposi non avranno figli maschi! "
I guriùz sono anche i garanti "amministratori" dell'intero patrimonio del nostro territorio: boschi, torrenti, fauna, flora, miniere ancora nascoste, ed anche dei numerosi reperti archeologici ancora celati in questo meraviglioso "Angolo di Paradiso".